economia della cultura
Branca della scienza economica che prende in esame un vasto insieme di settori e attività. Comprende, oltre alle industrie culturali tradizionali intese in senso stretto, come il cinema, la musica o l’editoria, i comparti creativi (moda, design), quello dei media (stampa, radio e televisione), il turismo culturale e l’ambito delle cosiddette performing arts (spettacoli dal vivo, musica, e arti visive). Vanno inoltre aggiunte tutte quelle attività pubbliche e di servizio che si legano alla gestione del patrimonio artistico (➔ anche economia dell’arte) e culturale (musei, siti archeologici, biblioteche e archivi, tutela dei monumenti).
L’introduzione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (➔ ICT) ha amplificato i collegamenti tra cultura, creatività e innovazione. In molti casi è stata possibile una vera smaterializzazione del prodotto culturale e creativo, che può essere fruibile e acquistabile attraverso l’accesso in rete. La cultura è divenuta anche un input ‘creativo’ importante del processo di produzione di beni non culturali, quali il design (moda, design di interni, progettazione di prodotti manifatturieri), l’architettura e le attività di marketing e di pubblicità. Una grande attenzione si va concentrando sulle industrie creative, che vengono viste nei Paesi avanzati come un ‘sostituto’ naturale al declino delle attività manifatturiere. ● Il settore della cultura e delle attività artistiche contribuisce al PIL europeo nella misura di circa il 3%. In connessione a tale dato si può porre in evidenza come la crescente terziarizzazione delle economie dei Paesi più sviluppati abbia dato luogo alla nascita di una nuova classe sociale formata da ‘lavoratori creativi’. È stato osservato che le varie aree metropolitane e i Paesi avanzati competono tra loro nell’attirare i talenti, ovvero quella categoria di lavoratori che si muove nella globalizzazione dei sistemi economici in funzione del grado di sviluppo delle tecnologie e dell’apertura dei sistemi sociali ai valori di tolleranza (si tratta della teoria della modernizzazione dei sistemi economici basata sulle 3 T: Talent-Technology-Tolerance).
Grande è l’impatto che nel sistema economico hanno oggi le attività culturali, intese sia come settori non industriali di beni e servizi destinati a essere consumati sul posto (un concerto, una fiera artistica, un’esposizione, una performance teatrale o di danza) o a essere prodotti in modo artigianale in relazione a un elemento artistico (pittura, scultura, fotografia), sia come settori industriali focalizzati sulla produzione di un bene standardizzabile e di diffusione di massa, che, grazie alla sua riproducibilità tecnica (musica, film, editoria, video, videogiochi, radiodiffusione), può essere venduto in migliaia o milioni di esemplari. Tutto ciò ha riproposto come tema centrale quello della difesa della proprietà intellettuale (➔) e del copyright (➔), mettendo in secondo piano il cosiddetto morbo di Baumol (W.J. Baumol e H. Bowen, Performing arts: the economic dilemma, 1966), ovvero la tesi di una continua caduta di competitività-prezzo dei settori culturali e artistici, dovuta all’impossibilità di applicare a queste aree, legate alla performance di attività non industrializzabili, il progresso tecnologico e i connessi aumenti di produttività.