EDUCAZIONE (XIII, p. 490)
Nell'ultimo cinquantennio, l'e. ha richiamato su di sé una crescente attenzione, che ha coinciso con un progressivo ampliamento delle sue funzioni. Le due definizioni fornite nella prima edizione dell'Enc. It. (1. "il processo onde, sotto l'azione dei vari fattori che agiscono sull'uomo, le sue energie potenziali si sviluppano e l'uomo viene preparato a compiere nel miglior modo le proprie funzioni nell'ambiente sociale"; e 2. "il processo essenzialmente spirituale, per cui l'educando trae in atto e sviluppa le proprie energie guidandole alla piena realizzazione della propria personalità") erano nelle grandi linee corrispondenti alla veduta positivistica e a quella idealistica dell'e.; entrambe di matrice filosofica. La prima, collegata alla tradizione di Stuart Mill e di Spencer, di Comte e di Cattaneo, di Ardigò e di Angiulli, aveva sottolineato energicamente la componente sociale; la seconda, in linea piuttosto con il Romanticismo e le sue accentuazioni estetiche ed etiche, da Schiller a Fichte, da Schelling a Fröbel, aveva altrettanto energicamente sottolineato la componente individuale: che era esaltata per motivi diversi all'inizio del secolo anche dal moralismo esemplaristico degli "eroi", paradossalmente alleato all'anarchismo dell'"unico" e, poco dopo, per fatale capovolgimento, alla mistica del "capo" carismatico.
Le due concezioni, sociale e individuale, costituiscono ovviamente delle forzature estreme: la realtà sta nel mezzo. Tuttavia, esse rappresentano pur sempre due tendenze, in cui ritorna l'aporia di fondo di tutta l'educazione, quella del conflitto e della conciliazione di autorità e di libertà, che ammette composizioni parziali ma non soluzioni definitive. Oggi, piuttosto che da vedute filosofiche, le due concezioni traggono alimento rispettivamente da due scienze, che si son venute sviluppando sempre più negli ultimi cent'anni, la sociologia e la psicologia. Inoltre, entrambe trovano rincalzo nella connessione sempre più stretta che si rivela esistere, come già vedeva Platone, tra educazione e politica: qui si scontrano infatti anche due modelli di sviluppo, quello democratico-egualitario e quello liberale-elitistico.
La concezione in cui prevale il punto di vista sociologico riflette in larga misura questa situazione, per la presenza pluralistica e conflittuale di diverse posizioni; il vecchio ottimismo evolutivo e progressivo, basato sulla razionalizzazione dell'efficienza e sulla funzionalità delle parti del sistema, per il quale era importante sul piano educativo ottenere l'organizzazione del consenso, ha ancora seguaci sia nel mondo occidentale neocapitalistico, sia in quello orientale a regime socialista; tuttavia si avvertono incrinature e voci dissonanti nell'uno come nell'altro ambiente. Tra i sociologi di scuola americana (come T. Parsons, C. W. Mills, P. A. Sorokin) e tra quelli di provenienza tedesca (come M. Horkheimer, T. W. Adorno, H. Marcuse, J. Habermas) son sempre più evidenti gli accenti critici; e questi non mancano neppure nel campo marxista europeo (R. Havemann, A. Schaff, L. Althusser, L. Apostel), anche a prescindere dalla controversia russo-cinese. Ne segue che il concetto di e. come socializzazione metodica, sostenuto già da E. Durkheim, trova sostenitori nei paesi a regime totalitario, ma anche sempre più numerosi oppositori. Oggi si ritiene che l'e., accanto alla funzione incontestabilmente tradizionale (nel senso che tramanda un capitale di cultura, una somma di beni che sono la conquista di un'esperienza collettiva, filtrata, memorizzata e resa disponibile alle giovani generazioni), abbia anche quella non meno importante di maturare lo spirito critico e la capacità d'innovazione: per questo aspetto la prospettiva sociale si salda con quella individuale.
La società tende indubbiamente a perpetuare sé stessa: e ciò tanto più quanto essa riesce a dar vita a una cultura organica. Per questo l'e., oltre alle forme private lasciate all'iniziativa delle famiglie e dei gruppi religiosi, è venuta acquistando sempre più forme istituzionali e pubbliche, attraverso le quali viene esercitata una pressione (a livello persuasivo e preventivo, prima che coercitivo e repressivo) verso il conformismo nei confronti dei valori accettati. A loro volta, ceti, professioni, corporazioni tendono anch'essi a perpetuarsi, tramite la rigenerazione del loro gruppo, attraverso meccanismi di preparazione graduale e di cooptazione selettiva (concorsi, albi, ecc.): benché in questi ultimi casi prevalgano aspetti contenutistici, tecnici e pragmatici, sono in ogni caso ben presenti anche intenti educativi, nel senso che mirano a promuovere scelte vocazionali, assunzioni di abiti, orientamenti della condotta. Ora, tutto ciò viene messo in discussione o contestato; la vita non s'arresta e la società è attraversata da fermenti rivoluzionari o almeno da irrequietezze profonde, che coinvolgono soprattutto la gioventù in fase transizionale e di crisi artificialmente protratta dal sempre più tardo rinvio dell'ingresso nella vita produttiva. Prevalgono oggi concezioni di mobilità dinamica e di trasformazione, e si pone l'accento sulla dialettica storica; ne segue che l'ordine costituito non rappresenta più un ideale, bensì viene identificato con un certo perbenismo borghese o altrimenti favorevole al potere, e le strutture vengono considerate instabili e transitorie. Ciò accentua l'insicurezza, aumenta le frustrazioni e l'aggressività, in situazioni di nevrosi collettiva.
Avverso queste pressioni e contropressioni, si manifesta un'aspirazione non sempre chiara all'eguaglianza: nel senso che a tutti siano garantite le medesime opportunità e occasioni (anzi, che sia assicurata l'equità "dando di più a chi ha avuto di meno"), che diventino operanti per tutti il diritto allo studio, il diritto al lavoro, il diritto al tempo libero. L'aspirazione non è chiara, perché nel contempo contiene una forte carica contestativa verso tutte le forme massificate, irreggimentate, e al limite alienate cui tendono le strutture egualitarie e garantiste: essa sconfina pertanto nell'utopia dell'anarchismo libertario, capovolgendosi anch'essa dialetticamente nel suo opposto.
Sull'altro versante, la concezione in cui prevale il punto di vista psicologico è anch'essa molto mutata. Anzitutto, è quasi del tutto tramontata la psicologia filosofica, e con essa son scomparsi i residui di mentalismo e di coscienzialismo ancor diffusi nei primi decenni del secolo. L'idealismo ha concluso una parabola, e anche le varie forme di spiritualismo (morale, metafisico, religioso) hanno oggi meno seguaci. Il tradizionale dualismo anima-corpo, portato al limite da Cartesio e ironizzato nell'espressione the ghost in the machine (il fantasma dentro la macchina) è abbandonato a vantaggio di una concezione dell'uomo fortemente unitaria, bio-psichica e psico-sociale. Lo sviluppo, su cui s'innesta l'azione educativa, coinvolge aspetti organici, istintuali, precoscienti e subcoscienti, che sono sottostanti a una complessa dinamica di motivazioni e d'interessi; i processi percettivi e intellettivi, la memoria e l'apprendimento a loro volta non nascono maturi come Minerva dal capo di Giove, bensì si svolgono a poco a poco e passano attraverso molte fasi; le attività espressive e comunicative infine non si esauriscono nel singolo, ma si esplicano attraverso una transazione di gruppo, per cui sono plasmate socialmente (tipico il caso del linguaggio verbale, che è quello più strettamente condizionato dalla subcultura di appartenenza).
Anche in psicologia, come in sociologia, si scontrano comunque diverse correnti. Benché tutte si richiamino, per quel che si è detto, al metodo scientifico, v'è una gran differenza d'impostazione per es. tra la psicologia sovietica e americana fino agli anni Trenta, entrambe legate a metodologie rigorosamente obbiettive (la reflessologia di Pavlov per la prima, e il comportamentismo di Watson, Thorndike, Guthrie, Hull, Tolman, Skinner), e la psicologia europea francese e tedesca (gli esponenti di quest'ultima emigrati poi quasi tutti negli Stati Uniti dopo gli anni Trenta per sfuggire al nazismo, come i maestri della Gestalttheorie o psicologia della forma Koehler, Koffka, Wertheimer, Lewin). Il primo gruppo tende soprattutto a rintracciare i processi più semplici ed elementari, e a smontare quelli più complessi e superiori riducendoli a combinazioni dei precedenti; il secondo gruppo tende invece a privilegiare il punto di vista dell'unità, della totalità, delle strutture d'assieme in cui gli elementi assumono un significato nuovo e irriducibile a mera somma. Al secondo gruppo si accostano anche gli studiosi di psicologia dinamica del profondo o psicoanalisi, di caratterologia e teoria della personalità, di psicologia genetica ed evolutiva. Gli educatori si riconoscono soprattutto come compagni e collaboratori degli psicologi del secondo gruppo: ma proprio da quelli del primo, spesso guardati con diffidenza, sono derivati alcuni dei contributi scientificamente più utili all'e. (come si dice sotto, a proposito delle tecnologie educative).
Per effetto delle menzionate influenze sociologiche e psicologiche, la pedagogia contemporanea ha acquisito sempre più una forma interdisciplinare. Da parte sua, l'e. pratica intrattiene rapporti stretti con l'igiene, la medicina preventiva e correttiva, l'assistenza, la psicoterapia, l'addestramento e la formazione professionale, la stampa, i mezzi di comunicazione di massa, le attività sportive e ricreative: attività con le quali non si confonde, ma con le quali ha tutto l'interesse a collaborare per i propri fini. È questo un primo aspetto dell'ampliamento di funzioni cui l'e. contemporanea è sollecitata affinché molte delle attività menzionate non si esauriscano in sé stesse e non rimangano episodiche, incoordinate e incoerenti, bensì siano poste nel modo migliore al servizio dell'uomo, sotto una dominante educativa.
Un secondo aspetto dell'ampliamento di funzioni educative verificatosi su scala mondiale negli ultimi decenni sta nell'attenzione nuova dedicata alle età precedenti e seguenti a quelle tradizionalmente soggette a e. intenzionale e istituzionale: vale a dire all'età infantile e a quella adulta. Inoltre, si è sviluppata l'e. di gruppi tradizionalmente svantaggiati: le donne, le minoranze linguistiche ed etniche, gli handicappati. Si va (se pure è ancor lunga la via) verso l'ideale di un'e. universale; sebbene la meta sia ancora lontana (v. la voce analfabetismo, in questa App.), essa coincide infatti con le diffuse aspirazioni, di cui si è detto, all'eguaglianza delle opportunità, resa per altro difficile da condizioni antecedenti il cui peso è difficile scrollare con le sole misure educative.
L'aver ampliato il quadro di riferimento dell'e. all'età infantile e a quella adulta vuol dire aver riconosciuto che l'e. dura tutta la vita. Che l'e. avesse inizio dal grembo materno è stato noto dalle origini dell'umanità; e che essa continuasse come cultura libera anche nell'età matura era noto almeno dall'epoca classica. È tuttavia recente il concetto che connette tutte queste attività sotto un comune denominatore, aggiungendovi il supporto dei poteri pubblici all'iniziativa privata, vale a dire il concetto di e. permanente. La crisi della scuola, come istituzione divenuta impari ai compiti crescenti, che ha fatto parlare da parte di taluni di un'auspicabile descolarizzazione (I. Illich, E. Reimer), ha messo in luce l'insufficienza dell'e. nella forma scolastica, e ha richiamato all'importanza delle forme pree post-scolastiche. Nel contempo, la necessità di superare il divorzio tra teoria e pratica, ha trovato rincalzo nella necessità di promuovere in tutti, oltre la cosiddetta e. "di base" o e. "fondamentale", anche un certo livello di preparazione generale e specifica al lavoro o formazione professionale, che non si può limitare a un ciclo terminale, quanto breve o lungo si voglia, della stessa scuola, ma deve proseguire in maniera ciclica per tutta la vita. Il rapido progresso scientifico e tecnico ha dato a quest'esigenza il carattere urgente di un aggiornamento continuo, mentre d'altra parte la convenienza di non protrarre troppo a lungo il periodo di scolarità giovanile suggerisce di scaglionare la formazione in tempi successivi, alternando fasi di studio e di lavoro anche nell'età adulta, secondo uno schema di e. ricorrente.
In questo più ampio quadro from the cradle to the grave (dalla culla alla tomba), l'e. infantile occupa un posto primario. Gli studi di psicoanalisi hanno richiamato all'importanza decisiva e all'influenza spesso irreversibile delle prime esperienze emotive e della ricchezza o carenza di stimoli sul futuro sviluppo del fanciullo: di qui l'opportunità di un'e. delle madri, e di una profonda revisione delle strutture e funzioni delle istituzioni dedicate alla prima infanzia (brefotrofi, asili nido, centri di maternità) e alla seconda infanzia, per cui si ravvisa conveniente una fase di socializzazione precoce prescolastica (scuole materne o infantili, prescuole). Se tempestiva, essa può compensare in buona parte, ma non del tutto, i limiti inerenti a condizioni familiari svantaggiate.
Al polo opposto, l'e. degli adulti, a cominciare ovviamente dai giovani che hanno superato l'età dell'obbligo, ma senza escludere i più anziani, si propone: a) in primo luogo l'alfabetizzazione di quanti (e sono nel mondo circa 800 milioni: v. analfabetismo, in questa App.) non hanno frequentato o hanno abbandonato prima del termine le scuole; b) in secondo luogo il completamento dell'e. fondamentale con tutte le opportune offerte di formazione professionale, o comunque d'inserimento "funzionale" nella realtà sociale del loro ambiente di vita e di lavoro, ivi comprese quelle di qualificazione, specializzazione, aggiornamento collegate all'avanzamento e alla promozione sociale; c) in terzo luogo la libera fruizione delle opere dell'arte e della scienza, nelle maniere adeguate alla cultura nazionale e ai rapporti internazionali. Alle origini l'e. degli adulti, sorta in Danimarca (con Grundtvig e Kold) e in Gran Bretagna (con Mansbridge, e la Workers Educational Association, nonché il National Institute of Adult Education) si proponeva solo l'ultimo scopo, tenendolo distinto dai primi due; ma nel secondo dopoguerra, soprattutto dopo le conferenze internazionali Unesco di Montréal (1960), di Teheran (1965) e di Tokyo (1972), si è riconosciuta su scala mondiale l'indissolubilità dei tre momenti. In tal senso più ricco l'e. degli adulti si può considerare come contestuale all'e. permanente.
Oltre a nuovi fini e valori, l'e. oggi accoglie nuovi mezzi. Tra le conseguenze più rilevanti del progresso tecnico va posto l'eccezionale incremento dei trasporti (di persone e cose) e delle comunicazioni (di messaggi acustici e visivi, registrati e transcodificati, resi disponibili e replicabili a piacere a distanza nel tempo e nello spazio). Ciò ha fatto cadere millenarie barriere, ha facilitato l'osmosi di culture, ha relativizzato opinioni e costumi, ha in tutti i sensi rimpicciolito il mondo. Indubbiamente ciò ha anche contribuito alla crisi di valori tradizionali non sopravvissuti all'impatto, e alla crisi della scuola racchiusa entro moduli retorici esemplari: ma ha dilatato le vedute e ha posto una sfida per una nuova civiltà planetaria. Il maggior rischio è che i nuovi potenti mezzi siano sequestrati a vantaggio di chi detiene i centri di controllo, per fini di potere o di profitto; ancora una volta è quindi decisivo il ruolo dell'e. per demistificare la nuova magia e per garantire la libera circolazione delle informazioni e delle idee.
Fra i nuovi mezzi, vanno quindi rammentati i mezzi audiovisivi e gli elaboratori elettronici. Ai primi vanno ascritti proiettori di trasparenti a grande formato (lavagne luminose), di diapositive e filmine (diascopi), di materiali opachi (episcopi), e soprattutto il cinema (per uso didattico specialmente i formati 16 mm, 8 mm standard e super, a corto e cortissimo metraggio) e la televisione. Si possono rammentare le trasmissioni italiane di Telescuola, o quelle dell'università televisiva britannica od Open University (università aperta), e le emissioni scolastiche via satellite per interi subcontinenti, come l'India, l'Indonesia, l'America latina. Ai secondi viene affidata la valutazione docimologica dei risultati, o addirittura il pilotaggio di sistemi interattivi (a mezzo tastiera telescrivente, o monitor televisivo) mediante i quali lo studente dialoga con i programmi inseriti nelle memorie di un sistema CAI (Computer Assisted Instruction). Benché nessuno di questi mezzi possa porsi come alternativo o sostitutivo del rapporto diretto interpersonale, molti di essi, soprattutto se combinati in sistemi misti (multi-media), possono avere un'utilissima efficacia integrativa. Del resto, la preparazione di programmi stampati o audiovisivi adatti all'uso autodidattico (come le sequenze di domande e risposte, con possibilità di autocontrollo dei risultati, che costituiscono la cosiddetta programmed instruction) è utile non solo agli studenti, ma agli stessi insegnanti. A loro volta, i mezzi di registrazione audio e video permettono uno studio analitico del comportamento insegnante (micro-teaching) e di quello apprendente, così da far meglio padroneggiare a tutti la materia (mastery learning) attraverso processi individualizzati.
Storia dell'educazione.
Educazione contemporanea. - I tratti sopra accennati sono il punto di arrivo provvisorio di un processo in cui son confluite molte componenti, durato oltre mezzo secolo, che non poteva esser pienamente colto all'epoca in cui fu pubblicata la prima edizione dell'Enciclopedia Italiana. Si può a grandi linee riassumere il corso di tale processo, suddividendolo in alcune fasi: 1) quella precedente al 1925, fertile soprattutto di iniziative singole di educatori geniali; 2) quella svoltasi tra il 1925 e il 1945, che ha visto lo spirito della cosiddetta "scuola attiva" diffondersi in tutto il mondo, ma che ha subito altresì distorsioni per cause politiche, confluite nel dramma della guerra; 3) quella scorsa tra il 1945 e il 1968, cioè tra la ricostruzione e i nuovi compiti dell'e. sopra rammentati, fino all'esplodere della contestazione giovanile; 4) l'attuale, tesa all'e. generalizzata e permanente, ma insieme alla deistituzionalizzazione o almeno alla deburocratizzazione delle forme pubbliche di e., al loro decentramento e all'autogestione partecipativa.
È ovviamente difficile separare l'inseparabile, cioè in questo caso l'apporto sul piano pratico dell'e. da quello sul piano teorico della pedagogia; ma poiché a quest'ultima è dedicata un'apposita voce della presente Appendice (vol. 11), ad essa rinviamo per gli studi più qualificati del cinquantennio sul piano teorico, limitandoci qui a sommari cenni alle realizzazioni educative pratiche.
Antesignani fin dalla prima fase si possono considerare gl'Inglesi, che con le scuole di Abbotsholme e di Bedales, fondate da C. Reddie (1858-1932) e J. H. Badley (1865-1967) offrirono i primi esempi di scuole a tempo pieno ove s'alternavano l'istruzione, il gioco e lo sport, in forme di collaborazione e di autogoverno; su questa linea si spinse ancor oltre, prefigurando un'e. libertaria, nella scuola di Summerhill, il fondatore A. S. Neil (1883-1973), mentre a Countesthorpe ai giorni nostri organizza una scuola aperta T. McMullen; in tutto il mondo si è diffusa inoltre per mezzo secolo tra milioni di ragazzi la felice realizzazione educativa dei boys-scouts, fondati da R. Baden Powell (1857-1941), che uniscono nella vita sana all'aria aperta il gusto dell'esplorazione con lo spirito di servizio e l'autodisciplina.
Gli esempi inglesi furono raccolti e ripresi dai Tedeschi, con l'istituzione dei Landeserziehungsheime (focolari d'educazione in campagna) di H. Lietz (1868-1919); hanno dato esempi avanzati di scuole organizzate ad autogoverno a Wichersdorf G. Wyneken (1875-1964) e nell'Odenwald P. Geheeb (1870-1961). In Austria rinnovò la scuola O. Gloeckel, col quale collaborò per qualche tempo anche il filosofo L. Wittgenstein, fattosi maestro di scuola. Una riforma della scuola bavarese venne avviata da G. Kerschensteiner (1854-1932), sulla base della scuola di lavoro, mentre a Jena P. Petersen (1884-1952) tentò il superamento della tradizionale classe scolastica in gruppi orizzontali e verticali di lavoro e di gioco. Lo spirito tradizionale tedesco d'ordine e disciplina venne rinnovato nell'e. del carattere da F. W. Foerster (1869-1966), che ne combatté però le distorsioni nazionalistiche e militaristiche.
I Francesi, e i Belgi e Svizzeri di lingua francese, si portarono ben presto tra i primi. Mentre E. Demolins (1852-1907) a Les Roches e B. Profit (1867-1946) riprendevano i modelli della scuola all'aperto e dell'e. all'autogoverno in forme cooperative, spingeva più a fondo un metodo di lavoro libero a gruppi R. Cousinet (nato nel 1881), e realizzava una scuola popolare progressiva C. Freinet (1896-1966), nella quale l'esperienza diretta dei ragazzi nell'ambiente sociale, espressa in testi liberi, veniva dagli stessi stampata e scambiata con altre scuole. A Bruxelles metteva da parte i programmi, per sostituirvi i "centri d'interesse", e difendeva l'approccio globale alla lettura e alla scrittura O. Décroly (1871-1932), che lo svizzero E. Dévaud (1876-1944) reinterpretava in un contesto cattolico. Lo svizzero A. Ferrière (1879-1960) si faceva portavoce di tutto il movimento delle scuole nuove enunciando per la "Ligue internationale de l'éducation nouvelle" a Calais nel 1921 e nel 1925 i famosi trenta punti; un altro svizzero, R. A. Dottrens (nato nel 1893), metteva in opera metodi d'individualizzazione dell'insegnamento adatti anche nella scuola di massa.
Gli Americani, che avevano rinnovato la tradizione delle grammar schools inglesi ereditate dall'epoca coloniale, dovevano essere sollecitati dalla filosofia pragmatistica di W. James (1842-1910) e dallo strumentalismo migliorista di J. Dewey (1859-1952) all'estensione del movimento della progressive education. Operavano in questo solco W. H. Kilpatrick (1871-1965), F. Burk e M. Ward, E. Parkhurst (1887-1959), realizzatrice del piano di Dalton, e C. H. Washburne (1889-1968), realizzatore del piano di Winnetka e nel dopoguerra commissario alleato per l'e. in Italia. Per altro verso, agivano sull'e. americana i fermenti della psicologia dell'età evolutiva, dell'intelligenza, dell'apprendimento, che sebbene nati sul terreno della ricerca fondamentale (v. la parte teorica alla voce pedagogia) ottenevano in quel paese più seguito pratico che altrove, anche con l'impiego diffuso dei tests.
I Russi avevano già avuto un cospicuo esempio di e. nuova attraverso l'opera svolta a Jasnaja Poljana dal grande scrittore L. Tolstoj (1828-1910), che si era fatto maestro per i figli dei suoi contadini; ma il maggior fervore fu destato dalla rivoluzione, in cui si distinsero per l'interesse educativo N. K. Krupskaja (1869-1939), moglie di Lenin, A. v. Lunačarskij (1875-1933), L. Blonskij, M. Šackij e altri; riuscì a realizzare il suo capolavoro educativo con alcune colonie di corrigendi A. S. Makarenko (1888-1939).
Nel settore dell'e. correttiva dovevano del resto registrarsi alcune delle maggiori novità ispirate a criteri non coercitivi e repressivi, ma riabilitativi e socializzanti. Già si era impegnato in questo senso in Italia nel sec. 19° don G. Bosco (1815-1888). Nel primo dopoguerra p. E. G. Flanagan (1886-1948) aveva creato a questo scopo la prima celebre boys town (città dei ragazzi). Nel secondo dopoguerra ha lavorato in tal senso anche p. Américo (nato nel 1887) in Portogallo e Brasile, e sono sorte analoghe istituzioni in Italia, ad opera di d. Rivolta a Santa Marinella, di d. Saltini a Fossoli e a Grosseto (Nomadelfia); problemi in parte simili in parte diversi presentava il recupero degli handicappati e disadattati, per cui fece opera da pioniere d. C. Gnocchi (1902-1956) con la Pro juventute; le istituzioni a tale scopo si sono moltiplicate, finché non è venuto prevalendo verso la fine degli anni Sessanta il criterio d'integrare direttamente i disadattati nella scuola di tutti. La questione si è posta con priorità per i cosiddetti disadattati sociali e per i semplici ritardati da cause ambientali, cui è nocivo ogni isolamento, e che d'altra parte sono i più colpiti dal meccanismo selettivo delle istituzioni. Da una constatazione del genere era sorta la prima scuola attiva spagnola per i poveri gitani di Grenada, ad opera di A. Manjón (1846-1923); decenni più tardi, in una diversa situazione, sulle colline toscane nasceva a Barbiana da una protesta sociale costruttiva l'esperienza della scuola a tempo pieno rurale di d. L. Milani (1923-1966), prima matrice di molte altre.
Frammezzo, gl'Italiani avevano comunque preso parte anch'essi al moto di rinnovamento, con la scuola rinnovata di G. Pizzigoni (1870-1947), con le scuole della Montesca e di San Gersolé, le scuole rurali di F. Socciarelli e di M. da Canosa, la scuola serena della ticinese M. Boschetti Alberti (1884-1951), la scuola come esplorazione di M. Mazza e quella di P. Boranga. Più caratterizzata in senso cattolico la scuola integrale di M. Agosti e v. Chizzolini, alle origini del movimento di Pietralba; e in senso marxista le esperienze più recenti di scuola socialmente impegnata di B. Ciari, M. Lodi, A. Bernardini, collegate al Movimento di Cooperazione Educativa (MCE). Si sono pure diffusi nel nostro paese i centri per l'e. ai metodi attivi (CEMEA). Una gloria italiana nell'e. dei piccoli è infine il metodo delle case dei bambini di M. Montessori (1879-1952), diffuso in tutto il mondo dall'Asia all'America; ad esso si affianca in area più circoscritta il metodo delle sorelle Rosa (1866-1951) e Carolina (1870-1945) Agazzi. Nei paesi di lingua francese si è diffuso il metodo di P. Kergomard (1838-1925); in quelli di lingua tedesca varianti del classico metodo froebeliano; in quelli di lingua inglese, oltre ai precedenti, i metodi più recenti di G. Doman e S. e Th. Engelmann. In particolare in America, all'intervento di sostegno precoce (come nel progetto Head start) si attribuisce la capacità di prevenire una successiva emarginazione.
Complessivamente si può dire che un quadro storico anche sommario confermi l'esistenza di linee di sviluppo di lunga, oltre che di media e breve durata (al di là delle cosiddette "mode" didattiche), che oltrepassano le frontiere e le stesse ideologie: esse corrispondono alle linee dello stesso sviluppo civile e assecondano la crescita, come si è detto all'inizio, di personalità più ricche in un interscambio sociale più aperto: ma ciò avviene in una società altamente conflittuale, in cui i ritmi di transizione sono accelerati.
Molto efficacemente compendia questa situazione l'antropologa M. Mead scrivendo: "Siamo ormai al punto in cui dobbiamo insegnare ciò che nessuno sa ancora, ma che alcuni dovranno sapere domani".
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