drudo (druda)
In Pd XII 55 Dentro vi nacque l'amoroso drudo / de la fede cristiana, indica " colui che si trova al servizio ", il " vassallo ", ed è termine feudale (dal germanico drud, " fedele ", attraverso il latino medievale drudus) adoperato dai chierici per indicare il " credente ", in rapporto a ‛ barone ' (vedi), che è l'appellativo dato a Cristo o ai santi (cfr. C. R. Dati, Difesa di D., in Scelta di prose, Venezia 1826, 131-134, dov'è riportato questo esempio: " Sforzatevi di mantenervi sempre fedeli drudi del barone messer Iesu Cristo "); mentre in Cv II XV 4 quando essa [la Filosofia] con li suoi drudi ragiona, è un provenzalismo, e vale " amante " (v.), " amico fedele ", nel significato proprio dell'amor trobadorico.
Senso dispregiativo ha invece in If XVIII 134 Taïde è, la puttana che rispuose / al drudo suo, e Pg XXXII 155 quel feroce drudo / la flagellò (qui si tratta del gigante e della puttana sciolta, apparsi sul carro della Chiesa), dove significa " ganzo ", " amante disonesto ".
La forma femminile indica la " donna amata ", della quale l'amante vagheggia però soltanto la bellezza e gode l'amicizia, e che perciò significa " amica fedele ", " familiare " (vedi la citata attestazione di ‛ drudo ' nel Convivio). Si trova adoperata con valore proprio in Cv III XII 13 quasi come druda de la quale nullo amadore prende compiuta gioia; con valore figurato in Rime XLVIII 18 priego il gentil cor che 'n te riposa / che la rivesta e tegnala per druda (D. allude a una stanza di canzone, inviata all'amico Lippo), e in Cv II XIV 20 Salomone... Tutte scienze chiama regine e drude e ancille.
In Rime dubbie XXX 16 e l'un dicea: " Vedi bella druda ! ", ha invece il significato non comune di " femmina galante " (Contini, il quale però non esclude, essendo qui d. riferito alla cornacchia addobbata con le penne altrui, che sia aggettivo, e valga " rigogliosa ", " folta di penne ").