Economia-mondo
Il termine 'economia-mondo' è la traduzione del termine inglese world-economy e di quello francese économie-monde. Quest'ultimo è tratto, a sua volta, dall'espressione tedesca Weltwirtschaft. Fernand Braudel fu il primo a utilizzare il termine économie-monde (v. Braudel, 1949), prendendolo a prestito da un libro dello storico ed economista Fritz Rörig (v., 1933). Adottato "in mancanza di meglio" per tradurre un uso particolare dell'espressione tedesca, il termine ha accompagnato lo storico francese nella sua pluridecennale attività. Negli anni settanta esso è stato ripreso dal sociologo americano Immanuel M. Wallerstein che lo ha utilizzato nella sua opera The modern world-system. Da questo momento il termine world-economy è al centro della ricerca e dell'elaborazione di Wallerstein e del Fernand Braudel Center for the Study of Economies, Historical Systems and Civilizations da lui fondato nel 1976.
Braudel (v., 1949) ha dedicato vent'anni della sua vita, grosso modo tra il 1930 e il 1950, a una ricerca sul mondo mediterraneo, e i successivi trent'anni a una seconda impresa, di grande portata, che ha dato come frutto un'opera in tre volumi (v. Braudel, 1979). Prima della pubblicazione definitiva di quest'opera, egli ne presentò e ne riassunse i contenuti in tre conferenze, tenute alla Johns Hopkins University di Baltimora, i cui testi sono raccolti in un volumetto più agile (v. Braudel, 1977). Analizzando queste tre opere è possibile capire che cosa Braudel intenda per economia-mondo e a quali fini egli abbia utilizzato tale concetto.
Nella prima edizione del libro sul Mediterraneo, Braudel espone il suo programma scientifico. Egli si batte in favore della convergenza di due scienze sociali, la geografia e la storia, che hanno uno scopo comune, studiare l'uomo, la società, gli Stati, utilizzando due mezzi, lo spazio e il tempo. Tale programma è realizzabile obbligando i geografi a prestare maggiore attenzione al divenire della storia, e gli storici a tener adeguato conto della formidabile permanenza dello spazio.
Per scrivere la storia del Mediterraneo nella seconda metà del Cinquecento, Braudel si allontana dagli schemi della storia diplomatica cercando di costruire una storia diversa, in cui si possano distinguere un tempo geografico, un tempo sociale e un tempo individuale. Il tempo della storia viene, così, scomposto in tre piani sovrapposti. A livello più profondo, c'è una storia quasi immobile, della quale lo spazio, inteso come ambiente geografico, è l'attore principale. Al di sopra di questa storia, in cui le trasformazioni avvengono assai lentamente, si svolge una storia sociale o strutturale. Infine, c'è il livello più superficiale, quello della storia tradizionale, la storia degli avvenimenti.
Ai nostri fini, è necessario rivolgere l'attenzione al piano intermedio. Qui, lo storico affronta la storia dei gruppi, delle strutture e dei destini collettivi, cioè i movimenti d'insieme che coinvolgono tutte le forme della vita. Il suo difficile compito consiste nel dividerle e nel capire in quale modo esse agiscano e reagiscano le une sulle altre.Le forme di vita prese in considerazione nello studio del mondo mediterraneo sono, nell'ordine, le economie, gli Stati, le società, le civiltà e, infine, le forme della guerra. Tale suddivisione è uno strumento di lavoro utilizzato nella consapevolezza che nessuna forma determina pienamente le altre. La vita rimane una, ma per illuminarla è necessario procedere all'operazione, "forzatamente convenzionale e che non appaga mai perfettamente", di "ritagliarla a nostro talento" (v. Braudel, 1949; tr. it., p. 412).
Il punto di partenza della storia sociale del mondo mediterraneo è costituito dall'analisi di come lo spazio influenzi la vita degli uomini del XVI secolo. A costoro il Mediterraneo si presenta come uno spazio immenso e smisurato in cui il problema principale è rappresentato dalle distanze, dal tempo e dai mezzi necessari a coprirle, sia che a muoversi siano viaggiatori e informazioni, oppure merci e denaro. Tale problema riguarda sia l'attività politica, il governo dell'Impero, sia l'attività economica. "Il problema delle distanze - scrive Braudel - non si pone soltanto agli Stati, ma anche alle economie. L'economia moderna tende sempre più a divenire mondiale, via via che le distanze diminuiscono, con una ripartizione più o meno perfetta dello spazio in zone economiche complementari, legate tra loro, gerarchizzate in un ordine geograficamente disegnato [...]. I Tedeschi chiamano Weltwirtschaft lo spazio economico organizzato alla maniera del mondo odierno, per concludere che il Mediterraneo del secolo XVI ne costituiva da solo uno. Al che si potrebbe rispondere: sì e no, [...] sì, perché, per l'essenziale, viveva anche su se stesso; perché aveva le sue zone particolari adattate alla vita generale che circolava a fianco, al di sopra, attraverso quei piccoli universi economici, mai completamente chiusi." (ibid., pp. 434-435).
Le caratteristiche di un'economia-mondo sono, dunque, rintracciabili già nella prima edizione de La Méditerranée. Innanzitutto, l'economia-mondo è un 'ritaglio' nello spazio, un modo per 'render sensibile' allo storico lo spazio smisurato del Mediterraneo. L'economia-mondo è un universo in sé, con propri confini, distinguibile da altri universi. Tali confini sono identificabili in base al fatto che un'economia-mondo vive su se stessa e intrattiene scambi commerciali con altre economie-mondo solo per il superfluo. In secondo luogo, l'economia-mondo si presenta come uno spazio economico organizzato in zone complementari e dotato di un centro. Per Braudel, il cuore industriale ed economico dell'economia-mondo mediterranea è costituito da quattro città, Genova, Milano, Venezia, Firenze, e da una serie di loro satelliti urbani. "Il quadrilatero dominava la vita del mare ancora nel secolo XVI. La grande economia era organizzata, nella misura in cui poteva esserlo, proprio in funzione di quella esigua zona." (ibid., p. 454).
L'idea che l'economia-mondo sia organizzabile in zone concentriche complementari è tratta da un'opera dell'economista tedesco Johann H. von Thünen, alla quale Braudel fa riferimento indiretto in una nota del libro sul Mediterraneo per poi riprenderla in modo più esteso nel terzo volume della Civilisation.
In conclusione, ne La Méditerranée il concetto di economia-mondo ha sia una funzione analitica sia una funzione descrittiva. Ha una funzione descrittiva perché l'economia-mondo mediterranea è un oggetto concreto di cui è possibile scrivere la storia, quella delle strutture di più lunga durata come quella degli avvenimenti politici dell'età di Filippo II. Esso, però, ha anche una funzione analitica perché permette allo storico di costruire l'oggetto della sua ricerca, di effettuare comparazioni e di tracciare grandi quadri d'insieme di durata secolare.
La seconda opera dello storico francese (v. Braudel, 1979) è stata realizzata con lo scopo di scrivere una storia economica universale del periodo che va dal Quattrocento all'inizio dell'Ottocento. Per scrivere questa storia, Braudel ricorre a uno schema tripartito secondo il quale la realtà economica è costituita dalla sovrapposizione di tre livelli distinti: la vita materiale, l'economia di mercato e il capitalismo. I tre livelli corrispondono, rispettivamente, alla sfera dell'autoconsumo familiare o di villaggio, e a due distinte sfere di circolazione. Nella prima prevalgono i traffici locali o a breve distanza, i mercati sono spazi aperti tanto ai piccoli quanto ai grandi mercanti, gli scambi sono trasparenti e i profitti bassi. Nella seconda, invece, prevale il commercio a lunga distanza; la concorrenza, regola essenziale dell'economia di mercato, ha poco spazio; tra produttori e consumatori si frappongono lunghe catene mercantili grazie alle quali mercanti/intermediari impongono l'effettuazione di scambi ineguali realizzando alti profitti.Il concetto di economia-mondo viene ripreso e precisato sia nel terzo volume della Civilisation sia negli Afterthoughts. L'economia-mondo - intesa come "l'economia di una parte del nostro pianeta, a condizione che essa formi una totalità, un insieme" (v. Braudel, 1977; tr. it., p. 90) - viene distinta dall'economia mondiale in quanto "mercato dell'universo". Secondo Braudel, un'economia-mondo occupa un dato spazio geografico e i limiti che la individuano variano lentamente. Essa presuppone sempre un polo, un centro, rappresentato da una città dominante. Intorno a questo polo si collocano delle aree intermedie e poi delle zone periferiche che, nella mappa della divisione del lavoro che caratterizza l'economia-mondo, si trovano in una posizione subordinata e dipendente, proprio a causa della loro posizione geografica.
Queste sono, in sintesi, le tre regole tendenziali che definiscono i rapporti delle economie-mondo con lo spazio. Esse sono discusse ampiamente nel terzo volume della Civilisation, dove vengono fornite alcune precisazioni. In primo luogo, una città dominante non occupa la posizione centrale illimitatamente, ma viene rimpiazzata in questo ruolo da altre città. In secondo luogo, le zone in cui è suddivisa un'economia-mondo sono gerarchizzate in modo tale che la disuguaglianza tra le diverse zone assicuri il funzionamento dell'economia-mondo nel suo insieme. Tali zone formano, sulla base di legami commerciali, un insieme coerente: i mercati locali e regionali dell'economia-mondo sono periodicamente integrati e riorganizzati razionalmente a profitto di una zona o di una città dominanti. In terzo luogo, lo schema spaziale dell'economia-mondo definisce i caratteri peculiari di ciascuna zona: le caratteristiche della società, dell'economia, della tecnica, della cultura e dell'ordine politico mutano passando da una zona all'altra.
Alle tre regole formulate in base alla dimensione spaziale, è necessario affiancare un'unità temporale di riferimento. A partire dal XIII secolo, l'economia-mondo europea ha cambiato più volte forma, ricollocando il suo centro e riorganizzando le sue periferie. Occorre, quindi, trovare la misura che permetta di conservarne l'identità. Poiché il tempo delle economie-mondo è un tempo che scorre lentamente, un tempo storico di lunga durata, il 'ritaglio' temporale che più si addice al loro studio è quello dei trend o dei cicli secolari, che sono caratterizzati da tre fasi principali: l'ascesa, la crisi e la decadenza.
Nella Civilisation e negli Afterthoughts, il concetto di economia-mondo è posto in relazione, da un lato, con l'origine e lo sviluppo del capitalismo, e, dall'altro, con la possibilità di scrivere una storia universale.
Braudel ritiene che la crescita e il successo del capitalismo richiedano una serie di condizioni, tra le quali c'è anche l'esistenza di una gerarchia. Il capitalismo nascente non inventa una nuova gerarchia, ma si serve di quella secondo la quale è ordinato il mondo. Questo mondo è un'unità che si delinea tra il XV e il XVIII secolo e che si afferma sotto il segno della disuguaglianza. L'attuale divisione tra paesi ricchi e paesi sottosviluppati viene ritenuta una realtà già operante tra il XV e il XVIII secolo. "Il capitalismo - scrive Braudel - vive, in effetti, di questa regolare suddivisione in piani verticali: le zone periferiche nutrono quelle intermedie e, soprattutto, le aree intorno al centro. Ma cos'è il centro se non la punta estrema della piramide, la superstruttura capitalistica dell'intera costruzione? E siccome esiste una reciprocità di prospettive, se il centro dipende dai rifornimenti della periferia, quest'ultima, a sua volta, dipende dai bisogni del centro che le impone la sua legge." (ibid., pp. 101-102).
Per stabilire il nesso tra sviluppo del capitalismo ed economia-mondo, Braudel si rifà al pensiero del secondo autore che esaminiamo in queste pagine. La tesi che il capitalismo sia una creazione dell'ineguaglianza del mondo è tratta, infatti, da Wallerstein. Secondo le parole dello storico francese, affinché il capitalismo "possa svilupparsi gli è necessaria la connivenza dell'economia internazionale. Il capitalismo è figlio dell'organizzazione di uno spazio sicuramente smisurato. Non sarebbe divenuto così forte in uno spazio limitato, forse non si sarebbe sviluppato affatto, senza la possibilità di utilizzare il lavoro ancillare di altri." (ibid., p. 102).
L'obiettivo di Braudel, come è detto nell'ultima conferenza di Baltimora, intitolata Capitalismo e divisione del mondo, è quello di "verificare in che modo le successive economie-mondo a base europea, cioè costruite attraverso gli itinerari della espansione dell'Europa, spiegano, o meno, i giochi del capitalismo e la sua diffusione. Non esiterei a sostenere in anticipo che queste tipiche economie-mondo sono state le matrici del capitalismo europeo ed in seguito di quello mondiale." (ibid., p. 94).
Il concetto di economia-mondo, quindi, non solo è utile per tracciare la dinamica del capitalismo, ma risulta essere la chiave per poter scrivere una storia universale. La storia del mondo, infatti, si presenta come una successione di economie-mondo generata dal meccanismo di ricollocazione del loro centro. "Ogni volta che si ha un décentrage si opera una polarizzazione attorno ad un nuovo centro, come se ogni economia-mondo non potesse vivere senza un centro di gravità, senza un polo. Questi processi di décentrage e récentrage sono comunque rari e, per questo, tanto più importanti." (ibid., p. 95).La storia europea ha visto il centro dell'economia-mondo trasferirsi da Venezia ad Anversa, poi a Genova, ad Amsterdam e, infine, a Londra. L'ascesa di Londra chiude una fase della storia europea e mondiale, perché, per la prima volta, l'economia-mondo europea aspira al controllo dell'economia mondiale. Dopo il 1914 avverrà un'ulteriore ricollocazione e il centro dell'economia-mondo capitalistica si situerà a New York.
L'opera principale di Wallerstein è The modern world-system, di cui sono apparsi i primi due volumi, rispettivamente nel 1974 e nel 1980. Altri saggi sull'economia-mondo sono raccolti in due libri (v. Wallerstein, 1979 e 1984). Per chiarire il concetto di economia-mondo nell'opera del sociologo americano è necessario ripercorrere il suo itinerario intellettuale.
Alla fine del periodo coloniale Wallerstein vive in Africa e assiste ad avvenimenti che lo costringono a misurarsi con il problema del mutamento sociale e, in particolare, della modernizzazione. Alcuni problemi irrisolti legati allo studio della modernizzazione e l'insoddisfazione per un apparato concettuale ereditato dalla sociologia americana provocano una 'conversione intellettuale' che porta Wallerstein a promuovere un nuovo filone di studi. A questi studi e alla visione teorica che li guida è stato dato il nome di world-system perspective o di world-system analysis.Wallerstein ha proposto la sua visione del mondo moderno in opposizione alle teorie dello sviluppo economico prevalenti nei primi due decenni del secondo dopoguerra. La world-system perspective è particolarmente critica sia verso le teorie unilineari dello sviluppo 'per stadi' di ispirazione liberale, sia verso quelle del marxismo 'evoluzionistico'. Questi due filoni di pensiero condividono alcuni presupposti comuni. L'unità d'analisi è sempre la singola società, in genere identificata con uno Stato nazionale. Il mondo è visto come una molteplicità di società collegate tra loro, ma sostanzialmente autonome. Ciascun paese può seguire un analogo percorso di sviluppo. Esiste un paese che, grazie a sue caratteristiche particolari, ha percorso il cammino dello sviluppo per primo e che può fare da modello agli altri. Nella versione liberale un paese passa dall'arretratezza alla modernità attraverso un cammino formato da stadi di sviluppo economico. Il modello da seguire è rappresentato, prima, dalla Gran Bretagna e, poi, dagli Stati Uniti. Nella versione marxista la storia delle società umane è intesa come una sequenza di modi di produzione: la schiavitù, il feudalesimo, il capitalismo e il socialismo. Questi sono gli stadi che segnano il cammino dello sviluppo e il paese preso a modello è l'Unione Sovietica.
L'opposizione a queste teorie guida Wallerstein nella ricerca di termini di riferimento teorici alternativi sui quali fondare la sua analisi. Il dibattito sulla transizione dal feudalesimo al capitalismo, che oppose Paul Sweezy a Maurice Dobb sulle pagine di "Science and Society", viene utilizzato come riferimento nella discussione sulle origini del sistema-mondo moderno.Dal dibattito sul sottosviluppo, cominciato negli anni cinquanta, sono tratti numerosi concetti che, rielaborati, troveranno posto nell'analisi del sistema-mondo moderno. Wallerstein concorda con la tesi degli studiosi, soprattutto marxisti, che collegano il problema delle cause del sottosviluppo a quello delle origini del capitalismo. Da un filone del dibattito è tratta la coppia di termini 'centro-periferia', utilizzata per la prima volta all'inizio degli anni cinquanta da Raul Prebisch e da altri economisti della Commissione economica sull'America Latina dell'ONU e successivamente impiegata anche dai teorici della 'dipendenza'. L'uso del concetto di surplus, riferito all'economia mondiale, viene da Paul Baran, mentre da studiosi quali Gunnar Myrdal, André Gunder Frank e Arghiri Emmanuel sono tratti il concetto di 'dipendenza', che indica il legame di funzionalità tra lo sviluppo del capitalismo in alcune aree del mondo e il sottosviluppo di altre, e i concetti di 'causazione circolare e cumulativa del sottosviluppo' e di 'scambio ineguale', utili per descrivere i meccanismi che provocano l'aumento cumulativo del gap tra queste zone del mondo.Un altro riferimento teorico fondamentale è costituito dall'opera di Fernand Braudel e dalla scuola delle "Annales". Il dialogo tra storia e scienze sociali, la pluralità del tempo storico, l'importanza della dimensione spaziale nello studio della realtà sociale e delle sue grandi strutture, le spiegazioni globali contro quelle parziali, la longue durée contro l'évenementiel, e l'elaborazione di una storiografia quantitativa in grado di individuare cicli economici e tendenze di lungo periodo, sono gli argomenti che interessano Wallerstein.
Il punto di partenza della nuova prospettiva teorica è la risposta alla domanda seguente: "qual è l'unità d'analisi corretta nello studio del mutamento sociale?". Wallerstein ritiene che entità politico-culturali come lo Stato, la nazione, il popolo, o - nel caso africano - la tribù, la colonia, non possano essere considerate unità d'analisi adeguate, perché l'azione sociale che si svolge al loro interno dipende sempre dal funzionamento di entità più vaste. L'unica unità d'analisi utilizzabile nello studio del mutamento sociale è il sistema sociale, un'entità caratterizzata dal "fatto che la sua vita interna è in gran parte autonoma, e che la dinamica del suo sviluppo è in gran parte interna." (v. Wallerstein, The modern world-system I..., 1974; tr. it., p. 474). I sistemi sociali sono entità economico-materiali la cui autonomia è fondata sull'esistenza al loro interno di un'unica struttura della divisione del lavoro che non va intesa soltanto in termini socio-professionali, ma anche spaziali. I sistemi sociali sono entità più o meno estese nello spazio, sono cioè 'mondi' dei quali è possibile tracciare i confini. Questi confini, che mutano nel tempo e nello spazio, "corrispondono ai limiti (rilevabili empiricamente) di un reticolato di processi produttivi più o meno strettamente interdipendenti." (v. Wallerstein, 1981, p. 305).
Sulla base di questi criteri i sistemi sociali sono individuati in entità molto piccole o, al contrario, molto vaste. Gli unici sistemi sociali reali sono le 'economie di sussistenza' e i 'sistemi-mondo'. I sistemi-mondo, come le economie di sussistenza, si fondano su un'unica struttura portante della divisione del lavoro, ma comprendono una molteplicità di culture, e possono essere caratterizzati dall'esistenza oppure dall'assenza di un unico sistema politico. Nel primo caso i sistemi-mondo sono chiamati 'imperi-mondo', nel secondo 'economie-mondo'. I destini di questi sistemi sociali sono collegati alle due grandi rivoluzioni che hanno segnato la storia dell'umanità. Le piccole economie di sussistenza tendono a sparire in seguito alla rivoluzione neolitica. Si creano invece sia imperi-mondo sia economie-mondo. I primi sono più stabili e, per un lungo periodo, risultano la forma prevalente di sistema sociale. Soltanto nel XVI secolo si forma un nuovo tipo di economia-mondo che, a differenza delle precedenti, non si disgrega né si trasforma in un impero-mondo. Questo sistema sociale, che è riuscito a sopravvivere per cinquecento anni, è chiamato sistema-mondo moderno; esso è un'economia-mondo capitalistica ed è l'unico sistema sociale reale esistente nel secolo XX.
Secondo Wallerstein, l'unica possibiltà di 'maneggiare' un'unità di analisi temporalmente e spazialmente tanto estesa quanto il sistema-mondo moderno, è quella di scriverne, o meglio, di riscriverne la storia, descrivendo il sistema-mondo a un certo livello di astrazione, quello dell'evoluzione delle strutture dell'intero sistema.Tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo, comincia a formarsi in Europa un sistema sociale di tipo nuovo, che viene definito 'economia-mondo europea'. All'epoca, l'Europa non è l'unica economia-mondo esistente, è però l'unica a imboccare la strada dello sviluppo capitalistico. L'economia-mondo europea diventa, quindi, un'economia-mondo capitalistica.
La nascente economia-mondo capitalistica si afferma grazie a tre fattori: l'espansione geografica; lo sviluppo di svariati metodi di controllo della forza lavoro per prodotti differenti e differenti zone geografiche; la creazione di organizzazioni statali relativamente forti in quello che sarebbe diventato il suo centro. L'espansione geografica dell'economia-mondo europea porta alla creazione di una struttura sociale a livello mondiale stratificata in tre zone - centro, periferia e semiperiferia - ciascuna caratterizzata da specifici tipi di produzione, da specifici modi di controllo del lavoro e da specifiche forme di proprietà fondiaria. La nuova divisione 'europea' del lavoro, oltre ad assegnare a certe aree determinati compiti economici e a collocare in esse determinate attività produttive, instaura, grazie agli scambi commerciali, una forte interdipendenza, di ampiezza mai riscontrata prima, tra le diverse zone.Nel XVII secolo, caratterizzato da una fase di stagnazione economica, la struttura dell'economia-mondo capitalistica si consolida definitivamente, gettando le basi del decollo industriale successivo al 1750. Durante questo periodo si assiste a un processo di mobilità interna sia ascendente sia discendente: alcune aree geografiche passano da una zona all'altra del sistema-mondo.
Nell'opera di Wallerstein il concetto di economia-mondo è opposto a quello di impero-mondo ed è collegato a quello di capitalismo.
Un primo tratto distintivo dell'economia-mondo è illustrato discutendo le origini del capitalismo. Per spiegare perché esso si affermi nell'economia-mondo europea e non altrove, Wallerstein propone di paragonare Europa e Cina. Richiamandosi a Weber, egli sostiene che il feudalesimo portò in Europa allo smantellamento della struttura imperiale, permettendo la creazione di una molteplicità di unità politiche, mentre in Cina il sistema delle prebende favorì la sua sopravvivenza. A lungo andare la struttura del sistema sociale europeo si dimostrò più favorevole allo sviluppo capitalistico che non quella imperiale della Cina.
La tesi di Wallerstein è che il capitalismo sia realizzabile soltanto all'interno della struttura di un'economia-mondo, composta, come quella europea, di piccoli imperi, di Stati nazionali e di città-Stato, e non in quella di un impero-mondo (v. Wallerstein, The modern world system I..., 1974, tr. it., p. 52). In un impero, come quello cinese, le decisioni di natura economica sono vincolate da necessità di natura politica, quali l'amministrazione e la difesa di un territorio immenso abitato da una popolazione numerosa. In un'economia-mondo, invece, le decisioni di natura economica sono rivolte all'intera economia-mondo, mentre quelle di natura politica si indirizzano prevalentemente a strutture più piccole che detengono il controllo legale, gli Stati che si trovano al suo interno (ibid., p. 67). Il fatto che i fattori economici operino in un'area più vasta di quella controllabile da un'entità politica fornisce ai capitalisti la possibilità di manovrare liberamente a favore dell'accumulazione di capitale.
Il concetto di economia-mondo è collegato alle origini del capitalismo anche in un altro modo. Per Wallerstein l'aspetto più importante del rapporto fra le tre zone che formano l'economia-mondo europea è la destinazione alla zona centrale del surplus estratto nelle periferie.
Riprendendo quanto scritto da Marx nel XXIV capitolo del Capitale a proposito dei "momenti fondamentali dell'accumulazione originaria", della formazione di un mercato mondiale sin dall'inizio dell'era capitalistica e del ruolo che in essi giocarono le aree periferiche, egli afferma che "L'economia-mondo si basava proprio sull'assunto che esistevano di fatto queste tre zone, e che di fatto avevano modi diversi di controllo del lavoro. Non fosse stato così, non sarebbe stato possibile garantire quel flusso di surplus che permise al capitalismo di nascere." (ibid., p. 119).
Durante il "lungo XVI secolo" - secondo un'espressione che Wallerstein mutua da Braudel - si afferma una tendenza al dominio delle aree periferiche da parte di quelle centrali; questa forma di dominio, da cui deriva lo sviluppo diseguale delle diverse zone dell'economia-mondo, è intrinseca al capitalismo. Esso, infatti, si basa su un doppio meccanismo di sfruttamento: l'appropriazione del plusvalore del lavoratore da parte del proprietario e quella del surplus dell'intera economia-mondo da parte delle aree centrali (v. Wallerstein, The rise and..., 1974, p. 400).In conclusione, nell'opera di Wallerstein, il concetto di economia-mondo è fondamentale perché su di esso si basa la possibilità di condurre lo studio del mutamento sociale. Esso è stato applicato allo studio del mondo moderno attraverso l'analisi delle strutture e dei processi che, nel tempo e nello spazio, ne hanno caratterizzato l'esistenza e l'evoluzione. Il sistema-mondo moderno è considerato un'economia-mondo capitalistica la cui principale caratteristica è la divisione in tre zone interdipendenti e stratificate. Tale divisione non è un tratto temporaneo del sistema-mondo, ma ne costituisce una struttura. Le aree in cui si collocano i processi produttivi centrali o periferici cambiano, ma la divisione rimane. L'economia-mondo è intesa come una divisione 'spaziale' del lavoro. I termini 'centro', 'periferia' e 'semiperiferia' sono un modo di descrivere un ordine dello spazio economico che ha reso possibile la genesi, la sopravvivenza e lo sviluppo del sistema-mondo moderno. Il concetto di economia-mondo capitalistica indica che nel sistema-mondo moderno la complementarità delle parti si accompagna alla loro disuguaglianza. La prima si rafforza con l'approfondirsi della seconda. L'opera di Wallerstein è collocabile nell'ambito della cosiddetta sociologia storica (v. Skocpol, 1984). Come altri studiosi, Wallerstein si muove in un campo di ricerca che tenta di mettere in relazione storia e teoria sociale. Egli vuole, inoltre, combinare l'applicazione di un modello teorico generale alla storia con un'interpretazione storica politicamente significativa. Il suo obiettivo, infatti, è quello di fornire un'interpretazione del mondo moderno e della sua storia che colleghi avvenimenti significativi del passato a problemi politici contemporanei, basandosi sull'assunto che disuguaglianza e sfruttamento ne abbiano caratterizzato l'esistenza sin dall'inizio.Nell'ambito delle scienze sociali, al concetto di economia-mondo elaborato da Wallerstein sono state rivolte molte critiche (v. Lane, 1976; v. Brenner, 1977; v. Skocpol, 1977; v. Hunt, 1978; v. Gourevitch, 1978; v. Aronowitz, 1981; v. Kimmel, 1982). Tali critiche riguardano: la possibilità di considerare i rapporti di scambio come il fattore che determina l'organizzazione sociale e come il motore dello sviluppo capitalistico; la validità del concetto di economia-mondo, in quanto sistema, come strumento di analisi storica o di studio del mutamento sociale; la tendenza a utilizzare spiegazioni funzionali o teleologiche in cui le unità che si analizzano si comportano in un certo modo a causa delle conseguenze di questo comportamento per il sistema nel suo insieme.
Tra il concetto formulato da Braudel e quello elaborato da Wallerstein esistono differenze esplicitamente riconosciute (v. Braudel, 1977; tr. it., p. 92). Il concetto di Wallerstein è più specifico di quello di Braudel. Per il sociologo americano l'unica economia-mondo che è possibile prendere in considerazione è quella capitalistica formatasi nel XVI secolo, perché quelle precedenti sono considerate sistemi sociali instabili, incapaci di sopravvivere. Per lo storico francese, al contrario, è possibile suddividere il mondo in parecchie economie-mondo coesistenti a partire dal medioevo se non dall'antichità (ibid., pp. 92-93).
In secondo luogo, per Wallerstein, gli imperi-mondo e le economie-mondo sono sistemi sociali differenti e mutuamente esclusivi. Il capitalismo può sorgere e affermarsi solo in un'economia-mondo e non in un impero-mondo. Per Braudel, invece, un'economia-mondo può vivere e organizzarsi anche sotto i vincoli imposti da un impero (v. Braudel, 1979, vol. III, p. 42).Queste differenze non hanno pregiudicato la collaborazione tra i due studiosi e tra i due istituti a cui essi hanno dedicato gran parte del loro impegno.
Il concetto di economia-mondo è stato usato soprattutto nelle ricerche e negli studi promossi dalla Maison des Sciences de l'Homme di Parigi e dal Fernand Braudel Center for the Study of Economies, Historical Systems and Civilization di Binghamton nello Stato di New York. Al primo istituto è collegata la rivista "Annales. Economies, Sociétés, Civilisations", mentre il Fernand Braudel Center pubblica, dal 1977, la rivista "Review".Sebbene il concetto di economia-mondo sia strettamente collegato al programma scientifico dei due autori che abbiamo considerato, esso può interessare anche chi non condivide gli scopi ultimi di coloro che lo hanno proposto.Esso, soprattutto nella versione di Wallerstein, può essere utile a coloro che occupandosi di mutamento sociale: 1) scelgono come unità d'analisi il mondo intero, intendendolo come un insieme di parti interconnesse e interdipendenti; 2) vogliono studiare le strutture e i processi di grandi dimensioni che hanno trasformato e stanno trasformando il mondo; 3) prediligono nella loro attività scientifica l'approccio storico-comparativistico (v. Tilly, 1984).
L'analisi di strutture e di processi di grandi dimensioni può essere condotta a diversi livelli. A un livello molto generale, si specificano le caratteristiche peculiari di un'era della storia umana, considerando quali strutture i sistemi-mondo e quali processi le loro reciproche relazioni, le loro successioni o le loro trasformazioni. A questo livello si comparano sistemi-mondo: economie-mondo e imperi-mondo.
A un livello immediatamente inferiore, i sistemi-mondo rimangono unità d'analisi significative, ma lo diventano anche le grandi strutture che li compongono. Si studiano, quindi, le relazioni tra Stati, aree geografiche, modi di produzione regionali, esaminando processi di subordinazione, di produzione, di distribuzione su larga scala. Gli oggetti che si comparano sono strutture, tra loro interdipendenti, interne a un sistema-mondo.Il concetto di economia-mondo capitalistica si applica a questi livelli di analisi. Per Wallerstein le strutture che compongono un sistema-mondo non possono essere spiegate senza spiegare il sistema nel suo insieme. Lo sviluppo delle tre zone costituenti l'economia-mondo capitalistica, ma anche altri oggetti, quali la storia degli Stati, l'azione delle classi sociali o di altri gruppi, non possono essere compresi e spiegati senza riferirli allo sviluppo del sistema-mondo nel suo complesso. Nell'opera di Wallerstein la comparazione avviene tra parti di un'unica economia-mondo capitalistica, le cui caratteristiche distintive dipendono dalla diversa collocazione di una parte rispetto a un'altra all'interno di una rete di interdipendenze.È stato sostenuto che a tali livelli di generalità le indagini storiche e sociologiche sono assai controverse e rischiose. Tuttavia, in attesa di nuove idee, l'elaborazione del concetto di economia-mondo rimane un tentativo di risposta alla necessità di formulare delle ipotesi sul funzionamento del sistema-mondo moderno, senza le quali lo studio di strutture e di processi a livelli più bassi di generalità ha poco senso (v. Tilly, 1984, p. 63).
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