educazione permanente
educazióne permanènte locuz. sost. f. – Qualsiasi attività avviata in qualunque momento della vita, al fine di migliorare conoscenze, capacità e competenze in una prospettiva personale, civica, sociale oppure occupazionale. Una prospettiva volta ad assicurare istruzione, formazione e apprendimento durante tutto il corso della vita del soggetto si è sviluppata a partire dagli anni Sessanta del Novecento, formalizzandosi poi soprattutto negli anni Settanta, in particolare con la pubblicazione del Rapporto Faure dell'UNESCO (1972), che definiva l’apprendimento permanente (lifelong learning) una dimensione cruciale per le politiche educative degli anni a venire. Oggetto di importanti sviluppi sul piano della riflessione teorica e di rilevanti approfondimenti su quello dell’indirizzo normativo a partire dal 2000, la nozione di e. p. viene oggi individuata come condizione determinante non solo per migliorare l’occupabilità dell’individuo, ma anche per favorirne la piena realizzazione, la cittadinanza attiva e la qualità della vita, nonché per promuovere la più complessiva coesione sociale, la convivenza interculturale, la crescita economica e sociale. Attraverso tale nozione, viene presa in considerazione, tra i momenti del processo educativo, sia la fase iniziale sia quella successiva e vengono altresì riconosciute come fonti di apprendimento, oltre a quella consueta della scuola, anche quelle offerte dalle molteplici agenzie formative nella società. I percorsi di e. p. possono svolgersi, infatti, in contesti differenti: l’apprendimento 'formale' si svolge negli istituti di istruzione e di formazione, concludendosi con il conseguimento di diplomi e qualifiche riconosciute; l’apprendimento 'non formale' si sviluppa, invece, al di fuori delle principali strutture di istruzione e di formazione, vale a dire sul luogo di lavoro o nel quadro di attività, di organizzazioni o gruppi della società civile, solitamente senza il raggiungimento di certificati ufficiali; l’apprendimento 'informale' rappresenta, infine, il corollario naturale della vita quotidiana e, in quanto non necessariamente intenzionale, può non essere riconosciuto dallo stesso interessato come apporto alle sue conoscenze e competenze.
Particolare impulso al dibattito sull’e. p. è stato fornito dagli organismi internazionali e, segnatamente, dall’UNESCO e dalle istituzioni dell’Unione Europea. Già con il rapporto Delors (1996), l’UNESCO aveva superato la tradizionale distinzione tra educazione iniziale ed e. p., evidenziando che il concetto di educazione per tutta la vita costituisce la chiave d’accesso al 21° secolo. Con il Consiglio europeo di Lisbona del 2000, l’e. p. è diventata poi parte integrante della cosiddetta strategia di Lisbona – volta a sostenere l’occupazione, le riforme economiche e la coesione sociale –, ed è stato riconosciuto il suo ruolo cruciale per lo sviluppo del sistema economico in una società della conoscenza. Constatati gli esiti limitati conseguiti dalla strategia di Lisbona, nel 2005 con il programma Europa 2020 è stato ribadito il ruolo chiave dei processi di istruzione, formazione e apprendimento permanente per il perseguimento degli obiettivi basilari della crescita economica e dell’occupazione. In Italia, nel 2000 è stato stipulato un accordo tra governo, Regioni, Province, Comuni e Comunità montane che ha definito obiettivi e strategie per la riorganizzazione e il potenziamento dell’e. p. degli adulti, in attesa della compiuta definizione di un sistema nazionale integrato di istruzione, formazione e lavoro. Un tale impianto unitario e coordinato risulta, tuttavia, ancora assente e per questo motivo è stata presentata la proposta di legge di iniziativa popolare Diritto all’apprendimento permanente (Gazzetta Ufficiale, 8 maggio 2009), volta alla predisposizione di una base normativa e di una cornice nazionale unitarie alle iniziative già esistenti, per la definizione di un sistema nazionale di educazione degli adulti.