Drusi
Secondo D., membri della nobile famiglia romana che, come i Deci, puosero la loro vita per la patria (Cv IV V 14) testimoniando con la loro virtù civile e il loro sacrificio l'ispirazione provvidenziale che avrebbe guidato il corso della storia di Roma. Tuttavia a nessuno dei personaggi di tal nome vissuti in età repubblicana e ricordati dagli storici antichi accessibili a D. sembra addirsi la citazione dantesca: né a M. Livio Druso console nel 112 a.C., né a suo figlio M. Livio tribuno della plebe nel 91 a.C. " genere et eloquentia magnus, sed ambitiosus et superbus " ([Aurelio Vittore] Liber de viris illustribus LXVI 1), generalmente maltrattato dalla tradizione storiografica romana come spregiatore del senato e per la sua opera a favore degl'Italici vista quale causa del " bellum sociale " (cfr. per esempio Valerio Massimo VIII V 1; Floro I XLVII 9 e II V, ediz. Jal; Orosio Hist. V XVIII 2), né infine a Nerone Claudio Druso Germanico (38-9 a.C.) figliastro di Augusto e valente generale, morto per una caduta da cavallo (da escludere anche altri appartenenti alla medesima gens Livia, come M. Livio Salinatore console nel 207 a.C. e vincitore di Asdrubale al Metauro).
Non risulta infatti che alcuno di costoro si sia votato a morte per la salvezza di Roma, o con una vera e propria devotio (rito di cui D. ha chiara cognizione: v. Deci) o in circostanze che possano far pensare a un consapevole sacrificio, com'è invece richiesto dal contesto dantesco; onde la lezione Drusi dei manoscritti è apparsa in passato inaccettabile per la scarsa appropriatezza dell'accenno ed è stata talvolta corretta in Fabii (Giuliani; cfr. Pd VI 47) o Curzii (Witte). È invece probabile che nella menzione dantesca non si debba vedere un riferimento a persona e a fatti precisi, ma piuttosto una reminiscenza di Virgilio (Aen. VI 824-825 " Quin Decios Drusosque procul saevomque securi / aspice Torquatum et referentem signa Camillum ") dove i Deci e i Drusi sono accostati in modo tale che il passo virgiliano, ritenuto nella memoria di D., vi avrebbe indotto l'attribuzione ai Drusi di una condotta che fu propria solo dell'altra famiglia.
Bibl. - E. Moore, Studies in D., I, Oxford 1896, 196-197; P. Toynbee, D. Studies and Researches, Londra 1902, 290.