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TISSÉ, Eduard Kazimirovič

di Stefano Masi - Enciclopedia del Cinema (2004)
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Tissé, Eduard Kazimirovič

Stefano Masi

Direttore della fotografia russo, nato a Liepaja (Lettonia) il 13 aprile 1897 e morto a Mosca il 18 novembre 1961. Insieme ad Anatolij D. Golovnja fu il più grande operatore del cinema sovietico dei cosiddetti anni di fuoco. Costantemente teso all'esaltazione dei valori plastici dell'immagine, seppe conferire dignità poetica al cine-documentarismo d'attualità e di propaganda. Ebbe per questo un ruolo di primo piano nell'elaborazione delle strategie formaliste di Sergej M. Ejzenštejn, del quale fu amico fraterno e fedele collaboratore per oltre due decenni. Nel 1935 ricevette il titolo di 'artista benemerito dell'URSS', massima onorificenza conferita dal potere sovietico dell'epoca. Per la fotografia della prima parte di Ivan Groznyj (1945; Ivan il terribile), del quale girò solo gli esterni, fu premiato nel 1946 al Festival di Locarno.

Dopo un'infanzia trascorsa in Svezia, si trasferì in Russia, dove studiò dapprima pittura e quindi fotografia. Partecipò alla Prima guerra mondiale come cine-operatore dell'esercito zarista. Poi, allo scoppio della rivoluzione, mise il suo talento al servizio del Comitato panrusso del cinema, per il quale lavorò dal 1918 al 1923. Girò documentari d'attualità, filmò le manifestazioni del 1° maggio 1918, episodi della guerra civile e alcuni storici comizi di Lenin. Fu uno dei più raffinati operatori delle cine-cronache rivoluzionarie; le sue immagini, che forzano l'angolazione della camera e sfruttano le situazioni di controluce, si ritrovano negli Agitka (opere di propaganda) e nei Kinopravda (Cineverità) di Dziga Vertov. T. fu anche l'operatore dei primi film a soggetto del cinema sovietico, Serp i molot (1918, Falce e martello) di Vladimir R. Gardin e Signal (1918) di Aleksandr Arkatov. Il suo stile fotografico, tendente all'esaltazione dei volumi e alla trasfigurazione del reale, venne subito notato dai giovani registi sovietici sensibili alla sperimentazione cinematografica, da Lev V. Kulešov a Ejzenštejn, che lo volle al suo fianco sin da Stačka (1925; Sciopero). Egli apportò alla drammaturgia ejzenštejniana il contributo di una retorica figurativa che, attraverso la composizione dell'immagine, esalta i conflitti, traducendoli nel contrasto dei volumi. Insieme a Ejzenštejn e al suo aiuto regista Grigorij V. Aleksandrov formò un inseparabile terzetto ambasciatore nel mondo della cultura cinematografica sovietica, viaggiando in Europa, negli Stati Uniti e in Messico. Qui tra il 1930 e il 1931 T. eseguì le riprese del capolavoro ejzenštejniano incompiuto ¡Qué viva México!. Le immagini, caratterizzate da contrasti robusti e da angolazioni forzate, prevalentemente dal basso, che esaltano la volumetria delle nubi nel cielo, testimoniano la volontà di esportare gli stilemi formali adottati da T. in Unione Sovietica. Abituato a manipolare la luce naturale, egli diede il meglio di sé negli esterni e nei film d'impostazione realista. Più ardua fu la trasposizione di questo stile nei film che Ejzenštejn girò nella seconda parte della sua carriera, a partire da Aleksandr Nevskij (1938), ambientati nella Russia antica. Tuttavia T. ‒ che raramente lavorò con altri registi, fra i quali Aleksandr P. Dovženko e Abram M. Room ‒ seguì Ejzenštejn, anche nelle sue alterne fortune politiche, sino alla sua morte.

Dopo la pessima accoglienza ricevuta dalla seconda parte di Ivan Groznyj (La congiura dei boiardi) che, terminata nel 1946, segnò la fine della carriera del grande regista, divenne l'operatore di Aleksandrov e per lui girò la biografia Kompositor Glynka (1952). Ben presto anche T. cadde in disgrazia e rimase inattivo per alcuni anni, dedicandosi all'insegnamento. Nel 1956, con i mutati scenari politici in URSS, tentò il passaggio alla regia, dirigendo, in collaborazione, il lungometraggio Bessmertnyj garnizon (1956, La guarnigione immortale), che poco aggiunse alla sua fama.

Bibliografia

J. Lesser, Tissé's unfinished treasure 'Que viva Mexico', in "American cinematographer", 1991, 7, pp. 34-40.

Vedi anche
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