Edoardo Weiss
Edoardo Weiss, allievo di Sigmund Freud (1856-1939) a Vienna, fu un «autentico» e «tenace pioniere», come lo definì il suo stesso maestro (E. Weiss, Sigmund Freud as a consultant, 1970; trad. it. 1971, p. 83): si impegnò, infatti, per introdurre la psicoanalisi in Italia, misurandosi con le ostilità di ambienti scientifici, culturali e politici. Come affermò uno dei maggiori rappresentanti del movimento psicoanalitico, Emilio Servadio (1904-1995), il primo periodo della psicoanalisi italiana s’identifica con la personalità e l’opera di Weiss (Servadio 1976, p. 162).
Edoardo Weiss nacque a Trieste il 21 settembre 1889, terzogenito di otto figli, da un imprenditore di origine ebraico-boema e un’ebrea triestina. Trasferitosi a Vienna nel 1908 per seguire gli studi in medicina e con l’intenzione di conoscere la psicoanalisi, prese contatto con Freud, diventando nel 1914 membro ordinario della Società psicoanalitica viennese. Nella capitale austriaca incontrò la futura moglie Vanda Shrenger (1892-1968), studentessa di medicina, con la quale in seguito condivise l’interesse per la psicoanalisi.
Allo scoppio della Prima guerra mondiale, Weiss fu chiamato come tenente medico nell’esercito asburgico. Egli si sentiva italiano, e nel suo intimo parteggiava per l’Italia, ma dovette continuare a servire l’impero asburgico fino alla conclusione del conflitto. Nell’autunno del 1919 tornò a Trieste, divenuta territorio italiano, dove, oltre a esercitare privatamente la professione, venne assunto con la qualifica di medico secondario al Frenocomio civico. Nel 1927 rinunciò al suo incarico presso l’Ospedale psichiatrico provinciale di Trieste, poiché contrario all’italianizzazione del suo cognome e al tesseramento nel Partito nazionale fascista richiesti dalle nuove norme per il pubblico impiego.
Poiché erano assai scarse le opportunità di esercitare la professione a Trieste, nel 1931 si trasferì con la moglie e i due figli a Roma, dove attorno a lui si radunò presto una cerchia di collaboratori che egli stesso formò e con i quali organizzò un gruppo di studi psicoanalitici, istituzionalizzato nel 1932 con la rifondazione della Società italiana di psicoanalisi.
Quando il governo fascista, sotto le pressioni naziste, introdusse le leggi razziali, come altri psicoanalisti ebrei Weiss fu costretto a lasciare l’Italia insieme alla famiglia, emigrando nel gennaio del 1939 negli Stati Uniti. Dopo aver lavorato un anno presso la clinica Menninger di Topeka, nel Kansas, nel 1941 si trasferì definitivamente a Chicago, dove proseguì nella sua opera professionale e scientifica, associandosi al gruppo di Franz Alexander (1891-1964), i cui interessi erano orientati verso l’impiego della psicoanalisi nella medicina psicosomatica. Weiss vi contribuì con i suoi studi sulla natura psicogena dell’asma bronchiale, pubblicati già nel 1922 (Die Psychoanalyse eines Falles von nervösem Asthma). Nel 1942 diventò analista didatta dell’Istituto di psicoanalisi di Chicago, e dal 1959 al 1961 fu professore ospite della facoltà di Psichiatria dell’Università Marquette nel Milwaukee. Morì a Chicago il 14 dicembre 1970.
Fin dalla giovane età, Weiss aveva dimostrato interesse per le scienze naturali, e mentre frequentava a Trieste il ginnasio tedesco, avendo sentito parlare di Freud da un amico che studiava a Vienna, entrò in contatto con il pensiero freudiano. Le opere del maestro viennese lo impressionarono a tal punto che maturò la decisione di iscriversi a medicina, intenzionato ad approfondire gli studi in neurologia e psichiatria. Tale precoce inclinazione di Weiss per la psicoanalisi, oltre che da motivazioni di natura personale, potrebbe essere stata favorita dal fatto di essere nato e cresciuto a Trieste, città aperta alle più importanti correnti di pensiero provenienti dalla Mitteleuropa, e dove la psicoanalisi fu nota prima che nel resto d’Italia (Accerboni 2002, p. 126).
Quando Weiss si trasferì a Vienna, nel 1908, si recò in visita da Freud per chiedergli di avvicinarlo alla psicoanalisi. A quel tempo Freud era solito consigliare a chi intendesse diventare psicoanalista di sottoporsi a un’analisi personale, anche se non tutti i suoi primi discepoli vennero analizzati. Weiss intraprese un’analisi con Paul Federn (1871-1950), uno dei primi psichiatri viennesi ad aderire, già dal 1902, alla psicoanalisi. Accanto ai regolari corsi di medicina, Weiss frequentò le conferenze di Freud all’università, venendo ben presto riconosciuto per il suo notevole talento e accolto dal fondatore del movimento psicoanalitico fra i suoi seguaci.
Per Weiss fu decisivo il rapporto con Federn, il quale esercitò profonda influenza sullo psicoanalista triestino e sui suoi filoni di ricerca, finalizzata principalmente allo studio dell’Io. Nell’ambito dell’attività svolta nell’Ospedale psichiatrico di Trieste, Weiss ebbe modo di osservare una gran quantità di quadri clinici configuranti varie forme di disagio mentale, riscontrando come anche i pazienti schizofrenici potessero sviluppare una traslazione positiva nei confronti del terapeuta. Questa scoperta, non riconducibile alla distinzione freudiana tra nevrosi e psicosi, lo spinse ad approfondire l’approccio fenomenologico di Federn nello studio della psicosi e dell’Io.
Federn, a partire dalle formulazioni di Freud, si era posto il problema di indagare l’Io nella sua essenza, in rapporto a quelle che egli considerava tipiche malattie dell’Io, ossia i disturbi narcisistici e le psicosi. Weiss, a sua volta, fece proprio il concetto di Io di Federn, contribuendo attraverso i propri studi, in particolare quelli sull’agorafobia e sull’identificazione, e le proprie originali formulazioni a sviluppare la psicologia psicoanalitica dell’Io formulata dal suo analista, che si discostava dall’originaria teorizzazione di Freud.
Secondo lo storico Ernst Federn (1914-2007), figlio di Paul, l’opera Structure and dynamics of the human mind del 1960 rappresentò il tentativo di Weiss di concepire in una prospettiva nuova la psicoanalisi, basandosi sulle teorie di Federn, di conciliare le tesi di Freud e dello stesso Federn e di riportare le loro concezioni a un denominatore comune (cfr. E. Federn, Edoardo Weiss e gli inizi della psicologia psicoanalitica dell’Io, in Servadio, Federn, Voghera 1980, p. 21). L’analisi personale di Weiss con Federn, cominciata nel 1908 e protrattasi per circa due anni, sfociò in una profonda amicizia e in un sodalizio scientifico, documentato da un cospicuo carteggio, che durò fino alla morte di Federn, in seguito alla quale Weiss si assunse l’impegno di ordinare e pubblicare in una raccolta postuma – a oggi tale opera è edita in quattro lingue – gli scritti di colui che considerava suo maestro.
In quanto unico allievo diretto di Freud in Italia, Weiss si sentì investito del compito di diffondervi la psicoanalisi (Accerboni 2002, p. 128). Le concezioni freudiane avevano incontrato numerose resistenze in Italia, individuate da Michel David (1966, pp. 7-8) nella cultura idealista, negli ambienti universitari e clinici, nel regime fascista e nelle gerarchie ecclesiastiche, che avrebbero fatto sospendere nel 1934 la pubblicazione della rivista degli psicoanalisti italiani. Per tali motivi, la psicoanalisi non riuscì a far breccia nella cultura italiana fino alla costituzione nel 1932 della Società di psicoanalisi per opera di Weiss (Gaddini 1971, poi 1989, p. 241). Va inoltre considerato che per molti anni in Italia, come del resto si verificò anche in altri Paesi, per es. la Francia, la psicoanalisi, prima di riuscire ad affermarsi nel mondo scientifico, affascinò poeti e letterati. Nell’ambito della pratica psicoanalitica esercitata a Trieste, Weiss ebbe in cura Umberto Saba (1883-1957).
A partire dagli anni Venti, Weiss scrisse alcuni articoli divulgativi per l’«Archivio di neurologia, psichiatria e psicoanalisi», la prima rivista scientifica italiana che aveva fatto posto alla psicoanalisi, affinché questa fosse conosciuta nei suoi principi elementari. Se l’esito del confronto avvenuto nel 1923 con gli psicologi italiani al IV Congresso nazionale della Società italiana di psicologia – nell’ambito del quale Weiss aveva introdotto alcuni concetti fondamentali della psicoanalisi – aveva spinto perfino Freud a esprimere parole di fiducia verso l’avvenire della psicoanalisi in Italia (E. Weiss, Sigmund Freud as a consultant, cit., p. 71), la partecipazione di Weiss al XVII Congresso nazionale degli psichiatri italiani, tenutosi nel 1925 a Trieste, aveva invece deluso ogni speranza nella disponibilità nei confronti del metodo psicoanalitico da parte della psichiatria italiana. Weiss vi era stato infatti invitato da Enrico Agostino Morselli (1852-1929), presidente della Società freniatrica italiana, a presentare una relazione dal titolo Psichiatria e psicoanalisi. Nonostante l’intervento di Weiss fosse ben accolto dalla maggioranza degli psichiatri presenti, Morselli concluse il dibattito criticando pesantemente la psicoanalisi di Freud. La presa di posizione di Morselli sarebbe stata inoltre seguita dalla pubblicazione della sua opera (La psicoanalisi, 1926), considerata per lungo tempo un testo base sulla dottrina psicoanalitica, nonostante rappresenti uno dei maggiori esempi di distorsione del pensiero freudiano.
Weiss tradusse in italiano alcune opere di Freud, la prima e la seconda serie delle Lezioni introduttive alla psicoanalisi e Totem e tabù, edita nel 1930 da Laterza. Nel 1931 pubblicò gli Elementi di psicoanalisi, la prima opera sistematica apparsa in Italia, positivamente recensita anche da uno dei padri della psicologia italiana, Giulio Cesare Ferrari (1867-1932). Fino a che Weiss rimase a Trieste, non riuscì a costituire un primo nucleo da cui potesse partire anche in Italia il movimento psicoanalitico (Accerboni 2005, pp. 13-14). Pertanto, trasferitosi a Roma, e avvicinato da colleghi che avevano letto i suoi scritti e che diventarono i suoi primi allievi e collaboratori, tra cui Nicola Perrotti (1897-1970), Servadio e successivamente Cesare Musatti, Weiss rifondò la Società italiana di psicoanalisi (1932), già costituita nel 1925 a Teramo su iniziativa di Marco Levi Bianchini (1875-1961). Weiss accettò l’incarico di presidente dopo avere consultato Freud, anche se la Società si sarebbe limitata di fatto a «un sodalizio sulla carta» (Servadio 1976, p. 162), essendo i suoi membri medici assistenti di Levi Bianchini privi di formazione psicoanalitica.
Fu dunque dal 1932 che si formò attorno a Weiss un primo movimento psicoanalitico italiano, riconosciuto nel 1936 dalla comunità psicoanalitica internazionale, e al quale si accompagnò la fondazione della «Rivista di psicoanalisi», tuttora organo ufficiale della Società psicoanalitica. La pubblicazione fu tuttavia sospesa nel 1934, per diversi anni, dalle autorità fasciste, su pressione delle gerarchie ecclesiastiche. Weiss continuò a esprimere coerentemente anche negli anni successivi la propria opposizione al fascismo, rendendo il suo ruolo di pioniere della psicoanalisi in Italia ancora più coraggioso (Accerboni 1989, p. 12). Egli difese la causa degli psicoanalisti italiani, non appena soppressa la rivista, facendosi ricevere da Galeazzo Ciano, allora sottosegretario al ministero della Stampa e della propaganda, cercando di ottenere la revoca del provvedimento. La questione sembrava stesse risolvendosi, anche per l’intervento del regista Giovacchino Forzano, il quale, avendo la figlia in cura da Weiss e potendo contare sull’amicizia di Benito Mussolini, aveva appoggiato presso di lui la richiesta degli analisti italiani; ma padre Agostino Gemelli riuscì a bloccare definitivamente l’accoglimento della richiesta (Carloni, in Freud e la ricerca psicologica, 1993, p. 71; Accerboni 1989, p. 14). La rivista di Weiss, benché di breve vita, rappresentò «un salto di qualità, se si considera il grado in generale poco elevato degli studi psicoanalitici in Italia» (Accerboni 1989, p. 23), fornendo la possibilità di intervenire nel dibattito sulle concezioni freudiane e di difenderle dagli attacchi che le venivano mossi, per es. da Francesco Flora (1891-1962) e da Guido De Ruggiero (1888-1948).
Nonostante le conseguenze negative della soppressione della rivista, Weiss riuscì a far sì che gli psicoanalisti italiani disponessero almeno di una collana per le proprie pubblicazioni, la Biblioteca psicoanalitica internazionale – Serie italiana, a sottolineare il suo legame con l’istituzione psicoanalitica sovranazionale (Accerboni 2005, p. 17). In questa collana, negli anni Trenta, oltre alla prima monografia sull’agorafobia dello stesso Weiss, uscirono traduzioni di opere di Freud, di Anna Freud (1895-1982), di Marie Bonaparte (1882-1962), e un volume di Weiss e altri psicoanalisti italiani in onore di Freud per il suo ottantesimo compleanno. Infine Weiss, con la collaborazione di Servadio, allora redattore dell’Enciclopedia Italiana, provvide alla stesura della voce biografica su Freud (1932), della voce Psicoanalisi (1935) e di una parte della voce Sogno (1936), che trovarono posto nell’opera diretta da Giovanni Gentile, quale testimonianza dell’attenzione che la psicoanalisi stava tuttavia ricevendo anche nella cultura italiana.
Weiss introdusse numerosi concetti nuovi nella psicoanalisi (Grotjahn 1970; trad. it. 1971). Oltre ai già citati studi sulla psicosomatica, in particolare sull’asma, un altro lavoro clinico che contribuì al progresso in ambito psicoanalitico fu quello riguardante le modalità attraverso le quali si giunge nel processo evolutivo individuale alla scelta d’oggetto, alla maturazione del normale amore eterosessuale (Über eine noch nicht beschriebene Phase der Entwicklung zur heterosexuellen Liebe, 1925). Weiss osservò, attraverso l’analisi di due casi (Accerboni, Corsa 1987, p. 273), che gli individui esternalizzano alcune parti di sé nella persona amata: in particolare gli uomini esteriorizzano sulle donne le proprie componenti e tendenze inconsce femminili, che originano dall’identificazione con il genitore del sesso opposto cui nel corso dello sviluppo hanno dovuto rinunciare, e in esse le amano; così come le donne esternalizzano le loro tendenze mascoline negli uomini continuando, attraverso gli uomini, ad amarle.
Negli sviluppi successivi della psicoanalisi, si è giunti al concetto di identificazione proiettiva, formulato in particolare da Melanie Klein (1882-1960), che assunse grande rilievo e che presenta «coincidenze e divergenze» con i concetti weissiani di esteriorizzazione e di identificazione (La Scala 2012, p. 43). Weiss concentrò l’attenzione specialmente su quest’ultimo, attraverso l’approccio fenomenologico federniano, contribuendo alla sua comprensione. Oltre ai due menzionati, nell’osservazione sopra enunciata di Weiss è implicito un altro concetto da lui teorizzato, quello cioè di passaggio dell’Io. Attraverso tale processo, l’immagine di una persona può venire dapprima internalizzata e successivamente esteriorizzata; tale immagine ora fuori di sé presenterà modificazioni rispetto all’immagine originaria, avendo assorbito a sua volta qualche caratteristica dell’Io stesso durante la fase di passaggio attraverso l’Io.
Altre importanti concezioni di Weiss riguardano la paranoia, avendo Weiss per primo sottolineato come la melanconia, invece di alternarsi o sfociare in una forma ipomaniacale, spesso si trasforma in delirio di persecuzione paranoide (Accerboni 1983, p. 51). Egli indagò inoltre le modalità di percezione della realtà da parte di questi pazienti: osservò che essi presentano verso tali contenuti un diverso «tono di sensibilità» rispetto alla percezione che hanno del mondo esterno, come se potessero distinguere due forme diverse di percezione e conseguentemente di realtà. La presa di coscienza di tale distinzione, nell’esperienza di Weiss, può essere utilizzata a scopo terapeutico (Grotjahn 1970; trad. it. 1971, p. 19). Infine Weiss dedicò gran parte dei propri studi all’agorafobia. Soffermandosi sulla descrizione clinica del disturbo, giunse a postulare alcune ipotesi psicodinamiche sulla sua genesi, individuando in un carente investimento dei confini dell’Io il principale fattore eziologico.
Die Psychoanalyse eines Falles von nervösem Asthma, «Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse», 1922, 8, pp. 440-55 (trad. it. e introduzione di A.M. Accerboni, in Asma bronchiale: fisiopatologia, immunologia, psicologia, terapia, a cura di E. Orlandelli, L. Pinkus, Roma 1983).
Su alcuni concetti psicologici fondamentali della psicoanalisi, «Archivio generale di neurologia, psichiatria e psicoanalisi», 1923-1924, 4-5, pp. 23-38.
Su alcune critiche di autori italiani in tema di psicoanalisi, «Archivio generale di neurologia, psichiatria e psicoanalisi», 1923-1924, 4-5, pp. 129-39.
Über eine noch nicht beschriebene Phase der Entwicklung zur heterosexuellen Liebe, «Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse», 1925, 11, pp. 429-43.
Psichiatria e psicoanalisi, «Rivista sperimentale di freniatria e medicina legale delle alienazioni mentali», 1929, 50, pp. 442-72.
Elementi di psicoanalisi, Milano 1931, Pordenone 19852.
Agorafobia. Isterismo d’angoscia, Roma 1936.
Principles of psychodynamics, New York 1950.
Introduzione a P. Federn, Ego psychology and the psychoses, New York 1952 (trad. it. Psicosi e psicologia dell’Io, Torino 1976, pp. 9-29).
The structure and dynamics of the human mind, New York 1960 (trad. it. Milano 1991).
Agoraphobia in the light of ego psychology, New York 1964.
Sigmund Freud as a consultant, New York 1970 (trad. it. Roma 1971).
M. David, La psicoanalisi nella cultura italiana, Torino 1966.
M. Grotjahn, introduzione a E. Weiss, Sigmund Freud as a consultant, New York 1970 (trad. it. Roma 1971, pp. 15-21).
E. Gaddini, Il movimento psicoanalitico in Italia (1971), in Id., Scritti, Milano 1989.
E. Servadio, Il movimento psicoanalitico in Italia, «Rivista di psicoanalisi», 1976, 2, pp. 162-68.
S. Spacal, Il contributo psicoanalitico di Edoardo Weiss, «Rivista di psicoanalisi», 1982, 28, pp. 97-118.
E. Servadio, E. Federn, G. Voghera, Edoardo Weiss. Commemorazione tenuta il 6 dicembre 1980 nella sede del Circolo della cultura e delle arti di Trieste, Trieste 1980 (in partic. E. Federn, Edoardo Weiss e gli inizi della psicologia psicoanalitica dell’Io, pp. 11-22).
A.M. Accerboni, Temi e problemi psicoanalitici negli scritti triestini di Edoardo Weiss (1921-1931), Udine 1983.
A.M. Accerboni, R. Corsa, Tra psichiatria e psicoanalisi: il contributo teorico e clinico di Edoardo Weiss, in La cultura psicoanalitica, Atti del Convegno, Trieste (5-8 dicembre 1985), a cura di A.M. Accerboni, Pordenone 1987, pp. 261-90.
A.M. Accerboni, Edoardo Weiss e Mussolini: il difficile ruolo di un pioniere della psicoanalisi in Italia durante il fascismo, «Materiali per il piacere della psicoanalisi», 1989, 10, pp. 11-31.
L’Italia nella psicoanalisi, catalogo della mostra, Roma, Museo nazionale di Castel Sant’Angelo, Roma 1989.
Freud e la ricerca psicologica, a cura di R. Canestrari, P.E. Ricci Bitti, Bologna 1993 (in partic. R. Canestrari, Introduzione, pp. 7-16; H. Leupold-Löwenthal, Freud e la cultura di lingua tedesca, pp. 19-29; A. De Mijolla, Freud e la vita culturale francese, pp. 31-52, G. Carloni, La psicoanalisi nella cultura italiana, pp. 53-77, A.M. Accerboni, Sigmund Freud nei ricordi di Edoardo Weiss, pioniere della psicoanalisi in Italia, pp. 87-104).
A.M. Accerboni, Fatti e personaggi negli esordi della psicoanalisi in Italia, «Rivista sperimentale di freniatria», 2002, 1-2, pp. 125-36.
A.M. Accerboni, La Rivista di psicoanalisi: 1934-1954-2004. Le ragioni di un anniversario, «Rivista di psicoanalisi», 2005,1, pp. 7-58.
M. La Scala, I confini dell’Io. Federn, Weiss: la mobilità e l’attraversabilità, in Id., Spazi e limiti psichici, Milano 2012, pp. 42-44.
Si vedano inoltre:
Archivi storici della psicologia italiana. L’archivio di Edoardo Weiss, http://www.archiviapsychologica.org/index. php?id=1235 (30 marzo 2013).
Library of Congress. Edoardo Weiss papers, http://lccn.loc. gov/mm80047431 (30 marzo 2013).