D'ONOFRIO, Edoardo
Nacque a Roma il 10 febbr. 1901 da Pietro, di professione maniscalco, e da Giulia Di Manno. La precoce scomparsa del padre (1903) lasciò la famiglia in difficili condizioni economiche, tanto che il giovane D. dovette impiegarsi, già al tempo delle scuole elementari, prima nella bottega di uno scultore e poi presso un fabbro ferraio, continuando a frequentare, dopo le elementari, una scuola di disegno per aggiustatori meccanici, potendo così trovare impiego come operaio specializzato.
Instradato verso il socialismo dal suo maestro elementare G. D'Arnato, lavorò per alcune estati presso una tipografia socialista dove si stampavano Il Seme e Sempre avanti!, compiendo da autodidatta la sua prima formazione politica sotto la suggestione della figura di C. Lazzari. Aderì nel maggio 1913 alla Federazione giovanile socialista, falsificando la data di nascita dato che l'età minima prevista per l'iscrizione era di quattordici anni, e militò in vari circoli giovanili, fondando poi nel suo quartiere, il S. Croce-Ferrovieri, il circolo "K. Liebknecht". Particolarmente impegnato sulle ternatiche antimilitariste, subì un arresto nel giugno 1917 nel corso di una manifestazione popolare contro la guerra organizzata dall'Unione giovanile socialista romana.
Nel 1917 divenne amministratore del giornale della gioventù socialista L'Avanguardia enel settembre dello stesso anno entrò nel comitato centrale della Federazione giovanile. Dopo la Rivoluzione d'ottobre, aderì alla grande speranza rivoluzionaria aperta dai bolscevichi e nel 1918 si iscrisse al partito per dare un contributo alla battaglia contro i riformisti. Fu nuovamente arrestato nel 1918 per la stampa di volantini contro la guerra e venne condannato dal tribunale militare. Ormai sulla prospettiva della scissione, fu tra i promotori della frazione comunista in seno all'Unione socialista romana.
"Per noi giovani socialisti del 1917 - scrisse in un articolo di memorie -, la Rivoluzione d'ottobre e la nascita dell'URSS significarono prima di tutto l'uscita da uno stato d'animo di dubbio, di incertezza e, anche, di amarezza; era la prospettiva della rivoluzione, la conquista della consapevolezza che la rivoluzione si poteva fare, ma che occorreva, prima di ogni cosa, costruire il partito che avesse la forza di mettersi alla testa di essa, che la guidasse" (Dalla FGS alla FGC, in Icomunisti raccontano, I [1919-1945], Milano 1972, p. 54).
Nel Partito comunista d'Italia fin dalla fondazione (Livorno, gennaio 1921), nel Marzo 1922 fu eletto nel comitato centrale della Federazione giovanile comunista e pertanto fu delegato al IV congresso dell'Internazionale comunista che si svolse a Mosca alla fine di quell'anno, dove, con A. Bordiga e la maggior parte della delegazione italiana, sostenne posizioni contrarie alla fusione col PSI.
Arrestato nel febbraio 1923, insieme con buona parte del gruppo dirigente del partito, nella prìma battuta anticomunista del regime, nel settembre 1923 fu assolto ed espatriò clandestinamente in Unione Sovietica, dove frequentò la scuola quadri del partito comunista dell'URSS ("Mi ci mandò Grainsci - avrebbe raccontato - per togliermi di dosso la veste bordighiana", in G. Frasca Polara). Nuovamente in Italia nel 1925, e ormai distante dalle posizioni di Bordiga, nel periodo in cui fu Gramscì a dirigere il partito, lavorò a Milano, alla direzione dell'Avanguardia, divenuto il giornale della Federazione giovanile comunista e dopo la sua soppressione curò la pagina settimanale de l'Unità sui giovani. Nel novembre 1926 sposò Bianca Bucciarelli, con la quale ebbe un figlio. Nel 1926 organizzò a Biella il X congresso della Federazione giovanile (che contava i congressi in continuità con quelli socialisti) e venne eletto nell'esecutivo. Dopo le leggi eccezionali del novembre 1926 entrò nella clandestinità, risiedendo talora in Francia ma soprattutto in Italia, e continuò a curare il settore giovanile.
Con la seconda conferenza nazionale (Basilea, gennaio 1928), il partito comunista registrava i terribili colpi subiti dall'organizzazione nel 1926-1927 e decideva di mandare in missione il D., G. Li Causi, L. Longo e G. Amoretti (responsabili del centro interno) per ricostruire la struttura del partito in Italia. Tranne Longo, nel maggio 1928 il gruppo "cadeva" (il D. fu arrestato a Bologna l'11 maggio) e il Tribunale speciale comminò pene particolarmente severe (al D. dodici anni e sei mesi di reclusione e tre anni di libertà vigilata).
Dal carcere di Fossombrone, dove scontò venticinque mesi di segregazione cellulare, passò nelle prigioni di Parma e Civitavecchia e nel settembre 1934 fu scarcerato per amnistia e sottoposto a libertà vigilata. In carcere aveva studiato, organizzato i collettivi dei reclusi comunisti ed era riuscito anche a stabilire dei contatti con il centro estero del partito. In stato di semilibertà, fu a Roma e poi a Terracina, da dove espatriò clandestinamente a Parigi per mettersi a disposizione del partito (giugno 1935).
Nello stesso anno partecipò a Mosca come delegato al VII congresso dell'Internazionale comunista, al VI congresso dell'Internazionale della gioventù ed alla conferenza sindacale. Nel 1936, nuovamente in Francia, fu cooptato nel comitato centrale e si impegnò nella propaganda a sostegno della Spagna repubblicana. Nel 1937 fu in Spagna nelle Brigate internazionali, dove diresse, in collaborazione con Longo e il comunista francese A. Marty (commissari generali di guerra delle brigate), la commissione per gli stranieri del Partito comunista spagnolo, che aveva il compito di organizzare i comunisti di ogni nazionalità sotto la guida politica e le direttive del partito spagnolo. Varcata la frontiera francese poche ore prima che l'esercito franchista prendesse la Catalogna (febbraio 1939), provvide a facilitare l'uscita dalla Spagna dei miliziani e a fare fuggire coloro che erano stati internati nei campi di concentramento francesi. Successivamente, nel maggio 1939, riparò in Unione Sovietica.
A Mosca il D. fu membro della delegazione italiana all'Internazionale, lavorò col Marty alla sezione quadri dell'Internazionale e poi fu redattore capo fino al maggio 1945 della trasmissione in lingua italiana di Radio Milano-libertà, che trasmetteva da Mosca. Dopo lo scioglimento dell'Internazionale assunse la direzione del giornale L'Alba, diffuso tra i prigionieri di guerra italiani. Ma soprattutto, in particolare a partire dall'estate 1940, entrò a far parte del gruppo dirigente comunista - riorganizzato da Togliatti - che avrebbe guidato la svolta di Salerno e la costruzione del "partito nuovo" (per un breve periodo fu con lo stesso Togliatti e V. Bianco membro del centro estero del partito). Dopo la partenza di Togliatti per l'Italia, divenne il responsabile del centro estero del PCI.
Tornato in Italia di lì a poco, fu incaricato di organizzare, insieme con G. Li Causi, il PCI in Sicilia, lavoro che svolse soprattutto impegnando il partito nella lotta al separatismo e cercando di distinguere l'organizzazione politica da quella sindacale, nei primi tempi confuse. Nel maggio 1945 assunse la segreteria della federazione comunista romana, in una situazione particolarmente complessa per tradizione politico-culturale e stratificazione sociale e successivamente fu segretario regionale per il Lazio e l'Abruzzo. Fu consigliere comunale a Roma dal 1946 al 1958.
Al centro della politica della federazione comunista romana - ha scritto P. Ingrao - il D. pose "la campagna sulle borgate, che costituivano allora una cintura di fame, di miseria, di disgregazione attorno alla capitale ... dove il fascismo aveva relegato masse di muratori, manovali, popolino dei borghi". L'idea del D. era che le borgate divenissero "forza centrale, d'avanguardia per trasformare tutta Roma ... e le forze migliori del partito e della sinistra ... furono sospinte a stabilire un collegamento con quel mondo di esclusi". Su questa linea si sarebbero mossi altri dirigenti comunisti romani, quali A. Natoli e L. Petroselli, che già dai primi anni collaborarono col D'Onofrio.
Membro della Consulta nazionale e deputato alla Costituente, il D. fu eletto al Senato nell'aprile 1948 e alla Camera dei deputati nel 1953, ricoprendo il seggio fino al 1968 (nella seconda legislatura della Repubblica fu vicepresidente della Camera).
Nel comitato centrale del PCI dal 1945, entrò nella segreteria nel 1947 (ma già dal 1945 ne era membro candidato) e divenne responsabile dell'ufficio quadri, delicata struttura interna del partito dalla quale dipendeva anche l'Istituto di studi comunisti delle Frattocchie, che lo stesso D. aveva contribuito a fondare. In questi anni rappresentò più volte il PCI in varie assise internazionali, quali la terza conferenza del Cominform (Bucarest, novembre 1949) e il congresso del Partito comunista cecoslovacco del giugno 1954.
Nel novembre 1953 il D., che era sempre stato sensibile ai problemi dell'organizzazione, aprì un importante dibattito sulla struttura interna del partito (cfr. Ilproblema della direzione collegiale nel PCI, in Rinascita, X [1953], pp. 628-632), auspicando, anche qui in sintonia con Togliatti, un ricambio del gruppo dirigente formatosi nella clandestinità e un rinnovamento dei metodi di lavoro che ampliasse il flusso delle idee e la democrazia interna. Particolarmente legato, come quasi tutti i dirigenti comunisti della prima generazione, all'Unione Sovietica, dopo il XX congresso dei Partito comunista dell'URSS e l'invasione dell'Ungheria, il D. fu sollevato - su proposta di Togliatti e contro la sua volontà (Bufalini, p. 14) - dalla responsabilità dell'ufficio quadri e posto alla vicepresidenza della commissione centrale di controllo, organismo allora creato. Dal 1960 al 1962 fu responsabile nazionale della sezione enti locali. Nel 1968 non ripresentò la sua candidatura alle elezioni politiche.
Il D. morì a Roma il 14 ag. 1973.
Alcuni suoi scritti sono stati raccolti e pubblicati postumi in Unavita per il partito, Roma 1975, e Per Roma, a cura di G. Gozzini, Milano 1983 (contenente anche frammenti autobiografici e una bibliografia essenziale).
Fonti e Bibl.: Le carte dell'Archivio centrale dello Stato (Casellario politico centrale, b. 1849, ad nomen) contengono molte note di polizia, la riproduzione di un ampio carteggio del D. con i familiari e quattro quaderni del carcere, atti a ricostruire gli studi socioeconomici, filosofici e linguistici del periodo di segregazione. Le carte D. dell'Archivio dei Partito comunista italiano, presso l'Istituto Gramsci di Roma, constano di un'ampia raccolta di scritti, interventi congressuali, inediti, interviste, ecc., dal 1944; contengono altresì vari articoli commemorativi e l'inedito di F. Funghi, Studio su E. D. Si vedano gli Atti della Consulta, della Costituente, della prima legislatura del Senato della Repubblica e delle tre successive legislature della Camera dei deputati. Per una biografia politica dei D., cfr.: E. D., a cura del PCI, Roma [1945]; p. Spriano, Storia del Partito comunista italiano, I-V, Torino 1967-1975, ad Indices; P. Secchia, L'azione svolta dal Partito comunista in Italia durante il fascismo 1926-1932, in Annali d. Ist. G. Feltrinelli, XI (1969), ad Indicem; G. Frasca Polara, "Edo" dirigente comunista, in l'Unità, 26 maggio 1973; T. Noce, Rivoluzionaria professionale, Milano 1974, ad Indicem; G. Li Causi, Il lungo cammino. Autobiografia 1906-1944, Roma 1974, pp. 109, 133, 137 s., 142, 144; G. Galli, Storia del PCI, Milano 1976, ad Indicem; G. Mammarella, Il Partito comunista ital. 1945-1975. Dalla liberazione al compromesso storico, Firenze 1976, ad Indicem; R. Martinelli, Il Partito comunista d'Italia 1921-1926. Politica e organizzazione, Roma 1977, ad Indicem; G. Bocca, P. Togliatti, Roma-Bari 1977, ad Indicem; Archivio P. Secchia, a cura di E. Collotti, in Annali d. Fondaz. G. Feltrinelli, XIX (1978), ad Indicem; S. Bertelli, Ilgruppo. La formazione del gruppo dirigente del PCI 1936-1948, Milano 1980, ad Indicem; C. Sebastiani, Organismi dirigenti nazionali: composizione, meccanismi di formazione e di evoluzione 1945-1979, in Il Partito comunista italiano. Struttura e storia dell'organizz., a cura di M. Ilardi - A. Accornero, in Annali d. Fond. G. Feltrinelli, XXI (1981), pp. 408, 420, 425, 436, 440, 442; P. Bufalini, Prefaz. a E. D'Onofrio, Per Roma, cit., pp. 5-15; M. Mafai, L'uomo che sognava la lotta armata, Milano 1984, ad Indicem; C. Valentini, Il compagno Berlinguer, Milano 1985, ad Indicem; B. Lazitch, Biographical Dict. of the Comintern, Stanford, California, 1973, ad vocem; R. Martinelli, E. D., in Il movimento operaio ital. Dizionario biogr., a cura di F. Andreucci - T. Detti, II, Roma 1976, ad vocem. In particolare, sul D. dirigente comunista romano, cfr.: P. Ingrao, "Edo", un dirigente comunista romano, in l'Unità, 10 febbr. 1971; M. Ferrara, Ciò che gli deve il popolo romano, ibid., 17 ag. 1973; L. Petroselli, E. D.: l'uomo e il dirigente, in E. D'Onofrio, Una vita per il partito, cit., pp. 25-34; E. Perna, Dalla liberazione di Roma ai movimenti di massa..., in Il partito comunista a Roma dalla fondazione al 1976, Roma 1984, pp. 45, 50 s., 68 s., 83.