ecolocazione
Capacità di analizzare le caratteristiche dell’eco riflesso di un segnale acustico che investe un oggetto al fine di comprendere la forma e il movimento dell’oggetto stesso. Il termine ecolocazione (anche chiamata bio-sonar, sound navigation and ranging) fu coniato dallo zoologo Donald Griffin nel 1944. Le specie animali che utilizzano l’ecolocazione sono in grado di percepire, localizzare e identificare ostacoli, prede o altri oggetti presenti nell’ambiente circostante in condizioni che limitano notevolmente o rendono impossibile l’uso della vista. Tali specie sono infatti attive durante la notte, vivono in ambienti bui o sono acquatiche. L’uso dell’ecolocazione è stato documentato, in particolare, nella maggior parte delle specie di pipistrello, in alcune specie di mammiferi marini, e in poche specie di uccelli che abitano caverne. I segnali acustici utilizzati per l’ecolocazione da pipistrelli e mammiferi marini sono quasi esclusivamente ultrasonici, ovvero caratterizzati da una frequenza al di sopra dell’intervallo di frequenze udibili dalla specie umana (2÷20 kHz), in quanto questi segnali offrono la possibilità di scandagliare con maggiore definizione l’ambiente circostante. Un segnale acustico viene infatti riflesso solamente da oggetti la cui dimensione sia maggiore della propria lunghezza d’onda. Gli ultrasuoni quindi, rispetto a segnali caratterizzati da una frequenza più bassa (e conseguentemente da una maggiore lunghezza d’onda), sono riflessi da oggetti anche molto piccoli permettendone l’individuazione. I segnali ad alta frequenza sono tuttavia caratterizzati da una bassa energia che ne impedisce la propagazione a grande distanza. Gli ultrasuoni e l’ecolocazione sono stati scoperti dall’abate naturalista Lazzaro Spallanzani, il quale verso la fine del XVIII secolo verificò attraverso numerosi esperimenti come i pipistrelli, oltre a poter volare al buio, mantenessero la capacità di orientarsi ed evitare ostacoli anche se resi sperimentalmente ciechi.
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