CIMBALI, Eduardo
Nacque a Bronte, in provincia di Catania il 16 luglio 1862, ultimogenito dei quattro figli di Antonio, medico, e di Marianna Leanza. Nel 1876 seguì, con gli altri fratelli, il primogenito Enrico a Napoli, dove portò a termine gli studi inferiori. Nel 1880 passò a Roma, e qui si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, tradendo le speranze paterne che lo volevano ingegnere. Laureato nel 1884, si dedicò a intensi studi di diritto internazionale pubblico, incoraggiato in tal senso dal fratello Enrico, affermato studioso di diritto civile.
Già fin dalle pubblicazioni iniziali il C. andava elaborando, in. forte polemica con gli orientamenti allora dominanti all'interno di un indirizzo degli studi internazionalistici che privilegiava comunque i temi del diritto internazionale privato, tesi contrarie al colonialismo e all'imperialismo, e favorevoli viceversa all'esclusione assoluta della guerra e della conquista dagli istituti del diritto internazionale, all'autodeterminazione dei popoli ed alla creazione di una società sovranazionale di Stati garante della cooperazione e dell'indipendenza di tutti i popoli.
In particolare il C. negava che nel campo del diritto internazionale dovesse estendersi al soggetti di diritto privato interno la personalità giuridica, la quale andava invece riconosciuta esclusivamente agli Stati e ai popoli, senza operare alcuna distinzione, antiscientifica e artificiosa, tra popoli civili e popoli barbari, a differenza di quanto sostenevano le correnti favorevoli alla politica coloniale delle potenze europee. Ai fini, anzi, del riconoscimento del carattere di popolo ad una comunità, e, quindi, della personalità giuridica internazionale e del diritto insopprimibile all'indipendenza doveva riguardarsi all'elemento della volontà popolare, in prevalenza su quelli della razza e della nazionalità (si vedano i suoi lavori su La Bulgaria e il diritto internazionale, Roma 1886 e Ilnon intervento, ibid. 1888).
La forte carica di novità delle sue tesi, unita ad un gusto spiccatissimo per la polemica e l'aggressione personale, ed ancora il verbalismo demagogico sempre affiorante nei suoi scritti attirarono al C. l'antipatia di gran parte del mondo accademico e ne resero travagliatissima l'attività d'insegnamento universitario (si veda fra l'altro il volume Lo Stato secondo il diritto internazionale universale, Roma 1891).
Fu, infatti, dichiarato ineleggibile, nel 1990, al concorso per la cattedra di diritto internazionale di Macerata con una relazione che lo giudicava immaturo per la mancanza di pubblicazioni di diritto intemazionale privato. Ottenuta la libera docenza a Catania nel 1896 ebbe l'incarico a Macerata per l'anno '96-'97, poi confermato per l'anno successivo. Ma, essendo stato dichiarato ineleggibile nel concorso per la cattedra di Siena. il ministro della Pubblica Istruzione Baccelli, in ossequio ad una norma la cui osservanza fu richiesta da più parti, lo rilevò dall'incarico per l'anno '98-'99, con una decisione che provocò qualche sdegnata reazione e perfino una interpellanza in Parlamento da parte del deputato Del Balzo. Tre anni dopo partecipò al concorso di Macerata ed ebbe modo di scatenare una polemica la cui risonanza superò i confinì degli ambienti accadenuci. Il C., infatti, ricusò la commissione giudicatrice composta dagli stessi docenti che già, a suo dire, l'avevano perseguitato in occasione del concorso di Siena (La mia ineleggibilità nel concorso di Siena, Roma 1899; La mia ineleggibilità al concorso di Macerata, ibid. 1904). L'intervento del ministero e la sostituzione di tutti i commissari non gli valse comunque, neppure stavolta, la vittoria, ma soltanto l'eleggibilità, sulla base della quale, nel 1904, dopo cinque anni di allontanamento dall'insegnamento universitario, fu chiamato come straordinario dì diritto internazionale dall'università di Sassari; per ottenere la promozione ad ordinario, che di norma veniva data dopo un triennio, dovette però attendere fino al 1912.
Si schierò nettamente contro l'impresa libica. Già all'indomanì degli accordi del 1901 e 1902 con la Francia e l'Inghilterra che sancivano il riconoscimento ufficiale delle pretese italiane sulla Tripolitania e Cirenaica pubblicò il libello Le pretese italiane sulla Tripolitania (Roma 1902), rinnovando la sua ferma condanna ad ogni impresa coloniale. Incessanti si succedettero negli anni successivi le sue prese di posizione.
Nell'ambito della vasta mole di saggi, interventi giornalistici e lettere aperte da lui dedicati alla questione libica, vanno ricordati le prolusioni sassaresi del 1904 e del 1905 (Della necessità di un nuovo diritto internazionale conforme allo spirito dei nuovi tempi e della vera civiltà, Roma 1904 e L'ipocrisia del presente movimento per l'arbitrato e la pace internazionale, ibid. 1905); l'articolo pubblicato sull'Avanti! del 14 giugno 1907, alla vigilia della conferenza dell'Aja, nel quale denunziava l'inutilità di simili iniziative ai fini dei disarmo e della pace, che viceversa potevano originare solo dalla esplicita e sincera rinuncia da parte di tutti gli Stati ad ogni volontà di espansione e di conquista; e particolarmente, per l'acutezza dell'analisi, la monografia La Sardegna è in Italia? (Roma 1907). Partendo dalla constatazione diretta delle tragiche condizioni di arretratezza e di isolamento della Sardegna individuava nell'imperialismo la causa principale della mancata soluzione dei problemi del Mezzogiorno e delle isole.
Fu questa la fase dell'attività scientifica e didattica del C. più densa di contenuti sociali e, d'impegno civile, e più volte in questo periodo egli si trovò vicino alle posizioni del movimento socialista. Nell'aprile del 1912, nel pieno cioè dell'aggressione contro la Libia, si fece promotore della fondazione di una organizzazione pacifista, la "Società universale dei diritti d'indipendenza, per la libertà la giustizia, la pace e il disarmo", nel cui programma veniva definito "delitto contro la civiltà, non civilizzazione l'atto col qualè si privi del suo territorio e della sua indipendenza il popolo e la tribù da incivilire".
L'anno successivo, nel la prolusione al suo corso di lezioni, polemizzò duramente con le tesi contrarie al suffragio universale di Gaetano Mosca, che ebbe a definire, tra l'altro, "spregevole apologeta della violenza nel campo... del diritto internazionale" (Il dirittointernazionale in Italia nel cinquantenario dell'unità nazionale, Roma 1914, p. 62).
Ma con lo scoppio della guerra mondiale le posizioni del C. subirono una rapida evoluzione. Il fervente sostenitore della pace e del disarmo divenne d'un subito altrettanto fervido assertore della necessità dell'intervento italiano. Dopo aver affermato su Il Lavoro del 2 agosto che al nuovo diritto internazionale spettava "l'ufficio rivendicatore e tutelatore dei diritti dindipendenza di tutti indistintamente i popoli della terra", sul Messaggero del 2 sett. 1914 definiva "la neutralità delle grandi Potenze di fronte alla guerra dell'Austria-Ungheria" una "scellerata e nauseabonda complicità verso un ignobile delitto contro i diritti di esistenza e di indipendenza di un popolo debole e innocente". Qualche settimana più tardi inviò a Mussolini una lettera di elogio per la sua scelta interventista, che il Popolo d'Italia pubblicò, con risalto, in uno dei primi numeri, il 25 novembre.
Negli anni del conflitto l'attività di propaganda del C., il quale intanto aveva sostituito G. Carnazza Amari alla cattedra di diritto internazionale di Catania, divenne frenetica. Al sostegno e all'esaltazione della "guerra abolitrice della guerra", come egli definiva il conflitto mondiale, rivolse infatti un'intensissima attività di conferenziere e polemista.
In particolare oggetto dei suoi strali furono i socialisti che nella prolusione al corso del '16-'17(La pace antipacificatrice dei socialisti ufficiali e la pace pacificatrice del nuovo diritto internazionale, Campobasso 1917)defini "incoscienti o ipocriti complici dei delinquenti intemazionali" paragonandoli ai "falsi nazionalisti o imperialisti ... coscienti delinquenti internazionali" (p. 15).
Dall'interventismo e dalle posizioni antisocialiste, al nazionalismo e al fascismo il passo fu breve. Finita la guerra il C. si schierò apertamente a favore della occupazione di Fiume e reagì duramente al trattato di Rapallo del novembre 1920 con il quale venne riconosciuta la sovranità jugoslava sulla Dalmazia, dopo che poche cannonate della marina italiana avevano posto fine all'impresa dannunziana.
Ma già nell'ottobre del 1919 il C. aveva fondato a Catania la prima organizzazione fascista di tutta la Sicilia, il Fascio dei combattenti universitari ed ex universitari e s'era candidato alle elezioni generali del novembre successivo nella lista dei combattenti, in rappresentanza del Fascio. Negli stessi giorni aveva dato vita alla Lega antibolscevica studentesca, forte di centocinquanta iscritti, aderente all'Unione giovanile nazionalista.
Alle critiche che da più parti gli rimproveravano l'involuzione antidemocratica e guerrafondaia delle sue posizioni politiche e scientifiche il C. cercava ora di opporre una sua improbabile, asserita, coerenza e continuità di pensiero, scrivendo che "il bolscevismo... non è altro, nei rapporti nella vita degli individui di qualunque Stato, che lo stesso brigantaggio contro i territori e contro l'indipendenza che noi abbiamo sempre combattuto e continueremo a combattere nei rapporti della vita dei popoli e degli Stati" (Processoa Guglielmo o ai capi dell'Intesa vittoriosa, Catania 1920, p. 25). Piùvolte poi negli anni del fascismo il C. intervenne pubblicamente a sostegno della politica estera di Mussolini che giudicava "il solo capo di governo - tra tutti i capi di governo e di Stati della terra - sinceramente e realmente pacifista" (Ilpatto a quattro di Benito Mussolini e il nuovo diritto internazionale, Catania 1933, p. 13).
Quali fossero i motivi di questo entusiastico atto di fede l'aveva già chiarito in un articolo pubblicato su l'Unità di Catania del 15 sett. 1921, colquale approvava l'invasione di Corfù sulla base del dovere dell'Italia fascista di "far rispettare i propri figli in qualunque punto di terra straniera". Ed ancor di piùin una conferenza tenuta nell'aula magna dell'università di Catania il 27 maggio 1928 (Il 24 maggio e la recente proposta degli Stati Uniti d'America di dichiarare la guerra fuori legge, Catania 1928, p. 61).
Il C. morì a Catania il 19 marzo 1934 .
Della sua vasta e minuta produzione vanno ancora ricordati i seguenti lavori: Il matrimonio dello straniero, 2 voll., Roma 1898-1901; La politica coloniale conforme al nuovo indirizzo del diritto internazionale e alla vera civiltà, ibid. 1906; L'Europa fa opera di civiltà nel Marocco? E la nazione dell' '89? ibid. 1907; Esiste l'idea di Patria o Patriottismo ?, ibid. 1912; Dal vecchio al nuovo diritto internazionale, ibid. 1913; Inutilità, calamità ed ipocrisia del presente diritto internazionale in pace e in guerra, Catania 1915; Lineamenti di una nuova critica dei trattati, ibid. 1922, Conin appendice la bibliografia di tutti i suoi scritti fino al 1921. Un cenno a parte merita, Roma italiana e Roma papale. Per la soluzione definitiva della questione romana conforme alle esigenze del nuovo diritto internazionale e del diritto pubblico italiano, ibid. 1928, contenente un'originale proposta della delimitazione in Roma di un'area, coincidente con l'antica città leonina, soggetta ad una legislazione speciale che tutelasse il pieno esercizio della potestà spirituale del papa, ma amministrata dall'Italia tramite un ministero per le relazioni con la S. Sede.
Fonti e Bibl.: A. Cimbali, Ricordi e lettere ai figli, Roma 1903; Enrico Cimbali, Epist. con in append. lettere di illustri ital. e stranieri a lui, Torino 1912; A. Baldassarre, E. C. nella sua opera di fautore della grande guerra e di fascista della prima e di tutte le ore, Catania 1926, contenente alle pp. 29-36 l'elenco degli articoli, conferenze e saggi scritti in favore dell'intervento e della guerra; G. Micciché, La Sicilia orientale dall'occupazione delle terre al fascismo 1919-1922, in Movim. operaio e socialista, XVIII(1970), I, pp. 16 ss.