DALLA NAVE (Della Nave), Edelberto (Adalberto)
Figlio di Francesco (massarolo del comune attivo tra il 1691 e 1719: Scarabelli Zunti, f. 55) e fratello del pittore Giuseppe, nacque a Parma il 25 febbr. 1681.
Non si hanno notizie sulla sua formazione come architetto se non in relazione ad un soggiorno presso l'Accademia fiorentina da Collocarsi sicuramente prima del 1712 e probabilmente dopo il 1704-07. Nel 1704 si trovava a Parma ove eseguì disegni per la sistemazione del canale Naviglio Taro e nel 1707 riscosse il salario in qualità di vicemassarolo. Il 28 giugno 1712 ricevette la patente di pubblico agrimensore (Scarabelli Zuriti, f. 54).
Il D. fu dunque anche ingegnere in varie forme al servizio del comune, esercitando fra l'altro l'ufficio di perito e responsabile delle strade e quello di massarolo che probabilmente ereditò alla morte del padre (ibid., ff. 54, 56 bis). Le prime realizzazioni architettoniche di cui ci resti notizia risalgono al terzo decennio del secolo, ma sono già opere di un certo impegno che lasciano presumere un'esperienza ormai matura. Operò a lungo nella chiesa della Madonna della Steccata in lavori di sistemazione del coro conclusi intorno al 1730, come comprovano i documenti pubblicati (Testi, 1922; Marseglia, 1966, pp. 60, 204). Secondo il Testi, il D. avrebbe preso il posto di Mauro Oddi subito dopo la morte di questo (1702). In ogni caso la realizzazione del coro va collocata nel terzo decennio e nel 1729 il D. presentò la "mappa e relazione" per il coro dei cavalieri. Il coro è stato analizzato in dettaglio da Adorni (1982, pp. 78 s.) che lo considera l'opera principale di questo architetto; l'interno è riccamente decorato con stucchi e pitture in parte opera del fratello Giuseppe.
Per i lavori del coro esistono documenti di pagamento a Giovanni Ruggeri per ricognizioni (Testi, 1922, p. 95), ma il D. è ripetutamente citato come direttore dei lavori e l'opera quindi gli deve essere assegnata. Per motivi economici i rapporti fra l'architetto ed i cavalieri che sovrintendevano all'opera si deteriorarono e nel 1730 il D. fu sostituito da Giuliano Mozzani; le strutture murarie del coro erano però già compiute.
La piccola ma elegante chiesa di S. Tiburzio, attualmente sconsacrata (Marcheselli, 1981, p. 127), fu eseguita nel 1722-23 come provano le stime dei lavori dei capimastri Angelo Francesco e Cristoforo Bettoli controfirmate dal D. (Parma, Archivio del Comune, Autografi illustri, b. 4396, fasc. 4).
La costruzione, di ordine ionico all'esterno e composito all'interno, si sviluppa intorno ad un corpo centiale ottagono; ha tre altari e cantoria sopra l'ingresso. Il gusto decorativo dell'interno, così come il profilo complesso ed ornato del finestrone in facciata, ricompaiono in altre opere come sigla caratteristica del Dalla Nave.
Nel 1722 il D. fornì il disegno per il camino della camera degli Anziani del comune decorato da Carlo Bosi (Scarabelli Zunti, f. 59) e nel 1723 edificò il campanile della Certosa (chiesa di S. Gerolamo; cfr. Farinelli-Mendogni, 1981, p. 44). Nel 1728 ricevette il cospicuo compenso di 2.000 scudi per il disegno e l'assistenza prestata durante la realizzazione dell'apparato per il funerale dei duca Francesco Famese morto nel 1727 (Scarabelli Zunti, ff. 54 s.). Di quest'impegno è rimasta testimonianza attraverso una incisione di G. Pini. L'esser stato scelto per quest'incombenza dimostra che il D. deteneva una buona posizione nell'ambiente artistico locale, dominato dal Torregiani e dal Galli Bibiena.
Al decennio successivo appartengono le opere più note ed importanti. Nel 1734 venne consacrato dal canonico Tarasconi l'oratorio di S. Quirino, che prese il posto di due edifici precedenti. Dai documenti, pubblicati da Copertini (1951), risulta che il compenso percepito fu modesto e si parla di sola "ricognizione del disegno".
Il D. potrebbe aver svolto in questo caso solo un'azione di supervisione sui lavori dei capimastri Abbondio Bolla, Graziano e Battista Poma. L'oratorio presenta però le caratteristiche specifiche dell'operato dell'artista parmense e può essere paragonato, per taluni aspetti, al S. Tiburzio. La piccola facciata, oggi alterata, era ornata da un elegante portale di gusto borrominiano e conclusa al di sopra delle volute da fiaccole in pietra. li corpo verticale, conglobante la cupola, è ottagono ed è dimensionato in modo da mettere in particolare risalto la facciata, stretta, un tempo, fra adeguate quinte prospettiche.
A partire dal 1738 venne edificato su disegno del D. il chiostro del convento dell'Ascensione appartenente ai serviti; l'esecuzione materiale dell'opera fu affidata a Paolo e Domenico Bettoli e si protrasse assai a lungo, tanto che nel 1750 risultavano ancora mancanti delle piccole parti (Scarabelli Zunti, f. 56). L'elemento di maggiore spicco del complesso è lo scalone a doppia rampa curvilinea.
I Bettoli erano capimastri di un certo nome a Parma ed il D. fu in contatto con loro anche in altre occasioni; ad esempio nel 1739 fu chiamato da Ottavio Bettoli come perito di parte per una controversia sulla chiesa delle teresiane. Carlo ed Antonio Maria Bettoli realizzarono la chiesa di S. Rocco (1737-54) la cui paternità creativa è molto discussa.
Il problema è stato diffusamente esaminato da Adorni (1974, pp. 56-64) e ripreso dalla Matteucci (1979). L'opera può essere considerata come un compromesso fra le idee progettuali di Alfonso Torregiani e del Dalla Nave. Di quest'ultimo si conservano due piante nell'Archivio di Stato di Parma (Mappe e disegni, vol. 7, nn. 20/1): la prima prevede la realizzazione di un edificio con vano centrale esagonale e cappelle intercomunicanti, presbiterio accentuato longitudinalmente e vani esagonali irregolari ai lati dell'abside e dell'ingresso; nella seconda pianta il vano centrale è disegnato ellittico, mentre sopravvivono le cappelle comunicanti, le due centrali più grandi, e vani di pianta irregolare alle estremità della chiesa.
Sebbene la chiesa attuale mostri delle analogie con questi progetti, essa è considerata prevalentemente opera del Torregiani per il classicismo scenografico che vi domina ed appare di chiara marca bolognese. Il Torregiani probabilmente subentrò nel cantiere già iniziato dal D., ma quest'ultimo intervenne sicuramente sull'esterno: i capitelli ionici e compositi della facciata ed il disegno delle finestre sopra le entrate laterali della facciata sono confrontabili con altre opere dell'artista.
Lo stesso Scarabelli Zunti accenna del resto che il D. "ebbe a lottare con l'altrui volontà nella esecuzione della... chiesa di S. Rocco" (f. 55).
Si attribuiscono al D. anche altre opere, ma in modo confuso ed impreciso. L'oratorio di S. Nicomede, distrutto intorno al 1830, aveva una facciata in cotto attribuita al D. (da Mareto, 1978, p. 170; i disegni riprodotti non sembrano affatto pertinenti ad una facciata settecentesca); è inoltre riferito al D. un intervento imprecisato nella chiesa di S. Marcellino (cfr. Scarabelli Zunti, f. 55); l'edificio fu consacrato a metà del Cinquecento e non si hanno notizie di lavori nel XVIII secolo.
L'importanza di taluni incarichi fa sospettare che il D. avesse dato prove della sua abilità più cospicue di quelle giudicabili a tutt'oggi. Egli sembra in ogni caso più propenso verso qualche cauto tentativo di sperimentazione artistica piuttosto che freddamente accademizzante e talora arriva a delle vere e proprie licenze architettoniche, come nel cornicione dell'abside della Steccata gonfiato sino a farvi entrare una finestra mistilinea; mostra una certa preferenza per piante centriche di profilo irregolare e per una decorazione in stucco piuttosto insistita che bene si inquadra nel gusto tardo barocco locale.
Il D. morì a Parma il 16 genn. 1742.
Fonti e Bibl.: Parma, Soprintendenza ai Beni artistici e storici: E. Scarabelli Zunti, Docum. e memorie di belle arti parmigiane, VII, ff. 54-56 bis; P. Zani, Encicl. metodica... delle belle arti, I, 14, Parma 1823, p. 29; P. Donati, Nuova descr. della città di Parma, Parma 1824, pp. 99, 103, 106; G. Bertoluzzi, Guida per osservare le pitture ... nelle chiese di Parma, Parma 1830, p. 156; L. Testi, La Madonna della Steccata in Parma, Firenze 1922, ad Ind.; H. Bédarida, Parme et la France de 1748 à 1789, Paris 1928, p. 26; G. Copertini, In difesa della chiesa di S. Pietro Apostolo e dell'Oratorio di S. Quirino in Parma, alleg. a Parma nell'arte, 1951, 1; J. Vallery Radot, Le recueil de plans d'édifices de la Compagnie de Jésus conservé à la Bibliothèque national de Paris, Roma 1960, p. 90; M. Pellegri, E. A. Petitot, Parma 1965, pp. 24 s.; I. Dall'Aglio, La diocesi di Parma, Parma 1966, pp. 115 s.; 167; E. Marseglia, The architecture of S. Maria della Steccata in Parma (tesi di dottorato, Johns Hopkins University, 1966), University Microfilms International, Ann Arbor s. d., pp. 60, 204; A. M. Matteucci, C. F. Dotti e l'archit. bolognese del Settecento, Bologna 1969, pp. 36, 58; B. Adorni, L'attribuzione della chiesa di S. Rocco in Parma, in L'Architettura, XX (1974). 1, pp. 56-64; Id., L'architettura dal primo Cinquecento alla fine del Settecento, in Storia dell'Emilia Romagna, II, Imola 1977, p. 722; A. Cortesi, L'architettura della città di Parma: letture morfologiche, in Atti del Conv. sul Settecento parmense, Parma 1977, p. 322; Felice da Mareto. Chiese e conventi di Parma, Parma 1978, pp. 170, 186, 251; G. Capelli, Allarme per S. Quirino in precarie condizioni statiche, in Parma nell'arte, X (1978), 2, p. 123; B. Adorni, in L'arte del Settecento emiliano. L'arte a Parma dai Farnese ai Borbone (catalogo), Bologna 1979, p. 229; A. M. Matteucci, Ibid., Architettura, scenografia, pittura di paesaggio (catalogo), Bologna 1979, p. 71; T. Marcheselli, La chiesa di S. Tiburzio ospiterà le attività culturali del Comitato per l'arte, in Parma nell'arte, XIII (1980, pp. 127-30; L. Farinelli-P. P. Mendoeni, Guida di Parma, Parma 1981, pp. 44, 83, 88, 90 s.; B. Adorni, in S. Maria della Steccata a Parma, Parma 1982, p. 78; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, pp. 365 s. (s. v. Nave, Adalberto [dalla]); Dizion. encicl. di archit. e urban., II, p. 132.