PANTANO, Edoardo
– Nacque ad Assoro (Enna) il 14 febbraio 1842 da Francesco Paolo e da Agata Romano.
Studiò a Palermo, dove nel 1866 conseguì la laurea in medicina. Proprio negli ambienti studenteschi palermitani si avvicinò precocemente alla politica, coltivando ideali patriottici e repubblicani e presiedendo il locale circolo universitario. Nel giugno 1862 insieme al fratello Guglielmo si unì a Garibaldi e lo seguì nella spedizione per la liberazione di Roma che si concluse con il fallimento di Aspromonte. Nell’estate del 1866, scoppiata la terza guerra d’indipendenza contro l’Austria, accorse di nuovo come volontario al seguito di Garibaldi e, aggregato ai carabinieri genovesi, partecipò alla campagna del Tirolo nel corpo dei volontari italiani. Altrettanto fece nell’ottobre-novembre del 1867, quando prese parte alla spedizione garibaldina dell’Agro romano che culminò nella sconfitta di Mentana.
Ingegno colto e versatile, in quegli anni Pantano alternò l’impegno patriottico e la formazione universitaria con la pubblicazione di alcuni scritti di carattere artistico, letterario e filosofico, nei quali trovarono spazio anche le sue idee politiche. Si occupò di una statua dello scultore Benedetto Delisi (Sopra una statua rappresentante l’ingenuità, Messina 1861), della poesia dantesca in occasione delle celebrazioni per il secentenario della nascita del poeta (Sulla lirica di Dante e Petrarca, Palermo 1865), del metodo scientifico, del materialismo e della libertà di pensiero, traendo spunto da un attacco mosso dai cattolici francesi alla facoltà di medicina di Parigi (La medicina e il materialismo alla tribuna francese, Napoli 1868). Ebbe invece contenuti squisitamente politici un opuscolo scritto all’indomani delle elezioni dell’ottobre 1865, nel quale analizzò le ragioni della sconfitta della Sinistra democratica in Sicilia e cercò di porre le basi per un suo pronto riscatto attraverso la fondazione di una nuova associazione, che avrebbe dovuto tenere insieme garibaldini e mazziniani (Palermo in faccia all’Italia nel 22 ottobre 1865, Palermo 1865). Denominata Società l’Avvenire, essa fu inaugurata il 19 marzo 1866 nel giorno onomastico di Garibaldi e Mazzini.
Nel 1866, dopo la fine della guerra, Pantano si recò a Lugano, dove incontrò per la prima volta Mazzini, con il quale era da tempo in contatto epistolare. Divenuto ormai uno dei suoi più fedeli e attivi discepoli, si adoperò per diffonderne gli ideali e per irradiare quelle associazioni segrete (Falange sacra, Alleanza repubblicana universale), di cui Mazzini intendeva servirsi per promuovere un moto insurrezionale che portasse alla conquista di Roma e alla nascita della repubblica. All’inizio del 1869 fu uno dei principali elementi di raccordo fra Mazzini e i rivoluzionari italiani impegnati nel tentativo di insurrezione che, fissato per il 19 aprile, fallì sul nascere per l’intervento della polizia. Pantano fu arrestato insieme ad altri congiurati e tradotto nel carcere di Napoli, dove restò fino al novembre 1869, quando poté riacquistare la libertà grazie a un’amnistia. Egli, che non aveva avuto parte alcuna nel moto di Palermo del 1866, non condivise poi il tentativo, peraltro anch’esso abortito, di promuovere una sollevazione della Sicilia a cui Mazzini lavorò nei primi mesi del 1870.
Dopo la liberazione di Roma fu tra i collaboratori del giornale La Roma del popolo, il cui primo numero apparve il 9 febbraio 1871 sotto la direzione di Giuseppe Petroni. Nella crisi del movimento repubblicano che seguì la morte di Mazzini nel 1872 e che vide alcuni subire l’attrazione della I Internazionale e del nascente socialismo, altri spostarsi su posizioni democratiche più moderate e accantonare la pregiudiziale istituzionale, Pantano restò ancora per qualche tempo fra i cosiddetti intransigenti, fedeli all’ortodossia mazziniana. Nel febbraio 1877, a Roma partecipò pertanto alla fondazione del giornale Il Dovere, punto di riferimento dei repubblicani mazziniani, che diresse insieme a Giuseppe Giordano e Antonio Fratti. Sempre nel 1877, pubblicò anche uno scritto a favore dell’abolizione dei regolamenti che disciplinavano la prostituzione, una battaglia in cui furono particolarmente impegnati i fratelli Giuseppe ed Ernesto Nathan, principali finanziatori del Dovere (Questione morale. Lettere del dott. E. P., Roma 1877).
All’interno del giornale, in polemica con Fratti e Giordano, Pantano sostenne la necessità che i repubblicani abbandonassero l’astensionismo e partecipassero alle elezioni politiche. Nell’aprile del 1878, prese addirittura in considerazione l’ipotesi di una sua candidatura a deputato. Ciò non gli impedì, in quegli stessi mesi, di scrivere una pungente requisitoria contro la Sinistra da poco ascesa al governo e di rivolgere un severo monito all’opposizione radicale in Parlamento affinché, atteggiandosi «a partito di governo monarchico», non venisse anch’essa «attratta nelle spirali dell’Istituzione» (La situazione. Lettura fatta in Roma il 9 febbraio 1878 nelle sale del circolo centrale repubblicano, Roma 1878, p. 18). Da allora, in ogni caso, egli si venne gradualmente spostando su posizioni più moderate, e pur senza abbandonare la prospettiva della repubblica, si avvicinò a quella parte dello schieramento democratico che si batteva per realizzare riforme di segno progressista nel quadro politico e istituzionale vigente.
Nell’aprile 1879 partecipò a Roma all’incontro di repubblicani e radicali, da cui nacque la Lega della democrazia, e collaborò poi al giornale omonimo diretto da Alberto Mario. Il passo più importante nel suo percorso di avvicinamento ai radicali lo fece nel giugno 1882, quando, intervenendo al XV Congresso delle società operaie affratellate svoltosi a Genova, si pronunciò esplicitamente contro l’astensionismo elettorale. La sua proposta fu respinta: la possibilità della partecipazione al voto sarebbe stata approvata solo dal XVI Congresso del 1886. Nel frattempo, esauritasi l’esperienza della Lega, nell’agosto 1883 repubblicani, radicali e socialisti fondarono a Bologna il Fascio della democrazia, che si diede un organo di stampa con la stessa denominazione di cui Pantano assunse la direzione. Ben presto, tuttavia, affiorarono nuovi motivi di disaccordo e nel giugno 1885 il nucleo repubblicano si raccolse in un distinto Comitato centrale di corrispondenza, presieduto da Pantano, Fratti ed Ernesto Nathan, che segnò, di fatto, il tramonto del Fascio. Sempre nel 1885 egli fu in prima linea nella battaglia dei radicali e dell’Estrema contro le convenzioni ferroviare (sul Fascio della democrazia fin dal 1884 scrisse articoli a favore dell’esercizio statale delle ferrovie) ed ebbe modo di organizzare una squadra di volontari in soccorso della popolazione di Palermo colpita dal colera.
Nel maggio 1886 fu eletto deputato nei collegi plurinominali di Perugia e di Ravenna, ma optò per il primo, dove già si era presentato nelle suppletive del 1884 risultando sconfitto. Fu l’inizio di una lunghissima carriera parlamentare che lo vide costantemente rieletto dalla XVI alla XXV legislatura, con la sola eccezione della XVIII (1892-1895), dapprima nei collegi umbri di Perugia e di Terni, poi in quello di Giarre (dal 1904 al 1913) e, infine, in quello di Catania nel 1919. Sconfitto nelle elezioni del 1921, quando era ormai quasi ottantenne, fu immediatamente compensato con la nomina a senatore avvenuta l’8 giugno di quello stesso anno.
Nei decenni a cavallo tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo egli divenne una delle figure di spicco del mondo politico italiano e uno degli esponenti più rappresentativi dell’estrema sinistra. Fin dal suo primo mandato interpretò il ruolo di parlamentare in modo molto attivo. Intervenne più volte con discorsi e interpellanze sulle questioni di politica estera, esprimendosi da un lato contro l’espansione coloniale in Africa (suo l’ordine del giorno del giugno 1887 con cui le opposizioni chiesero alla Camera di respingere la domanda di credito presentata dal governo per rifinanziare la spedizione militare in Abissinia), dall’altro, in nome del tradizionale sentimento francofilo dei democratici italiani, contro la Triplice alleanza che legava l’Italia all’impero austro-ungarico e alla Germania. Tornò inoltre a criticare le convenzioni ferroviarie, si impegnò per apportare modifiche migliorative alla legge sull’ordinamento comunale e provinciale, mentre nel 1889 fu relatore in commissione di un disegno di legge governativo sull’industria degli spiriti che cercava di favorire i piccoli produttori consentendo loro di utilizzare le eccedenze di vino e vinacce (L’industria degli spiriti e l’economia nazionale, col testo della legge e del regolamento sugli spiriti e relativi commenti, Roma 1889).
Nel maggio 1890 partecipò al convegno dell’estrema sinistra che votò il cosiddetto Patto di Roma, documento programmatico e fondativo del Partito radicale. Non fu invece presente al primo Congresso nazionale dei repubblicani italiani che si svolse a Bologna il 1° novembre 1895: è la conferma che, nei fatti, si era ormai spostato su posizioni radicali, anche se continuò a essere etichettato come repubblicano indipendente. Fermo oppositore del primo governo Giolitti, nel 1892 e 1893 fu in prima linea, insieme a Felice Cavallotti e a Napoleone Colajanni, nel denunciare lo scandalo della Banca romana. Sconfitto nelle elezioni del 1892 e in un turno di suppletive del 1893 nel collegio di Paternò, rientrò alla Camera nel 1895 quale deputato del collegio di Terni. In questo periodo, Pantano, che dal 1886 aveva collaborato al giornale Democrazia e più avanti al quotidiano La capitale, diresse una rivista di carattere economico-politico, Il rinnovamento economico e amministrativo, pubblicata dal luglio 1894 al giugno 1896.
L’ultima legislatura del secolo fu per lui una delle più impegnative, in quanto, soprattutto dopo la morte di Cavallotti nel 1898, divenne il principale portavoce dell’estrema sinistra. Nel 1899 e nel 1900 fu uno dei maggiori protagonisti della lotta ingaggiata in Parlamento dalle opposizioni di Sinistra per impedire, attraverso il ricorso all’ostruzionismo, il varo di leggi liberticide. Una lotta di cui illustrò le ragioni in due discorsi tenuti nel novembre 1899 a Terni e ad Amelia, poi raccolti nell’opuscolo Ai suoi elettori del collegio di Terni (Amelia 1899). Il 24 marzo 1900 chiese, provocatoriamente, che fosse posta all’ordine del giorno della Camera la convocazione di un’Assemblea costituente, un atto che suonava come esplicita denuncia delle responsabilità della Corona nella deriva reazionaria in cui era precipitato il Paese. Quando il presidente della Camera Giuseppe Colombo gli tolse la parola vietandogli di continuare a parlare di Costituente, l’estrema insorse contro il sopruso al grido «parli Pantano!». Lo slogan, intorno al quale si raccolse nei giorni seguenti tutta l’opposizione in Parlamento e nel Paese, dette grande notorietà pubblica al deputato siciliano.
All’inizio del Novecento, nel nuovo clima politico inaugurato dall’avvento del governo presieduto da Giuseppe Zanardelli, il suo percorso di avvicinamento alle istituzioni monarchiche e la sua disponibilità a trovare forme di collaborazione con l’esecutivo conobbero un’accelerazione. La svolta si ebbe nel febbraio 1906, allorché Pantano, riconosciuto ormai come un esperto di questioni economiche e sociali (nel febbraio 1901 la Camera aveva approvato la legge sull’emigrazione di cui egli era stato relatore; fu poi uno dei più diretti promotori del Consiglio e dell’Ufficio del lavoro, istituiti nel 1903), entrò come ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio nel primo governo guidato da Sidney Sonnino. Una scelta che gli attirò l’accusa di tradimento sia da parte di repubblicani come Gennaro Bovio (Il ministro Pantano e la questione repubblicana, Napoli 1906), sia di socialisti come Enrico Ferri (Parli Pantano! De profundis, Firenze 1906). L’accordo fra Sonnino e Pantano, «due uomini politici, cioè, che avevano guidato rispettivamente la maggioranza reazionaria e la minoranza ostruzionista nella battaglia parlamentare di fine secolo» (Barbagallo, 1980, pp. 310 s.), indusse persino Il secolo, giornale assai vicino ai radicali, a parlare di ritorno al trasformismo. Nel corso della breve esperienza governativa, conclusasi il 29 maggio 1906, egli si segnalò per la presentazione di un disegno di legge per la colonizzazione interna, peraltro poi non approvato, che prevedeva l’affittanza delle terre incolte, espropriate da un ente appositamente costituito e finanziato dallo Stato, a cooperative miste di braccianti, fittavoli e proprietari.
Tre anni dopo, nel novembre 1909, con la messa in liquidazione della Società editrice Sonzogno Il secolo cambiò proprietà e Pantano subentrò nella direzione a Carlo Romussi. Decise però di mantenere la residenza a Roma senza trasferirsi a Milano, dove si pubblicava il giornale. Direttore effettivo fu dunque Giuseppe Pontremoli, che dal 1° novembre 1911, con le dimissioni di Pantano, lo divenne anche nominalmente.
Per il deputato siciliano furono questi anni di intensa attività parlamentare come presidente di numerose commissioni e promotore di disegni di legge. Nel 1911 appoggiò apertamente il governo Giolitti soprattutto per il suo progetto di riforma elettorale, schierandosi poi a favore anche della guerra di Libia. Convinto interventista, nel 1915, nonostante l’età molto avanzata, partì volontario come tenente colonnello medico e prestò per breve tempo servizio nella Croce rossa italiana. Durante la guerra fece poi parte della delegazione italiana al parlamento interalleato e nel 1917 presentò alla Camera una proposta di legge per la «Preparazione economica nazionale», un insieme di provvedimenti volti a favorire la ripresa economica nel dopoguerra, fra i quali figuravano la creazione di istituti speciali per la colonizzazione interna e per il credito navale, un osservatorio commerciale e una banca statale. Fu membro, infine, della commissione per il dopoguerra istituita nell’aprile 1918, della quale presiedette la sottocommissione per le materie economiche, presentando nel febbraio 1919 la relazione finale (I problemi economici urgenti. Voti e proposte per il passaggio dallo stato di guerra allo stato di pace, Roma 1919).
In quel periodo fu presidente del gruppo parlamentare radicale, carica che tenne fino al 23 giugno 1919, quando entrò come ministro dei Lavori pubblici nel primo governo Nitti, e che tornò a ricoprire dal giugno 1920. Rieletto deputato nel collegio provinciale di Catania nel novembre 1919 nella lista dell’Unione democratico-sociale, che comprendeva democratici costituzionali e socialriformisti, come ministro presentò diversi progetti di legge, nessuno dei quali tuttavia, a causa delle difficoltà politiche e sociali in cui versava il Paese, riuscì a essere approvato. Nel ‘rimpasto’ del marzo 1920 uscì quindi dal ministero Nitti non partecipando all’ultima fase dell’esperienza di governo del politico lucano che si concluse nel giugno 1920 con la caduta del suo secondo brevissimo dicastero entrato in carica a fine maggio.
Dopo la nomina a senatore, Pantano continuò ancora per qualche tempo a partecipare all’attività parlamentare, occupandosi in particolare di questioni legate all’agricoltura. Dal 1920 al 1924 presiedette l’Istituto internazionale d’agricoltura e su questi temi scrisse vari articoli che furono raccolti e pubblicati postumi (La terra e l’uomo, Roma 1934).
Sposato con Francesca Dottori, ebbe due figli: Enrico ed Ernesto. Pantano morì a Roma il 16 maggio 1932.
Oltre alle opere citate si segnalano: Il Vespro e i Comuni, Catania 1882 (con G. Bovio e M. Rapisardi); Appello agli elettori del Collegio di Terni, Roma 1895; Commemorazione del 20 settembre al Teatro Vittorio Emanuele in Messina, Messina 1902; Funzioni e obbiettivi del Partito radicale, Roma 1914; Per le opere pubbliche. Discorso pronunziato nel Teatro Massimo di Catania il 6 novembre 1919, Roma 1919; Appello agli elettori del Collegio di Giarre, Roma 1921; L’Istituto internazionale d’agricoltura. La sua vita ed i suoi problemi, Roma 1924; Memorie. Dai rintocchi della Gancia a quelli di S. Giusto, I, 1860-1870, Bologna 1933.
Fonti e Bibl.: Lettere a e di Pantano sono conservate in: Milano, Museo del Risorgimento, Carte Bertani; Archivio Romussi (conservato presso lo studio che fu del pittore Giuseppe Palanti, genero di Carlo Romussi, e consultabile previo appuntamento: www.carloromussi.it); Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Fondo Cavallotti; Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, Fondo Ettore Ferrari; Archivio, B.0218, B.0654, B.0890. Un nucleo di 37 lettere di Pantano a Colajanni, racchiuse fra il 1877 e il 1894, è pubblicato in Democrazia e socialismo in Italia. Carteggi di Napoleone Colajanni, 1878-1898, a cura di S.M. Ganci, Milano 1959, pp. 3-64.
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