effetto
In D. è termine tecnico della dottrina della causa nella maggior parte delle occorrenze, e designa ciò che è prodotto dall'azione causale, il risultato e il compimento di essa.
Il latino effectus (da efficere), entrato abbastanza tardi nell'uso (da Cicerone e Varrone in poi), denotava originariamente sia l'atto del fare che il prodotto dell'atto; nel linguaggio filosofico, in correlazione a ‛ causa ', ha designato il prodotto della causa. Così il corrispondente volgare. E. denota la compiutezza, la perfezione del processo operativo, il raggiungimento del fine (cfr. Uguccione Derivationes, sub v. facio: " Item componitur efficio, etc. id est perfecte facere, scilicet perficere; unde effectus, us, ui, id est,. finis rei ").
È noto che l'azione causale può essere, secondo D., creativa (è quella di Dio) o, più generalmente, generativa e produttiva, sia che ci si riferisca all'influenza dei cieli che traggono dalla potenza della materia gli esseri in atto, sia che ci si riferisca all'operare umano o degli agenti naturali più semplici, comunque di esseri creati.
L'e. è proporzionale alla causa, è assimilato a essa, partecipa della bontà e della ricchezza della causa; in questo rapporto di dipendenza, totale o parziale, dalla causa nell'essere dell'e. consiste la relazione tra causa ed e., che tutte le dottrine filosofiche ‛ classiche ' note a D. (platonismo, aristotelismo, neoplatonismo, avicennismo) assumono a fondamento della spiegazione dell'essere e dell'ordine del mondo.
E. - Cagione. - I principi generali che reggono questo rapporto si possono leggere nel Convivio: da un lato (II IV 14) nullo effetto è maggiore de la cagione, per cui v. Arist. An. post. I 2, 72 a 27-30 e il commento di Tommaso, lect. VI n. 4 " Attendendum est autem circa hanc rationem quod causa semper est potior effectu suo "; dall'altro (III VI 11) ogni cagione infonde nel suo effetto de la bontade che riceve de la cagione sua (per la derivazione dell'idea dal Liber de Causis, v. CAGIONE) quindi (III II 5) ciascuno effetto ritegna de la natura de la sua cagione - sì come dice Alpetragio (cfr. B. Nardí, D. e Alpetragio, in Saggi di filosofia dantesca, Firenze 19672, 165) e IV XXIII 5-6 ciascuno effetto, in quanto effetto è, riceve la similitudine de la sua cagione, quanto è più possibile di ritenere. Onde, con ciò sia cosa che la nostra vita... ed ancora d'ogni vivente qua giù, sia causata dal cielo, e lo cielo a tutti questi cotali effetti, non per cerchio compiuto, ma per parte di quello a loro si scuopra (la nostra vita è un arco e non un cerchio perché e. del cielo che esso causa con parte del suo moto circolare, un arco, appunto, di circonferenza). Perciò, anche, multiplicata la cagione, multiplica l'effetto (IV IX 11; cfr. s. Tommaso Sum. theol. I II 73 6 Sed contra) e ciascuna cagione ama lo suo effetto (II VIII 4).
Ancora, a proposito del rapporto virtù-nobiltà, in IV XVIII 2 è detto che ogni... vertude... proceda da nobilitade sì come effetto da sua cagione. E fondasi sopra una proposizione filosofica, che dice che quando due cose si truovano convenire in una, che ambo queste si deono riducere ad alcuno terzo, o vero l'una a l'altra, sì come effetto a cagione; però che una cosa avuta prima e per sé non può essere se non da uno: e se quelle fossero ambedue effetto d'un terzo, o vero l'una de l'altra, ambedue avrebbero quella cosa prima e per sé, ch'è impossibile; e (§ 5) nobilitade... comprende ogni vertude, sì come cagione effetto comprende. In IV XI 6 D. afferma che nel sopravvenire delle ricchezze nulla distributiva giustizia risplende, ma tutta iniquitade quasi sempre, la quale inquitade è proprio effetto d'imperfezione: cfr. Tommaso I Sent. 3 4 2c " effectus proprius et immediatus oportet quod proportionetur suae causae ". In Cv II X 6 speziale effetto è conseguenza propria di una causa, nel caso, di una disposizione d'animo: E non è pietade quella che crede la volgar gente, cioè dolersi de l'altrui male, anzi è questo suo speziale effetto, che si chiama misericordia ed è passione; ma pietade non è passione, anzi è una nobile disposizione d'animo, apparecchiata di ricevere amore, misericordia e altre caritative passioni.
E. dell'Azione Divina. - In Pd XXIX 28 si attribuisce a Dio un triforme effetto: la materia, le Intelligenze (puri atti) e i cieli, composti indissolubili di materia e forma; solo queste tre realtà hanno origine direttamente da Dio. E poiché la materia non è compiutamente ‛ essere ' anche se deve avere una sua realtà (in quanto in atto imperfetto, in attesa che la sua ‛ speziale cagione ' la porti alla pienezza della forma), primi effetti di Dio, compiutamente in atto, sono i cieli e le Intelligenze (Pg XI 3). Folco di Marsiglia, in Pd IX 107 designa con cotanto effetto (così nelle edizioni della '21, del Casella e di commentatori recenti; ma affetto nell'ediz. Petrocchi; cfr. ad l.) la creazione nella sua totalità (per e. creatura di Dio: v. Pg XVII 111) di cui nel cielo si contempla l'arte divina (cioè l'artefice, Dio): giacché, se la creazione è portata a compimento dalla causalità mediata dei cieli, causa prima di tutto è pur sempre Dio; in tal senso D. scrive (Cv III VIII 1): Intra li effetti de la divina sapienza l'uomo è mirabilissimo: l'uomo è e. ‛ mediato ' di Dio.
In Cv III XII 8, D. scrive: Lo sole tutte le cose col suo calore vivifica, e se alcuna ne corrompe, non è de la 'ntenzione de la cagione, ma è accidentale effetto: così Iddio tutte le cose vivifica in bontade, e se alcuna n'è rea, non è de la divina intenzione, ma conviene quello per accidente essere [ne] lo processo de lo inteso effetto: per il valore di inteso (" voluto ") e quindi, qui, di intenzione (" scopo cui si mira "), cfr. B. Nardi, Se la prima materia, in D. e la cultura medievale, Bari 19492, 242 ss. D., comparando l'azione del sole a quella di Dio, distingue un e. ‛ voluto ' che quindi è nell'ordine e nella finalità intrinseca della causa, e un e. accidentale, non voluto, cui non è ordinata la causa; Aristotele (Metaph. VI 2, 1026b 27 ss.) distingue gli esseri che sono per necessità o per lo più, di cui si dà scienza perché ne sono conoscibili le cause, dagli esseri accidentali, che non sono per necessità né per lo più una, ‛ per caso ' e non hanno delle ‛ cause ' propriamente e quindi di essi non v'è scienza. " Id quod est per accidens, non est proprie ens neque unum. Omnis autem naturae actio terminatur ad aliquid unum. Unde impossibile est quod id quod est per accidens, sit effectus per se alicuius naturalis principii agentis " (Sum. theol. I 116 1 C). Una causa è tale in ordine all'e. per se, cioè all'e. cui è ordinata, non a un eventuale e. per accidens, causale, cui non è ordinata: " virtus causae existimatur secundum effectum per se: non autem secundum effectum per accidens " (Sum. theol. I II 20 5 ad 1).
E. dei Cieli. - Secondo D. la generazione nel mondo sublunare è prodotta dall'azione dei cieli, i quali agiscono in conformità alla loro natura distribuendo (‛ partendo ') la bontà del Creatore: Cv II VIII 4 Con ciò sia cosa che amore sia effetto di queste intelligenze [del terzo cielo, il quale ne è l'organo] a cu' io parlo, e 5 lo effetto di costoro è amore, com'è detto; XIII 22 l'accendimento di questi vapori significa morte di regi... però che sono effetti de la signoria di Marte; Pd XVIII 117 mi dimostraro che nostra giustizia / effetto sia del ciel che tu ingemme (la giustizia umana è e. del cielo di Giove). Gl'influssi celesti sono preordinati da Dio: Se ciò non fosse, il ciel che tu cammine / producerebbe sì li suoi effetti, / che non sarebbero arti, ma ruine (VIII 107), cioè diversamente i cieli sarebbero causa di disordine. In Cv IV XXI 7 si afferma che la disposizione del Cielo a questo effetto puote essere buona, migliore e ottima: l'e. sarà condizionato dalla particolare disposizione del cielo nel momento e nella situazione astronomica in cui esercita la sua azione causale. In Pd VIII 123 Dunque esser diverse / convien di vostri effetti le radici: / per ch'un nasce Solone e altro Serse: la diversità delle capacità umane nell'espletamento di funzioni sociali diverse (effetti) sono frutto di disposizioni diverse (radici) indotte negli uomini dall'influsso dei cieli.
E. Naturale. - In Cv III VIII 22 Costei pensò chi mosse l'universo [cfr. Amor che ne la mente 72], cioè Dio, per dare a intendere che per divino proponimento la natura cotale effetto produsse: la ‛ donna ' è stata prodotta dalla natura per uno speciale decreto divino; ma, secondo D., tutto ciò che si realizza in natura dagli agenti naturali univoci è riconducibile ultimamente a Dio: cfr. Cv II VIII 6 Sì come la natura umana transmuta, ne la forma umana, la sua conservazione di padre in figlio, perché non può in esso padre perpetualmente [ta]l suo effetto conservare. Dico ‛ effetto ', in quanto l'anima col corpo, congiunti, sono effetto di quella. In IV XXIII 7 l'umido radicale [è] meno e più... e più ha durare [in uno] che in uno altro effetto - lo qual è subietto e nutrimento del calore, che è nostra vita.
E. e Conoscenza. - In due modi l'e. si pone in rapporto alla conoscenza secondo D.: o esso è conosciuto nella sua causa, giacché, si è visto, " l'effetto è nella cagione ", o è via alla conoscenza della causa. In Cv III XII 11 si afferma: Ché avvegna che Dio, esso medesimo mirando, veggia insiememente tutto; in quanto la distinzione de le cose è in lui per [lo] modo che lo effetto è ne la cagione, mentre in VI 5 si legge che ogni Intelletto conosce... Iddio sì come sua cagione, conosce quello che è sotto sé sì come suo effetto; e però che Dio è universalissima cagione di tutte le cose, conoscendo lui, tutte le cose conosce in sé, secondo lo modo de la Intelligenza: le cose del mondo sublunare sono conosciute dalle Intelligenze celesti perché ne sono causa, ma sono conosciute anche in Dio che ne è la prima causa.
Dall'altra parte, D. afferma che tutto ciò che è principio o ha sua ragione di principio, non essendo suscettibile di dimostrazione, va meglio provato a posteriori e quindi risalendo dagli effetti alla causa; in ciò segue Aristotele (An. post. I 2, 72a 1-5, e Metaph. IV 6, 1011a 13): Cv IV X 6 ché la diffinizione de la nobilitade più degnamente si farebbe da li effetti che da' principii, con ciò sia cosa che essa paia avere ragione di principio, che non si può notificare per cose prime, ma per posteriori (si è visto che la nobiltà è la radice - il principio - di ogni altra virtù per D.); XVI 9 Dico adunque che, con ciò sia cosa che in quelle cose che sono d'una spezie, sì come sono tutti li uomini, non si può per li principii essenziali la loro ottima perfezione diffinire, convieni quella e diffinire e conoscere per li loro effetti. Uno degli argomenti addotti dal poeta nella comparazione fra cielo stellato e Metafisica è che alla conoscenza delle stelle come delle ‛ prime sustanzie ' oggetto della Metafisica, si procede dagli e.: II XIV 8 con ciò sia cosa che la Galassia sia uno effetto di quelle stelle le quali non potemo vedere, se non per lo effetto loro intendiamo quelle cose, e la Metafisica tratti de le prime sustanzie, le quali noi non potemo simigliantemente intendere se non per li loro effetti, manifesto è che 'l Cielo stellato ha grande similitudine con la Metafisica. Il procedimento dagli e. alla causa è quindi a fondamento della conoscenza di Dio, ma anche delle sostanze separate e della prima materia: III VIII 15 quando dico: Sua bieltà piove fiammelle di foco [cfr. Amor che ne la mente 63], ricorro a ritrattare del suo effetto, poi che di lei trattare interamente non si può. Onde è da sapere che di tutte quelle cose che lo 'ntelletto nostro vincono, si che non può vedere quello che sono, convenevolissimo trattare è per li loro effetti: onde di Dio, e de le sustanze separate, e de la prima materia, così trattando, potemo avere alcuna conoscenza: IV XXII 13 questa parte in questa vita perfettamente... lo suo uso avere non puote - lo quale [è ved]ere [in s]é Iddio ch'è sommo intelligibile -, se non in quanto considera lui e mira lui per li suoi effetti.
Più generalmente, D. fa spesso ricorso a espressioni che si richiamano, anche analogicamente, a questa dottrina, come ‛ provare per e. ' (Cv IV XIII 16 E per questo effetto intende di provare lo testo che elle [ricchezze] siano fiume corrente di lungi dalla diritta torre de la ragione); ‛ mostrare lo e. ' (II VII 11 mostro la potenza di questo pensiero nuovo per suo effetto) ‛ dimostrarsi per e. ' (Pg XVIII 53 la specifica virtù dell'anima separata dal corpo non è sentita se non in atto, né si dimostra mai che per effetto, / come per verdi fronde in pianta vita; ma anche Cv II IV 12 Per che si conchiude che troppo maggior numero sia quello di quelle creature [cioè le Intelligenze] che li effetti non dimostrano [si veda Pg VI 138 S'io dico 'l ver, l'effetto nol nasconde]; cfr. § 8 maggiore numero esser le creature sopra dette, che non sono li effetti che [da] li uomini si possono intendere); ‛ mostrare gli e. ' (IV XXIV 7 questa nobilitade... diversamente mostra li suoi effetti ne l'anima nobilitata); ma si veda il nominare dall'e. di Vn XLI 3 Ne la prima [parte] dico ove va lo mio pensero, nominandolo per lo nome d'alcuno suo effetto (cfr. Cv II VII 7 dico l'effetto di questo pensiero, a dare a intendere la sua dolcezza). Alla conoscenza degli e. (e quindi dagli e.) vanno riportate altre due occorrenze: Cv II VI 3 la novitade de la mia condizione, la quale, per non essere da li altri uomini esperta, non sarebbe così da loro intesa come da coloro che 'ntendono li loro effetti ne la loro operazione (come invece comprendono a fondo gli e. del loro operato), e IV X 8 conchiudo... l'animo diritto non mutarsi per loro [cioè delle ricchezze] transmutazione; che è pruova di quello che detto è di sopra, quelle [le ricchezze] essere da nobilitade disgiunte, per non seguire l'effetto de la congiunzione: se le ricchezze fossero congiunte alla nobiltà, si avrebbe come e. che l'animo nobile si trasmuterebbe con esse; dal momento che questo e. non segue, si deduce che la congiunzione ricchezze-nobiltà non c'è stata.
Altre occorrenze. - Al di fuori di un preciso contesto dottrinale, e. occorre spesso col valore di " risultato ", " finalità ultima ", " conseguenza " e simili: Vn XXXIV 4 effetti d'Amore; nobiltà e virtù morale importano lode (un e.) di colui di cui si dicono: per che in medesmo detto / convegnono ambedue, ch'en d'uno effetto (Cv IV Le dolci rime 95 glossato in XVIII 3 cioè lodare e rendere pregiato colui cui esser si dicono); colui che riceve la buona fama di un amico non solo l'accoglie, ma 'l suo riportamento, sì qu[as]i suo effetto, procura d'adornare, adorna, ingigantisce la fama come se fosse suo prodotto (I III 9); la statua che tramanda la memoria di un uomo valente produce in coloro che la vedono l'e. di ricordarne il valore e si dissimiglia ne lo effetto molto dal malvagio discendente dello stesso uomo valente (IV XXIX 5), il quale suscita invece pensieri che ne sminuiscono il valore; l'alto effetto, la nascita di Roma (lf II 17); Ugolino è preso e ucciso per l'effetto de'... mai pensieri dell'arcivescovo Ruggieri (XXXIII 16); Davide, in Paradiso, conosce il merto del suo canto, / in quanto effetto fu del suo consiglio (Pd XX 41); nullo effetto mai razïonabile / ... sempre fu durabile (XXVI 127), nessun prodotto della ragione umana fu durevole per sempre; Dio dota di grazia le anime a suo piacere, e qui basti l'effetto (XXXII 66), cioè il fatto, il ‛ quia ', che è, ovviamente, l'e. del volere divino; Rime LXXXIII 119 né 'l sole [si duole] per donar luce a le stelle, / né per prender da elle / nel suo effetto aiuto: si tratta dell'aiuto che le stelle danno al sole nel produrre il suo e., cioè la luce; cfr. anche XC 40 e 45.