DURALLUMINIO. (fr. duraluminium; sp. duraluminio; ted. Duralumin; ingl. duralumin)
È una lega a base di alluminio che ha assunto grande importanza nella tecnica odierna, specie nelle costruzioni aeronautiche. Ha la seguente composizione base:
Fu scoperta da A. Wilm nel 1909; i diritti di brevetto furono assunti dalle Dürener Metallwerke, da cui il nome, e per altri paesi d'Europa dalla Wickers & Maxim Ltd. Ebbe vasta applicazione durante la guerra.
Il duralluminio deve le sue elevate proprietà meccaniche ad uno speciale trattamento termico che ne aumenta la durezza, la resistenza e la tenacità, trattamento consistente nel temprare il metallo in acqua da 500° e nel lasciarlo invecchiare per alcuni giorni a temperatura ordinaria.
A. Wilm non seppe a che cosa attribuire il notevolissimo effetto del trattamento termico, né riuscì a collegarlo con alcun cambiamento apprezzabile della microstruttura. Solo nel 1919 P.D. Merica e i suoi collaboratori avanzarono una teoria secondo la quale l'invecchiamento del duralluminio sarebbe dovuto alla precipitazione di particelle ultramicroscopiche di CuAl2 dalla soluzione solida soprasatura di rame nell'alluminio. Infatti la solubilità del rame cresce notevolmente con l'aumentare della temperatura (fig. 1); ricuocendo a 500°, perciò, passa in soluzione una quantità di rame maggiore di quella che può essere mantenuta in equilibrio a temperatura ordinaria. Se si permette alla lega di raffreddarsi lentamente, il rame precipita man mano ai giunti dei grani; ma se la lega si tempra, tale precipitazione sarà in gran parte soppressa e il rame rimarrà in soluzione nell'alluminio in uno stato metastabile; esso poi precipiterà dalla soluzione solida lentissimamente a temperatura ordinaria, più rapidamente a temperature superiori, rimanendo in uno stato finemente disperso. Tale precipitazione altera il reticolo cristallino e introduce nei piani cristallografici di slittamento o di clivaggio una moltitudine di ostacoli materiali: la matrice cristallina viene ad essere continuamente interrotta da queste particelle di CuAl2 che ostacolano il propagarsi degli slittamenti (cui è dovuta la plasticità) aumentando la durezza e la resistenza alla trazione. Anche un altro composto, Mg2Si, in soluzione nell'alluminio, dà luogo a fenomeni analoghi a quelli descritti per il composto CuAl2; nel duralluminio ambedue questi costituenti di tempra prendono parte all'invecchiamento, benché le loro azioni non si sommano.
È da osservare, incidentalmente, che il fenomeno dell'invecchiamento ha aperto nuovi orizzonti alla metallurgia dei metalli non ferrosi. Infatti sono molti i diagrammi di equilibrio che presentano una solubilità solida abbassantesi gradualmente col diminuire della temperatura: così nel caso del silicio, del nichel, del berillio e del cobalto nel rame; dello zinco e dell'alluminio nel magnesio; del silicio, manganese, zinco, ecc. nello stesso alluminio, ecc. Per alcune di queste leghe la rigidità interna dei cristalli sarà tale che, a temperatura ordinaria, non avverrà alcuna modificazione; per altre però avverranno importanti fenomeni paragonabili a quello del duralluminio. Le applicazioni industriali in tale campo si fanno pertanto sempre più vaste e interessanti.
Il trattamento termico del duralluminio è processo delicato e complesso: la lega intanto è molto sensibile alla temperatura di tempra che deve essere di 500° ± 10° se si vogliono ottenere le migliori proprietà meccaniche (fig. 2); influiscono inoltre altri fattori, quali l'incrudimento, la concentrazione dei diversî costituenti, le impurezze, ecc. Il trattamento avviene generalmente in forni a bagno di sali (KNO3 + NaNO3), in forni elettrici convenientemente attrezzati per la tempra ed eventualmente per il rinvenimento, in forni automatici, a suola mobile, ecc. Il riscaldamento dura in genere 15-25 minuti a 500°; è seguito da una rapida tempra in acqua.
La maturazione del duralluminio avviene generalmente in 4-6 giorni a temperatura ordinaria; essa potrà avvenire anche in un tempo molto minore a temperatura più elevata, purché questa non sia tale da aumentare eccessivamente la mobilità atomica e quindi da far coagulare ed ingrossare i costituenti di tempra. I massimi effetti si ottengono in pochissime ore a 100° (fig. 3).
Abbiamo detto che il duralluminio contiene due costituenti di tempra: Mg2Si e CuAl2 Ora accanto al duralluminio e ad altre leghe a esso del tutto simili, salvo che nel nome (Avional, Alferium, Aldal, 17 S, ecc.), ne esistono altre contenenti solo uno dei due costituenti di tempra. Si hanno cioè leghe contenenti Mg2Si (Almasilium, Aldiey, Almelec, 51 S, Anticorodal, ecc.), che vengono temprate a 550-560°, e debbono essere invecchiate a 150-170° circa; e leghe contenenti CuAl2 (25 S, Lautal, L. M., ecc.), che non invecchiano a temperatura ordinaria, ma solo a temperature più elevate, 120°-130° in genere, per tempi naturalmente molto più brevi, dando tuttavia risultati analoghi al duralluminio. Vi sono poi leghe simili al duralluminio, a cui sono stati aggiunti però altri elementi: così la lega "Y", alla quale il nichel conferisce speciali proprietà come quella di resistere a temperature elevate; la lega "R. R. 56" e le altre simili, che contengono oltre al nichel anche titanio che ha una funzione disossidante; lo "Scleron", che contiene zinco (12%) e litio; il "Montegal", che contiene calcio; il "Lautal", che è stato largamente usato in Germania e che contiene rame e quasi 2% di silicio, è maturabile a caldo e dà risultati pari al duralluminio; in America si chiama super-duralluminio un duralluminio contenente maggiori percentuali di silicio.
In genere si può dire che le leghe di alluminio contenenti solo due degli elementi indurenti (Mg, Si Cu) sono maturabili a caldo, mentre quelle che li contengono tutti e tre sono maturabili a freddo. Che la presenza del magnesio fosse necessaria per produrre l'invecchiamento naturale era stato già osservato da Wilm; egli però non pensava che il silicio, presente nell'alluminio di partenza come impurezza, rappresentasse invece un costituente di grande importanza. Quanto alle proprietà meccaniche, notiamo che le leghe tipo duralluminio e Lautal hanno all'incirca le stesse caratteristiche e cioè, dopo invecchiamento:
Le leghe, invece, del tipo Anticorodal o Almasilium, presentano le seguenti caratteristiche:
Fra queste ultime leghe, se ne comprendono talune (Aldrey, Almelec, Montegal, ecc.) destinate alla fabbricazione di conduttori elettrici; si tratta di leghe che, nonostante le elevate caratteristiche meccaniche, presentano dopo l'invecchiamento artificiale una conducibilità elettrica molto prossima a quella dell'alluminio: 31-34 m./ohm mmq. (alluminio commerciale circa 35)
Il duralluminio si trafila, si lamina, si forgia, se ne fanno tubi, ecc. con relativa facilità, generalmente a caldo (350° − 500°), a meno che non si voglia conferirgli un alto grado d'incrudimento, perché allora si possono dare leggiere passate a freddo (questo avverrà generalmente dopo la tempra ed avrà contemporaneamente lo scopo di raddrizzare i pezzi, i profili, ecc.). Specialmente con macchine analoghe a quelle usate per tubi di gomma, si ottengono tubi e profili di tutte le forme e dimensioni quali la moderna tecnica costruttiva, e particolarmente l'aviazione, predilige. Con la fucinatura si ottengono bielle, eliche, pistoni, ecc. Lo stampaggio, l'imbottitura e le altre lavorazioni possono essere eseguite a freddo con opportune ricotture intermedie. La lavorazione all'utensile è facile: il duralluminio non "unge" gli utensili come l'alluminio puro; bisogna usare particolari accorgimenti come un angolo di taglio più piccolo che nel caso dell'acciaio e la massima velocità compatibile con il pezzo, e adoperare come lubrificante olio solubile o petrolio.
Il duralluminio si può saldare all'autogeno (la saldatura a stagno non dà risultati soddisfacenti) purché si tolga convenientemente l'ossido di alluminio, si protegga il metallo fuso, e si usino metalli d'apporto appropriati (leghe analoghe al duralluminio o leghe speciali). È da notare tuttavia che con la fiamma ossi-acetilenica vengono distrutte per un notevole tratto intorno alla saldatura gli effetti della tempra e dell'invecchiamento (questi scompaiono, come si è detto, a temperature superiori a 200°) cui sono dovute le buone proprietà meccaniche del duralluminio. La saldatura sarà perciò applicabile solo a quei pezzi che dopo possono essere nuovamente temprati e invecchiati; quindi a pezzi di dimensioni limitate e che non presentano pericolo di distorsioni. Le difficoltà che presenta la saldatura fan sì che nell'uso del duralluminio si ricorra più spesso alla chiodatura. Si usano all'uopo chiodi di duralluminio che vengono posti in opera a freddo appena temprati e quindi in uno stato dolce, mentre l'invecchiamento naturale o quello artificiale per le altre leghe conferirà loro le elevate caratteristiche necessarie (22-25 kg./mmq. di resistenza al taglio). È da evitare in tutti i modi l'uso di chiodi di composizione diversa da quella del metallo base, poiché il contatto dà luogo a forte corrosione elettrolitica.
Il duralluminio e le altre leghe del genere se sono esposti agli agenti atmosferici normali, o immersi continuamente in acqua dolce o di mare, specie a grandi profondità, dove cioè l'acqua è più povera di ossigeno, non si corrodono notevolmente; se sono esposti invece alla superficie dell'acqua o all'aria salina del mare o peggio all'azione alternata del mare e dell'aria, si corrodono fortemente. L'attacco è particolarmente forte sulle linee di saldatura, per l'eterogeneità del materiale, o sulla chiodatura, poiché l'incrudimento subito dai chiodi nel lavoro di ribaditura ne sposta notevolmente il potenziale elettrolitico rendendolo diverso da quello del duralluminio, donde la formazione di una coppia galvanica e quindi una maggior corrosione. Ma anche nella lamiera originale la corrosione segue di preferenza le linee d' incrudimento dovute al lavoro della punzonatura e le direzioni delle tensioni interne, dando luogo a un attacco preferenziale e localizzato che può portare in breve grosse lamiere alla distruzione. Un altro inconveniente è quello della corrosione intercristallina, che si presenta solo a volte ed è con ogni probahilità causata dal trattamento termico mancante o non appropriato. Infatti il duralluminio allo stato ricotto, o grezzo di lavorazione, o invecchiato a più di 100° (e lo stesso per le altje leghe a invecchiamento artificiale se la temperatura ha sorpassatn i 200°), si corrotto molto più facilmente di quello normale e la corrosione segue di preferenza i giunti intercristallini.
I problemi della conservazione del duralluminio vengono resi infine più gravi dal fatto che le proprietà meccaniche delle leghe leggiere (come anche del ferro, degli acciai e di altre leghe non ferrose) decrescono fortemente nel caso di corrosione, anche se questa non è forte (agenti atmoferici) e se dall'aspetto esteriore dei materiali non si riveli traccia alcuna di diminuzione di sezione o comunque di forte attacco. E la degradazione delle proprietà meccaniche può avvenire sia nel materiale in riposo, sia nel mareriale sollecitato, staticamente o dinamicamente. Gli studî di McAdam e di R.B. Moore mostrano chiaramente come il limite di fatica del duralluminio possa abbassarsi notevolmeme sia assoggettandolo a sollecitazioni dinamiche in ambiente corrosivo, sia sottoponendolo prima all'attacco del mezzo corrosivo (p. es. all'azione della nebbia salina), poi alle sollecitazioni alternate in ambiente inerte (fig. 4). La stessa azione dell'aria è sensibile sulla degradazione del limite di fatica, tanto che ad essa può ascriversi probabilmente il fatto che spesso non si riesce a determinare un vero limite di fatica per il duralluminio, anche dopo molti milioni di cicli. Ma anche le proprietà statiche degradano fortemente come si può vedere dalla seguente tabella:
La duttilità del duralluminio risente fortemente dell'azione corrosiva dell'acqua di mare e ciò, più particolarmente, dopo invecchiamento a temperatura superiore all'ordinaria. Le altre leghe sono anch'esse sensibili all'azione degli agenti corrosivi in proporzioni molto simili al duralluminio; salvo il Lautal che dà invece risultati leggermente inferiori.
Il duralluminio può essere efficacemente protetto dai fenomeni corrosivi, facendo ricorso a opportuni ricoprimenti. Le comuni vernici, purché aderiscano bene, il che non è sempre possibile con le leghe leggiere, proteggono meccanicamente il metallo sottostante: la loro azione dipenderà dalla resistenza alle dilatazioni, agli urti, nonché dalla loro permeabilità, porosità, ecc.; ottimi risultati dànno le vernici a base di catrame, fenoli, olî di antracene. Un mezzo più semplice per proteggere l'alluminio dalla corrosione è quello di investire la superficie con grassi (olî idrogenati) e lanolina. Una speciale "autoprotezione" è offerta dalla pellicola di ossido di alluminio, in ragione della sua cattiva conducibilità, della sua compattezza e di altre proprietà del genere. Si può formare artificialmente tale pellicola col processo anodico (passaggio di corrente in bagno di acido cromico, pezzo da trattare come anodo) o con altri processi (Jirotka, Eloxal, ecc.). La pellicola è particolarmente adatta a proteggere il duralluminio dagli agenti atmosferici; inoltre essa conferisce al duralluminio stesso un particolare tono opaco o anche colori svariati di bellissimo effetto e serve ottimamente come sfondo per la verniciatura.
Le protezioni metalliche galvaniche sono di difficile esecuzione e di dubbio effetto: generalmente infatti i metalli depositati sono più elettropositivi dell'alluminio e quindi questo, se a contatto continuo con un elettrolita, funzionerà da anodo e come tale andrà velocemente in soluzione. Fanno eccezione il cadmio e lo zinco che in alcuni casi possono lunzionare da anodi e proteggere quindi il duralluminio anche elettroliticamente oltre che meccanicamente. Un'ottima protezione elettrolitica è quella offerta dallo stesso alluminio. Le lamiere di duralluminio o di Lautal rivestite di un sottilissimo strato di alluminio purissimo, note sotto il nome di Alclad, Duraplat, Allautal, Vedal, ecc., resistono ottimamente alla corrosione; esse si ottengono con processi speciali di fusione e quindi per laminazione dell'alluminio col duralluminio, a caldo; gli elementi del duralluminio si diffondono in parte nello strato di alluminio e l'unione è perfetta.
Un altro mezzo efficace per proteggere le leghe leggiere dalla corrosione si ha con l'affinare il metallo, depurandolo dalla presenza di gas e di altre impurezze (con cloro o con cloruri, tricloruro di boro, tetracloruro di titanio, ecc.). Se ne ottiene un metallo puro a grana compatta, e che resiste quindi ottimamente alla corrosione. Anche alcune aggiunte, come p. es. cadmio, antimonio, ecc., possono diminuire l'ossidabilità delle leghe di alluminio e forse anche del duralluminio.
Usi. - Il duralluminio ha applicazioni numerose e svariatissime. Esso ha trovato largo impiego nella costruzione dei mezzi di trasporto, delle vetture tranviarie e ferroviarie, nella fabbricazione delle automobili e dei motori a scoppio e infine nelle costruzioni aeronautiche (figg. 5 e 6). Le sue elevate proprietà meccaniche e la sua leggerezza lo rendono in moltissimi casi preferibile all'acciaio. Infatti, a parità di sollecitazione, il peso di un'opera in lega leggiera è sempre inferiore a quello di un'analoga parte in acciaio, a meno che non si vogliano usare acciai ad altissima resistenza; ma allora, oltre alle difficoltà di fabbricazione e di messa in opera, entrano in giuoco altri problemi come la rigidità delle parti, la resistenza alla pressoflessione e ai piegamenti locali, fattori questi che impediscono di poter usare sezioni eccessivamente sottili. Il duralluminio, a parità di peso, offre generalmente resistenze superiori o almeno spessori molto maggiori, la qual cosa nelle costruzioni è un vantaggio, almeno finché altri coefficienti, come quelli aerodinamici negli aeroplani, non limitino l'aumento in volume.
Bibl.: A. Wilm, in Metallurgi, 1911, pp. 8, 225, 656; P. D. Merica,Waltenberg e W. W. Scott, in Engineering, sett. 1919; id., in U. S. Bureau of Standards Scientific Paper, 327, 1919; R. J. Anderson, The Metallurgy of Aluminium ecc., New York 1925; E. Koelliker e U. Magnani, Allum, metalli legg. e loro leghe, Milano 1930; G. Guzzoni, in metallurgia ital., 1931, nn.3, 9, ecc.