MUSSOLINI, Edda
– Nacque a Forlì il 1° settembre 1910 da Benito e da Rachele Guidi, prima di cinque figli.
Poiché i genitori non erano sposati, fu registrata all’anagrafe come figlia di madre ignota. Questa circostanza fece nascere la leggenda che fosse figlia di Angelica Balabanoff, attivista politica russa che Mussolini aveva conosciuto in Svizzera, ma Edda stessa smentì questa notizia.
Fin dall’infanzia rivelò un carattere ribelle, assecondato dal padre, che le impartì un’educazione ‘virile’ e spesso si compiaceva della sua irruenza, mentre non furono mai buoni i rapporti con la madre. A 16 anni salvò una compagna che rischiava di annegare, ottenendo una medaglia d’argento. Fu questo il primo tassello del suo mito di donna libera dalle restrizioni dell’appartenenza sessuale, mito speculare a quello costruito sulla figura del padre, virile e tuttavia capace di affetto come una ‘mamma’.
La famiglia visse nell’indigenza fino alla fine della prima guerra mondiale, quando le condizioni economiche migliorarono, consentendo loro un appartamento nel centro di Milano. Qui Edda frequentò il ginnasio Parini fino al 1925, quando il padre la iscrisse al Regio Istituto femminile della Ss. Annunziata a Firenze, frequentato dalle figlie dell’aristocrazia, dove restò soltanto per un anno a causa della sua incompatibilità con l’ambiente. Riprese le scuole superiori, ma non conseguì il diploma. Il padre controllava ogni sua mossa, avvalendosi della vigilanza della polizia e affidando al suo segretario Alessandro Chiavolini il compito di leggerle la corrispondenza. In alcuni casi, intervenne decisamente nelle sue relazioni, proibendole di frequentare alcuni giovani o facendoli allontanare.
La famiglia si ricongiunse al padre, capo del governo dal 1922, trasferendosi a Roma, a villa Torlonia, nel 1929. Nel gennaio 1930 Edda conobbe Galeazzo Ciano – figlio del conte Costanzo, fedelissimo al fascismo e ministro delle Comunicazioni – diplomatico, dal 1929 chiamato all’ambasciata italiana presso la S. Sede, istituita in seguito al Concordato. Con l’entusiastico consenso di Mussolini, i due si sposarono nell’aprile.
La cerimonia, che si svolse a villa Torlonia con grande fasto, fu un evento mediatico rilevante. La gente era affascinata dall’innamoramento tra un giovane nobile e la giovanissima figlia del duce, che acquisiva il titolo di contessa, e le nozze principesche – documentate dai servizi dell’Istituto Luce – furono un momento importante della trasformazione di Edda in figura dell’immaginario nazionale e internazionale.
La coppia trascorse la luna di miele a Capri, che sarebbe diventata una dimora abituale per Edda, soprattutto dopo avervi fatto costruire una villa sontuosa. Subito dopo, partirono per la Cina, dove Galeazzo era destinato all’incarico di console generale. A Shanghai Edda accentuò uno stile di vita libero e lussuoso, dedicandosi al poker, all’alcol e ad avventure amorose che contraccambiavano quelle molto frequenti del marito. Tuttavia svolse anche un ruolo diplomatico di rilievo, aprendo la sua casa a invitati importanti, incrementando i rapporti commerciali tra l’Italia e la Cina e ottenendo la fama di prima signora della città (fu l’unica moglie di diplomatico a non lasciare Shanghai durante la guerra cino-giapponese). Regolarmente i giornali internazionali pubblicavano le sue fotografie e pettegolezzi su di lei.
Nel 1931 ebbe il primo figlio, Fabrizio, ed era nuovamente incinta quando nel 1933 i Ciano vennero richiamati a Roma. Galeazzo fu nominato dal suocero capo del suo ufficio stampa, che comprendeva la radio e il cinema e svolgeva una vasta azione propagandistica per il regime. Alla fine di quell’anno nacque la seconda figlia, Raimonda (il terzo figlio, Marzio, sarebbe nato nel 1937), ma Edda non smise di organizzare un’intensa vita mondana per sé e per il marito. I Ciano avviarono rapporti sociali anche con gerarchi nazisti e fu Joseph Goebbels a suggerire la ristrutturazione dell’Ufficio stampa in Sottosegretariato per la stampa e la propaganda, di cui Ciano divenne ministro nel giugno 1935.
Nel 1934-35 Edda ebbe l’incarico di sondare, a Londra, le reazioni degli inglesi all’intenzione dell’Italia di conquistare l’Abissinia. Attaccata l’Etiopia, e proclamato nel maggio 1936 l’impero, Mussolini cedette al genero il ministero degli Esteri e inviò la figlia in missione mondano-politica in Germania, dove venne ricevuta da Hitler con familiarità e onori. A Edda, che fu sempre favorevole alla guerra e alle guerre (tranne che all’intervento in Spagna), i media internazionali attribuirono un ruolo decisivo nell’avvicinamento tra Italia e Germania, mentre l’atteggiamento di suo marito registrava un progressivo allontanamento dall’alleanza italo-tedesca. Questo processo alimentò i contrasti tra i due coniugi, come risulta dai diari di Ciano, secondo il quale la moglie, che lo accusava di germanofobia, non capiva niente di politica, pur essendo intelligente e spregiudicata. Inoltre la commiserava perché non amava le folle, un aspetto primario della politica fascista. In interviste successive, Edda smentì ripetutamente di aver avuto influenza nella politica estera e interna, com’è d’altronde consono al decisionismo di Mussolini. Piuttosto, la sua figura era significativa per il regime sul piano mediatico: nel 1933 Costanzo Ciano fece costruire uno stadio a Livorno intitolato a lei; nel 1942 sarebbe stato esposto alla Biennale di Venezia un suo ritratto dipinto da Giorgio De Chirico. La ritraggono numerose foto ed è protagonista di molti filmati dell’Istituto Luce.
Nel 1938 fu incaricata di dirigere il settore della beneficenza all’interno della Segreteria particolare del Duce. Disponeva così di grosse somme per soddisfare le richieste di suppliche individuali e di istituzioni benefiche, nonché da spendere in opere pubbliche, spesso in occasione dei viaggi di Mussolini, e divenne parte integrante della macchina propagandistica che lavorava a mitizzare la figura del Duce provvido e potente. Questo aspetto costituì certamente un altro elemento del mito di Edda, che Curzio Malaparte considerava l’unica vera rivale di Mussolini, predicendo che un giorno ci sarebbe stato del sangue fra il padre e la figlia. In realtà, il più delle volte le sorti di Edda seguirono quelle del marito, per diversi anni confidente (e ritenuto possibile successore) di Mussolini e come lui illuso di svolgere un ruolo di mediatore tra le potenze europee. Nel 1939, Ciano fu protagonista della guerra d’Albania, che si rivelò facile conquista, e fece ribattezzare «Porto Edda» il porto di Santi Quaranta. Quando invece l’aggressione alla Grecia nel 1940, sempre voluta da lui, ebbe risultati disastrosi per l’Italia, la fiducia di Mussolini nei suoi confronti si affievolì e nel febbraio 1943 perse il ministero degli Esteri e fu nominato ambasciatore in Vaticano.
Nonostante i suoi incarichi pubblici, Edda continuava una vita irrequieta e disordinata, perdendo forti somme al gioco e trascorrendo notti tra l’alcol e il ballo. Anche il suo abbigliamento suscitava scalpore: compariva in pubblico con abiti scollati e senza maniche, nell’estate 1934 fu schiaffeggiata da Galeazzo per aver indossato uno dei primi costumi a due pezzi. Tali comportamenti attirarono lettere anonime al padre e al marito, che definivano Edda «cocotte» e «maiala» (Arch. centrale dello Stato, Min. Cultura Popolare, b. 120, f. 4). Rappresentava il simbolo della modernità femminile intesa nei suoi aspetti esteriori: la guida dell’automobile, i pantaloni, la pratica dello sport ma anche del ballo e del gioco, la libertà di movimento e di relazioni.
Edda alternava il lato ‘libero’ del carattere a quello ‘eroico’, esaltato dalla retorica fascista, che il padre incarnava e il marito condivideva. Frequentò corsi per diventare crocerossina, decisione che è stata attribuita al suo carattere di «arrampicatrice sociale» (De Giorgio, 2002), attratto dal carattere elitario e snobistico della Coce Rossa. Ma le scelte di Edda erano probabilmente dettate da ragioni più complesse, tra cui rientrava la fedeltà alla propria figura indomabile, modellata su quella del padre. Nel 1941, all’arrivo nella baia di Valona, la nave-ospedale su cui era imbarcata fu silurata dagli inglesi ed Edda rimase in acqua per alcune ore, il che le fruttò una medaglia di bronzo sul campo. In seguito fu a Stalino, presso Stalingrado, e infine a Monreale, da dove scrisse al padre una lettera drammatica – chiedendogli urgentemente aiuti – sulla disperata miseria della popolazione civile di Palermo, da lei definita «povera carne da macello» cui mancava tutto, dal pane ai medicinali e agli indumenti (Arch. centrale dello Stato, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato (1922-1943), f. F.P/R., Ciano Galeazzo e contessa, sottofascicolo 10). Non risparmiò le critiche all’operato della Croce Rossa, provocando nel giugno 1943 un colloquio tempestoso con la principessa Maria José, che presiedeva l’istituzione e aveva sviluppato un atteggiamento pacifista e critico verso il fascismo. In seguito, per la sua assistenza ai feriti, Edda avrebbe ricevuto numerose lettere di ringraziamento da militari che aveva curato (Ibid., Segreteria particolare del Duce, Carteggio ordinario, b. 740 f. 400.000, e pacco E-192). Durante la guerra visitò un campo di lavoratori italiani in Germania e non esitò a protestare con Hitler per le condizioni e i maltrattamenti cui erano sottoposti, tanto che Mussolini dovette vietarle ogni dichiarazione pubblica in proposito.
Lasciata la Sicilia il 12 luglio 1943, il 27 luglio apprese che suo marito aveva votato contro Mussolini al Gran Consiglio del fascismo nella notte del 24 e che suo padre era stato arrestato. I Ciano, dopo aver cercato invano rifugio in Vaticano, partirono su un aereo tedesco credendo di andare in Spagna ma furono portati a Monaco di Baviera, dove poco dopo giunse anche Mussolini. La riappacificazione tentata da Edda in quella circostanza tra suo marito e suo padre non era destinata a durare (e la madre Rachele non perdonò mai il «tradimento» di Galeazzo). Edda poté rientrare in Italia solo per recuperare i cinque volumi dei diari di Galeazzo che iniziavano dal 1939 e che Ciano riteneva importante mezzo di contrattazione con i tedeschi, interessati a evitare il contraccolpo negativo sul piano propagandistico che la loro pubblicazione avrebbe certamente suscitato. In questa impresa fu aiutata dal marchese Emilio Pucci, pilota pluridecorato, in seguito creatore di moda e deputato liberale.
Il 19 ottobre 1943 Ciano fu incarcerato a Verona e la moglie tentò, con coraggio e devozione (confermati dal testamento di Galeazzo), ogni mezzo per salvarlo, ma inutilmente. Ciò portò a una violenta rottura tra lei e il padre, che non si sanò mai. Edda lo ritenne colpevole della morte del marito, attribuendo una parte della responsabilità ad Alessandro Pavolini per non avergli fatto pervenire le domande di grazia. La riconciliazione con la madre sarebbe invece avvenuta nel novembre 1946. Dopo l’esecuzione di Galeazzo a Verona (11 gennaio 1944), Edda minacciò sia Mussolini sia Hitler di rendere pubblici i diari del marito, poi, rispettando l’ultima volontà di Galeazzo che andassero agli alleati, li vendette al Chicago Daily News, che iniziò a pubblicarli nell’aprile 1945.
Nel gennaio 1944 si rifugiò in Svizzera e trascorse l’ultimo periodo della guerra in una clinica per malattie mentali, in preda a forte depressione.
Lo psichiatra André Répond, che la ebbe in cura, nel rapporto clinico sulla paziente inviato al Consiglio federale svizzero diagnosticò di gravi sintomi nevropatici dovuti a influenze ereditarie, a causa di una famiglia ereditariamente tarata, con padre autoritario, ma debole, il che aveva generato nella figlia un profondo conflitto psichico e un infantilismo affettivo. La situazione era stata peggiorata da una madre poco affettuosa, che la figlia ricordava manesca e intrigante. Lo stesso psichiatra menzionava le condizioni «romanzesche» della tragedia da lei vissuta, che ricordano toni da saga di telenovela, condivisi dai protagonisti. Altri hanno parlato di echi da film di spionaggio per quanto riguarda l’ultimo periodo della vita di Ciano. Il fascino di queste storie perdura, come è confermato dai molti scritti e film sulla figura di Edda.
Il 29 agosto 1945 tornò in Italia perché espulsa dalla Svizzera e fu mandata al confino a Lipari; vi restò un anno, fino all’amnistia proposta dal ministro di Grazia e Giustizia Palmiro Togliatti nel giugno 1946, quando poté ricongiungersi ai figli. Il soggiorno obbligato a Lipari le offrì il destro per aggiungere un nuovo capitolo alla sua leggenda: si innamorò, ricambiata, di un partigiano comunista, Leonida Bongiorno, che aveva combattuto nella Resistenza francese e il cui padre aveva aiutato Carlo Rosselli a fuggire dall’isola.
Quella relazione è documentata da molte lettere in inglese e francese e da alcune foto, mostrate nel 2007 dal figlio di Leonida a un giornalista de La Stampa (Sorgi, 2009). Nella corrispondenza con l’amante, Edda mostra la consueta alternanza tra capricciosità e protervia, la propensione al feuilleton e una mescolanza di tenerezza e cinismo.
In seguito Edda rientrò in possesso del suo attico a Roma ai Parioli, dove visse agiatamente per il resto della sua vita, avendo nel 1950 lo Stato italiano restituito ai Ciano buona parte dei beni di famiglia confiscati; Costanzo Ciano aveva lasciato infatti un patrimonio rilevante, oggetto di molte polemiche sul modo in cui era stato acquisito. Nell’ultima parte della vita, Edda si dedicò all’attività editoriale e continuò a mantenere le sue convinzioni fasciste.
Morì a Roma il 9 aprile 1995; venne sepolta a Livorno accanto alla tomba del marito.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato, bb. 106-124 (familiari di Mussolini); ibid., Carteggio ordinario, bb. 2879-2994 (fidanzamento di Edda); bb. 2874-2878 (corrispondenza di Edda); Ministero dell’ Interno, Direz. generale pubblica sicurezza, Polizia politica, f. pers., bb. 8/B (Edda Ciano), 22/a (Galeazzo Ciano); Berna, Archivio federale, E 4320 (B) 1991/243 Bd. 97a, E 2001 (D) 3, Edp 1943-1945 Bd. 269; Bellinzona, Archivio cantonale, Fondo Internati italiani 1943-1945, sc. 22, f. 1, Ciano Edda; E. Ciano, La mia testimonianza, a cura di A. Zarca, Milano 1975; G.B. Guerri, Galeazzo Ciano. Una vita: 1903-1944, Milano 1979; R. De Felice, Mussolini il duce, II, Lo Stato totalitario 1936-1940, Torino 1981; A. Spinosa, E., una tragedia italiana, Milano 1993; R. Broggini, La “famiglia Mussolini”. I colloqui di E. Ciano con lo psichiatra svizzero Repond 1944-1945, inItalia contemporanea, 1996, 203, pp. 333-361; E. Ciano, La mia vita. Intervista di Domenico Olivieri, intr. di N. Caracciolo, Milano 2001; M. De Giorgio, Crocerossine, in Dizionario del fascismo, a cura di V. De Grazia - S. Luzzatto, I, Torino 2002, pp. 379 s.; G. Ciano, Diario 1937-1943, a cura di R. De Felice, Milano 2004; G.B. Guerri, Un amore fascista: Benito, E. e Galeazzo, Milano 2005; M. Sorgi, E. Ciano e il comunista, Milano 2009. Si vedano i filmatidell’Istituto Luce (L. Tiberi, E. M. racconta, Roma 2003; E. e Galeazzo Ciano, Roma 2004; N. Caracciolo, I Ciano, Roma 2005) e i siti web:http://www.correvalanno.rai.it/dl/ portali/site/puntata/ContentItem-8ef56b40-c 157-4aeb-97b4-01bbb5db023e.html;http:// www.archivioluce.com/archivio/;http://www. youtube.com/results?search_query=edda+ciano&aq=f.