economia matematica
In senso lato, lo studio dei problemi economici con il ricorso allo strumento matematico; in senso stretto, l’indirizzo di pensiero economico (scuola m.) che configura i sistemi economici come risultante dell’interazione di comportamenti di un gran numero di agenti autonomi nelle loro decisioni e che studia le condizioni che rendono possibile il raggiungimento dell’equilibrio generale o di singoli sottosistemi.
L. Walras e A. Cournot dell’Università di Losanna furono i fondatori della scuola matematica. Walras fu il primo a impostare una visione formalizzata del sistema economico tramite un sistema di equazioni che descrivevano comportamenti di agenti massimizzanti rispettivamente l’utilità (i consumatori) e i profitti (le imprese). Nelle equazioni, le quantità rispettivamente prodotte e consumate e i prezzi dei prodotti e dei fattori produttivi erano incognite, determinabili imponendo condizioni di equilibrio fra domanda e offerta di tutti i prodotti e i fattori produttivi (equilibrio economico generale) e risolvendo il sistema costruito in tal modo. L’esistenza e l’unicità della soluzione era garantita, secondo Walras, dall’eguaglianza fra numero delle equazioni indipendenti e numero delle incognite.
Grandi interpreti del pensiero della scuola matematica furono anche V. Pareto e I. Fisher, per quanto riguarda la teoria dell’equilibrio economico generale, e W.S. Jevons, F.Y. Edgeworth e A. Marshall per gli approfondimenti sugli equilibri parziali con l’impiego di moderne tecniche di calcolo differenziale.
Non mancarono nella storia critici della fiducia incondizionata nella capacità del mercato di promuovere il raggiungimento di equilibri soddisfacenti o, nella terminologia paretiana, efficienti. Preminenti fra questi J.M. Keynes, teorico della possibilità di equilibri inefficienti (caratterizzati da disoccupazione e sottoutilizzo della capacità produttiva) e della conseguente esigenza di interventi governativi per riportare l’economia sul sentiero dell’efficienza, e J. Robinson, sostenitrice, con E.H. Chamberlin, della teoria della concorrenza oligopolistica come tendenza di fondo inerziale dei sistemi economico-sociali.
A partire dagli anni 1930, grazie anche ai progressi della strumentazione m. (metodi di ottimizzazione, teoria dei giochi, probabilità e processi stocastici, econometria e statistica economica) si crearono le condizioni per l’analisi dinamica formalizzata dei sistemi economici, ma anche per l’approfondimento di questioni riguardanti i fondamenti della teoria delle decisioni individuali e collettive. ● L’influenza e l’importanza della m. nella teoria economica crebbero a dismisura nel secondo dopoguerra, favorite anche dalla opportunità di collaborazione tra economisti e matematici nei dipartimenti delle università statunitensi. Paradigmatici di questa nuova atmosfera di partnership, il sodalizio instauratosi a Princeton (New Jersey) fra il matematico J. Von Neumann e l’economista O. Morgenstern, inventori del nuovo settore di analisi economica da essi chiamato teoria dei giochi, e quello fra l’economista (di estrazione matematica) J.K. Arrow e il matematico G. Debreu, paladini di una rivoluzionaria impostazione della teoria dell’equilibrio generale in condizioni di incertezza.
La m. diventa dunque, con le parole di R. Solow, il cuore infrastrutturale dell’economia moderna. Un buon indice della sua importanza nella scienza economica è fornito dal numero di vincitori del premio Nobel per l’economia, assegnato a partire dal 1968. Fra essi figurano in gran numero matematici, statistici ed econometrici, a partire dai primi premiati, gli econometrici R. Frisch e J. Tinbergen. Seguirono fra gli altri: il propugnatore della sintesi neoclassica P. Samuelson (1969); il già citato Arrow (1972); gli specialisti di ottimizzazione L. Kantorovich e T. Koopmans (1975); G. Debreu (1983); lo studioso di teoria delle decisioni M. Allais (1988); il probabilista ed econometrico T. Haavelmo (1989); i cultori di teoria dei giochi J. Nash e R. Selten (1994), R. Aumann (2005) ed E. Maskin (2007); l’analista dei mercati finanziari R. Merton (1997); gli econometrici e statistici R.F. Engle e C.W.J. Granger (2003).