E
- Quinta lettera dell'alfabeto romano, in cui occupa lo stesso posto che questo simbolo occupava nell'alfabeto fenicio; in questo, però, e negli alfabeti semitici da esso derivati, non indicava la vocale, ma l'aspirazione laringale, essendo tali alfabeti solo consonantici (sì che le lingue semitiche per rendere le vocali dovettero ricorrere a varî espedienti).
La forma primitiva fenicia era volta a sinistra ed aveva il tratto verticale prolungato in basso (???). I Greci, adattando alla loro lingua i segni fenici, volsero per primi il segno ??? a indicare la vocale e, lo voltarono verso destra e lo resero simmetrico, sopprimendo il prolungamento inferiore. È notevole che nell'alfabeto di Megara questo simbolo assuma una forma vicina o identica a quello del B. Nelle iscrizioni latine arcaiche l'E ha la strana forma di due tratti verticali paralleli.
Per la rapidità della scrittura, fin dal sec. IV a. C. si trova nei papiri greci la cosiddetta forma lunata, di un semicerchio tagliato da un trattino orizzontale; e questa forma fu anche imitata dai Latini nei graffiti, accanto alla forma derivata dai due tratti verticali paralleli, e poi nell'unciale, nella semiunciale e, con la chiusura della parte superiore, nella corsiva (dal sec. V) e nella minuscola carolina. Da quest'ultima deriva la nostra e minuscola.
Fonetica. - Nella pronunzia della vocale e la lingua è un po' sollevata verso il palato anteriore, l'apertura delle labbra piuttosto piccola; si ha insomma una posizione intermedia fra a e i.
Le oscillazioni di timbro sono notevoli: parecchie lingue distinguono nettamente e aperta ed e chiusa.
L'indoeuropeo comune distingueva ē ed ĕ, che nella fase antica delle singole lingue indoeuropee si trovano per lo più conservate. Notevole eccezione costituiscono a questo riguardo il gruppo indiano e l'iranico: all'ē delle altre lingue (τίϑημι, fēci) corrisponde in sanscrito ā (dadhāmi), all'ĕ (ϕέρω, fĕro) ă (bharami). Quelle e che il sanscrito possiede risalgono a dittonghi indoeuropeì (ai̯, ei̯, oi̯).
Nella storia delle singole lingue si hanno alterazioni molteplici. In alcuni dialetti greci, al comune η corrisponde ã (βασιλᾶες nell'Elide), e viceversa lo ionico presenta η in luogo del comune ᾶ. In latino ĕ diventa ŏ davanti a sillaba cominciante per u̯ (novus da *nĕu̯os: cfr. υέος), e ĭ davanti a n seguito da velare (tinguo da *tengu̯o, cfr. τεγγω); anche ĕ in sillaba aperta non iniziale (fuorché davanti ad r) diventa ĭ (lĕgo: collĭgo).
Nelle lingue romanze la e tonica latina si è conservata, fuorché nel francese, nei dialetti gallo-italici e nel ladino grigione e dolomitico in cui ē si dittonga in ei (e successivamente in francese in oi, oe, u̯e, u̯a, pur rimanendo la grafia oi: così p. es. tēla dà toile). La ĕ tonica si dittonga per lo più in ie, in condizioni varie secondo i varî territorî. Di e odierna che derivi da altre vocali, il filone più notevole è dato dai continuatori di ĭ latino, che in generale si confondono con i continuatori di ē.
Abbreviazioni. - La vocale E è adoperata spesso come abbreviazione; più spesso sta per eminenza, eccellenza. Nelle bussole, nelle carte geografiche, marittime e simili indica il punto cardinale est (ingl. east).
Filosofia. - In logica formale la vocale E designa la proposizione universale negativa (v. a).
Calendario. - Nel calendario romano è la quinta lettera nundinale che designava il quinto giorno di ogni nundina. Nel calendario ecclesiastico è la quinta lettera domenicale e designa il giovedì.
Matematica. - Si denota con e la base del sistema dei logaritmi neperiani (v. logaritmi), con E (x) la parte intera del numero x.
Numerazione. - Nell'alfabeto greco la ĕ (ε, epsilon) e la ē, (η, eta) erano adoperate come simboli numerici con i seguenti valori:
Musica. - Con la lettera E veniva designato, nel sistema musicale sviluppatosi nel primo millennio dell'era attuale, il suono che poi venne chiamato, con termine guidoniano, mi. Essa era adoperata, ai tempi di Guido d'Arezzo (sec. XI), nella forma maiuscola se il suono da essa rappresentato era contenuto nella prima ottava della scala generale; aveva invece forma minuscola se il suono stesso apparteneva alla seconda ottava o all'esacordo finale (in questo ultimo caso la e minuscola veniva raddoppiata e indicava il suono più alto della scala generale). In seguito alla riforma di Guido d'Arezzo sorse poi il nuovo nome di mi che presso le nazioni latine, sostituì gradatamente, nella pratica musicale, la lettera E. Questa, però, fu ancora usata nell'epoca post-guidoniana, unita alle sillabe la e mi, formando il termine Elami che indicava il suono mi nelle sue posizioni negli esacordi di sol e di ut. Oggi la lettera E è ancora adoperata, nella pratica musicale, in Germania ed in Inghilterra, invece della sillaba mi.