DRAMMA o dracma (δεαχμή)
È il nome corrente della unità monetaria principale presso i popoli ellenici dell'antichità. Dal punto di vista ponderale è un centesimo della mina (v.), e si compone di 6 oboli (v.). Secondo Plutarco e i grammatici la parola deriva da δράξ, pugno", col significato di un pugno, una mano piena di piccoli grani, equivalente sulla bilancia al peso di metallo che costituiva la dramma. Questa è stata quindi considerata in origine una metà, giacché, avendo la bilancia due piatti, la dramma è la metà di ciò che si mette sulla bilancia, la totalità essendo lo statere (v.).
Varî essendo i sistemi monetarî dell'antichità, è vario il peso della dramma, ma in tutti i sistemi i suoi multipli e sottomultipli si dispongono in una graduazione matematica costituendo tre gruppi distinti, nel primo dei quali la dramma è considerata l'unità, onde abbiamo il didramma, il tetradramma, il pentadramma ecc. sino al dodecadramma (vedi sotto); nel secondo l'unità è l'obolo, cioè il sesto della dramma, e quindi abbiamo: il diobolo, il triobolo, il tetrobolo ecc.; nel terzo infine l'unità è il tetartemorion, cioè etimologicamente un quarto dell'obolo o un ventiquattresimo della dramma. Non tutti i multipli e sottomultipli che derivano da questi tre schemi sono stati monetati, o monetati simultaneamente e in tutte le zecche: i tipi più comuni sono il didramma, il tetradramma, la semidramma o triobolo e l'obolo. Secondo il sistema cui si riattacca, e il principale luogo di coniazione, la dramma si denomina attica, eginetica, egizia, rodia, ecc.
Si deve poi ancora distinguere la dramma pesante dalla dramma leggiera (παχεῖα-λεπιή). La dramma e le sue divisioni sono di regola monete d'argento, e come tali si devono intendere nei testi; ma poiché la parola designa anche un'unità ponderale, può applicarsi a tutti i metalli: gli autori infatti designano alcuna volta la dramma col nome di δλκή, "peso", essendo essa il peso per eccellenza, l'unità di misura; altre volte poi specificano il metallo. La frase δραχμὴ χρνσίον si riferisce alcuna volta al piccolo peso d'oro equivalente in valore a una dramma di argento, ma più sovente designa la moneta d'oro che ha il peso di una dramma d'argento, cioè il mezzo statere. Dal principio dell'Impero la dramma attica venne assimilata al denaro romano, onde questo è designato alcuna volta col nome di δραχμὴ ἀργνρᾶ. Dramma di bronzo si denominò a Bisanzio, a Melos, a Tomi l'unità monetata di bronzo, perché aveva il peso e il modulo della dramma d'argento. Anche i Lagidi di Egitto coniarono una dramma di bronzo di circa gr. 3,40 stimata sei oboli.
Il didramma (διδραχμον) è la moneta di argento del valore di due dramme, coniata in tutti i sistemi ellenici, e che ne rappresenta l'unità vera e propria, onde viene denominata anche statere. Si hanno infatti gli stateri beotici, ricordati negl'inventarî ateniesi del tempo della guerra ateniese, e che sono i pesanti didrammi di argento col tipo dello scudo beotico, coniati per la maggior parte a Tebe; gli stateri corinzî, che sono i didrammi attici col tipo del pegaso, di corso internazionale; gli stateri corciresi, di gr. 11, col tipo della vacca allattante il vitello, molto noti e diffusi nel mondo greco; gli στατῆρες κρητικοί dei conti di Delo, che sono i didrammi emessi da un certo numero di città cretesi fino all'arrivo dei Romani; infine gli stateri eginetici, i didrammi d'argento di gr. 12,57, col tipo della tartaruga, tanto diffusi nel commercio del mare Egeo, e di cui la prima emissione rimonta alla prima origine della moneta greca di argento. Si noti che lo statere designa più ordinariamente l'unità dell'oro. A Rodi, sotto i Romani, sospesa definitivamente la coniazione dell'argento, sono considerati didrammi le grandi monete di bronzo che portano il tipo dell'effigie di Helios e sulle quali è scritta la parola δίδραχμον.
Il tetradramma costituisce, dopo il didramma, la moneta più comunemente coniata e che ebbe la più ampia circolazione nel mondo greco, specialmente nei secoli V e IV a. C. Esso costituisce l'unità principale delle zecche più importanti, cioè di Atene, poi dei re Macedoni, dei Seleucidi della Siria, dei Tolomei di Egitto, di Siracusa ecc. Se ne conoscono inoltre ricche serie delle zecche autonome del distretto calcidico (Acanto, Terone), della Macedonia (Anfipoli), della Tracia e isole adiacenti e poi delle principali zecche dell'Oriente ellenico, Chio, Cnido, Coo, Rodi, Clazomene, Efeso, Smirne, Arado di Fenicia, ecc. Sono infine da ricordare i tetradrammi di sistema attico dei re greco-indiani, che dominaronro la regione fra l'Oxo e il Gange, nel periodo circa 250-150 a. C.
Rarissimamente all'incontio sono stati coniati il tridramma e l'octodramma. Il primo è stato riconosciuto nella serie di Cuma d'Eolide, di Alabanda di Caria e di Efeso; e come tale venne considerato nella circolazione internazionale il didramma corinzio. Octodrammi di argento furono coniati in numerose emissioni solo ad Abdera di Tracia, e dalle tribù tracio-macedoni degli Orresci, dei Bisalti, degli Edoni, dei Derroni e da Alessandro I di Macedonia. Sono i bellissimi e larghi pezzi di stile arcaico e del peso di circa grammi 28-29, con i tipi del grifone, del cavaliere appiedato col tipico copricapo macedone (κανσία) e clamide, del guidatore dei buoi o del carro tirato dai buoi, di arte rozza e forte del tutto originale. Questi pezzi pare appartengano al tempo delle guerre persiane. S'incontrano più tardi octodrammi di argento nella serie cartaginese. Più numerosi sono gli octodrammi d'oro dei Tolomei di Egitto, pezzi del peso di circa gr. 27,90 e del diametro di mm. 25 ÷ 27.
Il decadramma è il pezzo di dieci dramme, coniato in argento e in oro, eccezionalmente, da alcune zecche autonome greche in diversi periodi, da Atene, Siracusa, Agrigento e Cartagine; poi da Alessandro il Grande e dai Tolomei di Egitto. L'unico decadramma d'argento coniato da Atene pare sia stato emesso in occasione della vittoria di Maratona. Del peso di circa gr. 43, è la più pesante moneta d'argento del sistema attico, ed è da considerarsi l'ultima delle monete della serie arcaica ateniese, risalente all'età soloniana. Esso segna un punto di arresto nell'evoluzione dei tipi monetarî di Atene, giacché i suoi due tipi dureranno per secoli nella moneta ateniese. Di arte rozza e di stile arcaico, la testa di Atena è coperta di elmo attico adorno della corona di olivo. Al rovescio è la civetta, ad ali aperte, disegnata e incisa con perfezione schematica e correttezza anatomica. Dai pochissimi esemplari noti si deduce che scarsa ne è stata l'emissione, forse anche in rapporto alle difficoltà materiali inerenti alla fabbricazione.
È per converso ricca e varia la serie dei decadrammì di argento, detti anche pentecontalitra, coniati a Siracusa, in due momenti speciali, al principio cioè e alla fine del sec. V a. C. Al tempo della battaglia d'Imera (480 a. C.) risale il primo decadramma ricordato dalle fonti antiche sotto il nome di demaretion (δημαρέτιον) dal nome della regina Demarete, moglie di Gelone I. Diodoro di Sicilia (XI, 2, 3) narra che i Cartaginesi fatti prigionieri da Gelone furono trattati con clemenza dal vincitore grazie all'intervento della regina Demarete; in riconoscenza le offrirono una corona d'oro di cento talenti: con questa somma Demarete fece coniare la moneta che porta il suo nome. Il demaretion è il magnifico e raro medaglione di argento, del peso di circa gr. 40, di stile arcaico, che presenta, in mirabili varianti, i tipi ben noti della moneta siracusana: la testa della ninfa Aretusa laureata circondata dai 4 delfini e la quadriga vittoriosa. L'arte di questo primo decadramma siracusano, pur conservando i caratteri dell'arte arcaica, è molto più avanzata di quella del decadramma ateniese, a cui è posteriore di solo un decennio.
Il secondo gruppo di decadrammi siracusani è dovuto all'arte insuperabile di Cimone e di Eveneto, di cui portano spesso la firma. Più che per l'arte e lo stile, i due pezzi si differenziano per l'effiggie del dritto che è data in due schemi diversi per i due artisti: Cimone incide la testa di Aretusa coi capelli chiusi in una rete di perle, Eveneto l'incorona di una corona di alghe. In ordine di tempo si fa precedere la produzione di Cimone (412-405 a. C.) a quella di Eveneto (406-385 a. C.).
Contemporanea alla produzione cimoniana di Siracusa è l'emissione del decadramma di Agrigento che si data dal periodo 415-406. Il magnifico pezzo, che rivela la mano di un grandissimo artista rimastoci ignoto, riflette lo splendore e la magnificenza raggiunta in quel periodo dalla città. Le due composizioni del dritto e del rovescio sono l'una una variante del tipo agrigentino dell'aquila, e l'altra una variante del tipo agonistico siciliano della quadriga. Con questi due tipi il pezzo allude evidentemente a un evento vittorioso, che forse è la vittoria riportata dall'agrigentino Exainetos ai giuochi olimpici del 412 (Diodor., XIII, 82).
Molto più raro e meno importante è il decadramma d'argento coniato da Alessandeo il Grande, con gl'identici tipi del suo noto tetradramma; di questo pezzo, conosciuto in un solo esemplare, s'ignora il momento e la ragione della coniazione.
Nella serie tolemaica si trova coniato il decadramma di oro e d'argento in ricche serie ben note, a nome delle due regine Arsinoe II Filadelfo e Berenice II. La serie di Arsinoe è costituita di pezzi d'argento, coniati dopo la sua morte e la sua divinizzazione da Tolomeo II Filadelfo, e dal successore Tolomeo III Evergete in zecche egiziane, coi tipi della testa di Arsinoe velata e diademata e della doppia cornucopia vittata; pesano circa gr. 35,70.
I decadrammi di Berenice moglie di Tolomeo III (246-221) sono d'oro, e sono stati coniati nelle zecche egiziane durante la sua vita e il suo regno, al suo nome e con tipi analoghi ai precedenti. Pesano in media gr. 42,85; sono però da altri considerati dodecadrammi.
Ultimo in ordine di tempo si presenta il decadramma cartaginese d'argento, conosciuto in buon numero di esemplari e coniato nella seconda metà del sec. III a. C. Questo pezzo fa parte delle emissioni di monete autonome che ebbero luogo in quel periodo principalmente nella zecca di Cartagine. I due tipi, la testa di Cerere coronata di spighe, al ritto e il cavallo alato al rovescio, mostrano l'imitazione greca; ma hanno chiara impronta di origine nello stile più rude, nel lavoro meno accurato, onde si distinguono anche dalle emissioni dei tetradrammi siculo-cartaginesi dei precedenti periodi, che, per bellezza e varietà di tipi, si possono paragonare ai prototipi siracusani.
Il dodecadramma è il pezzo di 12 dramme, che è stato coniato eccezionalmente, in argento e in oro, pare soltanto a Cartagine e dai Tolomei in Egitto. Il dodecadramma di Cartagine è in argento e ha per tipi la solita testa di Cerere e il cavallo galoppante; è del peso normale di gr. 46,78, basato quindi sulla dramma del sistema fenicio. Si riconoscono per dodecadrammi i pezzi di oro di circa gr. 42,85 di Berenice II coi soliti tipi, qualora si considerino coniati anch'essi sulla dramma tolemaica ridotta, di gr. 3,57 (v. sopra). (V. tavv. XXXVII e XXXVIII).
Bibl.: E. Babelon, Traité des monnaies grecques et romaines, I, 1, Parigi 1901, passim; I, 11, 1907, passim; B. V. Head, Historia Nummorum, 2ª ed., Oxford 1911, passim, alle singole zecche e serie monetali; Th. Reinach, L'Histoire par les monnaies, Parigi 1902, p. 89 segg.; A. J. Evans, Siracusan medallions and their engravers, in Num. Chr., 3ª, XI (1891), p. 205 segg. passim; L. Müller, Numismatique de l'ancienne Afrique, Copenaghen 1860-62, II, passim; F. Lenormant, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités greques et romaines, s. v.; F. Hultsch, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., s. v.; A. Segré, Metrologia, Bologna 1928, passim.
Dramma, o meglio dracma si chiama anche l'unità fondamentale del sistema monetario greco moderno, suddivisa in centesimi (λεπτα) e calore (1931) di lire it. 0,2466.