Goulding, Edmund
Regista cinematografico e sceneggiatore statunitense, di origine inglese, nato a Londra il 20 marzo 1891 e morto a Los Angeles il 24 dicembre 1959. Forte di una notevole esperienza come attore, scrittore e regista teatrale sulla scena londinese di inizio Novecento, G. fu uno dei cineasti europei emigrati negli Stati Uniti che meglio seppero mantenere e sviluppare la tradizione drammaturgica europea anche all'interno dei meccanismi formali hollywoodiani. Soprattutto con il melodramma G. riuscì a conferire maggiore fluidità alle trame di sapore letterario cui molto spesso s'ispiravano i suoi film. L'esatta comprensione della dialettica mélo fra eleganza di messa in scena ed eccessi visivi e narrativi permise a G. di sfuggire al ruolo di semplice (anche se ottimo) adattatore. Egli fu autore di un cinema potente e duttile a un tempo, in cui al gusto della sontuosità scenografica si affianca la ricerca di forme espressive, sul piano del linguaggio filmico, capaci di andare oltre il puro decorativismo. Si pensi da un lato alle ambientazioni sofisticate della commedia Rip tide (1934; Quando una donna ama), dall'altro alle originali soluzioni visive adottate in Grand hotel (1932).
La prima parte della sua carriera si svolse a Londra e fu tutta interna al teatro. G. si mise in luce prima come giovane attore e poi come promettente metteur en scène, ma dovette lasciare bruscamente la sua attività, allo scoppio della Prima guerra mondiale, per arruolarsi nell'esercito inglese, da cui fu congedato a causa delle ferite riportate in battaglia. Nel 1921 emigrò a Hollywood, dove inizialmente si affermò come scrittore (del 1922 è il suo romanzo Fury, di cui l'anno dopo curò anche il soggetto e la sceneggiatura per l'omonima riduzione cinematografica diretta da Henry King) e soprattutto come sceneggiatore, mestiere che svolse specialmente durante gli anni del muto collaborando a film quali Tol'able David (1921), anch'esso di King, Fascination (1922), Broadway Rose (1922) e Jazzmania (1923), tutti di Robert Z. Leonard, Dark secrets (1923) di Victor Fleming, o The Broadway melody (1929; La canzone di Brodway) di Harry Beaumont. Sotto contratto con la Metro Goldwyn Mayer, G. esordì nella regia con alcuni drammi sentimentali come Sun-up (1925), Sally, Irene and Mary (1925), Paris (1926), Women love diamonds (1927), e continuò a manifestare il suo interesse per soggetti tragici e romantici nei successivi Love (1927; Anna Karenina), dal romanzo di L.N. Tolstoj, con Greta Garbo, e The tres-passer (1929; L'intrusa), con Gloria Swanson, sull'amore contrastato tra la vedova di un gangster e un giovane delle classi alte; di questo film G. avrebbe diretto in seguito anche il remake con Bette Davis e Henry Fonda (That certain woman, 1937, Vivo per il mio amore), accrescendone le cupe atmosfere di disperazione e di lotta per la realizzazione dell'agognato grande amore.
Distintosi subito anche per la sua abilità nella sensibile direzione di grandi divi, nel 1932 G. ottenne la regia di Grand hotel, un cosiddetto all-star movie che rimane un perfetto esempio dei congegni spettacolari messi a punto dalla Hollywood classica. E tuttavia G. non si limitò a far convivere la Garbo e Joan Crawford, John Barrymore e Wallace Beery nella tipica struttura a storie parallele che sembrano intrecciarsi e mancarsi all'infinito. Completamente a suo agio con il susseguirsi teatrale di entrate e uscite che caratterizza il film, G., grazie a un uso insistito di lunghi piani-sequenza, fece dell'unico grande set in cui si svolge l'azione (appunto il Grand hotel), un vero e proprio organismo vivente, un universo abissale (famose le vertiginose inquadrature dall'alto che mostrano il continuo, fluido pulsare della vita nell'albergo) che diviene metafora del mondo e del suo scorrere ininterrotto (come ricorda il leitmotiv che apre e chiude il film: 'gente che va gente che viene').Anche in tutti i successivi melodrammi G. cercò sempre di trasporre le lineari geometrie delle sceneggiature in una tessitura di corrispondenze visive, spesso con tenebrosi chiaroscuri a sottolineare i tormenti dei personaggi, e mediante un ritmo narrativo fatto di improvvise e travolgenti accelerazioni emotive. Oltre a That certain woman, da ricordare The old maid (1939; Il grande amore), il melodramma giudiziario We are not alone (1939; Non siamo soli), 'Til we meet again (1940; Trovarsi ancora), patetica riscrittura di una storia d'amore già raccontata nel malinconico One way passage (1932) di Tay Garnett, The great lie (1941; La grande menzogna), fiammeggiante melodramma sulla rivalità amorosa tra due donne, Of human bondage (1946; Schiavo d'amore), seconda versione del romanzo di W.S. Maugham dopo quella diretta da John Cromwell nel 1934, e Nightmare alley (1947; La fiera delle illusioni), crudele dramma fantastico sul mondo dell'illusionismo. Ma le opere in cui G. riuscì meglio a condensare la sua tensione melodrammatica furono Dark victory (1939; Tramonto) e The razor's edge (1946; Il filo del rasoio). Nel primo la dimensione funerea entro cui si muove la protagonista Bette Davis, destinata a una morte precoce per un tumore al cervello, è resa da un lento calare della luce, un annichilirsi del corpo nella cecità, fino all'ultima sequenza con la linea del tramonto che incarna il fiammeggiante e insieme oscuro abbandono della vita, mentre la Davis distesa su un letto è come se 'sentisse' la morte arrivare. Nel secondo l'inarrestabile scivolamento nel melodramma esotico della vicenda viene sviluppato visivamente mediante l'accumulazione ossessiva di ambientazioni sempre più vaste e quasi astratte, simboleggiate dall'attraversamento di tutti i continenti che corrisponde al viaggio verso la spiritualità dell'inquieto protagonista.
Il secondo dopoguerra segnò un evidente rallentamento nel lavoro di G.; la stessa predilezione per il melodramma lasciò il passo alla commedia (Mister 880, 1950, L'imprendibile signor 880, e We're not married, 1952, Matrimoni a sorpresa), ai suoi possibili intrecci con il dramma giovanile (Teenage rebel, 1956, Gioventù ribelle) e al musical (Mardi gras, 1958, Martedì grasso, che fu la sua ultima regia; l'anno dopo si sarebbe suicidato). Tra questi film, forse solo We're not married, effervescente commedia corale scritta da Nunnally Johnson, porta i segni del miglior G., del suo gusto nell'assecondare gli exploit recitativi e nell'orchestrazione visiva degli ambienti, e nell'intensità con cui i protagonisti Marilyn Monroe, Ginger Rogers, Fred Allen, Victor Moore, Zsa Zsa Gabor e Louis Calhern rilanciano in ogni scena il ritmo e il divertimento che si trasmettono all'eccentrica dinamica dei corpi, come nella sequenza del risveglio della Rogers sulle note di un valzer.
M. Walker, Edmund Goulding, in "Film dope", April 1980.