DUNKERQUE (XIII, p. 277)
Operazioni durante la seconda Guerra mondiale. - Nel corso della loro offensíva in Francia dopo lo sfondamento della difesa fra Dinant-Namur-Sedan, i Tedeschi pervenivano il 21 maggio 1940 ad Abbeville, tagliando in due le armate alleate. Nello stesso giorno, il gen. M. Weygand, succeduto a M. Gamelin come comandante in capo del teatro di operazioni dell'Occidente, teneva a Ypres un consiglio di guerra interalleato, per preparare una risposta alla manovra tedesca di mettere "in sacca" sulla Manica le truppe delle armate alleate del nord.
Siccome nel triangolo Péronne-Cambrai-Abbeville, i franco-inglesi si trovavano momentaneamente in netta preponderanza numerica, Weygand propose di sferrare al più presto due attacchi contemporanei da nord e da sud, diretti su Bapaume. Se l'attacco fosse riuscito, il fronte alleato avrebbe ritrovata la sua continuità e, in conseguenza, le forze corazzate tedesche di punta sarebbero state tagliate fuori e condannate alla disfatta. Perché un tale piano avesse delle probabilità di riuscita bisognava che la linea della Schelda fosse abbandonata per quella più corta dell'Yser. Sarebbe stato allora possibile con le formazioni di recupero costituire un'armata d'urto anglo-francese a nord del corridoio tedesco, minacciato contemporaneamente a sud da un'armata francese. Nonostante che questo piano esigesse per la sua possibile riuscita l'abbandono, in sostanza, di tutto il Belgio, fu approvato alla conferenza di Ypres dallo stesso re Leopoldo e il 22, da Churchill e da sir J. Dill, capo dello S. M. britannico.
Ma qualche ora dopo la conferenza d'Ypres, il gen. Billotte nel viaggio di ritorno alla sua sede di comando, rimase vittima di un incidente automobilistico. Il successore, il gen. Blanchard, ricevette con ritardo gli ordini d'attuazione del piano Weygand, e siccome non era stato presente alla conferenza, rimase senza direttive per circa tre giorni. Simmetricamente all'inazione a nord del corridoio tedesco corrisponde a sud un'altra forma d'inazione. La 7a armata che, passando la Somme, avrebbe dovuto operare in direzione di Bapaume, venne impegnata dai Tedeschi in combattimenti sempre più accaniti fra Abbeville e la foce della Somme; in conseguenza le forze disponibili per l'attuazione del piano Weygand si assottigliarono in misura allarmante. Al contrario, il comando tedesco si rese subito conto della pericolosa manovra avversaria e, per sventarla, le forze corazzate di von Kleist si moltiplicarono rapidamente; e di esse una parte si mise in difensiva sulla Somme, il grosso riprese audacemente la marcia su Boulogne e su Calais. Il piano tedesco mirava a togliere alle spalle degli Inglesi i porti l'uno dopo l'altro, cioè le linee di rifornimento. Disperata divenne per questo la resistenza dei britannici a Boulogne e a Calais, tanto che i Tedeschi dovettero distogliere due divisioni corazzate dal fronte principale di battaglia con la BEF (British Expeditionary Force). Bisognava ad ogni costo mantenere aperta la linea di ritirata e le spiagge conducenti all'unico porto ancora utilizzabile dopo il 24 maggio: Dunkerque. Allorché in questo stesso giorno gli Alleati giunsero infine a sferrare l'attacco, i termini della situazione erano notevolmente cambiati da quelli della conferenza d'Ypres. Infatti, la 7a armata francese, a sud del corridoio tedesco, era più che mai impegnata nell'estuario della Somme, il 5° corpo d'armata francese, che doveva operare da Arras-Cambrai in direzione di Bapaume, quando finalmente fu pronto, si trovò dinanzi alla carenza degli Inglesi che, vista la paurosa minaccia nemica addensarsi da Calais sulla regione di Dunkerque, si decisero per la ritirata invece che per il contrattacco, tanto più che lord Gort aveva quasi del tutto esaurite le munizioni d'artiglieria. Siccome nel frattempo le forze tedesche si erano notevolmente accresciute, l'attacco delle sole unità francesi riuscì tardivo, senza forza e coesione.
È stato a lungo discussa la decisione presa da lord Gort, nella notte dal 24 al 25 maggio, di ritirarsi su Dunkerque, decisione che ebbe immediati effetti risolutivi sull'intero complesso delle armate alleate del nord. Ma, in sostanza, una diversa decisione avrebbe permesso alla "falce corazzata", tedesca di raggiungere anche Dunkerque, tagliando così l'ultimo tenue filo di speranza nella ritirata: si sarebbero guadagnati alcuni giorni, ma a prezzo di un disastro più completo. Perduta la BEF, riguardata da Churchill come "l'intera base, il cuore e il cervello dell'esercito inglese su cui e intorno a cui si stava edificando", sarebbe stato forse compromesso con la battaglia di Gran Bretagna l'esito stesso della guerra. Ma a Londra gli eventi erano veduti nella loro dolorosa chiarezza, sicché agli ordini impartiti nella notte dal 24 al 25 maggio per la rapida esecuzione della "Operazione Dynamo", cioè del ripiegamento su Dunkerque, faceva riscontro il categorico rifiuto opposto qualche giorno prima alla conferenza di Ypres (21 maggio) e al convegno di Vincennes (22 maggio) di trasferire sul continente il Fighters Command della RAF: il comando britannico cercava a qualunque costo di conservare integra la consistenza della RAF e di mettere in salvo almeno gli uomini della BEF.
Comunque, l'attuazione dell'"Operazione Dynamo" determinò, al momento, una situazione insostenibile per i Belgi e i Francesi. La Wehrmacht, infatti, messasi nella scia della BEF, incuneata fra le armate di re Leopoldo e del gen. Blanchard, circondò anche sulla loro destra i Belgi, che dovettero arrendersi, dopo appena tre giorni di combattimento, alle ore 4 del mattino del 28 maggio, mentre il grosso dell'armata francese del nord veniva chiuso "in sacca", senza speranza, a Lilla, a Loos, a Haubourdin. La BEF, serrata da presso, con l'ala sinistra scoperta, dopo la capitolazione del Belgio, sarebbe stata in gran parte catturata, nonostante il valore dei combattenti e la vigilanza di sir Harold Alexander, senza l'intervento decisivo della RAF che, servendosi della maggior parte dei caccia metropolitani, realizzò all'improvviso una momentanea superiorità sul cielo della testa d'imbarco. I bombardieri e i caccia tedeschi, sorpresi dalla qualità e dalla massa degli aerei di colpo impegnati dal nemico, si trovarono in condizioni d'inferiorità ed evitarono il combattimento. L'intervento di circa 1.000 unità navali da guerra e da trasporto anglo-francesi, prodigandosi senza riguardo alle perdite, contribuì potentemente all'evacuazione della BEF. Alle ore 17 e 30 del 3 giugno, l'imbarco era compiuto: furono salvati 337.000 uomini, dei quali 225.000 inglesi e 112.000 francesi; però giaceva abbandonato sulle dune il materiale di 18 divisioni.
La ritirata su Dunkerque e il reimbarco ebbero notevole importanza, perché dimostrarono ancora una volta la tradizionale consistenza dei corpi di spedizione britannici, perché risollevarono il morale della nazione alla vigilia di eventi decisivi, perché servirono a dar coscienza alla RAF della propria superiorità qualitativa in uomini e macchine, perché, infine, il salvataggio della BEF contribuì a maggiorare gli errori per eccesso del comando germanico nel valutare le forze a presidio dell'isola, errori da cui doveva dipendere in parte il fallimento della battaglia di Gran Bretagna.