Carfagno, Edward C.
Scenografo cinematografico statunitense, nato il 28 novembre 1907 e morto a Los Angeles il 28 dicembre 1996. Formidabile disegnatore, lavorò a lungo all'interno della Metro Goldwyn Mayer, dapprima all'ombra di Cedric Gibbons, poi, su un piano di parità, accanto a William Horning e George W. Davis. Sembra che, giovanissimo, avesse eseguito disegni, sotto la supervisione di Gibbons, per il Ben Hur di Fred Niblo (1925), ma è comunque certo l'influsso esercitato sulla sua formazione dal magnifico eclettismo del maestro, necessario, del resto, per rispondere alle molteplici esigenze di una casa di produzione come la MGM negli anni Cinquanta e Sessanta. Si trattava di mettersi a disposizione, più che delle esigenze dei registi, di un lavoro di squadra mirato a raggiungere uno standard produttivo di alto livello, passando con disinvoltura e competenza da un genere all'altro, da un'epoca storica a un'altra con ineccepibile professionalità. Fu più volte candidato all'Oscar, che vinse nel 1953 insieme a Gibbons per The bad and the beautiful (1952; Il bruto e la bella) di Vincente Minnelli, nel 1954, ancora con Gibbons, per Julius Caesar (1953; Giulio Cesare) di Joseph L. Mankiewicz, nel 1960 con Horning per Ben Hur (1959) di William Wyler. Dopo aver collaborato ad alcuni film musicali (Cynthia, 1947, di Robert Z. Leonard; The Barkleys of Broadway, 1949, I Barkleys di Broadway, di Charles Walters) o 'musical-acquatici' (Neptune's daughter, 1949, La figlia di Nettuno, di Edward Buzzel, con Esther Williams), C. affiancò Gibbons, Horning e il set decorator Hugh Hunt nel kolossal Quo vadis? (1951) di Mervyn LeRoy, prima superproduzione statunitense girata a Roma, per la quale C. e gli altri compirono un lavoro minuzioso di ricostruzione stilistica, facendo rivivere l'architettura e i monumenti dell'antica Roma in scenografie grandiose (come richiesto dal film), ma tutto sommato accademiche. Più tardi, C. stesso considerò questo lavoro troppo legato a una mimesi antiquaria priva di effettiva originalità, preferendogli le successive esperienze 'romane' fatte con il Julius Caesar e con il secondo Ben Hur. In questi due film, dell'architettura romana si cercò di ricostruire lo spirito (come espressione di potere) più che la lettera. In particolare, per Ben Hur, C., insieme a Horning e Hunt, ristudiò accuratamente le scene del film di Niblo, ispirandosi a esse pur usando tecniche differenti; il primo Ben Hur, infatti, era ricco di modellini, mentre nel secondo quasi tutto era ricostruito in scala 1:1, salvo ricorrere a miniature dipinte su vetro per i settori alti. Colpiscono nel primo e nel secondo film le forti analogie tra le statue colossali presenti nell'arena in cui si svolge la corsa delle bighe, d'aspetto non tanto romano quanto (si direbbe) espressionista. Si tratta di colossi minacciosi e tormentati, che non esprimono tanto e solo il senso della potenza di Roma, quanto, semmai, lo sforzo, la tensione, l'angoscia di una corsa senza esclusione di colpi, il cui esito sarà mortale almeno per uno dei contendenti. C. dimostrò tuttavia di non essere solo uno scenografo da kolossal affiancando Gibbons nelle scene per film di Minnelli (oltre a The bad and the beautiful, The long, long trailer, 1954, Dodici metri d'amore, e Tea and sympathy, 1956, Tè e simpatia) e di Stanley Donen (Deep in my heart, 1954, Così parla il cuore), coadiuvando G.W. Davis per Viva Las Vegas (1964) di George Sidney, e The Cincinnati Kid (1965; Cincinnati Kid) di Norman Jewison, o ideando in prima persona gli spazi desolati e apocalittici di Soylent green (1973; 2022: I sopravvissuti) di Richard Fleischer.
Nell'ultima fase della sua carriera, facendo una scelta singolare che lo portò a passare dalla Hollywood dello studio system alla moderna contaminazione dei generi, C. avviò una fruttuosa collaborazione con un indipendente come Clint Eastwood. Curò infatti le scene per Honkytonk man (1982), Sudden impact (1983; Coraggio… fatti ammazzare), Pale rider (1985; Il cavaliere pallido, che in realtà è un western metafisico), Heartbreak Ridge (1986; Gunny), Bird (1988), che nella loro realistica desolazione ben si adattano all'essenza del nuovo eroe filmico, privo ormai di certezze.