Vedi EFESO dell'anno: 1960 - 1973 - 1994
EFESO (v. vol. iii, p. 219-230)
Gli scavi sono stati ripresi dall'Istituto Archeologico Austriaco nel 1954 e proseguiti in campagne successive fino ad oggi.
Hanno rivelato un insediamento umano in E. in età micenea con la scoperta di una tomba tardo-micenea (M IIIA2) presso la Porta della città bizantina (v. vol. iii, fig. 271, n. 2) detta della Persecuzione e l'esistenza di una necropoli tardo-arcaica (550-450 a. C.) sotto l'Agorà civile nella sella tra il Bülbül Daǧ e il Panacir Daǧ; si è rinvenuto nell'ambito dell'Artemision una fondazione arcaica, forse un altare, poi reimpiegata nella costruzione del IV sec. a. C., di cui il Bammer ha tentato di ricostruire la pianta (colonnato su tre lati e una parete chiusa a E) e l'alzato con pezzi architettonici rinvenuti sia in situ, sia nei dintorni. Gli stessi scavi hanno portato alla luce, oltre alle cosiddette Terme Bizantine accanto alla Chiesa del Concilio, l'area archeologica compresa tra l'Agorà e la Porta di Magnesia lungo la strada dei Cureti, colonnata e fiancheggiata da tabernae che, correndo obliquamente nell'avvallamento tra le due alture, si discosta dallo schema ippodameo seguito dalle altre vie.
Le Terme di Scholastikia, la cui storia è incerta in quanto poco chiara è la distinzione tra costruzione originaria e tardi restauri ed aggiunte, erano già in funzione nel Il sec. d. C., e la successiva erezione in loco del Tempio di Adriano nel 127 d. C. pone il terminus ante quem. Intorno al 400 d. C. l'edificio fu restaurato, con materiale proveniente dal Pritaneo, dalla cristiana Scholastikia, la cui statua seduta, acefala, con l'iscrizione che ne esaltava l'opera, fu rinvenuta nella sala d'ingresso. Il gigantesco complesso di spogliatoi, corridoi, frigidaria, calidaria, sudatoria, dispone di impianti di riscaldamento talora assai ben conservati. Una iscrizione trovata nella latrina a pianoterra designa quale Paidiskeion la parte N dell'edificio termale, datata al I sec. d. C. e munita di un bel pavimento a mosaico con allegorie delle Quattro Stagioni nel tablinum.
Il tempio di Adriano è un semplice prostilo in antis in cui le parti architettoniche crollate, del vestibolo, hanno consentito di ricostruire la facciata col sussidio di poche integrazioni. L'architrave a tre fasce reca l'iscrizione secondo cui il tempio fu promesso nel 127 d. C. dall'asiarca Vedio Antonino Sabino e costruito da P. Quintilio Galeria. Il frontone, con arco al centro, ha la cosiddetta forma siriaca; dietro di esso, nella parete di fondo del vestibolo, sopra la porta della cella, era collocato un rilievo con una donna seminuda emergente da un calice d'acanto. La cella era coperta da una vòlta a botte e le pareti rivestite di marmo; la decorazione interna è scomparsa e solo una rozza muratura rivela il sito della statua di culto menzionata nell'iscrizione. Tra il 293 e il 305 d. C. furono poste dinanzi ai quattro sostegni della facciata le basi per le statue bronzee dei Tetrarchi. In luogo della base di Massimiano, la sola non pervenutaci, nel 392-93 d. C., ne fu posta un'altra con la statua del padre di Teodosio il Grande: ciò avvenne dopo una distruzione parziale del tempio riconoscibile anche per l'avvenuta sostituzione della base della colonna ad O. Allora fu anche reimpiegato, nelle ante e nella parete di fondo del vestibolo, il fregio figurato proveniente da altra costruzione, che riproduce episodî del mito della fondazione di E. tra cui l'uccisione del cinghiale per mano del fondatore Androclo. Su basi stilistiche è stata di nuovo accettata, contro l'ipotesi del Miltner, l'unità delle quattro lastre del fregio e proposta una datazione intorno al 390 d. C. (Fleischer). Rimane però problematico il corto lasso di tempo tra il primo ed il secondo impiego del rilievo.
Nel quartiere dell'Embolo, di fronte al tempio di Adriano e dietro il colonnato della strada dei Cureti, vi sono grandi abitazioni appoggiate a terrazze, sul pendio inferiore del. Bülbül Daǧ, usate dal primo periodo imperiale fino al bizantino (le case più tarde sono del IX-X sec. d. C.). Sono da notare due grandi case a peristilio centrale, di cui quella più occidentale ha notevoli pitture del I e II sec. d. C. (Socrate tra le Muse e scene di teatro) e dispone di una piccola terma. Altre case, abitate fino all'età più tarda della città, furono messe in luce tra il Pritaneo e l'Odeion.
Il Ninfeo di Traiano consiste in un bacino di raccolta oblungo con un pozzo largo appena m i, corredato su tre lati da una facciata a nicchie a due piani di diversa altezza (l'inferiore è più alto) decorati con statue di cui furono ancora rinvenuti importanti resti; nella nicchia centrale della parete di fondo si trovano ancora frammenti di una figura colossale, che, stando all'iscrizione del plinto rimasto, raffigurerebbe Traiano. Dalla titolatura imperiale il Ninfeo dovrebbe appartenere agli anni tra il 102 e il 114 d. C. Una riparazione tardo-antica è dimostrata dal rinvenimento di erme rozzamente lavorate, che il Miltner ascrive ad un coronamento ad attico della facciata decorata. Per la datazione di questo restauro il terminus post quem è il terremoto del IV secolo.
Del monumento di Memmio rimane solo uno zoccolo quadrato di rozzi blocchi: su di esso, con i resti architettonici rinvenuti, si è tentata la ricostruzione dell'alzato in forma di arco trionfale tetrapilo con la faccia posteriore diritta e tre facce con una nicchia ciascuna, sormontata da semicupola e fiancheggiata da due canefore danzanti in veste mossa, scolpite sui sostegni dell'archivolto. Sopra correva una trabeazione ionica coronata da un alto attico diviso mediante pilastri in cinque campi a rilievo figurato. Il fregio portava la seguente iscrizione votiva G. Memmio C.f(ilio), Sullae Felicis n(epoti) ex pequnia (....). Su basi prosopografiche e stilistiche il monumento è databile all'epoca della nascita di Cristo ed era presumibilmente un heroòn forse destinato a custodire l'urna con le ceneri di Memmio.
Il Pritaneo fu eretto nel cuore della città in età augustea come suggeriscono fonti epigrafiche e considerazioni stilistiche. Una costruzione più antica postulata dal Miltner non ha potuto esser provata. L'edificio è preceduto da un cortile con colonnato su 3 lati e uno zoccolo quadrato con bòthros al centro, ipotizzato dal Miltner quale base della statua colossale di Artemide qui rinvenuta; ma il bòthros fa piuttosto pensare che lo zoccolo servisse per un altare. Dietro il cortile è un vestibolo colonnato dorico (la cui parete di fondo è coperta d'iscrizioni riguardanti i Cureti), dal quale si accede ad una sala quasi quadrata posta non in asse, con pavimento lastricato e la base di uno zoccolo al centro, ai cui angoli interni furono poste nel III-IV sec. d. C. colonne cuoriformi con capitelli compositi. Un'iscrizione rinvenuta nei pressi, dove è menzionato un certo Artemidoro che eresse colonne, porta e statue in onore di ilestia Boulàia, chiarisce la dedicazione della sala; questa poteva aver servito per i conviti dei Pritani ed era cinta a N e a O da tre piccole stanze d'incerta destinazione. La costruzione subì parecchi mutamenti, ultimo l'inserimento tra le colonne della sala, di muretti in mattoni, forse fondazioni per banchi sostitutivi di quelli del Bouleutèrion distrutto nel frattempo. Nel nucleo di uno zoccolo quasi quadrato giacente dietro il vestibolo del Pritaneo, alcune fondazioni in calcare consentono di riconoscere la pianta di due naiskoi prostili, dell'alzato dei quali rimangono scarsi resti. Lo zoccolo poggia su di un'area lastricata in marmo (m 24 × 26), delimitata da colonnati ionici, di cui l'orientale è più alto a mo' di peristilio rodio. (Durante la costruzione della basilica dell'Agorà avvennero dei mutamenti e in relazione ad essi sta la posizione eccentrica del grande podio). Il Miltner ha interpretato questa costruzione, non del tutto fondatamente, come Altare di Stato ed ha proposto una datazione in età ellenistica. Senonché la costruzione specificamente romana del podio, direttamente congiunto alla parete posteriore del tèmenos, messa in rapporto con un passo di Cassio Dione (li, 20, 6) secondo cui nel 29 a. C. Ottaviano costruì in E. un santuario alla Dea Roma e al Divo Giulio, indicherebbe l'inizio del regime augusteo; sembra in realtà plausibile collegare all'evento del 29 a. C. un santuario tipicamente romano-occidentale eretto in una posizione preminente accanto al Pritaneo.
La piazza identificata già nel 1960 come Agorà civile (m 160 × 58) vide confermata questa sua presunta destinazione con la scoperta della basilica. Quest'ultima, eretta sul lato N della piazza ed aperta a S secondo il canone di Vitruvio (che vuole le basiliche nel luogo più soleggiato del Foro), consiste di una lunga parte centrale a tre navate e di due annessi a E e ad O (calcidica); la Basilica è delimitata a N da una parete di fondo e a S da una fila di colonne con capitelli ionici. La navata centrale è fiancheggiata da due file di colonne con capitelli ionici a testa di toro; il fregio della navata S portava sul lato esterno l'iscrizione relativa alla Basilica. Nel lastricato del peristilio bizantino della Basilica vennero alla luce due basi iscritte destinate alle statue del benefattore della città C. Sestilio Pollio e di sua moglie Ofilia Bassa; il fatto stesso li designa quali presumibili finanziatori della Basilica che è perciò databile tra il 4 e il 14 d. C., anche in base a reperti provenienti dagli strati, dello scavo relativi alla costruzione della Basilica. Sotto il livello augusteo dell'edificio si trovarono le fondamenta di due edifici di cui il più antico, forse di età lisimachea, giace sotto il cosiddetto Odèion e forse era un Bouleutèrion, ed il più recente giace esattamente sotto la Basilica. Ciò conferma l'impianto preromano di tutta l'Agorà civile. Nella Basilica, in età tardo-imperiale, furono inseriti dei sostegni tra i larghi intercolumnîni della navata centrale. Alla fine del IV sec. d. C. la Basilica fu bruciata ma non distrutta completamente; ciò avvenne intorno al 500 d. C. forse per terremoto e alcuni blocchi architettonici furono reimpiegati nella Chiesa di S. Giovanni. All'inizio del 1970 si rinvennero lungo l'asse E-O dell'Agorà le fondazioni di un periptero (6 × 10 colonne) forse dedicato ad una divinità egizia; in base alla ceramica rinvenuta, la costruzione sarebbe databile alla seconda metà del I sec. a. C.; ed è ipotizzabile un legame colla venuta a E. di Antonio e Cleopatra. Nell'ambito dell'Agorà sono infine da menzionare lo hydrekdochion, costruito nell'80-82 d. C. sotto il proconsole Lecanio Basso, e il Ninfeo di Pollione costruito in età tardo-augustea.
Museo. È stato aperto nel 1964 nel villaggio di Selçuk e contiene i rinvenimenti degli ultimi 15 anni di scavi. Di primaria importanza le tre statue di Artemide Efesia, di cui una colossale colla notevole composizione della testa; da notare inoltre le sculture dei Ninfei di Traiano e di Pollione, e dello hydrekdochion di Lecanio Basso, nonché le sculture e pitture delle case a terrazze sulla strada dei Cureti. Infine, gli originali delle lastre che compongono il fregio del tempio di Adriano e rinvenimenti ceramici nelle vetrine.
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