EBEFRENIA (dal gr. ἥβη "giovinezza" e ϕρήν "intelletto")
Parola coniata da K. L. Kahlbaum e da Becker nel 1871, per indicare una delle forme cliniche nelle quali fu divisa da E. Kraepelin la demenza precoce: le altre due forme sono la paranoide e la catatonica. L'ebefrenia insorge quasi sempre nella pubertà; i sintomi iniziali passano spesso inosservati o vengono considerati come segni di nevrastenia o d'isteria; progressivamente il quadro clinico s'aggrava: s'alternano stati d'eccitamento a notevoli depressioni dell'umore; insorgono idee deliranti assurde, spesso collegate a fenomeni allucinatorî; compaiono negativismo ostinato, apatie invincibili, scatti impulsivi, manierismi nell'eloquio e nei movimenti. Sintomo dominante è la dissociazione mentale, cioè la mancanza assoluta di coordinazione logica fra le varie idee, e fra queste e le conseguenti manifestazioni emotive e fattive (v. schizofrenia). Anche attraverso remissioni, talvolta d'una certa durata, l'insieme dei sintomi diventa sempre più ricco, il malato si rende completamente estraneo alla vita reale e si ha la demenza, fine quasi costante della sindrome ebefrenica (secondo Kraepelin nel 75% dei casi). I segni morbosi talvolta invece regrediscono in alcuni soggetti, i quali pur restando apatici, misantropi, stravaganti, possono praticamente seguitare a vivere nella società. Le forme attenuate dell'ebefrenia costituiscono le cosiddette sindromi eboidi, appareiuemente non gravi, ma assai difficilmente guaribili.