ecomafia
ecomàfia s. f. – Organizzazione di stampo mafioso attiva nei crimini contro l’ambiente e il patrimonio artistico-culturale di un territorio. Il neologismo fu coniato dall’associazione Legambiente, alla quale si deve l’analisi e il monitoraggio annuale dei settori in cui le e. sono più aggressive: rifiuti; cemento; traffico di animali e specie protette; opere d'arte e agroalimentare. Il collegamento tra devastazione ambientale e crescita del profitto mafioso si evince dal giro d’affari prodotto: secondo il rapporto Ecomafie di Legambiente, il fatturato complessivo del 2011 ha superato i 19 miliardi di euro. La Campania occupa il primo posto nella classifica degli illeciti ambientali, seguita da Calabria, Sicilia e Puglia. Il traffico illegale di rifiuti è il campo prediletto dalle consorterie mafiose perché presenta altissimi profitti e rischi minimi. In questo settore predomina la Camorra e, su tutti, il clan delle famiglie di Casal di Principe. L'ingresso nel settore ebbe inizio quando la criminalità organizzata campana offrì terreni per sotterrare rifiuti speciali e tossici a chi avesse bisogno di smaltirli, non ultime le aziende del Nord. Il salto di qualità si compì negli anni Novanta del Novecento quando i clan si imposero come alternativa concorrenziale all’intera filiera legale di smaltimento, considerata troppo onerosa dalle aziende. Grazie al controllo del territorio, offrirono manodopera in nero per il trasporto dei rifiuti, terreni abbandonati e cave dismesse per il loro ricovero, permettendo in tal modo ai committenti e alle aziende conniventi di ridurre i costi di smaltimento (cosiddetto dumping ecologico). Oggi le e. sono in grado di controllare tutta la filiera dei rifiuti speciali e non: dal trasporto, allo stoccaggio fino allo smaltimento, soprattutto grazie a un’articolata rete di figure professionali complici nella falsificazione dei certificati e delle analisi, oltre che di soggetti di vertice in grado di mantenere rapporti con i produttori dei rifiuti. L’introduzione del reato di traffico illecito di rifiuti risale al 2001. Da allora le indagini sviluppate dalla magistratura sono state 191, le aziende coinvolte oltre 600. Nel decennio successivo il volume d’affari stimato è stato di 43 miliardi di euro; 39 i clan mafiosi scoperti in attività legate al ciclo illegale di rifiuti. Il fenomeno include tutto il Paese: su 85 procure coinvolte, 29 erano del Nord, 26 del Centro e 30 del Sud. In aumento le inchieste transnazionali: 10 nell’ultimo anno, con il coinvolgimento di 15 stati di tre continenti diversi (Europa, Africa, Asia). La Cina, in particolare, sta diventando la destinazione privilegiata dello smaltimento illegale dei rifiuti pericolosi italiani. Cave illegali, cemento depotenziato, abusivismo edilizio, costruzioni ubicate su terreni inquinati, infiltrazioni mafiose negli appalti; il ciclo del cemento è il secondo grande affare delle ecomafie. L'inserimento in questo settore è strategico poiché costituisce il mezzo per imporre tangenti ed estorsioni e per inserirsi nella gestione delle procedure di assegnazione degli appalti. In questo modo si condiziona un settore chiave dell'economia di un Paese. Secondo Legambiente, tutti i più potenti sodalizi mafiosi hanno gestito il malaffare dell'abusivismo edilizio. Il mattone illegale ha fatturato solo nel 2010 almeno 1,8 miliardi di euro. Il business del cemento è particolarmente florido nel Nord Italia dove, dal 2006 al 2010, sono state accertate 7139 infrazioni legate a questo settore. Tra il 2000 e il 2010 la reiterazione dei condoni edilizi e dei provvedimenti speciali dettati dalla logica dell'emergenza non hanno certamente contrastato l’espandersi del fenomeno. Scommesse sui combattimenti tra cani, corse clandestine di cavalli dopati, importazione illecita di specie animali protette, animali allevati su discariche o affetti da patologie dannose per l’uomo e macellati clandestinamente sono le voci principali delle cosiddette zoomafie, il cui business si aggira intorno ai tre miliardi di euro l'anno. Contiguo al mercato clandestino di carne, l’abigeato (il furto di animali da allevamento) praticato tradizionalmente dai clan mafiosi per riscuotere il riscatto e spadroneggiare nel territorio, che interessa circa 100.000 capi di bestiame ogni anno. Anche l'infiltrazione nel settore agroalimentare interessa l’intero territorio nazionale e attesta la capacità delle mafie – operanti ormai in forma di impresa – di espandersi verso il Nord Italia, imponendosi attraverso il monopolio del trasporto su gomma o degli imballaggi e con il commercio di prodotti agricoli venduti alla grande distribuzione, settore privilegiato per il riciclaggio di capitali illeciti. Il traffico illecito di opere d’arte, lucroso e a basso rischio, rappresenta un vero e proprio assalto ai tesori italiani a opera di mafiosi, collezionisti e tombaroli. In espansione il commercio numismatico illegale. In generale, tuttavia, tutto il contrabbando dell’arte è in crescita e impegna articolate organizzazioni criminali che operano a livello nazionale e transnazionale. Allo scopo di rafforzare il contrasto a tale forma di criminalità, le Nazioni Unite hanno proposto di indicare come fattispecie criminale il reato di 'importazione di beni culturali trafugati dai paesi d’origine'. In Italia i reati di criminalità ambientale non incontrano particolare contrasto da un punto di vista legislativo: le sanzioni sono – a eccezione del reato di organizzazione di traffico illecito di rifiuti – di natura contravvenzionale. Nel marzo 2012 l’Unione Europea ha aperto ufficialmente la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per violazione del Trattato dell’Unione Europea, in quanto oltre cento discariche diffuse su tutto il territorio nazionale non risultano conformi alla direttiva europea sui rifiuti. Più volte Bruxelles ha sollecitato l’Italia a inserire nel proprio codice penale i reati ambientali, in particolare la fattispecie del 'delitto di disastro ambientale', assente nel nostro ordinamento contrariamente ad altri stati membri.