EGIDIO da Perugia (Aegidius Spiritalis)
Nacque, forse a Deruta presso Perugia, nella seconda metà del sec. XIII.
Le notizie biografiche su di lui sono alquanto scarne. Il Pellini, nella sua Historia di Perugia, lo dice originario di Deruta, mentre nelle fonti è semplicemente denominato "clericus Perusinus" e "decretorum doctor". Quest'ultimo titolo compare per la prima volta in un breve di Clemente V del 1308, che concede a E. un beneficio ecclesiastico con rendita annua non eccedente i 100 fiorini d'oro. Probabilmente E. si era addottorato a Bologna: egli stesso infatti si dichiara allievo del canonista Guido da Baisio, l'"arcidiacono" bolognese, dal quale derivano non poche enunciazioni presenti nel suo trattato sul potere temporale dei pontefici e al quale non è escluso siano legate alcune sue vicende personali. Nel 1311, infatti, E. si trovava ad Avignone - ove il Baisio era "litterarum contradictarum auditor" - con l'incarico di patrocinare gli interessi di Perugia contro i ghibellini di Todi e di Spoleto. Nel 1312 fu nominato vescovo di Perugia il domenicano lucchese Francesco Poggi, che fu preferito al canonico locale Boninsegna e a Guido da Baisio. Non è possibile determinare se e quanto il successo del Poggi sia in relazione con le vicende di cui abbiamo notizia in un breve di Giovanni XXII del io maggio 1326, in cui E. viene autorizzato a recedere da un giudizio da lui promosso contro il Poggi, sulla base di non meglio precisate accuse per le quali non era stato in grado di produrre testimonianze. Qualunque fosse la causa del dissidio, è certo che i rapporti tra i due non dovettero migliorare nel tempo, se nel 1329 Giovanni XXII conferi ad E. un canonicato in diocesi di Todi con obbligo di rinuncia al beneficio di cui era titolare nella diocesi perugina.
Questa del 1329 è l'ultima notizia che le fonti ci forniscono su E.; si ignora la data della sua morte.
Né può esserci d'aiuto, per ulteriori dati biografici, l'unica opera che di E. ci resta, per la quale non è possibile stabilire con sicurezza la data di composizione. Infatti, nel Libellus contra infideles et inhobedientes et rebelles Sancte Romane Ecclesie ac summo pontifici, che E. sottopose all'attenzione e all'approvazione di Giovanni XXII, morto nel 1334, si fa riferimento al processo promosso da questo contro i Visconti nel 1323 e lo spirito accesamente polemico dell'autore lascia intendere che egli scriveva in un momento in cui le forze anticuriali legate all'imperatore Ludovico il Bavaro erano tutt'altro che debellate; il che consente di presumere, ma nulla più, il Libellus composto a cavallo tra la seconda e la terza decade del sec. XIV.
Con il trattato E. si propone di rispondere alla domanda se al papa spetti la plenitudo potestatis, cioè se il pontefice abbia titolo ad esercitare la propria potestas non solo "in spiritualibus", ma anche "in temporalibus". La posizione di E. non dà adito a dubbi e la sua vis polemica ed appassionata si rivolge non tanto, o non solo, contro gli anticurialisti, ma anche contro quei canonisti che, pur legati alla Curia, nel secolo precedente avevano sostenuto la legittimità dell'intervento papale negli affari temporali soltanto per i casi in cui sussistesse il rischio di compromettere la salute spirituale dei laici. Una posizione, questa, che nella sua volontà di mediazione non. soddisfa affatto E., che è invece uno strenuo assertore della plenitudo potestatis e della potestas directa, e si avvale di argomentazioni mutuate dal diritto canonico e civile, dalla Sacra scrittura, dalla naturalis ratio aristotelica e dalla donazione costantiniana. Per E. il papa, in quanto vicario di Cristo, è, come questo, signore di tutto il laicato; l'imperatore, invece, è vicario non di Cristo ma del papa, e non deriva, come vorrebbero gli anticurialisti, il proprio potere direttamente da Dio.
La dipendenza da Guido da Baisio non potrebbe essere più diretta ed immediata, e come questi nel Tractatus super haeresi et aliis aveva difeso la memoria di Bonifacio VIII dall'accusa di eresia mossagli al tempo di Clemente V, cosi E. esalta la figura di Innocenzo III e di papa Caetani, stigmatizzando i danni prodotti dalla bolla Meruit di Clemente V che legittimava le aspirazioni autonomistiche della Francia. Peccano pertanto mortalmente i regnanti di Francia, Inghilterra e Spagna quando pretendono di misconoscere la supremazia papale, dal momento che il pontefice ha piena giurisdizione non solo sui cristiani, ma anche sui saraceni, gli infedeli e gli scismatici, sia "in spiritualibus" sia "in temporalibus", poiché gli uomini tutti fanno parte "per creationem" del gregge che Cristo affidò a Pietro. Ne consegue che il papa ha pieno titolo ad intromettersi negli affari di Milano e nell'elezione dell'imperatore tedesco.
Anche il diritto civile conforta E. nel proprio asserto, quando afferma che "religioni cedit imperiuni" ed "ecclesia est mater imperfi". E tipico della libellistica curiale è il ricorso ad argomentazioni basate sulla "naturalis ratio" di ispirazione aristotelica, per le quali se la monarchia è per definizione governo di uno solo, non possono esistere due monarchi, l'uno "in temporalibus", l'altro "in spiritualibus"; e per E. è inoppugnabile che l'uffico monarca sia il pontefice, non potendo l'imperatore governare le cose spirituali.
Le argomentazioni addotte non si distaccano per originalità da quanto reperibile in altri trattati filocuriali del XIII e XIV secolo e la singolarità di E. non è enucleabile dalla congerie di citazioni canonistiche, civilistiche, bibliche, e filosofiche, ma dal tono accesamente polemico che traspare soprattutto nei repentini accenni alla realtà storica antecedente o contemporanea. Infatti, non sono tanto le "auctoritates" a confortarlo nel proprio assunto, quanto le tragiche vicissitudini di coloro che perseguitarono la Chiesa: Enrico IV, Federico II e tutti gli altri imperatori che osarono ribellarsi al pontefice e lo combatterono furono tutti, come lo Svevo, sterminati insieme alla loro progenie. Il testo dei Libellus, conservato a Parigi, Bibl. nat., Fonds Lat. 4229 (sec. XIV), ff. 114-122, fu pubblicato da R. Scholz, Urbekannte kirchenpolitische Streitschriften aus der Zeit Ludwigs des Boyern (1327-1354), II, Texte, in Bibliothek des Kgl. Preuss. Histor. Instituts in Rom, X (1914), pp. 105-129.
Fonti e Bibl.: Regestum Clementis papae V ex Vaticanis archetypis … nunc primum editum cura et studio monachorum S. Benedicti. Annus tertius, Romae 1886, pp. 204 s. n.3111; Jean XXII (1316-1334). Lettres communes…, a cura di G. Mollat - G. de Lesquen, VI, Paris 1912, n. 25256; IX, ibid. 1928, n. 47163; P. Pellini, Dell'historia di Perugia, Venetia 1664, p. 374; R. Scholz, Unbekanntekirchenpolitische Streitschriften…, cit., I, Analysen, in Bibliothek…, cit., IX (1911), pp. 43-49; W.D. McCready, Papal "plenitudo potestatis" and thesource of temporal authority in late medieval papalhierocratric theory, in Speculum, XLVIII (1973), pp. 654 n. 1, 658, 659 n. 26, 663 nn. 36, 39; C. Dolcini, Marsilio e Ockham. Il diploma imperiale "Gloriosus Deus", la memoria politica "Quoniamscriptura", il "Defensor minor", Bologna 1981, p. 100 n. 228; Repertorium fontium historiae MediiAevi, II, pp. 135 s.