DE FILIPPO, Eduardo
Attore e autore dialettale, figlio d'arte, nato a Napoli il 24 (secondo altre fonti il 26*) maggio 1900, ha condiviso per molto tempo la vita, l'arte e la fama coi fratelli Titina, nata a Napoli nel 1898, e Peppino, anche lui nato a Napoli nel 1903. Dai teatrini cittadini di infima classe, da una breve sosta nella compagnia italiana di Luigi Carini, e dalla rivista, passò alla stabile dialettale del Teatro nuovo di Napoli, insieme coi due fratelli; con essi, nel 1931, spiccò il volo per tutte le città d'Italia, fondando la cosiddetta compagnia del Teatro umoristico, in dialetto napoletano. I tre De Filippo vi recitavano quasi esclusivamente commediole e farse che Eduardo e Peppino congegnavano con un grosso senso delle situazioni di più vivace effetto sul gran pubblico, oscillando da sobrie note patetiche a quelle della più violenta comicità: pretesti alla loro arte di coloriti rappresentatori, prediligendo Eduardo le note acremente umoresche del deluso popolano o piccolo borghese di Napoli, Peppino quelle del ragazzo di tagliente riottosità, esibendosi Titina in ruoli di felice vivezza. Il successo di questa arte, genuina e frizzante, fu grandissimo; alcuni dei lavori da essi rappresentati (da Natale in casa Cupiello a Napoli milionaria, ecc.) attinsero una popolarità nazionale, ma i tre artisti si cimentarono con successo anche in commedie d'autori di diversa portata, dal Pirandello (Liolà, Berretto a sonagli, Abito nuovo) ad Armando Curcio (A che servono questi quattrini?, La Fortuna con l'F maiuscola). Nel 1939 Titina abbandonò i fratelli per darsi alla rivista; nel 1944, tornata Titina con Eduardo, fu Peppino a distaccarsene, intendendo estendere la gamma delle sue esibizioni comiche, costituendo così una compagnia sua, con repertorio in lingua italiana, ma in realtà di accenti e caratteri non dissimili dagli antichi. Invece Eduardo, affinatosi sempre più, non solo nelle sue delicatezze d'interprete, ma anche nella sua fecondità d'autore, ci ha dato in questi ultimi tempi nuove commedie, giudicate col più caldo favore dalla critica: Questi fantasmi, Filumena Marturano, Le bugie con le gambe lunghe: le quali, non scevre dal pirandellismo ormai riscontrabile nella maggior parte del teatro contemporaneo, sono state classificate fra le più tipiche espressioni dell'amaro clima del dopoguerra.
* modifica introdotta a seguito di ricerche successive alla data di pubblicazione del contributo