ECATE (῾Εκάτη)
Divinità lunare e ctonia, ebbe in origine culto a sé stante, specialmente in Asia Minore, ma assai spesso venne confusa anche con divinità affini, specialmente con Artemide e Persefone. Ciò spiega perché nelle arti figurative l'identificazione di E. sia molte volte dubbiosa. Comunque in molti monumenti E. presenta una iconografia spiccata ed inconfondibile. Apprendiamo dalle fonti letterarie che una E. di Mirone si trovava ad Egina (Paus., ii, 30, 2) ed il suo aspetto non era ancora trimorfo, come poi fu rappresentata, con una innovazione dovuta ad Alkamenes. Abbiamo conferma di questo tipo più antico, e forse originario, attraverso i monumenti figurati, quali ad esempio una statua arcaica scoperta recentemente a Brauron, una statuetta fittile ateniese (VI sec. a. C.) con iscrizione dedicatoria, alcune pitture vascolari ove E. è rappresentata stante con lungo chitone e fiaccole nelle mani (vaso a figure nere di Berlino, vasi con miti relativi a Trittolemo ed a Kore), monete di Aizanoi, Thyateira, Hipponion, ecc. La statua di E. Epipyrgìdia, opera di Alkamenes, che si trovava sull'acropoli di Atene, rappresentava invece E. con aspetto trimorfo. È difficile identificare questo tipo tra le opere giunte fino a noi e varie ipotesi sono state avanzate. Tra i monumenti superstiti si ricorda una statuetta in bronzo del Museo Capitolino, una di Leida, una in marmo di Londra, una di Vienna, qualche rilievo (Egina, Smirne, Rodi) ed alcune erme (Venezia, Monaco). V'è poi un tipo intermedio, nel quale E. appare con un solo corpo ma con tre teste e sei braccia, munite, come al solito, di fiaccole. La raffigurazione migliore e più nota si trova nel fregio della gigantomachia dell'ara di Pergamo, ma ve ne sono esempî anche su monete. Sappiamo anche dalle fonti letterarie che nel tempio di Eilethyia ad Argo erano tre statue di E., opere di Skopas, di Policleto il Giovane e di Naukydes (Paus., ii, 22, 7), e che nell'Artemision di Efeso si trovavano una E. di Thrason (Strab., xiv, p. 641) ed una di Menestratos (Plin., Nat. hist., xxxvi, 32), ma non possiamo dire se per tipo iconografico si accostassero o meno a quello di Alkamenes.
Bibl.: J. Overbeck, Schriftquellen, nn. 535, 817, 995, 1153, 1609, 1610; H. Steuding in Roscher, I, c. 1885 ss.; W. H. Roscher, ibid., c. 1900 ss., s. v.; Hekenbch, in Pauly-Wissowa, VII, c. 2781 s., s. v.; A. Maiuri, in Clara Rhodos, II, 1932, p. 12 ss.; Fasti Archaeol., IV, n. 1650.