EBOLI (A. T., 27-28-29)
Città della provincia di Salerno adagiata su di un colle, donde con la parte moderna è discesa al piano; il comune abbraccia la frazione di Battipaglia, situata a 8 km. dal centro principale, al punto d'incontro di tre linee ferroviarie. Eboli domina l'ultimo tratto della valle del Sele e conta 9042 ab. (1921). Fuori della città, sulla parte alta, si erge l'imponente castello restaurato su disegno del Vanvitelli, e si trova in magnifica posizione la chiesa dei cappuccini. Il territorio del comune (183 kmq. e 13.463 ab.), esteso specialmente in pianura (Piana di Eboli), è variamente coltivato: insieme con i cereali e gli ortaggi, sono diffusi i vigneti, gli oliveti e i frutteti (anche gli agrumi).
Storia. - Eboli continua il nome di una città della Lucania (come attesta Plinio, Nat. Hist., III, 11, 98 e crede il Mommsen) o secondo altri dell'estremo meridionale della Campania. Il suo nome, benché appaia in epigrafi, è sempre abbreviato, onde la forma Eburum o Eburi è di ricostruzione. Ricordata da Sallustio per la rivolta di Spartaco, fu municipio e appartenne alla tribù Fabia, (Corp. Inscr. Lat., X, 451); ma tombe del sec. VI-V a. C. rivelano che il centro fu abitato anticamente. Era sulla via Popilia.
L'antica Eburum fu distrutta probabilmente dai Saraceni verso il sec. IX o X; ma a breve distanza, sulla collina di Montedoro, sopravvisse un locus o vicus Ebuli, che fece parte del principato longobardo di Salerno: da esso si sviluppò l'odierna Eboli. I Normanni ne fecero un feudo e nel suo territorio prescelsero uno dei più notevoli demanî della Corona: la real caccia di Persano.
Al tempo delle lotte fra Tancredi di Altavilla ed Enrico VI d'Hohenstaufen, Eboli rivelò l'importanza a cui era giunta. Essa seguì con vivo accanimento la parte sveva, onde Federico II le fu largo di molti favori. Carlo d'Angiò la diede in feudo a Roberto di Fiandra, che la perdette allorché tornò in patria. Si ebbe poi un continuo alternarsi d'incameramenti al demanio e di rinfeudamenti. Nel 1799 Eboli si democratizzò. Delle vicende d'allora profittarono gli Ebolitani non solo per sfogare il loro antico antagonismo contro Campagna, ma per impadronirsi dei demanî regi e feudali, il cui possesso e la cui ripartizione avevano fomentato e fomentarono i loro appetiti nelle convulse circostanze politiche posteriori.
Bibl.: Corp. Inscr. Lat., III, p. 617; X, p. 49; Hülsen, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, 1903; S. Angeluzzi, Eurum, Napoli 1903; Codex diplomat. Cavensis, II; P. Ansolini de Ebulo, Derebus Siculis Carmen, ed. Rota, in Muratori, n. ed., XXXI, p. 1; Winkelmann, Acta Imperii inedita, Innsbruk 1889; Quinternioni feudali, ms., nell'Archivio di Stato di Napoli; A. V. Rivelli, Memorie storiche di Campagna, Salerno 1894; A. Genoino, Francesi e realisti nel Salernitano nel 1799, Cava dei Tirreni 1931.