due punti
I due punti introducono una pausa intermedia tra il punto e la virgola e vengono usati per ottenere diverse funzioni sintattiche e testuali, come quelle dichiarativa, presentativa e argomentativa, o per introdurre il discorso diretto.
Un segno costituito da due punti verticali ‹:›, detto dikō ̂lon, è attestato fin dal IV secolo a.C. in testimoni greci, dove è usato per indicare l’inizio di un paragrafo o il cambio di interlocutore (Geymonat 2008: 45). In epoca moderna il segno compare nei trattati di grammatica e ortografia con varie denominazioni: «due punti» (L. Dolce, L. Salviati), «coma» (P.F. Giambullari, O. Lombardelli), «punto doppio», «punto addoppiato» (O. Lombardelli), «duepunti», «geminopunto», «bipuncta» (J. Vittori da Spello) (Maraschio 2008: 124-125). Gli usi attuali sono attestati a partire dal XVII secolo, benché i teorici del tempo, fedeli alla tradizione, si limitino a indicare i valori di natura prosodica (Marazzini 2008: 154).
Il segno dei due punti opera sia sul piano sintattico sia su quello testuale. Tra le funzioni sintattiche si segnalano quella cosiddetta presentativa, usata per introdurre nel testo una persona o un oggetto (Mortara Garavelli 2003: 99; Tonani 2008: 29):
(1) Rido, rido, e mi fermo perché diventavo matto. Qualcuno dalla stoppia mi aveva risposto ridendo, ma non era Gisella: era un verso da bestia, che sembrava una vecchia, una voce da battere i denti (Cesare Pavese, Paesi tuoi, in Tutti i romanzi, Torino, Einaudi, 2000, p. 41)
e quella denominata segmentatrice, usata per le citazioni e gli esempi oppure per introdurre un ➔ discorso diretto, impiego in cui il segno è generalmente seguito da virgolette o trattini (Serianni 1988: 76):
(2) Una donna molto anziana dice: «Quando ti ho visto in televisione, ho capito che eri il figlio di Duilio. Da ragazzi andavamo a tirare sassi contro quelli di Grizzo, io li portavo e lui li tirava». Anche in guerra, si sa, alle donne è affidato un compito ausiliario e subalterno (Claudio Magris, Microcosmi, Milano, Garzanti, 20014, p. 43)
Quando enumera singoli dettagli e particolari o introduce gli elementi di un insieme, il segno esercita una funzione definita descrittiva (Serianni 2003: 53):
(3) Il campo era silenzioso. Altri spettri affamati si aggiravano come noi in esplorazione: barbe ormai lunghe, occhi incavati, membra scheletrite e giallastre fra i cenci (Primo Levi, Se questo è un uomo, Torino, Einaudi, 199436, p. 212)
Tra gli usi testuali si segnala l’introduzione di nessi logico-argomentativi, che legano il contenuto che segue a quello che precede (Lala 2004: 144). La più tipica relazione introdotta dai due punti è quella causale, che può essere di tipo progressivo se procede dalla causa all’effetto:
(4) La questione era ferma a questo punto morto, quando Maria Corti è [...] fa sapere non già di avere in mano elementi probanti, ma di essere [...] la testimone oculare e auricolare di una consegna di Montale alla Cima di foglietti multicolori, cartoline e fodere di buste, recanti versi scritti a penna e a matita: un tutt’altro dono da quello che Montale fece a lei stessa per il Fondo manoscritti di Pavia (Dante Isella, in «Corriere della sera» 5 settembre 1997)
oppure di tipo regressivo se procede dall’effetto alla causa (Mortara Garavelli 2003: 103):
(5) Infatti, se fosse vero che la ricchezza rende felici, allora chiunque fosse ricco sarebbe anche felice. Ma questo non accade: esistono persone ricche che non sono felici (così pure persone felici ma non ricche) (Giovanni Boniolo & Paolo Vidali, Strumenti per ragionare, Milano, Mondadori, 2002, p. 5)
I due punti possono essere usati anche per ottenere particolari effetti di senso, di carattere soprattutto pragmatico e stilistico, come nei casi in cui intervengono in unità coese dando luogo a «frammentazioni sintattiche» (Ferrari 2003: 61-64 e Lala 2008: 198):
(6) Il corpo, allora, come costellazione di microtraumi [...], cui segue la scrittura-cucitura di una seconda pelle cicatriziale percorsa da infinite, doloranti commessure: da attonita Catwoman di provincia (Andrea Cortellessa, Elisa Biagini, l’orlo del corpo, in Id., La fisica del senso, Roma, Fazi, 2006, p. 562)
La successione dei due punti all’interno dello stesso periodo è in genere sconsigliata, per quanto al riguardo non vi siano restrizioni rigide e non manchino esempi autorevoli, tanto nella scrittura letteraria (così, per es., in ➔ Carlo Emilio Gadda) quanto in quella funzionale (Mortara Garavelli 2003: 103).
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