downshifting
s. m. o f. inv. Cambiamento volontario di lavoro e di stile di vita, rinunciando a privilegi precedentemente acquisiti.
• Lui era uno come tanti, uno che cinque anni fa riusciva ancora a risparmiare in Italia. Ma ha fato una scelta di vita: la cosiddetta «downshifting» ovvero una volontaria e consapevole autoriduzione del salario bilanciata da un minore impegno in termini di ore dedicate alle attività professionali, in maniera tale da godere di maggiore tempo libero. (Barbara Fruch, Giornale d’Italia, 28 ottobre 2012, p. 10, Economia) • I «millennials» […] Non hanno tempo per dubbi e crisi d’identità, le vecchie pubblicità in cui i bambini dichiaravano di voler fare l’astronauta non li rappresenta. Non sono cresciuti con l’interrogativo su quale lavoro fare, ma col dubbio se avrebbero mai avuto un lavoro. E al momento di scioglierlo il dubbio, si sono dati da fare più dei loro predecessori, a cui lasciano volentieri le smanie sul «downshifting», non sognano di mollare tutto per aprire un chiosco di gelati a Puerto Escondido né sono particolarmente «choosy», come li aveva sdegnosamente bollati Elsa Fornero. (Giuseppe Marino, Giornale, 10 ottobre 2015, p. 16, Attualità) • A un certo punto capita, di solito a metà percorso lavorativo o esistenziale, quando tutti i pezzi sembrano incasellati, di dire a tutti: «Signori, grazie di tutto, ma non posso più restare». La scelta di lasciare il proprio posto di lavoro sicuro una parola inglese non propriamente nota la traduce con downshifting che sta a significare scalata di marcia, cambio di rotta, virata di condizione sociale, talvolta passaggio da un ruolo apicale alla sparizione dalla piramide socio-lavorativa. (Antonella Gaeta, Repubblica, 11 febbraio 2017, Bari, p. XV).
- Espressione inglese composta dall’avv. down ‘giù, in basso’ e dal v. intr. (to) shift ‘cambiare, mutare posizione o posto’.
- Già attestato nella Stampa del 12 marzo 1996, p. 16, Interno (Gabriele Beccaria).