EBANITE o vulcanite (fr. ébonite, caoutchouc durci; sp. ebonita; ted. Ebonit, Hartgummi, Hartkautschuk; ingl. ebonite, hard rubber)
Sostanza che si ottiene sottoponendo a vulcanizzazione prolungata una miscela di gomma col 30-40% e più di zolfo. È cattiva conduttrice dell'elettricità e resiste a molti agenti chimici. Ha notevole durezza a temperatura ambiente ed è facilmente lavorabile. Ha color nero, somigliante all'ebano, donde il nome; ma si può anche farle assumere colorazione bruna o rossastra.
Cenno storico. - L'ebanite fu scoperta nel 1839 dall'americano Carlo Goodyear il quale, nei lunghi e tenaci studî che lo portarono alla creazione del processo di vulcanizzazione della gomma, la ottenne casualmente immergendo striscie di gomma in zolfo fuso e tenendovele per più ore. La fabbricazione industriale fu iniziata dall'inglese Tommaso Hancock, il quale, venuto in possesso di campioni di gomma vulcanizzati dal Goodyear, riuscì a riprodurne il processo di fabbricazione, che brevettò il 21 novembre 1843. Nelson Goodyear, fratello di Carlo, nel 1851 brevettò in America la fabbricazione di ebanite ottenuta da una miscela di gomma, zolfo, magnesia, gomma lacca, sali di piombo o di zinco, vulcanizzati per sei ore a 160°; nel 1852 brevettò la preparazione di ebanite da una miscela composta solamente di gomma e di zolfo e scaldata per 4 ore a 165°. In seguito Otto Mayer introdusse l'uso dei fogli di stagnola nella vulcanizzazione. B. D. Porritt e H. Rogers hanno mostrato che probabilmente P. J. P. Jonas Bergius, professore a Stoccolma, aveva preparato l'ebanite nel 1791. Quest'autore tuttavia non ha lasciato alcuna relazione sull'andamento della sua esperienza.
Composizione e caratteri. - C. O. Weber ha avanzato l'ipotesi che gomma e zolfo siano legati in un composto di addizione corrispondente alla formula C10H16S2 o, meglio, alla (C5H8S)10, che è quella di un polimero del solfuro di isoprene, l'ultimo di una serie, che s'inizia con C100 H160S composto contenuto nella gomma. In pratica per preparare ebanite occorre mescolare almeno 32 parti di S e 68 di gomma (in peso), il che si accorda con la formula Ci10H16S2. Lo zolfo entra anche in reazione con le resine contenute nella gomma greggia; lo sviluppo d'idrogeno solforato, in quantità tanto maggiore quanto più lenta è la vulcanizzazione, sarebbe dovuto a questa reazione. La reazione fra gomma e zolfo è esotermica, come hanno dimostrato Seidl, Williams e Beaver, Kirchhof e Wagner, A. A. Perks. Nell'industria per ottenere ebanite con speciali proprietà oppure per ridurne il costo, si aggiungono alla gomma e allo zolfo altre sostanze. Così, s'impiegano gli stessi acceleranti organici che si usano nella preparazione della gomma vulcanizzata, oppure acceleranti inorganici, come il litargirio, la magnesia e la calce. La scelta degli acceleranti va fatta tenendo conto anche degli usi per i quali l'ebanite deve servire; p. es., l'ebanite che va adoperata come isolante elettrico non deve contenere litargirio, né magnesia quella che deve venire in contatto di acidi; l'aggiunta di talco, di barite, oppure di amianto migliora la resistenza agli acidi; al contrario, il caolino e l'ossido di zinco fanno diminuire tale resistenza, ma servono bene per ebanite isolante; l'ossido di zinco, oltre a facilitare l'azione degli acceleranti organici, attenua il colore nero dell'ebanite. Per ottenere ebanite rossa o bruna si aggiunge solfuro di antimonio. Altre sostanze dette plastificanti facilitano la preparazione della mescolanza (p. es., alcuni rigenerati, alcuni asfalti, l'olio di lino cotto e altri olî, l'ozocherite, la ceresina, la cera d'api, ecc.); le cere facilitano la lucidatura degli oggetti di ebanite. Riscaldandola fino a una certa temperatura (in genere compresa fra 60° e 100°) l'ebanite conserva durezza notevole; a temperature superiori rammollisce e si comporta come corpo plastico. Al disopra di 200° carbonizza lentamente, senza fondere. Col crescere della durezza cresce pure, in generale, la fragilità, uno dei difetti principali dell'ebanite.
L'ebanite senza ingredienti resiste bene agli acidi solforico e nitrico, purché non concentrati, agli acidi cloridrico, fluoridrico, fluosilicico, fosforico, acetico, ossalico, tartarico, lattico, ecc., agli alcali, all'ammoniaca, ai cloruri e ad altri sali, ecc. È attaccata dagli ordinarî solventi della gomma (benzolo, solfuro di carbonio, cloroformio, ecc.).
Essa ha un coefficiente di dilatazione termica notevolmente superiore a quello dei metalli, il che costituisce un difetto in alcune applicazioni. Ha notevole rigidità dielettrica, e resistenza elettrica superficiale, soprattutto se contiene poca umidità. Le caratteristiche elettriche e la resistenza agli agenti chimici sono i principali fattori che determinano l'uso di questo prodotto in numerosissime industrie.
Fabbricazione. - La prima operazione nella fabbricazione dell'ebanite consiste nel mescolare la gomma, lo zolfo e gli altri ingredienti, nello stesso modo e, sostanzialmente, con le stesse macchine usate nell'industria della gomma elastica. Quando si vogliono ottenere piastre, bastoni o tubi, la miscela è calandrata oppure trafilata. Si procede quindi alla vulcanizzazione in autoclave oppure sotto pressa, riscaldando i pezzi di ebanite da vulcanizzare, liberi oppure dentro stampi, in aria, o in acqua, o in talco, o in vapore d'acqua (in tal caso il riscaldamento si compie per mezzo di vapore diretto), sempre sotto pressione. Questa può variare fra 1 e 10 atmosfere (110° ÷ 183°) e più ancora, ma nella massima parte dei casi, è compresa fra 2 e 7 atm. È necessario esercitare una pressione dall'esterno all'interno durante la vulcanizzazione per evitare che lo sviluppo d'idrogeno solforato oppure di vapor d'acqua facciano ottenere un prodotto spugnoso. La temperatura di vulcanizzazione è mantenuta costante per periodi varianti, secondo i casi, da mezz'ora a dieci o quindici ore. Sia la temperatura di riscaldamento, sia quella di raffreddamento sono raggiunte lentamente; in certi casi richiedono qualche ora (la cosiddetta scala). Ciò è tanto più necessario quanto maggiore è lo spessore dell'oggetto da preparare. A volte la vulcanizzazione ha luogo in due tempi. Spesso gli organi usati per il riscaldamento o gli elementi a contatto con le superficie dell'oggetto sono variate; ad es. si vulcanizza parzialmente in torchio e parzialmente in caldaia; in una prima fase su anima metallica, e in una seconda con pressione interna di gas, liberamente, ecc. Per ottenere piastre con superficie lucida si usa coprire le facce libere con fogli di stagnola ben liscia con un piccolo rullo.
Nella fabbricazione dell'ebanite si adopera a volte anche polvere fine di ebanite vulcanizzata, che può essere preparata da vecchi oggetti. L'uso di questa polvere, oltre a far variare le proprietà meccaniche dell'ebanite, offre il vantaggio di ridurne il ritiro, cioè la variazione di volume generata dalla vulcanizzazione. È pure possibile fabbricare oggetti stampando a caldo (120°-200°) e sotto pressioni di 150-200 atm. polvere di ebanite eventualmente con aggiunta di zolfo o altre sostanze. Finora però questi procedimenti non hanno grande importanza industriale.
Usi. - L'ebanite serve alla fabbricazione di moltissimi oggetti: bocchini, calamai, pettini, penne, strumenti chirurgici e musicali, pomi di bastone, volanti per auto, ecc. Serve anche a sostituire il corno e, impastato con smeriglio e quarzo, a fare coti e mole artificiali per affilare. Essa è largamente usata nell'industria chimica per rivestire recipienti metallici, elementi, pompe a stantuffo o centrifughe, rubinetti, tubi, filtri, ecc., che debbono essere a contatto soprattutto con alcali e con acidi. Larghissimo è pure il suo uso nelle industrie elettriche o con queste connesse; basti citare le cassette e i separatori per accumulatori, i distributori e le calotte dei magneti, nonché i quadri e gl'isolanti.
Rivestimenti di ebanite. - L'ebanite è sempre più largamente adoperata per il rivestimento di recipienti metallici destinati a contenere acidi o altri prodotti chimici capaci di attaccarli, o anche pezzi metallici destinati a venire in contatto con essi (p. es. fusi per seta artificiale, ventilatori, ecc.). Per i rivestimenti s'impiegano fogli di ebanite, incollati su altri fogli di semiebanite o di gomma, e su strati di soluzione vulcanizzante. Scopo della semiebanite è compensare le differenti dilatazioni termiche dell'ebanite e dei metalli. Lo spessore del rivestimento è variabile; in media è di 1 cm. Per assicurare l'aderenza, si possono praticare nel metallo da rivestire fori, oppure scanalature, che sono poi riempiti dall'ebanite. L'applicazione del rivestimento va fatta con grandissima cura, perché anche una piccola fessura può aprire la via all'attacco del metallo. La superficie da rivestire va anzitutto pulita, riscaldandola, per carbonizzare le sostanze organiche che eventualmente la imbrattassero, poi spazzolandola, lavandola con benzina, ecc. Sulla superficie pulita si spalma soluzione vulcanizzante, si lascia essiccare, poi si torna a spalmare, per una o più volte, soluzione vulcanizzante; si applica poi un foglio di gomma oppure di semiebanite e infine quello di ebanite, stirandoli bene e anche riscaldandoli per facilitare l'attacco. L'ebanite è poi coperta con talco, tenuto a posto da un'armatura di legno, e si vulcanizza, in uno o due tempi, generalmente con vapore a 3 atmosfere per 2-3 ore.
Bibl.: A. Regler, Hartgummi und Hartgummi Ersatz, Berlino 1914; L. E. Weber, The Chemistry of Rubber Manufacture, Londra 1926; A. D. Lutringer, Le caoutchouc durci, Parigi 1926; Peterson, Rayner e Kinnes, in Journal of Inst. E. Engineers, Londa 1913; Flight, in The India Rubber Journal, Londra 1923; Marchandise e Chirasseul, in Encyclopédie du Caoutchouc, Parigi 1929; R. Ariano, in L'industria, 1929.