Hoffman, Dustin
Attore cinematografico statunitense, di origine ebraica, nato a Los Angeles l'8 agosto 1937. Sin dagli esordi, seppe imporre un modello antidivistico: si affermò infatti proponendo non più l'immagine di un attore alto e prestante, bensì quella di un interprete non attraente, piuttosto basso, in grado però di imprimere al suo personaggio un'energia inu-sitata e uno spirito di ribellione. Già a partire da The graduate (1967; Il laureato) di Mike Nichols, per il quale ottenne la prima nomination all'Oscar, rivelò quella perfezione ossessiva nell'entrare nel ruolo propria dei dettami del metodo dell'Actors Studio. Ma risultò anche dominato da una perenne insoddisfazione, causata sia dalla tensione verso un modello da imitare (individuato in Marlon Brando), sia dal suo particolare perfezionismo che gli ha impedito ogni volta di godersi il successo per una sorta di autolesionismo inconscio, provocando spesso scontri sul set con i registi (soprattutto Sydney Pollack e Stephen Frears). Ha vinto il premio Oscar come miglior attore protagonista nel 1980 per Kramer vs. Kramer (1979; Kramer contro Kramer) di Robert Benton e nel 1989 per Rain man (1988; Rain man ‒ L'uomo della pioggia) diretto da Barry Levinson. Nel 1989 ha ricevuto a Berlino l'Orso d'oro alla carriera e nel 1996 a Venezia il Leone d'oro alla carriera.
Dopo aver studiato musica al conservatorio della sua città, si iscrisse al Pasadena Community Playhouse. All'inizio degli anni Sessanta frequentò i corsi di Lee Strasberg all'Actors Studio iniziando, quindi, un'intensa attività teatrale fino a giungere, nel 1966, a ricevere il plauso della critica per la sua performance in Eh, messa in scena da Nichols. Lo stesso regista gli affidò in The graduate il primo ruolo cinematografico con il quale raggiunse subito il successo, quello di Benjamin, un ragazzo appena laureato che intraprende una relazione con una signora dell'alta borghesia, innamorandosi poi della figlia. Già in questo personaggio emerge un forte spirito di ribellione (preso a modello dalle giovani generazioni di quel periodo) sottolineato anche dalla colonna sonora di Simon & Garfunkel, e che si manifesta soprattutto nella scena in cui il ragazzo urla dalla vetrata della chiesa per interrompere il matrimonio cui la ragazza amata viene costretta dalla famiglia.
Nel 1969, dopo esser stato protagonista di John and Mary (John e Mary) di Peter Yates, in Midnight cowboy (Un uomo da marciapiede) di John Schlesinger (seconda nomination all'Oscar) dette vita a un personaggio alla deriva (lo zoppo Rico, malato di tisi), carico di rabbia repressa, che sembra girare senza meta negli ambienti ostili di una fat city. Tutti i suoi ruoli dell'inizio degli anni Settanta risultano segnati da una continua aspirazione alla rivolta ma al contempo 'chiusi' nella sofferenza e nel dolore. Si rivelano in tal senso disegnate la crisi d'identità dell'indiano/colono Jack Crabb in Little big man (1970; Piccolo grande uomo) di Arthur Penn; le manie di persecuzione della rockstar di Who is Harry Kellerman and why is he saying those terrible things about me? (1971; Chi è Harry Kellerman e perché parla male di me?) di Ulu Grosbard; la violenza repressa continuamente sul punto di esplodere del matematico di Straw dogs (1971; Cane di paglia) di Sam Peckinpah; l'oppressione sessuale/matrimoniale sul timido impiegato di banca di Alfredo, Alfredo (1972) di Pietro Germi. Tali personaggi appaiono insieme dentro e fuori le regole dell'Actors Studio. Dentro perché meticolosamente preparati e studiati in ogni dettaglio. Fuori perché sono anche aperti a slanci di improvvisazione, con i quali l'uomo Hoffman sembra prevalere sull'attore. Dopo aver interpretato nel 1973 il falsario rinchiuso alla Cayenna in Papillon di Franklin J. Schaffner, l'anno successivo offrì una delle sue prove più intense ricostruendo la vita del comico americano Lenny Bruce in Lenny di Bob Fosse ‒ terza nomination all'Oscar ‒ e riuscendo a uscire dai canoni di una mimetica riproduzione biografica del personaggio per comunicarne il tormento e lo spirito autodistruttivo. In All the President's men (1976; Tutti gli uomini del Presidente) di Alan J. Pakula interpretò di nuovo un personaggio realmente esistito, il giornalista del quotidiano "Washington Post" Carl Bernstein. Nello stesso anno accettò un ruolo in cui sono evidenti le tracce di autobiografismo, quello di un timido studente universitario ebreo minacciato da un ex criminale nazista in Marathon man (1976; Il maratoneta) di Schlesinger. Dopo Straight time (1978; Vigilato speciale) di Grosbard e Agatha (1978; Il segreto di Agatha Christie) di Michael Apted, H., con il personaggio di un uomo che lotta con l'ex moglie per l'affidamento del figlio nello struggente mélo familiare Kramer vs. Kramer, offrì una delle sue interpretazioni più intime e più intensamente vissute (l'attore stava divorziando dalla prima moglie proprio in quel periodo). All'inizio degli anni Ottanta H. ha regalato un altro saggio di estrema bravura in Tootsie (1982) di Pollack ‒ quinta nomination all'Oscar ‒ interpretando il ruolo di un raffinato attore disoccupato che raggiunge un enorme successo accaparrandosi con un mirabile travestimento una parte da donna in una soap opera televisiva. Nel 1985 è stato Willy Loman in Death of a salesman (1985; Morte di un commesso viaggiatore) di Volker Schlöndorff, dal dramma di A. Miller, ruolo che quasi contemporaneamente ha portato anche sul palcoscenico. Nel 1988 ha spinto all'estremo i dettami del metodo impersonando con grande mestiere un malato d'autismo in Rain man. È stato poi diretto da registi prestigiosi come Sidney Lumet (Family business, 1989, Sono affari di famiglia), Warren Beatty (Dick Tracy, 1990), Steven Spielberg (Hook, 1991, Hook ‒ Capitan Uncino, nella parte di Capitan Uncino) e ancora da Benton (Billy Bathgate, 1991, Billy Bathgate a scuola di gangster) in ruoli che sembrano esaltare le sue doti mimetiche. Con Hero (1992; Eroe per caso) dell'inglese S. Frears, H. ha rielaborato, nella figura di un uomo ai margini che si trova a salvare i passeggeri di un aereo precipitato, quel modello di personaggio manipolato dagli eventi proprio delle commedie hollywoodiane degli anni Quaranta (Preston Sturges, Frank Capra). In questo decennio ha sperimentato generi nuovi, dall'action movie di Wolfang Petersen Outbreak (1994; Virus letale) al fantathriller Sphere (1998; Sfera) di Levinson; si è esibito con Robert De Niro in duetti di autentico virtuosismo in Sleepers (1996) e in Wag the dog (1997; Sesso e potere), sua settima nomination all'Oscar, realizzati entrambi da Levinson; è stato un telecronista in Mad city (1997; Mad city ‒ Assalto alla notizia) di Constantin Costa-Gavras, figura in cui ha cercato di far rivivere quel cinismo proprio del Kirk Douglas di The big carnival (1951) di Billy Wilder; ha dato forma visiva alla Coscienza in Jeanne d'Arc (1999; Giovanna d'Arco) di Luc Besson. Dopo circa quattro anni di assenza dal grande schermo, è stato protagonista di Moonlight mile (2002) di Brad Silberling, in cui, al fianco di Susan Sarandon, ha interpretato uno dei suoi personaggi più vissuti e più estranei alle regole dell'Actors Studio, quello di un uomo chiuso nel profondo dolore per la perdita della figlia.
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