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economia politica

di Fabio Ranchetti - Dizionario di Economia e Finanza (2012)
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economia politica

Fabio Ranchetti

Forma del sapere che ha per oggetto la produzione, lo scambio e la distribuzione della ricchezza, sia a livello individuale e disaggregato (un singolo individuo o la famiglia, una singola impresa o un insieme di imprese, cioè un’industria), sia a livello sociale e aggregato (uno Stato, per es. lo Stato italiano, o un insieme di Stati, per es. l’Europa o il mondo intero). Convenzionalmente, e corrispondentemente a tale distinzione, se lo studio riguarda la singola unità (individuo o impresa), lo si definisce con il termine di microeconomia (➔ ); se riguarda, invece, l’insieme delle unità economiche, lo si definisce con il termine di macroeconomia (➔ ). La distinzione tra microeconomia e macroeconomia è relativamente recente e di solito si fa risalire l’origine della macroeconomia all’opera fondamentale di J.M. Keynes (The general theory of employment, interest and money, 1936). Per ricchezza si deve intendere non solo l’insieme delle cose materiali (come, per es., il grano o il ferro, le automobili o i computer), ma anche la conoscenza, il ‘saper fare’ servizi e le cose immateriali (come, per es., i viaggi o la cura delle persone); la ricchezza comprende, pertanto, oltre alle ‘cose’, la moneta e il capitale finanziario (come, per es., le azioni e le obbligazioni), anche ciò che viene chiamato il capitale umano (➔).

L’economia politica classica e la centralità dei concetti di felicità e benessere

L’e. p. come forma del sapere o disciplina autonoma dalla filosofia, e specificamente dalla filosofia p. e morale, nasce nel Settecento contemporaneamente alla trasformazione della società occidentale da prevalentemente agricola a industriale. In modo particolare, alla sua origine stanno l’e. p. classica francese – la cui scuola predominante è la fisiocrazia (➔) e il cui principale esponente è F. Quesnay (Tableau économique, 1758) – e l’e. p. classica scozzese e inglese, i cui esponenti principali sono A. Smith (The wealth of nations, 1776) e D. Ricardo (Principles of political economy, 1817). Nel 1867 K. Marx pubblica il suo Das Kapital, che, pur inserendosi nell’approccio teorico classico, ne è una critica radicale. Notevole è il fatto che negli economisti classici la nozione di ricchezza, pur nella distinzione tra ricchezza dell’individuo e ricchezza della società, è strettamente legata alla nozione di felicità o benessere (in ingl., wealth deriva da well, che significa, appunto, «bene» e «prosperità»).

La scuola neoclassica e il concetto di scarsità

Nell’Ottocento, l’e. p. viene in generale a perdere questo riferimento alla felicità e al benessere, concentrandosi piuttosto – a partire soprattutto dalla scuola neoclassica o marginalistica (i cui principali esponenti sono l’inglese W.S. Jevons, l’austriaco C. Menger e il francese M.-E.-L. Walras, autori che scrivono e pubblicano nell’ultimo terzo dell’Ottocento) – sulla nozione di scarsità. Per scarsità si deve intendere l’insieme di tutte le cose che sono, al tempo stesso, utili e disponibili in quantità limitate. L’economia si trasforma così nella «scienza che studia la condotta umana come una relazione tra scopi e mezzi scarsi applicabili a usi alternativi» (L.C. Robbins, 1932). In altri termini, l’economia viene ad assumere come oggetto principale le scelte che gli esseri umani, sia come individui, sia tra loro associati, devono compiere «in condizioni di scarsità». Diviene inoltre una teoria della scelta ‘razionale’, poiché, dal punto di vista del metodo, viene privilegiato quello deduttivo: la teoria economica deduce le sue proposizioni, e conseguentemente anche le sue prescrizioni di politica economica, da alcuni postulati o assiomi posti all’inizio. La formulazione più rigorosa di questo modo di intendere e fare teoria economica la si trova nella Theory of value di G. Debreu (1959).

L’evoluzione contemporanea

Soprattutto negli sviluppi ulteriori della disciplina nel Novecento e nel nostro secolo, le proposizioni e i precetti dell’economia vengono tuttavia sottoposti sempre più anche alla verifica empirica, attraverso differenti possibili metodologie, tra cui spicca l’econometria (➔), il cui scopo è quello di applicare i metodi della matematica e della statistica ai dati economici effettivi. Nel pensiero economico contemporaneo vi sono diverse scuole e differenti approcci. Non tutti, per es., ritengono che il carattere scientifico della disciplina debba fondarsi necessariamente sul metodo delle scienze matematiche e fisiche, e alcuni ritengono più (o altrettanto) proficuo il ricorso a metodi di analisi maggiormente vicini ad altre discipline, come, per es., la storia, la psicologia, la sociologia, la geografia o il diritto, che non applicano necessariamente metodi matematici e/o statistici. Per e. p. si intende anche quella particolare branca del pensiero economico che studia in modo interdisciplinare (utilizzando appunto sia la teoria economica sia il diritto sia la scienza p.) le relazioni tra il sistema economico e le istituzioni p., con l’obiettivo di disegnare i migliori assetti economico-politici possibili per le società attuali. Infine, una distinzione spesso utilizzata è quella tra economia positiva ed economia normativa, che, in verità, non è che una variante della (peraltro assai complessa) distinzione filosofica tra giudizi di fatto e giudizi di valore. Per e. positiva si intende, infatti, la descrizione della realtà economica così ‘come è’ (per es., in Italia, nel 2011, il tasso di disoccupazione giovanile è stato pari al 30,1%); mentre per e. normativa si intende un giudizio, e una prescrizione di p. economica, su come la realtà economica ‘dovrebbe essere’ (per es., il tasso di disoccupazione giovanile dovrebbe essere ridotto drasticamente per ragioni di giustizia e di equità, oltre che economiche: non è accettabile che 30 giovani su 100 siano disoccupati). È evidente che si tratta di una distinzione difficile da mantenere sempre e che in essa entrano, più o meno surrettiziamente, considerazioni ideologiche, o comunque etiche o politiche. Ma ciò non fa che confermare come l’e. sia una disciplina inevitabilmente p. e non wertfrei, cioè neutrale rispetto ai fini e ai giudizi di valore.

Vedi anche
Karl Marx Filosofo ed economista tedesco (Treviri 5 maggio 1818 - Londra 14 marzo 1883). Proveniente da una famiglia borghese di origine ebraica, studiò a Bonn e poi a Berlino, dove entrò in contatto con la sinistra hegeliana e con gli ambienti del radicalismo tedesco. Laureatosi nel 1841 con la dissertazione ... economia Complesso delle risorse (terre, materie prime, energie naturali, impianti, denaro, capacità produttiva) e delle attività rivolte alla loro utilizzazione, di una regione, uno Stato, un continente, il mondo intero. Anche uso razionale del denaro e di qualsiasi mezzo limitato, che mira a ottenere il massimo ... politica Il complesso delle attività che si riferiscono alla ‘vita pubblica’ e agli ‘affari pubblici’ di una determinata comunità di uomini. Il termine deriva dal greco pòlis («città-Stato») e sulla scia dell’opera di Aristotele Politica ha anche a lungo indicato l’insieme delle dottrine e dei saperi che hanno ... Max Weber Sociologo e storico (Erfurt 1864 - Monaco di Baviera 1920). La sua sociologia, concepita come scienza pura, è immune da concetti naturalistici e da costruzioni speculative: polemico al tempo stesso contro positivismo e storicismo, Weber, Max si proponeva di studiare le azioni tipiche, le probabilità ...
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    economìa polìtica Scienza che studia l'attività umana nella sfera dei rapporti economici. L'e.p. si distingue tra macroeconomia politica, che studia le relazioni che intercorrono tra quantità globali o grandi aggregati (reddito nazionale, investimenti, risparmio), e microeconomia politica, che analizza ...
  • ECONOMIA POLITICA
    Enciclopedia Italiana (1932)
    L'economia politica è una delle scienze che studiano l'attività umana. Il suo particolare oggetto non è determinato allo stesso modo da tutti i trattatisti; ma si riscontra come punto di partenza caratteristico di ogni indagine economica lo squilibrio fra lo sviluppo illimitato di cui sono suscettibili ...
Vocabolario
economìa
economia economìa s. f. [dal lat. oeconomĭa, gr. οἰκονομία, comp. di οἶκος «dimora» e -νομία «-nomia» (propr. «amministrazione della casa»); la voce si è diffusa per il tramite del fr. économie (così come i der. economico, economista, economizzare...
econòmico
economico econòmico agg. [dal lat. oeconomĭcus, gr. οἰκονομικός; v. economia] (pl. m. -ci). – 1. a. Che concerne l’economia: scienza e.; dottrine e.; bene e., qualsiasi mezzo ritenuto idoneo a soddisfare un bisogno, purché suscettibile...
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