DUQUESNOY, François, detto il Fiammingo
Scultore, nato a Bruxelles nel 1594, morto a Livorno il 18 luglio 1643. Figlio e allievo di Jérôme D. il Vecchio, scultore, nel 1618 si recò a Roma con una pensione del governatore generale dei Paesi Bassi, conservatagli sino alla morte di questi (1621). Cominciò allora a scolpire in legno e avorio statuette di piccolo formato. Nel 1624 conobbe il Poussin, e con questi studiò gli antichi. Nel 1626 cominciò a lavorare per Urbano VIII che gli commise una statua di S. Susanna (1628-1633; chiesa di S. Maria di Loreto) e una di Sant'Andrea (1630-1640, nella nicchia di uno dei pilastri della cupola di S. Pietro; v. barocca, arte) che sono le sue opere principali; si devono al D. anche numerosi monumenti funerarî in alcune chiese di Roma. Chiamato in Francia nel 1642 da Luigi XIII morì nel corso del viaggio. Il D. esercitò una notevole azione sulla scultura barocca con la sua maniera composta classicheggiante, in contrasto con l'arte tutta movimento del Bernini, al cui influsso però non poté sottrarsi del tutto. Particolare importanza ebbe con la piccola plastica in avorio, legno, bronzo (i pezzi, numerosi, non sono sempre di sicura attribuzione), specialmente con le raffigurazioni di putti per cui andava celebre.
Il fratello Jérôme, il Giovane, nato a Bruxelles nel 1602, fu giustiziato a Gand il 28 settembre 1654. Pare che seguisse il fratello a Roma, donde fu chiamato a Madrid da Filippo IV. Non è nota l'attività che vi svolse. Tornato in Italia lavorò a Firenze come orefice presso il bruxellese André Ghysels; raggiunse poi il fratello a Roma e l'accompagnò a Livorno. Di ritorno nei Paesi Bassi, il D. fu nello stesso anno nominato architecte statuaire et sculpteur dall'arciduca Leopoldo Guglielmo. L'opera del D. in Italia si confonde con quella del fratello; nei Paesi Bassi (dopo il 1643) le più importanti sono le statue del Ss. Paolo, Bartolomeo, Matteo e Tommaso in S. Gudula di Bruxelles, e il sepolcro del vescovo Triest nella cattedrale di Gand, già commesso a Francesco, di cui sono probabilmente i soli due putti dello zoccolo. Gli viene anche attribuita, fra l'altro, una serie di crocifissi in avorio. L'arte di I.D. è tutta sotto l'influenza della scultura preberniniana, non scevra di reminiscenze dell'opera del fratello.
Bibl.: E. Marchal, Mém. sur la sculpture aux Pays-Bas pendant les XVIIe et XVIIIe siècles, Bruxelles 1877; id., La sculpture ecc. belges, Bruxelles 1895; G. Sobotka, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, X, Lipsia 1914. Per F. D. vedi inoltre: G. P. Bellori, Le vite, ecc., Roma 1772, pp. 83-98; E. Tietze-Conrat, Die Bronzen d. fürstlich Lichtensteinschen Kunstkammer, Vienna 1918; id., Zwei Werke d. Fiammingo, in Zeitschr. f. bild. Kunst, n. s., XXXI (1920), pp. 152-56; A. E. Brinckmann, Borockskulptur (Handb. d. Kunstw.), Berlino-Neubabelsberg 1919, pp. 257-60; E. Dony, F. D. (1594-1643), Sa vie et ses øvres, in Bull. de l'istitut belge, II (1922), pp. 87-127; F. Schottmüller, Ein Modell d. Fiammingo, in Berliner Museen, XLIII (1922), pp. 14-17; M. Laurent, Quelques øvres inédites de F. D., in Gaz. des beaux-arts, 1923; I, pp. 295-305; id., L'architecture et la sculpture en Belgique, Parigi e Bruxelles 1928, pp. 37-39.