Abstract
Il tema dei doveri non gode di particolare fortuna nella giurisprudenza e nella dottrina costituzionale, specie se comparato a quello dei diritti. Eppure, i doveri al pari dei diritti concorrono a definire i contenuti del discorso costituzionale della cittadinanza. In questa sede, muovendo da una premessa tesa a evidenziare il ruolo storicamente svolto dai doveri nel connotare l’identità civica e nel perimetrare la comunità dei cittadini, si svolge un ragionamento d’insieme sul nesso tra doveri e solidarietà istituito dall’art. 2 Cost. Di seguito – richiamati gli specifici doveri costituzionalmente previsti, ma rinviando alle singole voci l’analisi dei profili giuridici che ciascun dovere pone – si esaminano le principali direttrici della giurisprudenza costituzionale in materia di doveri politici, economici e sociali, concludendo con un richiamo alle tematiche che di recente vengono sollecitando una ripresa della riflessione sui doveri costituzionali.
Storicamente «impopolare» (Lombardi, G., I doveri costituzionali: alcune osservazioni, in Balduzzi, R.-Cavino, M.-Grosso, E.-Luther, J., a cura di, I doveri costituzionali: la prospettiva del Giudice delle leggi, Torino, 2007, 568) e scarsamente circolante nella giurisprudenza, costituzionale e non, il tema dei doveri ha riscosso limitata attenzione, specie se messo a confronto con quello dei diritti. Eppure, l’uno al pari dell’altro concorre a dare forma alla cittadinanza e al progetto di convivenza caratterizzante l’art. 2 Cost.
Il richiamo dell’art. 2 Cost. ai «doveri inderogabili di solidarietà politica, ed economica e sociale» costituisce l’esito di un’elaborazione che prende le mosse dalla tradizione greca della doverosa partecipazione alla polis (Cerrone, F., Genealogia della cittadinanza, Roma, 2004, 64 ss. e 198 ss.) e dalla dottrina stoica del dovere come categoria morale per acquisire rilevanza giuridica nel diritto romano (Cicerone, M.T., De Officiis), riassumendo in sé «l’ordine etico che è fonte di vincoli aventi di per sé natura extragiuridica, ma che, stando alla base della civile convivenza, sono rilevanti per il diritto e destinati ad assicurarne il costante collegamento con il costume e la morale» (Betti, E., Dovere giuridico (teoria gen.), Enc. dir., XIV, Milano, 1965, 53). Peraltro, è sempre nel diritto romano che affonda le sue radici quella nozione di solidarietà (in solidum obligari) che costituirà per il testo costituzionale del 1948 la ratio legittimante i doveri. Giuridicizzati nell’esperienza romana, i doveri pubblici si sostanzieranno fino all’età feudale in una serie di legami a carattere personale, e sarà in età comunale che quei legami s’istituzionalizzano, assumendo «il contenuto più complesso di quello che verrà poi chiamato “obbligo politico”» (Lombardi, G., Doveri pubblici (dir. cost.), in Enc. dir., Aggiornamento VI, Milano, 2002, 358).
La tematizzazione dei doveri nei testi costituzionali francesi del 1793 e del 1795 esprime efficacemente la dialettica tra il filone democratico e quello liberale del moderno discorso costituzionale dei doveri. Nel testo montagnardo, la traduzione della virtù civica in termini di fraternité individuerà nei doveri un importante fattore di rafforzamento dei vincoli di una cittadinanza democratica e partecipata, che si definisce in base all’agire dei suoi membri espellendo ed accogliendo individui in ragione del loro comportamento etico-politico, delle loro virtù rivoluzionarie. Due anni dopo, invece, la previsione di una dichiarazione dei doveri funge da «contrappeso a una dichiarazione dei diritti» ed è posta al servizio di una società che vede la proprietà come «determinazione del soggetto e tramite dell’ordine» (Costa, P., Cittadinanza, Roma-Bari, 2005, 93) e i doveri come uno strumento di difesa degli interessi dei proprietari (Peces-Barba Martinez, G., Diritti e doveri fondamentali, in Dig. pubbl., V, Torino, 1990, 153).
Se nelle costituzioni di matrice liberale a lunghi cataloghi di diritti corrispondono più contenute enumerazioni di doveri “pubblici”, intesi quali concretizzazioni e specificazioni legislative dell’obbligo politico in rapporti di particolare rilievo, le costituzioni del biennio rivoluzionario 1848/49 (esemplare a riguardo quella della repubblica romana) per un verso riprendono un’idea di cittadinanza “virtuosa” – di ascendenza giacobina, ma già operante in età comunale e nella tradizione classica greco-romana – nella quale i doveri giocano un ruolo di rilievo nel definire la comunità dei cittadini e nel legare questa alla forma istituzionale democratico-repubblicana instaurata a seguito di transizioni più o meno rivoluzionarie. Per altro verso, quelle costituzioni attribuiscono ai doveri un compito di mitigazione in senso sociale dei diritti, specie di quelli inerenti proprietà ed economia, che più compiutamente caratterizzerà gli albori weimariani del costituzionalismo sociale. Esemplare a riguardo la riflessione mazziniana (I doveri dell’uomo), nella quale il tema dei doveri offre spazio a un ripensamento delle strategie di garanzia dei diritti al fine di integrare nel corpo sociale e politico dell’ordinamento in formazione soggettività fino ad allora escluse quali donne e lavoratori.
E sarà proprio a Mazzini che, un secolo dopo, si richiamerà Meuccio Ruini alla Costituente (24.3.1947) per argomentare la previsione dei doveri ex art. 2 Cost. cpv., fondandoli su quella solidarietà la cui storia appare segnata – come per i diritti – da un’interna tensione tra inclusione ed esclusione, ora prevalendo l’idea di una solidarietà “universale”, ora invece quella di una solidarietà “contro” (Zoll, R., Solidarietà, in Enc. sc. soc. Treccani, 8, Roma, 1998, 240; sulle dialettiche tra inclusione ed esclusione che retrostanno al rapporto tra cittadinanza, diritti e doveri, cfr. ad es. Cerrone, F., La cittadinanza e i diritti, in Nania, R.-Ridola, P., I diritti costituzionali, II ed., Torino, 2006, 283 ss.).
L’art. 2 fonda positivamente i doveri quali strumenti di solidarietà politica, economica e sociale, e poggia l’impianto di principi del testo costituzionale su una complessa relazione tra diritti e doveri. Il principio solidaristico esalta la tensione tra libertà e responsabilità retrostante quella relazione e innerva di concretezza i principi personalista e pluralista e, con essi, quelli di pari dignità sociale, eguaglianza sostanziale, partecipazione, progresso sociale e gli altri che connotano i primissimi articoli del testo costituzionale. La stessa inderogabilità dei doveri si pone in analogia con l’inviolabilità dei diritti, condividendone la valenza garantistica e la funzione di limiti alla revisione costituzionale, e la connessione tra doveri e solidarietà – lungi dall’esaurirsi in un temperamento in senso sociale dell’individualismo dei diritti – segna così un cambio di paradigma nelle concettualizzazioni dei doveri, questi operando in una società pluralista e disomogenea quali passanti d’integrazione, identità civica e cittadinanza (Lombardi, G., Contributo allo studio dei doveri costituzionali, Milano, 1967).
I doveri di solidarietà calano la persona in trame di relazioni plurali, evidenziando tanto la concretezza di tali relazioni e dei molteplici “altri” che vi partecipano, quanto le responsabilità delle persone e delle istituzioni coinvolte. Diritti e doveri, nella cornice dell’art. 2 Cost., concorrono dunque a realizzare i principi personalista e pluralista e la solidarietà, realizzandosi in doveri politici, economici e sociali per conservare coesione sociale e convivenza civile (Alpa, G., Solidarietà, in Nuova giur. civ. comm., 1994, 371), rimette in discussione il rapporto soggetto/ordinamento caratterizzante lo statualismo liberale, evidenziando l’inadeguatezza delle relative concettualizzazioni in materia di diritti e doveri dinanzi alle nuove prospettive che si aprono per le costituzioni del secondo Novecento: i limiti che esprime la concezione proprietaria retrostante l’idea liberale di diritto soggettivo e la riduzione del dovere alla sua dimensione verticale, al «volto arcigno ed intrusivo» della soggezione al comando (Poggi, A., Corte costituzionale e doveri, in Dal Canto, F.-Rossi, E., a cura di, Corte costituzionale e sistema istituzionale, Torino, 2011, 73).
La solidarietà peraltro esprime una «eccedenza assiologica» (Pezzini, B., Dimensioni e qualificazioni nel sistema costituzionale di solidarietà (a proposito di eguaglianza ed effettività dei diritti e tematizzazione della differenza), in Pezzini, B.-Sacchetto, C., a cura di, Il dovere di solidarietà, Milano, 2003, 102), fondando doveri ulteriori rispetto a quelli espressi in Costituzione è il caso ad es. di quei filoni giurisprudenziali (in tema di casa, assistenza sociale e indennizzo di danni conseguenti da vaccinazioni) che esprimono una nozione ampia dei doveri inderogabili, «spesso valorizzando altri precetti costituzionali con particolare riferimento ai diritti sociali» (Cfr. Tarli Barbieri, G., Doveri inderogabili, in Cassese, S., a cura di, Dizionario di diritto pubblico, III, Milano, 2006, 2071). I doveri di solidarietà, dunque, in questa prospettiva, non costituiscono se non la parte di maggior rilievo dei doveri stabiliti in Costituzione. Pur prevalendo infatti la tesi di un art. 2 cpv. quale disposizione riassuntiva dei doveri costituzionalmente previsti (per tutti Lombardi, G., Contributo, cit., 29), secondo parte della dottrina, invece, la costituzione contempla doveri non riconducibili al principio di solidarietà (ad es. per Carbone, C., I doveri pubblici individuali, Milano, 1968, 93 ss., i doveri politici – artt. 48, 52, 53 e 54 – prescindono dalla solidarietà. Per Pace, A., Problematica delle libertà costituzionali. Parte generale, III ed., Padova, 2003, 56, l’art. 23 non vincola la previsione legislativa di nuove prestazioni alla solidarietà) e, a completare il quadro costituzionale delle «fattispecie del dovuto» (Lombardi, G., Doveri, cit., 362), concorre la riserva (relativa) di legge prevista dall’art. 23 Cost. in tema di prestazioni imposte.
È dunque all’interno del combinato disposto degli artt. 2 e 23 Cost. che può ragionarsi intorno all’apertura o alla chiusura del catalogo costituzionale dei doveri. Se per un verso, infatti, la richiamata equazione dell’art. 2 fra inviolabilità e inderogabilità non mette in discussione che «principio generale dell’ordinamento è la liceità e la libertà, non anche la doverosità e l’obbligo» (Cerri, A., Doveri pubblici, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1988, 1), rimanendo i diritti interpretabili estensivamente e i doveri invece restrittivamente (Barile, P., Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, Bologna, 1984, 68; contra, Lombardi, G., Contributo, cit., 21), per altro verso l’art. 23 ha indotto dottrina e giurisprudenza costituzionale a ritenere che i doveri non siano desumibili dalla «coscienza sociale» (C. cost., 27.1.1972, n. 12), ma debbano venire configurati legislativamente, se e quando funzionali alla realizzazione del principio di solidarietà o comunque di quegli interessi fondanti i doveri già previsti in Costituzione. In tema di doveri vige dunque un «generale principio di legalità [che] vale sia per le prestazioni che non sono previste in ulteriori norme della costituzione, sia per quelle che da siffatte norme ricevono disciplina, sia per quelle che corrispondono a doveri inderogabili, sia per quelli che esprimono doveri di minore significanza giuridica e sociale» (Cerri, A., Doveri, cit., 2), e il rispetto di tale principio si concilia con l’individuazione in Costituzione della fonte dei doveri riconoscendo che, laddove i diritti sono esercitabili sulla base della sola previsione costituzionale, quando si tratta di doveri la Costituzione «non è suscettibile di venire immediatamente a contatto con le posizioni soggettive individuali» (Lombardi, G., Contributo, cit., 92).
Il cambio di paradigma seguito all’affermazione del principio solidarista non si riduce peraltro alla sua legatura ai doveri costituzionali, ma si concretizza in itinerari i quali, pur incrociando il tema dei doveri, seguono direzioni differenti che qui non trova spazio indagare. Si pensi ad es. agli sviluppi che, specie nell’esperienza repubblicana più recente, la solidarietà ha conosciuto non tanto nella sua accezione doverosa, quanto piuttosto in quella spontanea, come nel caso del volontariato (cfr. per diverse valutazioni dei rapporti tra queste due dimensioni della solidarietà, Galeotti, S., Il valore della solidarietà, in Dir. soc., 1996, 10 ss.; Pezzini, B., Dimensioni, cit., 109 s.; Rossi, E., Art. 2, in Bifulco, R.-Celotto, A.-Olivetti, M., a cura di, Commentario alla Costituzione, I, Torino, 2006, 56 ss.). Inoltre, la matrice solidarista torna a proposito del principio di eguaglianza sostanziale nell’art. 3, co. 2, Cost., evidenziando i compiti d’integrazione spettanti ai pubblici poteri, a partire dal riconoscimento e dalla garanzia dei diritti sociali, e la stessa progressiva affermazione della natura fondamentale di questi diritti è collegata al riconoscimento della trasformazione dei doveri pubblici dello Stato sociale.
Rinviando alle rispettive voci l’analisi dei singoli doveri nei quali si concretizza la previsione dell’art. 2 cpv., può osservarsi al riguardo che il testo costituzionale qualifica espressamente ed esclusivamente in termini di dovere la difesa della patria (art. 52), il concorso alle spese pubbliche (art. 53), la fedeltà alla repubblica e, per gli affidatari di pubbliche funzioni, il dovere di adempierle con disciplina e onore (art. 54, co. 1 e 2).
La Costituzione inoltre configura alcune situazioni in termini tanto di diritto che di dovere. È il caso del lavoro, oggetto di un diritto al co. 1 dell’art. 4 e, al co. 2, di un dovere di concorso, materiale o spirituale, al progresso sociale; del mantenimento, istruzione ed educazione dei figli per i genitori (art. 30); della salute (art. 32); dell’istruzione (art. 34); dell’elettorato attivo (art. 48, co. 2). La natura “anfibia” di questi diritti/doveri riguardanti i più rilevanti ambiti di azione ed esplicazione dell’homme situé (lavoro, famiglia, salute, istruzione, partecipazione), conferma quel passaggio derivante dalla ricomprensione tra i più fondamentali principi costituzionali del principio solidaristico.
A queste disposizioni si aggiunge, infine, l’art. 23 Cost., il quale se per un verso riporta in Costituzione la verticalità dei doveri tipica della statualità liberale, per un altro affida al legislatore la previsione di “nuove” prestazioni funzionali ad articolare il principio solidarista. Si pensi ad es. alle sanzioni per l’omissione di soccorso (art. 593 c.p.), agli obblighi di buona fede e correttezza in materia di contratti (v. ad es. Cass., 18.9.2009, n. 20106), così come alla complessiva disciplina della responsabilità civile (Rodotà, S., Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964, 89 ss.).
Doveri e solidarietà si rivelano temi nel complesso poco frequentati dalla Consulta. Il richiamo ai doveri nell’art. 2 Cost. acquista risalto nella giurisprudenza costituzionale prevalentemente quando si tratta di promuovere la solidarietà spontanea (esemplari le decisioni in tema di volontariato – C. cost., 17.2.1992, n. 75 e 29.12.1993, n. 500 – e soppressione dell’obbligo di leva – 8.7.2004, n. 228), alla quale peraltro pare attribuirsi un ruolo non complementare ma alternativo, sostitutivo rispetto ai dispositivi che la solidarietà doverosa mette in campo, soprattutto in ambito economico-sociale. La giurisprudenza costituzionale sui singoli doveri di solidarietà politica, economica e sociale risulta quantitativamente scarna e incline, quando possibile, a spostare il ragionamento dal terreno dei doveri a quello dei correlativi diritti; quando invece la trama argomentativa si dipana sull’ordito del dovere si assiste, specie nella giurisprudenza più recente, a un allentamento dei nessi tra i singoli doveri e la solidarietà e, laddove la Corte tematizza questo nesso, talvolta pare promuovere una versione debole della solidarietà fra consociati a favore di una visione verticale dei doveri, manifestazioni di supremazia dello stato rispetto alle quali il singolo si trova in posizione di soggezione.
La tendenza a enfatizzare la dimensione dei diritti più che quella dei doveri traspare ad es. nella giurisprudenza sui doveri politici, specialmente in tema di voto (C. cost., 2.5.2005, n. 173) e di obbligo militare (oltre la sent. n. 228/2004, v. ad es. C. cost., 6.11.1991, n. 414, su salute e reclusione militare, e 16.12.1991, n. 467, su obiezione di coscienza) – giurisprudenza che appare peraltro orientata a una «decostituzionalizzazione» (Poggi, A., Corte, cit. 50) di tali doveri, affidando al legislatore la loro individuazione e la loro specifica configurazione in quanto doveri – e analogo slittamento del discorso dal dovere al diritto ricompare in alcune decisioni su doveri riguardanti la sfera socio-economica, ad es. in tema di lavoro (C. cost., 17.3.1992, n. 144) e istruzione (C. cost., 1.2.1967, n. 7 e 2.7.1968, n. 106). Peraltro, laddove nel caso dei doveri politici un simile mutamento di prospettiva sembra comunque rispondere anche a un’esigenza di adeguare senso e valore di una materia che più di altre pare storicamente segnata dal contesto in cui prese forma (cfr. Poggi, A., op. loc. ultt. citt., nonché Sirianni, G., Le qualità dei governanti nella Costituzione, in Dir. pubbl., 2012, 169 ss.), nelle decisioni su doveri sociali o economici tale insistenza sui diritti anziché sui doveri finisce per lasciare in ombra un’interrogazione riguardo l’inadeguatezza degli interventi pubblici orientati a garantire l’accesso a lavoro e istruzione, e dunque le concrete possibilità riconosciute ai singoli di adempiere ai rispettivi oneri (cfr. ad es., in materia di obblighi scolastici, Lombardi, G., Obbligo scolastico e inderogabilità dei doveri costituzionali, in Rass. dir. pubbl., 1968, 667 ss. e, più di recente, Niccolai, S., Principio di pari dignità sociale e giudizio di costituzionalità. Appunti per una ricerca, in Scritti in onore di Alessandro Pace, III, Napoli, 2012, 2242 s.).
La giurisprudenza riguardante i doveri tributari mostra invece un progressivo appannamento dei nessi tra concorso alla spesa pubblica e solidarietà, come pare indicare il poco spazio che trova in essa un utilizzo combinato degli artt. 2 e 53 Cost. e, nei casi in cui questo accade (ad es., in materia di evasione fiscale, C. cost., 3.2.1992, n. 51), rivela una tendenza ad accentuare i richiami a una solidarietà economica verticale, del singolo verso la pubblica amministrazione, piuttosto che orizzontale, tra e verso i membri della collettività (ad es., C. cost., 12.7.2000, n. 351). In tali pronunce, peraltro, neppure i criteri di capacità contributiva e progressività paiono operare quali criteri di ripartizione tra consociati dei costi della solidarietà: da una parte infatti è sintomatico il costante riferimento del criterio di progressività non al singolo tributo, ma al complessivo sistema tributario; dall’altra, l’emergenza economica apertasi con gli anni Novanta ha indotto la Consulta ad allentare i vincoli derivanti dal principio solidaristico alla discrezionalità del legislatore in materia di capacità contributiva, i cui unici limiti divengono la manifesta irragionevolezza quando non l’arbitrarietà delle scelte in materia (ad es., C. cost., 20.6.1994, n. 263, imposta straordinaria sui depositi bancari e postali; 10.5.2001, n. 155, prelievo anticipato sul versamento del TFR; 12.7.2000, n. 362, capacità contributiva presunta. Più di recente, spicca l’assenza di richiami a doveri e solidarietà nelle decisioni su “pensioni d’oro” e tagli agli stipendi di magistrati e dirigenti pubblici (risp. C. cost., 3.6.2013, n. 116 e 8.10.2012, n. 223. Sulla “crisi profonda” che, in materia di tributi e difesa, attraversa di recente la riserva di legge, Tarli Barbieri, G., Doveri, cit., 2072).
Se a uno sguardo d’insieme il tema dei doveri costituzionali di solidarietà risulta dunque scarsamente frequentato e valorizzato dalla giurisprudenza costituzionale, s’individuano non di meno altri recenti percorsi che appaiono paradigmatici del ruolo d’integrazione che i doveri di solidarietà sono chiamati costituzionalmente a svolgere, così come delle tensioni che oggi attraversano il tema e che inducono a una rinnovata riflessione sulla materia.
Intanto, non mancano itinerari giurisprudenziali nei quali il richiamo ai doveri appare meno legato alla dimensione dell’obbedienza allo stato-apparato: le richiamate decisioni in tema d’indennizzo per danno alla salute derivante da vaccinazioni (C. cost., 12.7.1990, n. 307; 23.2.1998, n. 27; 8.6.2000, n. 226), ad es., sembrano infatti calare il dovere in questione in una visione della solidarietà meno verticale e più direttamente riconducibile alla partecipazione a una comunità.
Inoltre, dalla giurisprudenza in tema di vita familiare, emerge sovente il nesso che lega l’adempimento di un dovere al godimento di un diritto (ad es., C. cost., 16.3.1992, n. 132; 6.5.1998, n. 166; 22.9.1998, n. 347; 12.7.2000, n. 332; 12.10.2005, n. 394) e, talvolta, l’investimento sul discorso dei doveri dei genitori verso i figli diviene ragione per il riconoscimento ai primi dei diritti necessari all’adempimento di quei doveri, equiparando situazioni riguardanti unioni matrimoniali e di fatto, o riconoscendo fin della gravidanza l’importanza della presenza di entrambi i genitori non solo per i bisogni biologici del figlio, ma anche per quanto concerne la sfera relazionale e affettiva. È il caso di alcune pronunce in tema di vita familiare degli immigrati, nelle quali le esigenze di vita familiare agiscono, in negativo, quale limite all’espulsione o, in positivo, quale ragione di ricongiungimento (v. ad es. C. cost., 12.1.1995, n. 28; 17.6.1997, n. 203; 12.7.2000, n. 376. Cfr., volendo, Bascherini, G., Immigrazione e diritti fondamentali. L’esperienza italiana tra storia costituzionale e prospettive europee, Napoli, 2007, 313 ss.). Sempre in tema di doveri dei non cittadini, merita di essere ricordata una seppure isolata pronuncia in tema di obblighi di leva dell’apolide: C. cost., 10.5.1999, n. 172. Questa decisione, infatti, nel ragionare di una «comunità di diritti e doveri» più ampia di quella fondata sulla cittadinanza e che «accoglie e accomuna tutti coloro che […] ricevono diritti e restituiscono doveri», restituisce efficacemente la funzione di vettori di identità civica e di integrazione che i doveri svolgono nel quadro dell’art. 2 di fronte alle questioni che l’immigrazione solleva sul terreno della cittadinanza (cfr. Bascherini, G., I doveri costituzionali degli immigrati, in Balduzzi, R.-Cavino, M.-Grosso, E.-Luther, J., a cura di, I doveri costituzionali, cit., 126 ss. e Grosso, E., I doveri costituzionali, in Associazione italiana dei costituzionalisti, Annuario 2009, Lo statuto costituzionale del non cittadino, Napoli, 2010, 229 ss.). Di recente, peraltro, la Corte è tornata sul rapporto tra doveri e cittadinanza rimarcando che il legislatore non può discriminare lo straniero “in regola” stabilendo per esso particolari limitazioni nell’esercizio dei doveri costituzionali di solidarietà (C. cost. 10.12.2013, n. 309, in tema di partecipazione dello straniero in regola ai servizi regionali di volontariato).
Interessanti richiami ai doveri compaiono peraltro in recenti decisioni che hanno attirato, per le questioni affrontate, l’attenzione degli studiosi.
Il tema dei doveri e i rapporti tra questi e i diritti sono tornati ad affacciarsi di recente in C. cost., 14.4.2010, n. 138, in tema di matrimonio same-sex. In questa pronuncia, i rapidi cenni, anche comparativi, ai doveri (cons. 8) appaiono funzionali a rafforzare la tesi che, nel valutare l’equiparazione o meno di specifiche situazioni, l’art. 2 Cost. costituisce la matrice delle tutele costituzionali interessanti le forme di convivenza altre da quella matrimoniale e che il matrimonio e le altre forme di convivenza costituiscono regimi giuridici complessi – composti appunto di diritti e doveri – e se la Consulta può equiparare al matrimonio altre forme di convivenza in ordine alla tutela di specifiche situazioni, spetta invece al legislatore, proprio in ragione di quella complessità, equiparare un intero status a un altro.
Ai doveri fa riferimento anche C. cost., 22.10.2007, n. 348, “gemella” della n. 349. In questa pronuncia – dopo aver ricostruito i «principi metodologici» (cons. 5) riguardo ai rapporti tra CEDU e ordinamento nazionale – i giudici, usando i doveri quali limiti alla «osmosi con altri ordinamenti» (Cerri, A., Doveri, cit., 2), mettono in relazione doveri inderogabili, funzione sociale della proprietà privata (art. 42, co. 2) e tutela effettiva dei diritti fondamentali per ricondurre al margine di apprezzamento statale la possibilità che il legislatore preveda criteri d’indennizzo espropriativo non uniformi, insistendo sul nesso tra doveri e garanzia di diritti sociali fondamentali quali istruzione, salute e abitazione (cons. 5.7) e dunque su una visione della solidarietà quale «elemento che – attraverso l’eguaglianza sostanziale – connette la sfera del dovere e sfera del diritto sociale» (Longo, E., Corte costituzionale, diritti e doveri, in Dal Canto, F.-Rossi, E., a cura di, Corte costituzionale, cit., 360).
Le diverse e talvolta contrastanti tendenze che, con le loro luci e ombre, caratterizzano la giurisprudenza costituzionale in materia di doveri, specie nei suoi più recenti svolgimenti, evidenziano come siano oggi sul tavolo una serie di questioni (tra cui crisi economica, immigrazione, tutela dell’ambiente, rapporti tra livelli di governo) che sollecitano una ripresa della riflessione sui doveri, sollevando interrogativi riguardo alla loro titolarità soggettiva e ai possibili sviluppi di una “solidarietà tra diversi” (le pronunce sui doveri degli immigrati, quelle in tema di “nuove famiglie”); riguardo al dispiegarsi nel tempo del rapporto tra diritti e doveri (crisi economica, esigenze di tutela ambientale e di sviluppo sostenibile mettono a tema profili di solidarietà intergenerazionale, evidenziando la difficoltà di immaginare diritti delle generazioni future disancorati da doveri delle generazioni presenti); riguardo, ancora, lo svolgersi nello spazio delle relazioni doveristiche (il tema dei rapporti tra doveri, solidarietà e sussidiarietà alla luce della revisione del titolo V Cost., ma anche la citata pronuncia n. 348/2007, che nella sua dimensione “multilivello” invita a riflettere sulle proiezioni della solidarietà anche al di là dei confini nazionali).
Il tema dei doveri, a uno sguardo di lungo periodo, si rivela composto da materiali disparati, e non di rado contraddittori. I doveri costituiscono testimonianze di epoche e ideologie autoritarie (cfr. ad es. Bobbio, N.-Viroli, M., Dialogo intorno alla repubblica, Roma-Bari, 2001, 39), ma anche frammenti di un discorso costituzionale, di un’idea di comunità solidale in via di dismissione perché in evidente dissonanza con la dimensione individualista, appropriativa e proprietaria, del neoliberalismo e di certe sue retoriche dei diritti fondamentali ampiamente diffuse a livello nazionale e comunitario (sulla dimensione europea della crisi della solidarietà cfr. ad es. Giubboni, S., Solidarietà, in Pol. dir., 2012, 544 ss.).
Al contempo, le questioni supra richiamate concorrono, assieme ad altre, a sollecitare un ripensamento consapevole di quelle tensioni interne che storicamente attraversano i temi della solidarietà e dei doveri e del ruolo che queste figure giocano nell’impianto di principi del testo costituzionale. I doveri costituzionali di solidarietà dell’art. 2 segnano un mutamento di paradigma rispetto al costituzionalismo liberale, nel quale i doveri “pubblici” costituiscono articolazioni legislative dell’obbligo politico, prestazioni caratterizzanti la cittadinanza e alla cittadinanza imposte in virtù della capacità d’imperio dell’ordinamento. La solidarietà doverosa dell’art. 2 corre innanzitutto tra e verso gli effettivi e concreti partecipanti alle comunità in cui si sviluppa la vita della collettività; insiste su una circolarità di rapporti tra diritti e doveri e sulla dialettica tra libertà e responsabilità sottesa a quei rapporti, così come sulla natura intersoggettiva di tali situazioni giuridiche e su una visione del soggetto in essi coinvolto come «altro in concreto» (Pezzini, B., Dimensioni, cit., 111), «soggetto-in-relazione» (Häberle, P., Le libertà fondamentali nello stato costituzionale, Bari, 1993, 76). Appare dunque necessario tornare a riflettere intorno ai doveri e alla tensione tra integrazione e conflitto storicamente caratterizzante l’idea di solidarietà. Un’idea che oggi risulta tanto più necessaria quanto più essa appare in affanno dinanzi a crisi – economiche, della rappresentanza, del lavoro e del welfare – che lacerano il tessuto civico e che della solidarietà mettono in discussione la sua più rilevante ragion d’essere costituzionale: concorrere all’edificazione di una Repubblica che affida la sua effettività, prima che «alla forza dei suoi strumenti di coazione» (Sirianni, G., La qualità, cit., 172), a una «collaborazione attiva e solidale» (Ibidem) che si traduce in doveri giuridici a carico di chi effettivamente partecipa alla vita della comunità.
Artt. 2, 4, co. 2, 23, 30, 32, 34, 52, 53, 54 Cost.
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