ECONOMATO DEI BENEFICI VACANTI
. Istituto, rimasto in vigore in Italia fino al concordato 11 febbraio 1929, in forza del quale spettava allo stato l'amministrazione delle rendite dei benefici ecclesiastici (v. beneficio, VI, p. 624) durante il periodo di vacanza del beneficio stesso.
Storia. - Fra le regalie rivendicate dai sovrani nel basso Medioevo e nell'età moderna fu la cosiddetta regalia temporale, per cui non solo il re e i suoi ufficiali sarebbero stati guardiani e amministratori dei vescovati vacanti, ma il sovrano avrebbe pur avuto diritto ai frutti di tutti i benefici durante la loro vacanza. È probabile che il fondamento dell'istituto sia una generalizzazione del regime che secondo le norme di diritto feudale era proprio dei feudi, e che sarebbe stato ora esteso a tutti i beni vescovili e quindi a tutti i beni ecclesiastici.
L'esempio più antico di applicazione dell'istituto che ci sia noto è dato da una delle Constitutiones regni Siciliae, la Pervenit ad audientiam nostram, secondo gli uni di Ruggiero, secondo gli altri di Guglielmo I (del 1130-66, dunque), per cui alla morte del vescovo l'amministrazione delle rendite del vescovato avrebbe dovuto essere affidata in custodia et cura trium de melioribus et fidelioribus nec non et sapientioribus personis ipsius ecclesiae da scegliersi dal re. Questi economi però scomparvero col regno normanno; Andrea d'Isernia spiega la costituzione ricordando che essa è anteriore alle decretali, ma che dopo di queste canonistae non recipiunt leges principum secularium. Federico II nel 1215 considerando le rendite dei vescovati vacanti come cosa spirituale rinunciò alla regalia. Il concilio ecumenico di Lione del 1274 al can. 12 stabilisce, quanto a coloro che rivendicano il diritto d'amministraie i beni dei benefici vacanti ex aliqua consuetudine, ch'essi custodiscano i beni stessi, ma si astengano da ogni abuso e da ogni usurpazione di ciò che non è frutto di tali beni: con questa formula Gregorio X veniva indirettamente a riconoscere al re di Francia il diritto sui frutti dei benefici vacanti. A quest'epoca già Luigi IX aveva stabilito che tutti i frutti dei vescovati vacanti sarebbero stati destinati alla Sainte Chapelle di Parigi: la destinazione durò per secoli, finché nel 1641 Luigi XIII promise che i frutti dei vescovati vacanti sarebbero stati riservaii ai nuovi vescovi.
In Italia per secoli le applicazioni della regalia non furono che rare e per lo più saltuarie: così nella repubblica fiorentina, così a Parma, dove l'economato esisté dal 1441 sino all'avvento dei Farnese. Solo in Lombardia l'istituto, sorto al principio del sec. XV (nel 1412 è nominato un economo dei benefici vacanti a Como, nel 1417 ne è nominato uno a Milano) con lo scopo precipuo di sostenere il diritto di placitazione e d'impedire che s'immettessero nei benefici ecclesiastici non grati al sovrano, non venne più meno. Diede però luogo a infiniti contrasti: punti salienti la nomina di economi regi apostolici, nominati cioè dal sovrano e dal papa, a partire dal 1529; la compilazione della Concordia giurisdizionale nel 1615; l'istruzione all'economo regio fatta pubblicare da Filippo IV nel 1641. Ma nel sec. XVIII gli stati rivendicano quasi dappertutto la regalia. Così in Piemonte col concordato del 29 maggio 1727 fu stabilito che i frutti dei vescovati e abbazie compresi nell'indulto di Nicolò V maturati in periodo di vacanza, sarebbero stati conservati a dette chiese "sotto la custodia ed economato di S. M., cioè degli economi da deputarsi dalla medesima nel tempo della vacanza"; col concordato 5 gennaio 1741 venne stabilito che il re avrebbe designato all'economato persone ecclesiastiche, e il papa avrebbe rinunciato alla loro approvazione.
L'apprensione e la custodia dei benefici vacanti in tutta la Lombardia fu affidata all'economato regio con dispaccio cesareo 9 maggio 1782 e con editto 6 gennaio 1783. La Cisalpina con decreto del 23 settembre 1802 istituì, per l'amministrazione dei benefici vacanti, delegati distrettuali che nel 1816 mutarono il loro nome in quello di amministratori dei benefici vacanti. Col concordato del 1855 l'amministrazione dei benefici vacanti fu amdata a commissioni miste di ecclesiastici e laici. Nel regno di Napoli con la prammatica del 1735 fu istituita la Real Camera di S. Chiara col compito di raccogliere i frutti dei benefici vacanti e più tardi fu data facoltà alla Curia del cappellano maggiore di designare gli economi per la raccolta dei frutti di tutte le chiese di regio patronato vacante. Ferdinando IV nel 1779 richiamò in vigore la costituzione normanna. Finché col concordato del 1818 l'amministrazione dei benefici vacanti fu data a commissioni diocesane, composte di elementi ecclesiastici, ma ov'era un regio procuratore con voto consultivo.
All'unificazione, con r. decr. 26 settembre 1860 fu stabilito che in tutto il regno l'amministrazione dei benefici vacanti sarebbe stata tenuta da economi regi, e che i frutti, detratto un equo assegno da corrispondersi al nuovo investito, sarebbero stati applicati a migliorare le condizioni dei sacerdoti poveri, alle spese di culto e di restauro delle chiese, e ad altri usi di carità: norme più dettagliate vennero date col regolamento 16 gennaio 1861, n. 4608, che conferì agli economati anche l'onere di vigilare sull'amministrazione patrimoniale dei benefici pieni e in genere di tutti gli enti ecclesiastici. L'unificazione delle norme regolatrici dell'amministrazione dei benefici vacanti seguì solo col regol. 2 marzo 1899, n. 64, che restò in vigore finché non fu sostituito col regol. 23 maggio 1918, n. 978.
Con gli articoli 25 e 26 del concordato 11 febbraio 1929 lo stato rinunciò alla sua regalia e venne disposto che l'amministrazione e il godimento delle rendite dei benefici durante le vacanze sarebbero stati disciplinati dal diritto canonico.
Bibl.: L. Conforti, in Enciclopedia giuridica italiana, V, par. 1°, segg.; C. Olmo, Benefici vacanti (Economato dei), in Digesto ital., V, p. 487 segg.; A. Galante, Il diritto di placitazione e l'economato dei benefici vacanti in Lombardia, Milano 1894.