Due donne in cima de la mente mia
. Stampato per la prima volta nel " Poligrafico " di Verona del 16 maggio 1813, questo sonetto (Rime LXXXVI) fu accolto senza esitazione fra le rime di D. dal Witte (1826), dal Fraticelli (1834), dal Serafini (1883), dal Moore (1894). Non c'è motivo, infatti, di dubitare dell'attribuzione a D., attestata dai codici Laurenziano Rediano 184 e Chigiano L IV 131, che derivano da una fonte comune del secolo XIV. Il Giuliani, invece, lo ritenne di dubbia autenticità. Il Barbi, nell'edizione del 1921, lo collocò al primo posto nel libro V che comprende " Altre Rime d'amore e di corrispondenza ", con approssimazione cronologica fra le " Rime allegoriche e dottrinali " e le " Rime per la donna pietra ".
Il poeta immagina che due donne (da intendere come personificazioni l'una della virtù e l'altra della bellezza) ragionino in cima de la mente sua di argomenti amorosi, mentre egli, per grazia di Amore, suo signore, si professa al servizio della signoria di tutte e due. Le due donne fanno perciò questione ad Amore come sia possibile che un cor possa amare perfettamente due diverse donne. Amore risolve la questione dicendo ch'amar si può bellezza per diletto, / e puossi amar virtù per operare.
Non trova credito fra i critici moderni la proposta del Witte, del Fraticelli e di altri che per una delle due donne debba intendersi Beatrice in contrasto, alla fine conciliato, con la Donna gentile o Filosofia. Nel testo del sonetto è piuttosto da vedere l'anelito di D. per un accordo fra il desiderio della bellezza e il desiderio della virtù, che è un particolare motivo della canzone Amor, che movi (cfr. specialmente i vv. 20-23). In tal senso pare orientata l'interpretazione del Contini, secondo cui " questo sonetto è indicativo dell'ideale supremo che Dante si propose verso i trent'anni, la fusione dell'eleganza mondana e della rectitudo ", e si accorda anche il suggerimento di Foster e Boyde di considerarlo un'appendice della canzone della leggiadria (Poscia ch'Amor).
Bibl. - K. Witte e K.L. Kannegiesser, D. Alighieris' lyrische Gedichte..., Lipsia 1826 (18422) 198; D.A., Il Canzoniere, a c. di P. Fraticelli, Firenze 1834 (18733) 215; G.B. Giuliani, La Vita Nuova e il Canzoniere di D.A., ibid 1863; D.A., Il Canzoniere, a c. di P. Serafini, ibid 1883; D.A., Tutte le opere, a c. di E. Moore, Oxford 1894; A. Santi, Il Canzoniere di D.A., II, Roma 1907; Contini, Rime 112; D.A., Rime, a c. di D. Mattalia, Torino 1943, 168; D.A., Rime, a c. di M. Apollonio, Milano 1965, 166; Dante's Lyric Poetry, a c. di K. Foster e P. Boyde, Oxford 1967, II 240; Barbi-Pernicone, Rime 469 ss.