DABBENI, Egidio
Nacque il 27 febbr. 1873 a Fiumicello (Brescia) da Paolo e Angela Pasolini. Il padre, che ebbe su di lui molta influenza per il gusto dell'arredo ed il minuzioso studio dei particolari, era falegname: aveva un avviato laboratorio ed insegnava ebanisteria all'istituto Piamarta di Brescia. Studiò ingegneria a Padova, poi si recò a Roma per perfezionarsi nell'architettura. Ritornato a Brescia, iniziò molto presto una infaticabile e continua attività che lo vide impegnato fino alla morte, dapprima in collaborazione con il geometra Francesco Moretti, poi con il figlio Mario e successivamente anche con i nipoti.
Morì a Brescia il 2 giugno 1964.
Il suo lavoro di progettazione si svolse interamente a Brescia e nella provincia bresciana ad eccezione dell'incarico per gli stabilimenti Dalmine Franchi a Dalmine e del concorso per lo stadio-velodromo di Bordeaux che lo impegnò poi, come vincitore, nella realizzazione con vasto impiego di prefabbricati.
Membro effettivo dell'Ateneo di Brescia dal 1908, membro della Deputazione all'ornato, insegnante e commissario per il riordino della scuola professionale di arti e mestieri "Moretto" di Brescia, fu calcolatore di cementi armati per la Società bresciana cementi e costruzioni, collaboratore alla rivista L'Architettura italiana (1903-4) dove pubblicò alcuni progetti, scrisse articoli e relazioni per l'Esposizione bresciana del 1904, memorie tecniche sull'uso del cemento armato; prese posizione contro la demolizione delle mura cittadine con un intervento su Il Piccolo di Brescia (11 marzo 1926) e, nello stesso giornale, svolse una polemica con Ugo Ojetti in difesa dell'impiego del botticino per il Vittoriano di Roma, allineandosi alla posizione di Zanardelli. Fu considerato esemplare il suo restauro alla sede della Banca S. Paolo di Brescia (1924).
Nonostante l'archivio sia andato in parte distrutto e per il rimanente disperso, l'elenco delle sue opere accertate è molto vasto e comprende quasi tutti i temi dell'ingegneria e dell'architettura, dalle ville residenziali alle case operaie ed ai palazzi cittadini, dagli stabilimenti industriali agli impianti sportivi, alle scuole, alle chiese, dai monumenti funerari e dai cimiteri alle derivazioni elettriche, dighe, centrali, canali, dagli acquedotti, fognature, strade alla carpenteria metallica, ai contenitori per materiali, agli stucchi, alle decorazioni.
La sua versatilità nell'affrontare i temi più svariati lo portò ad una estrema variabilità anche nelle forme espressive che, dopo una vivace partenza con la casa Migliorati in via Trento (1898), nella quale sperimentò il linguaggio liberty, ed un passaggio attraverso esperienze neorinascimentali nel palazzo Togni in via Dante (1906) e neobarocche nella casa Pisa di via Solferino (1911-12), Si consolidarono solo più tardi in un suo stile, peraltro già apparso fin dall'inizio, molto essenziale e teso a risolvere problemi ed aspetti ingegneristico-strutturali.
Per una cronologia delle sue opere più importanti, iniziando dalla già citata casa Migliorati, una delle prime costruzioni in cemento armato realizzate in Brescia, si possono indicare la casa Capretti in via Gramsci (1899) e gli stabilimenti Franchi del 1902, anno che lo vide impegnato anche nei restauri del Broletto; nel 1903, oltre alla realizzazione dei capannoni Togni in via Rosa, progettò stands e chioschi per la grande Esposizione bresciana dell'anno successivo; del 1904sono il calzificio Ambrosi in via Solferino, la casa in via Monte Suello angolo via Chiassi ed il progetto per la ferrovia Vobarno-Caffaro; progettò poi la sede per la Società elettrica bresciana in via Leonardo da Vinci, le ville a Chiari e Bovezzo (1905-07) e nel 1906 restaurò la casa del Carmagnola (palazzo Togni) in via Dante. Negli anni dal 1907 al 1909 la collaborazione con l'impresa Pisa portò alla realizzazione del palazzo Pisa di corso Magenta e di quello in angolo con via Crispi; sempre del 1909 è la casa Negri di via Calatafimi 7; del 1910 sono gli edifici per le industrie Togni e Metallurgica Tempini in viale Italia e via Rosa e il contributo alla progettazione delle case popolari di via Volturno e di Campo Fiera. Entro la fine dell'anno 1915 stese ancora progetto relativo alle case Pisa di via Ferramola (1911), le case Pisa di via Solferino (1911-12), le case per le Ferrovie dello Stato in via Verona (1912), casa e scuola comunale a Cizzago (1914), i villini di via Tommasco per l'impresa Pisa (1912-14), il serbatoio dell'acqua di Rovàto. Del 1915 è lo stabilimento Tempini (poi ampliato nel 1941); tra il 1915 ed il '20. Si collocano ancora lo stabilimento Franchi a Sant'Eustachio (1917), lo stabilimento Tassara a Breno (1919), l'inizio della collaborazione con i Beretta per i quali costruì lo stabilimento e la villa a Gardone Val Trompia dal 1920, cui fanno seguito ampliamenti e modifiche nel 1925 e nel 1939, le scuole comunali di Castenedolo (1919-21), il palazzo Bortolotti in viale Venezia 20 (1920), la casa Cornetti in viale Stazione (1920) ed il palazzo Folonari in via Corsica (1920).
Tra il 1920 ed il 1930 progettò l'Opera Pavoniana con la chiesa dell'Immacolata, restaurò la sede della Banca S. Paolo (1924) ripresa successivamente nel 1946 dopo i danni prodotti dalla guerra, intervenne con restauri ed adattamenti murari nonché con arredi nella sede della Camera di commercio in corso Mameli (1925) e progettò la chiesa di Villanuova (1930). Del 1931 è il palazzo Togni di piazza della Repubblica con il paramento di pietra bugnata a spacco che già aveva caratterizzato molte sue opere, ma che qui assume grande importanza per la sua estensione su quasi tutte le facciate; del 1932 è l'albergo Vittoria in via X Giornate, che lo vide in polemica con il Piacentini, e, sempre del 1932, l'adiacente palazzo delle Industrie bresciane; nel 1936-38 progettò il neoclassico altare della chiesa parrocchiale di Pisogne, per la quale rifece anche il pavimento; del 1939 è la centrale di Isola e del 1939-40 l'ampliamento della sede della Società elettrica bresciana.
A questo lungo elenco di progetti e di realizzazioni sono ancora da aggiungere nel settore residenziale: la villa Gussalli in via Monte Suello, la villetta in via S. Bartolomeo 48, la casa Franchi in via Santa Croce, il palazzo Beretta in via Vittorio Emanuele, la villa Galassini a Gardone Riviera, la villa Zanella in via Boifava, le ville Pasotti tra via Trento e S. Eustachio, il villaggio Pisa in via Tommaseo, il villaggio Pasotti in via S. Rocchino, la villa Frassine a porta Venezia e la villa Dabbeni (oggi della Torre) a Bovegno, residenza della famiglia per molti anni, nella quale vennero reimpiegati materiali ricavati dalle demolizioni del centro di Brescia (piazza della Vittoria, 1930) e forse le trasformazioni nella residenza sull'isola Beretta nel lago d'Iseo.
Tra gli impianti industriali significativi, sono ancora da ricordare lo stabilimento per la Tubi Togni (oggi A.T.B.), quello per la Brixia Zust (oggi demolito), Feltri a Marone, Dolomite a Marone, Elettrodi a Forno Allione, Redaelli.
In altri settori sono da menzionare le varie derivazioni per gli stabilimenti, la centrale idroelettrica di Cedegolo, particolarmente interessante per la sua architettura strettamente funzionale ed il progetto esecutivo per il canale navigabile Pedemontano in opposizione al programma di navigabilità del Po.
Fonti e Bibl.: Gardone Val Trompia (Brescia), Archivio dell'industria Beretta; Breno (Brescia), Arch. dell'industria Tassara; Brescia, Arch. dell'impr. Pisa e della Soc. elettrica bresciana (ora Enel), carte non catalogate; Castenedolo (Brescia), Archivio del Comune, cartella Scuole elementari; Pisogne (Brescia), Archivio parrocchiale, carte non catalogate; Brescia, Archivio della Soprintendenza ai Beni ambientali ed architettonici per le province di Brescia, Cremona e Mantova, fasc. 374 (pal. Mercanzia in corso Mameli), fasc. 381 (pal. Martinengo, ora Banca San Paolo). Necrol. in Commentari dell'Areneo di Brescia, CLXIII (1964), pp. 323 ss.; L. Costanza Fattori, L'archit. dei secoli XIX e XX, in Storia di Brescia. IV, Brescia 1961, pp. 901 ss.; C. Panazza, Il volto stor. di Brescia nei secoli XIX e XX, ibid., pp. 1178 ss.; F. Robecchi, Il Liberry e Brescia, Brescia 1981, pp. 59 s.; 73, 82 s.; 88 s.; 91, 95-101, 105, 123 s.; 137, 155, 176 (con ill.).