computazionale, economia
Nella sua accezione più ampia, la pratica di utilizzare estensivamente tecniche c. nella ricerca economica sia di carattere teorico (per es., sviluppo e analisi di modelli microeconomici o macroeconomici) sia di carattere applicato (per es., stima di modelli econometrici o statistici con dati empirici).
L’economia c. ha avuto un crescente successo, dagli anni 1980, a causa di due principali tendenze. In primo luogo, la disponibilità diffusa di calcolatori, sempre più potenti e veloci ha reso possibile la soluzione di problemi matematici per via numerica, l’analisi di sempre più ampie basi di dati e la simulazione delle proprietà statistiche di stimatori in econometria. In secondo luogo, la teoria economica ed econometrica si è sempre più scontrata con l’impossibilità di risolvere, per via analitica, modelli teorici caratterizzati da una maggiore complessità e profondità, rendendo necessario attaccare tali problemi per via computazionale. Esempi di tale tendenza sono i modelli computabili di equilibrio generale, i modelli macroeconomici DSGE (Dynamic Stochastic General Equilibrium) e le tecniche econometriche che utilizzano metodi Monte Carlo (➔ Monte Carlo, metodo) o di bootstrap (➔ bootstrap, metodo) per studiare le proprietà statistiche di alcuni stimatori. L’utilizzo di tecniche numeriche per la soluzione di modelli teorici e di simulazione, in economia, ha inizialmente scontato lo scetticismo della disciplina, tradizionalmente ancorata al paradigma neoclassico, fondato sulla centralità dello schema assunzioni-teorema-dimostrazione e sulla irrinunciabilità alla precisione delle soluzioni analitiche. In seguito, però, le tecniche c. sono state sempre più accettate, in quanto permettono di ottenere interessanti risultati, riguardanti estensioni marginali di semplici modelli risolvibili analiticamente (estensioni altrimenti impossibili da risolvere ricorrendo alle tradizionali tecniche analitiche).
Dagli anni 1990, l’economia c. ha ampliato il suo campo di applicazione, concentrandosi sempre più sulla trasposizione delle idee derivanti dalla teoria della complessità. Secondo questo paradigma, i sistemi economici vanno considerati come sistemi complessi in evoluzione. Tale visione contrasta nettamente con lo schema di interpretazione neoclassico, per il quale le economie sono viste come semplici sistemi lineari in cui l’eterogeneità degli agenti economici, le loro interazioni e le deviazioni del loro comportamento dagli schemi della razionalità sono, in ultima misura, irrilevanti. Quindi, mentre per l’ortodossia neoclassica il comportamento di un’economia, nel suo complesso, può essere proficuamente descritto mediante semplici modelli, in cui ci si può concentrare sul comportamento di equilibrio di un agente medio o rappresentativo (che approssima il comportamento medio del sistema), l’approccio all’economia in termini di sistemi complessi postula che, per comprendere le dinamiche economiche (per es., il ciclo, le crisi, la crescita e lo sviluppo ecc.), è necessario costruire modelli in cui il comportamento aggregato emerge come stato metastabile di un sistema dinamico, composto da agenti eterogenei che interagiscono tra loro nel tempo.
Le applicazioni che adottano nell’analisi economica l’approccio in termini di sistemi complessi prendono il nome di economia c. basata sugli agenti (Agent-based Computational Economics, ACE), e rappresentano la più feconda branca dell’economia computazionale. L’ACE tenta di fornire un’alternativa alle tecniche di modellizzazione tradizionali, in campo micro e macroeconomico, mediante lo sviluppo dei cosiddetti modelli ad agenti (agent-based models). Tali modelli si fondano sull’idea che i comportamenti aggregati di un sistema economico (per es., i pattern di crescita economica) devono essere spiegati dall’interazione nel tempo tra agenti limitatamente razionali, piuttosto che dall’aggregazione di comportamenti iper-razionali; una visione, questa, che ribalta completamente quella tradizionale. Ciò comporta che un modello economico deve essere costruito a partire dai suoi mattoni essenziali, relativi al comportamento degli agenti economici (consumatori, imprese ecc.) e alle strutture delle loro interazioni (mercati, istituzioni, imitazione, apprendimento ecc.). Il comportamento aggregato del sistema-economia, quindi, viene studiato in questi modelli solo in un secondo momento e sempre come risultato del funzionamento a livello microscopico, senza imporre dall’alto alcun vincolo di coerenza (equilibrio, agente rappresentativo, aspettative razionali ecc.) come tradizionalmente fatto, invece, nei modelli neoclassici. Inoltre, tale approccio permette una maggiore flessibilità nella scelta delle assunzioni che regolano comportamenti e interazioni, dato che il ricercatore non è più costretto a limitarsi a schemi che garantiscano soluzioni analitiche o numeriche al modello. Ciò implica che il modello può basarsi su presupposti maggiormente in linea con la realtà, desunta da analisi sperimentali o empiriche, le quali invece tendono a rigettare le ipotesi su cui i modelli neoclassici si basano (per es., la razionalità illimitata). Lo studio dei modelli ad agenti viene effettuata mediante simulazione al computer dei sistemi economici – con codice software scritto in uno dei linguaggi disponibili (C++, Java) o implementato in una delle piattaforme create ad hoc (Swarm, NetLogo) – e mediante analisi statistica dell’output, con tecniche Monte Carlo. Ciò permette al ricercatore di evidenziare le regolarità aggregate, generate dal modello, di confrontarle con quelle osservate nella realtà e di utilizzare il modello come un laboratorio in cui osservare le implicazioni di configurazioni istituzionali e misure di politica economica alternative.