DVIN
Cittadina posta a km. 35 a S di Erevan, nella fertile regione di Artašat, non lontano dal massiccio dell'Ararat, che fu prestigiosa capitale dell'Armenia storica dal 4° al 9° secolo.D. conserva ancora l'originaria divisione in tre parti: a E, la cittadella arroccata su una collina difesa da una cinta di mura turrite intorno a cui correva un fossato; più in basso a O, il quartiere principale, anch'esso circondato da mura; fuori della città, i quartieri - che si estendevano per tutta la pianura vicina - ove oggi sono situati alcuni villaggi.La cittadella ospitava la fortezza sede del comando militare, collegata con il resto della città per mezzo di ponti; nel quartiere principale trovavano posto gli edifici religiosi e altre costruzioni connesse, mentre gli artigiani, i commercianti e i contadini vivevano in piccoli nuclei dislocati nella campagna circostante, facilmente controllata dall'alto della cittadella.D. sarebbe stata fondata dal re arsacide Cosroe II Kodak (331-338), che nel trasferirvi la sua dimora da Artašat fece rivestire di boschi tutta la regione dell'Ararat fino all'antica fortezza di Gaṙni. La scelta della nuova sede fu particolarmente gradita alla popolazione, che non esitò ad abbandonare la città insalubre e malsana di Artašat per trasferirsi intorno alla collina di Dvin.Dopo aver svolto un ruolo di primaria importanza nella vita politica, economica, culturale e spirituale nell'Armenia dei Sasanidi e degli Omayyadi, l'antica capitale cadde nella più completa rovina negli anni trenta del sec. 13°, in seguito alle devastazioni operate dagli invasori Turchi. All'opera di demolizione concorsero in varie epoche anche le popolazioni locali, che reimpiegarono largamente pietre tagliate ed elementi architettonici nella costruzione di nuove abitazioni.L'indagine archeologica, iniziata verso la fine del sec. 19°, fu continuata a più riprese soprattutto dopo l'ultimo conflitto mondiale. Insieme agli oggetti di varia natura rinvenuti sulla collina, che testimoniano come l'insediamento umano a D. risalga già al terzo millennio a.C., è stato riportato alla luce nel quartiere principale il complesso di monumenti eretti, tra i secc. 5° e 7°, a pochi metri di distanza l'uno dall'altro: la basilica di S. Gregorio l'Illuminatore (Grigor Lusavorič), la chiesa a navata unica dedicata al santo martire persiano Yiztbuzit e il palazzo del Kat῾ołikos, residenza della massima autorità religiosa di tutta l'Armenia per oltre quattro secoli. Di questi edifici purtroppo non rimangono che lo spiccato della pianta, qualche tratto di muro, alto poco più di m. 2, e alcuni elementi in pietra erratici o custoditi nel piccolo museo allestito nella stessa D. in occasione degli scavi archeologici.La basilica di S. Gregorio è indubbiamente l'edificio che riveste maggiore importanza. Venne innalzata all'epoca del Vardan Mamikonyan nel 450 ca.; si trattava di una basilica monoabsidata con tre navate molto lunghe separate da pilastri, per i quali alcuni indizi archeologici permettono di ipotizzare la sezione cruciforme. Il portico che fiancheggiava la chiesa e i due vani rettangolari posti ai lati dell'abside, per quanto probabilmente già previsti nella progettazione iniziale, sembrano aggiunte più tarde. Dopo essere stato incendiato nel 572, l'edificio venne ricostruito e trasformato completamente fra il 606 e il 621, mentre era marzban Smbat. La basilica, sensibilmente ridotta in lunghezza, acquistò un impianto cruciforme con esedre poligonali sporgenti e cupola centrale; di questa fase costruttiva si può avere un'idea, soprattutto per quanto riguarda l'alzato, osservando la cattedrale alquanto più tarda e meglio conservata di T῾alin.La piccola chiesa a navata semplice di S. Yiztbuzit, risalente alla metà del sec. 6°, riveste un certo interesse per la presenza, su un lato dell'abside, di un vano la cui funzione potrebbe rimandare a una tradizione architettonica di tipo funerario diffusa nell'Armenia paleocristiana.Quanto al palazzo del Kat῾ołikos - abitato a partire dalla seconda metà del sec. 5° fino all'893, anno in cui il patriarca si trasferì a Zvart῾noc῾ -, se ne ipotizza una planimetria pressoché quadrata con cortile interno delimitato da colonne. Un segno della qualità costruttiva del monumento, non inferiore a quella del palazzo di Zvart῾noc῾, è costituito da un capitello, ancora in loco, abbastanza ben conservato, con motivo a foglie di palma disposte a formare sui lati due volute di tipo ionico.Di un altro palazzo residenziale sono tornate alla luce le fondamenta di un'ampia sala rettangolare con sei pilastri liberi. Di una terza chiesa dedicata a s. Sergio, ora scomparsa, posta probabilmente al di fuori delle mura e risalente al sec. 4°-5°, restano solo due capitelli a canestro nel Gosudarstvennyj istoričeskij muz. di Erevan.
Bibl.: J. Strzygowski, Die Baukunst der Armenier und Europa, Wien 1918, I, pp. 163-165, 278, 319-320; II, pp. 501-501, 680; S. Der Nersessian, Armenia and the Byzantine Empire, Cambridge (MA) 19472 (1945), pp. 2, 39-40, 70-71; A. Khatchatrian, L'architecture arménienne du IVe au VIe siècle, Paris 1971, p. 58; M. D'Onofrio, Le chiese di Dvin (Studi di architettura medievale armena, 3), Roma 1973; id., Certains palais résidentiels de l'Arménie du Ve au VIIe siècle après J. -C., "The Second International Symposium on Armenian Art, Erevan 1978", Erevan 1981, II, pp. 90-110; F. Gandolfo, Le basiliche armene, IV-VII secolo (Studi di architettura medievale armena, 5), Roma 1982, pp. 36-43; P. Cuneo, Architettura armena, Roma 1988, I, pp. 114-117.M. D'Onofrio