DRACONE (Δράκων)
Era ritenuto il più antico legislatore ateniese. Nulla però sapevano dire gli antichi intorno alla sua persona né intorno ai precedenti storici della sua legislazione. Anche la data è incerta, riportando taluni le sue leggi al 641 a. C., altri all'Olimpiade 39 (624-621 a. C.). Aristotele le riferisce all'arcontato di Aristecmo, del quale ignoriamo la data. Con sicurezza può dirsi solo che le leggi di D. costituiscono il primo codìce scritto di Atene e che sono anteriori di qualche tempo a Solone (594). La scarsezza delle notizie su D. ha fatto sì che taluni dubitassero perfino della sua storicità e lo identificassero col serpente sacro ad Atena, al quale sarebbe stato attribuito l'antichissimo codice di Atene (Beloch), così come a Zaleuco e a Licurgo, che sembra non fossero se non antiche divinità, si attribuivano i codici di Locri e di Sparta. Ma l'ipotesi, per quel che riguarda D., sembra destituita di ogni fondamento. Del codice attribuito a D. rimanevano in vigore nell'età classica le leggi sui reati di sangue, e ancora nel 409-8 il popolo ateniese decretò che si ricopiassero e si ripubblicassero (v. l'iscrizione presso Dittenberger, Sylloge, 3ª ed., 111). Opinione degli antichi è che D. avesse fatto anche altre leggi, ma che il rimanente della sua legislazione fosse stato poi abolito da Solone. E ciò è probabile, ma non è sicurissimo, e d'altronde non si sa bene come di leggi abolite sul principio del sec. VI si sarebbe poi potuto conservare memoria. Aristotele nella Politica dice che D. diede agli Ateniesi una legislazione, non una costituzione; nella Repubblica degli Ateniesi dice invece che diede a essi una costituzione timocratica e ne traccia le linee fondamentali. Ma questa costituzione sembra alienissima dalle condizioni reali del sec. VII a. C. e pare piuttosto rispecchiare quelle della fine del sec. V, quando gli oligarchici andavano in traccia delle pretese istituzioni avite (πάτριος πολιτεία), che volevano sostituire alla sfrenata democrazia allora in vigore. Si tratta dunque assai probabilmente d'una falsificazione tendenziosa. Comunque, D. nell'età classica aveva fama di legislatore crudele e si diceva che le sue leggi fossero scritte col sangue. Un piccolo furto, si dice, veniva punito in esse di morte, ma per questo riguardo è probabile che egli non facesse se non sancire un uso vigente, col permettere l'illimitato diritto di difesa della proprietà spinto fino al segno di poter uccidere il ladro colto in flagrante. E tuttavia nell'insieme sembra che il codice di D. rappresentasse per gli Ateniesi un notevole progresso, sia perché, fissando per iscritto le norme del diritto consuetudinario, le sottraeva all'arbitrio dei giudici, sia anche perché non è dubbio che qua e là modificava il diritto consuetudinario rendendolo meno crudele. Si attribuisce così da taluni antichi e moderni a D. l'istituzione della corte degli efeti, che giudicava dei casi di omicidio legittimo e involontario, sottraendoli alla vendetta del sangue della famiglia dell'ucciso. Ma probabilmente vi è errore: dal testo stesso di quella piccola parte delle leggi di D. che ci sono conservate sembra doversi ricavare che gli efeti preesistevano a D. È peraltro probabile che egli ne allargasse le competenze. Prima di lui, sembra, gli efeti giudicavano soltanto, nel Delfinio, degli omicidi legittimi (per legittima difesa, per punire il ladro colto in flagrante, ecc.) e di pochi casi d'omicidio involontario nei quali lo stato aveva particolari ragioni d'intervenire a tutela dell'uccisore (omicidio involontario nelle gare ginniche o, in guerra, del commilitone). Sembra che D. assegnasse agli efeti, giudicanti presso il Palladio, tutti gli altri casi di omicidio preterintenzionale. Inoltre egli dettò norme dirette a facilitare la pacificazione (σίδεσις) tra l'omicida involontario e i parenti dell'ucciso, le quali agevolavano il ritorno in patria all'omicida, che altrimenti doveva vivere in esilio. Infine è pure di D. una legge diretta alla protezione dell'omicida straniero esule nell'Attica che si astenesse dal frequentare i mercati dei confini e le solennità che attiravano stranieri. È forse anche sua la legge che regola la procedura da seguire contro l'Ateniese esule per omicidio involontario, accusato di omicidio o ferimento intenzionale: il quale, senza contaminare il suolo patrio, doveva difendersi da una barca, mentre gli efeti lo ascoltavano e giudicavano dal santuario dell'eroe Freato presso il porto di Zea. Leggi tutte la cui intenzione umana è evidente pur nell'arcaicità delle forme.
Bibl.: G. Busolt, Griechische Geschichte, II, 2ª ed, Gotha 1895, p. 196 segg.; id., Griech. Staatskunde, 3ª ed., I, Monaco 1920, p. 530 segg., LI, Monaco 1926, p. 815 segg.; G. De Sanctis, 'Ατϑίς, Storia della Repubblica ateniese, 2ª ed., Torino 1912, p. 159 segg.; A. Ledl, Studien zur älteren athenischen Verfassungsgeschichte, Heidelberg 1914; J. Beloch, Griechische Geschichte, 2ª ed., I, 11, Strasburgo 1912-13, pp. 131, 258 segg.; V. Costanzi, Le costituzioni di Atene e di Sparta, Bari 1927, p. 65 segg.