EBRAISMO (v. ebrei, XIII, p. 327; App. II, 1, p. 811)
L'e., inteso soprattutto come espressione di religione professata, è sostanzialmente ancora oggi quel fenomeno etico-religioso che, derivato dall'Antico Testamento, trovò formulazione e definitiva sistemazione per opera dei Maestri Farisei prima e dei Rabbini dopo. L'interdipendenza esistente tra popolo e religione è un fatto unico e peculiare, perché la religione ebraica è inconcepibile senza la. presenza di un popolo vivente. L'e. non fa distinzione tra la santità della norma religiosa e quella etica che regola i rapporti sociali: perciò, sia nell'e. biblico sia in quello postbiblico, il precetto etico-religioso abbraccia la totalità della vita umana nei suoi diversi aspetti sociali, religiosi, etici, politici, civili. A causa di questa condizionante reciprocità di valori, tendente a ricondurre a unità le fondamentali istanze della vita civile, morale e religiosa, l'e. non può prescindere dal concetto nazionale e, pertanto, in esso confluiscono le due essenziali componenti, nazionale e universale, rispettivamente caratterizzate dai concetti di popolo e terra d'Israele e dal messaggio etico-religioso.
Mediante la Halakhāh, che costituisce la somma del sistema interpretativo dei Maestri dell'e. grazie al quale dall'insegnamento scritto e orale (Tōrāh) fu possibile arrivare all'interpretazione giuridica di nuove norme di condotta privata e collettiva, furono rese operanti e legittime. nelle diverse età le leggi del popolo ebraico sia in Palestina che nella Diaspora.
La dialettica del rapporto fra stato e religione si è determinata con la ricostituzione della comunità nazionale che, pur proclamandosi democratica, ha stabilito come punto di riferimento storico essenziale dello stato i valori tradizionali dell'e., ai quali si richiama continuamente. Il problema che ne è sorto è il seguente: può lo stato darsi una normativa costituzionale propria, oppure questo non è necessario perché la Tōrāh (che è alla base dell'e.) contiene impliciti i principi essenziali per l'esistenza di una comunità nazionale ebraica? Se si vuole che l'attuale stato si dia una propria costituzione, è lecito, e in quale misura, determinare mutamenti essenziali rispetto alla formula costituzionale conferitale dalla Halakhāh storica? Inoltre, se il parlamento, che è un istituto essenziale in ogni stato democratico, non è autorizzato a legiferare e ad emanare disposizioni nello spirito della tradizione etico-religiosa dell'e., prescindendo cioè da ogni esigenza di Halakhāh, qual è allora il corpo autorizzato a decidere su particolari argomenti che pure attengono alla vita pubblica dello stato?
Il problema dei rapporti fra religione e stato, che si è pure posto in altri paesi e in molti di essi ha trovato soluzioni accettabili per l'una e per l'altro, si evidenzia oggi con particolare crudezza e singolarità data Ia particolare natura dell'e., poiché presso il popolo ebraico l'identità fra fede e nazione è stata e rimane un fenomeno storico peculiare, senza riscontro. Gli stessi governanti laicisti e la maggior parte dell'opinione pubblica ebraica vedono Israele non come una creazione statale nuova, bensì come una consociazione politica che prosegue l'Israele storico, cioè una creazione statale del popolo ebraico. Infatti, lo stesso principio di nazionalità ebraica vive e trae alimento soprattutto dall'humus culturale che è definito Tōrāh e che costituisce la più antica testimonianza non soltanto della religione ebraica, ma anche della tradizione, della cultura, del diritto, della lingua, della civiltà, della storia, della specifica nazionalità del popolo d'Israele. In particolare la comunità degli ortodossi avverte che, fuori di tale humus, non vi sarebbe più continuità e unità etnico-spirituale, né per il popolo ebraico vivente in Israele né per il popolo ebraico della Diaspora.
Per quanto riguarda il campo giurisdizionale, l'influenza delle istanze religiose dell'e. è dominante in Israele in materia di stato personale, sicché gli istituti del matrimonio e del divorzio e quasi tutte le questioni relative al diritto familiare sono amministrate da tribunali religiosi. Tali competenze sono ovviamente riconosciute non solo ai tribunali rabbinici, ma anche ai tribunali delle altre confessioni religiose presenti in Israele.
Il rinnovamento della Halakhāh sembra dunque essere il primo e importante passo per consentire all'e. una funzione non meramente conservatrice dei suoi principi religiosi, per fargli riacquistare cioè una funzione dinamica nell'interpretazione della Tōrāh. Per coloro che avvertono il problema di fondo della vita ebraica odierna, il rinnovamento della Halakhāh sembra essere l'unica soluzione accettabile per l'aggiornamento e l'adeguamento dell'esistenza ebraica alla problematica del mondo contemporaneo. Si tratta non solo di eliminare un attrito che va sempre più acuendosi nello stato d'Israele, ma di riallacciare - come sostengono molti - il nuovo Israele all'antico, per consentirgli un'esistenza politica che sia la prosecuzione moderna di quella interrottasi venti secoli or sono. Si ritiene che, determinando l'applicazione mutabile della Tōrāh ai problemi odierni in relazione con le condizioni dei tempi, dell'ambiente e delle circostanze storiche, si possono offrire all'e. le condizioni migliori per schiudere nuove mete e promuovere benefici impulsi verso il futuro.
Bibl.: Autori vari, Dath Israel umdinath Israel, New York 1951; Y. Leibovich, Stato e Religione ("Israele", numero speciale del Ponte), Firenze 1958; S. Sierra, Introduzione alla Religione d'Israele, in Encicl. delle Religioni, II, Milano 1964; E. S. Artom, La nuova vita d'Israele, Roma 1966; I. Epstein, Il Giudaismo, Milano 1967.