DRÔLERIE
Termine francese, utilizzato dagli storici dell'arte in riferimento alle forme figurative di carattere bizzarro che abbondano soprattutto nei margini dei manoscritti miniati di epoca gotica.Il termine, assente nelle fonti medievali, venne formulato nel Rinascimento e applicato a partire dal sec. 16° alle immagini fantastiche o mostruose. Nel dizionario di R. Cotgrave (A Dictionaire of the French and English Tongues, London 1611) draulerie appare riferito a 'maschera', 'satiro', 'scimmia' o analoghi 'volti scimmieschi', introducendo la più antica e importante associazione delle d. con scimmie e scimmiette, sorprendenti creature definite comunemente nei testi medievali babewyn, 'simile a babbuino'. Il giurista bolognese Odofredo (m. nel 1265) narra del rammarico di un padre per aver dato denaro al figlio perché si recasse a studiare a Parigi, mentre questi lo aveva sperperato facendosi riempire i libri di buffonerie: "fecit libros suos babuinare" (Camille, 1992, p. 152). Il termine babewynerie, comunque, non era riferito soltanto a figure dall'aspetto scimmiesco, ma in generale alla categoria dei temi marginali, privi di significato, comprese le creature ibride mostruose e altre creazioni della feconda fantasia medievale (per es., Libro d'ore, New York, Pierp. Morgan Lib., M.754, c. 55v).L'iconografo che si avventuri nel campo della d. gotica si trova ad affrontare un compito tutt'altro che invidiabile (Janson, 1952, p. 163), in rapporto alla difficoltà di classificare immagini che erano state concepite come non classificabili e al problema di dare un nome e di definire forme che cambiano costantemente. Sono comunque numerosi gli studi su singoli motivi marginali, per es. sulle chiocciole (Randall, 1962), sul mondo alla rovescia (Mellinkoff, 1973), su motivi scatologici (Wentersdorf, 1984) e, più di recente, sulla sessualità (Caviness, 1993); uno strumento di ricerca fondamentale è stato la catalogazione dei temi marginali (Randall, 1966), comprendente un'ampia campionatura di manoscritti dell'Europa settentrionale. Il problema che emerge dagli studi è quello di definire i limiti del significato di tali soggetti, considerati (Shapiro, 1970, p. 197) la prova evidente della libertà dell'artista e del suo possesso illimitato dello spazio che contraddice la visione dell'arte medievale come modello di ordine e devozione sistematici. Molti di questi temi marginali assunsero tuttavia forme convenzionali, copiate da un manoscritto all'altro, a dimostrazione del fatto che non si trattava di fantasie soggettive proiettate sulla pagina (Randall, 1966). La difficoltà consiste nell'individuare dove comincia e dove finisce il significato di tali immagini; non è chiaro, cioè, se questo mondo fantastico comprenda le sole rappresentazioni dei lazzi di scimmie e di mostri ibridi nei margini o se possa anche includere elementi semidecorativi o semifigurativi, come le foglie di vite che si trasformano in figure umane e animali. Risulta inoltre difficile stabilire se il termine d. possa comprendere anche i ghirigori riempilinea e i richiami degli scribi oppure se esso vada riferito alle sole miniature. Nonostante recenti contributi sulla struttura formale dei mostri rappresentati nei margini delle carte dei manoscritti (Sandler, 1981), lo studio dell'evoluzione storica di queste forme e della loro ampia diffusione in Europa - specialmente in altri media artistici - necessita di ulteriori approfondimenti. A fronte di un'interpretazione restrittiva del termine d., è possibile adottarne una più ampia, che definisce tale tipo di raffigurazioni come proprie di un particolare ambito o spazio, generalmente ai margini, non soltanto della pagina, ma anche di muri, edifici, oggetti e persino corpi (Camille, 1992).Per molto tempo lo studio dei soggetti marginali è stato ostacolato da un atteggiamento puritano, che qualificava queste immagini, focalizzate sovente sul corpo e sui suoi orifizi, come 'oscene' e inadatte a essere oggetto di una spiegazione scientifica. Tale giudizio ha fatto sì che molti dei più affascinanti esempi in manoscritti non venissero catalogati o descritti (Randall, 1966, pp. 10-11). Soltanto grazie all'interesse nei confronti dell'arte 'primitiva' e per influenza della psicoanalisi alla metà di questo secolo le regioni liminali del processo medievale della creazione di immagini sono diventate oggetto di attenzione. La vexata quaestio delle fonti e delle origini delle d. marginali è stata studiata (Baltrušaitis, 1955; 1960) individuando nell'antico gryllus, rappresentato su gemme e cammei, la fonte classica del babewyn e presupponendo numerose fonti non occidentali - persino indiane - per i mostri a più teste che ricorrono nei manoscritti del 14° secolo. Questa analisi formalistica tende tuttavia a decontestualizzare tali soggetti e a vederli come motivi ornamentali, ovvero come aggiunte, piuttosto che come parti integranti delle opere di cui essi fanno parte. Il contesto risulta particolarmente importante nell'ambito della scultura, dove sembra possibile ritenere che le d. abbiano fatto il loro ingresso molto tempo prima di invadere le pagine dei libri; l'ampia utilizzazione di questo genere di soggetti in ambito monastico è già attestata, nel 1125 ca., nell'Apologia ad Guillelmum Abbatem (XII, 28-30) di s. Bernardo di Chiaravalle, il quale attaccava le immonde scimmie, i semiuomini, i soldati in lotta che vedeva scolpiti sui capitelli dei chiostri e che riteneva distraessero i monaci.Questi temi derivano dal repertorio non solo dell'arte classica, ma anche di quella altomedievale, vale a dire dalle forme animalistiche e di carattere magico presenti nei manoscritti e nella metallistica celtici a partire dal periodo delle migrazioni. Questa composita creatività appare meglio evidenziata nella scultura monumentale, come per es. nel trumeau della chiesa abbaziale di Sainte-Marie a Souillac, definito una 'appassionata d.' (Schapiro, 1977). Anche nell'ambito della pittura murale romanica la d. ebbe una notevole importanza: gli esseri mostruosi e ibridi, come quelli raffigurati nella chiesa altoatesina di S. Giacomo a Termeno (inizi del sec. 13°), hanno un significato cosmologico, rappresentando infatti il mostruoso mondo sotterraneo delle meraviglie che si pensava esistesse ai confini acquei della realtà (Demus, 1968, p. 311). Il repertorio di motivi che caratterizza i manoscritti dell'età gotica era dunque presente nella decorazione monumentale già dal 1200, così come i mostri ibridi e le forme zoomorfe marginali dei codici del sec. 13° erano già raffigurati nelle lettere iniziali, piuttosto che collocati al margine del testo, in libri miniati di ambito monastico del 12° secolo.Gli studi avevano inizialmente individuato nelle Isole Britanniche il luogo di origine dei motivi marginali, per la grande quantità di manoscritti, quali per es. il Salterio Rutland (Londra, BL, Add. Ms 62925, c. 14r), contenenti d. già alla metà del 13° secolo. Tuttavia, manoscritti decorati con favole di animali e con grandi glosse figurate ai margini dei libri vennero realizzati anche in altre regioni dell'Europa ancora prima che nelle Isole Britanniche (Nordenfalk, 1967), come dimostrano per es. i registri di Innocenzo III (Roma, Arch. Segreto Vaticano, Reg. Vat. 4, c. 84v), copiati in Italia tra il 1198 e il 1200, dove una volpe in abito monastico di fronte a un verro con un aspersorio per l'acqua santa costituisce una parodia liturgica di un genere comune alla scultura del sec. 12°, in questo caso ispirata da alcune frasi delle lettere del papa. Ciò vale anche per manoscritti quali il Salterio Rutland, dove molte delle scene del margine inferiore illustrano frasi chiave del salmo scritto nella stessa pagina, come per es. la figura il cui piede viene morso da un drago nel bas-de-page di c. 14r, posta direttamente sotto il verso 16 del Sal. 9 (A): "Sprofondano i popoli nella fossa che hanno scavata, nella rete che hanno teso si impiglia il loro piede". Piuttosto che rappresentare semplicemente glosse teologiche di carattere moraleggiante sui mali del mondo, exempla figurati del corpo peccaminoso, come è stato ipotizzato (Randall, 1957), questi temi hanno una più ampia gamma di fonti, compresi i fabliaux, le burle, i giochi di parole e i racconti popolari della tradizione orale, che non devono essere necessariamente considerati sempre di valenza negativa (Camille, 1992).L'improvviso sviluppo delle figurazioni marginali nell'arte del periodo gotico può essere visto come il risultato di nuove tendenze nell'alfabetizzazione, nonché dei rapidi mutamenti nella disposizione della pagina manoscritta e della sua funzione. Fondamentale fu l'impatto dei metodi di organizzazione e di lettura propri della Scolastica, che considerava il testo come qualcosa da glossare o da commentare piuttosto che come oggetto di meditazione. A Bologna, per es., la disposizione della pagina nei manoscritti del sec. 14° delle Decretali di Graziano facilitava l'aggiunta di motivi marginali tra le varie sezioni di testo, glosse e commentario. Nella stessa epoca si ebbe, accanto a questo umorismo di studenti eruditi - che fondamentalmente esprimeva ancora in latino i propri indovinelli e giochi di parole -, un significativo incremento dei libri miniati per i laici, specialmente salteri e libri d'ore, i cui committenti avevano il gusto profano per il bizzarro e il sensazionale. Un ulteriore impulso allo sviluppo della d. si dovette anche ai cambiamenti intervenuti nelle tradizioni orali, all'importanza assunta dalla predicazione in volgare e alla trascrizione delle tradizioni popolari tramite la poesia. Un altro fenomeno di trasformazione sociale che si ritiene possa avere influito sulla decorazione marginale in età gotica è lo sviluppo delle città e del commercio; si è rilevato infatti che le regioni nelle quali sembrano concentrarsi i più fiorenti centri di produzione di manoscritti in generale, e di codici con marginalia in particolare, specie intorno al 1300, coincidono esattamente con le aree dedite al commercio più ricche e più urbanizzate dell'Europa settentrionale.Dal punto di vista storico lo studio delle d. rivela una visione più complessa e articolata dell'artista medievale. Sebbene possa essere dimostrato il carattere convenzionale di molti motivi, copiati da libri di modelli, i margini dei manoscritti offrivano alla sperimentazione spazio più ampio di quello consentito dai cicli delle miniature inserite nel testo, maggiormente codificati. In particolare, a causa del progressivo passaggio dell'attività di decorazione dei manoscritti dall'ambito monastico a quello urbano, che ebbe peraltro come conseguenza la formazione della figura professionale del miniatore laico, tale attività assunse, nel corso del sec. 13°, carattere collettivo, realizzato da scribi, rubricatori e pittori. La divisione tra testo e immagine a livello esecutivo aveva come conseguenza che il codice - di qualsiasi genere si trattasse, dal pontificale al romanzo - poteva essere decorato con gli stessi tipi di mostri e di buffoni marginali dalle sembianze di scimmie. La sottile correlazione tra testo e raffigurazioni marginali, visibile nei numerosi manoscritti del sec. 14° prodotti in Inghilterra e nelle Fiandre, si ridusse progressivamente, specialmente a Parigi, dove la divisione del lavoro era particolarmente sviluppata. Un artista come Jean Pucelle (ca. 1320-1370), comunque, dovette essere stato chiamato a corte da committenti reali proprio in virtù della sua capacità di rendere viva l'intera pagina, dal bas-de-page alle terminazioni delle linee, e persino le lettere, grazie a meravigliose e minute creature mostruose, come per es. nel Libro d'ore di Jeanne d'Evreux, del 1324 (New York, Metropolitan Mus. of Art, The Cloisters, Acc. 54.1.2, cc. 15v-16r). Lo stesso interesse per delicati oggetti preziosi e per creazioni minute è evidente nei manufatti di lusso prodotti nell'intera Europa, dove le d. adornano tessuti, avori e ogni genere di prodotto di lusso destinato alle corti. Su scala monumentale costituiscono un esempio le sculture tardoduecentesche del portale des Libraires della cattedrale di Notre-Dame a Rouen, sugli stipiti in pietra del quale si contorcono mostri e babewyns analoghi a quelli che ricorrono in manoscritti contemporanei. L'importanza della d. nella cultura medievale è dovuta al ruolo che svolgeva nella dialettica tra devozione e perversione, che permise a frammenti di ciò che viene considerato 'cultura alta' e 'bassa' di compenetrarsi e persino di unirsi letteralmente nell'ambito della visione fantastica, secondo modi destinati in seguito a non essere più ripetibili.
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