DELFINI, Egidio
Non ci è nota la data della sua nascita, che deve tuttavia porsi, tenendo conto della sua successiva carriera, in un'epoca anteriore al 1440. Le fonti francescane lo dicono nato ad Amelia, in provincia di Terni, ed egli sembra aver considerato il convento francescano di Amelia come il suo convento d'origine.
La presenza del D. si fece preminente nella vita dell'Ordine sotto il pontificato di Alessandro VI: questi, infatti, lo favorì e sostenne i suoi tentativi di riforma della famiglia principale dell'Ordine francescano e di repressione nel medesimo tempo delle tendenze separatiste degli osservanti - linea d'azione che avrebbe da ultimo portato il D., allora ministro generale, ad un aspro conflitto con l'Osservanza e i suoi sostenitori -. Il 18 marzo 1493 il D. figura come custos del convento francescano di Assisi; l'anno successivo fu eletto provinciale della provincia umbra, carica che ricoprì fino al 1497, quando divenne "ministro della provincia d'Oriente" e "procuratore generale nella Curia romana", secondo l'espresso desiderio di Alessandro VI. Lo stesso papa lo nominò allora vicario generale del vescovo di Terni, con diritto di successione, ma, prima che questa nomina divenisse effettiva, il D. fu eletto quarantesimo ministro generale dell'Ordine francescano nel capitolo generale che si tenne a Terni l'11 ott. 1500.
Come provinciale e come vicario generale dalla morte di Francesco Sansone, avvenuta il 16 ott. 1499, il D. aveva dato prova di essere uomo abile, intelligente e risoluto, anche se mancante - per quanto è dato giudicare - del tatto necessario nell'affrontare le varie aspirazioni di riforma e i vari orientamenti all'interno dell'Ordine. Il cronista francescano Nicholas Glassberger (il quale proveniva dalle file degli osservanti) è largamente responsabile della sfavorevole immagine del D. che ha prevalso finora. Il Glassberger fu aspramente ostile al nuovo generale, che condannava come persona decisa a distruggere l'Osservanza. Il D., al contrario, riteneva necessaria una riforma della famiglia principale dell'Ordine, nella speranza di prevenire l'altrimenti inevitabile divisione di quest'ultimo in due ordini separati.
Arrivò tuttavia troppo tardi, secondo alcuni storici francescani, per porre rimedio alla situazione. Egli combatté una battaglia persa in partenza; la sua politica generava diffidenza ed egli trovava scarsi sostegni dall'una e dall'altra parte: gli osservanti lo vedevano come una minaccia alla loro indipendenza, mentre i conventuali si risentivano per la sua indulgenza nei confronti dei ribelli osservanti. Cosicché il periodo in cui ricoprì la carica di ministro generale (1500-1506) confermò semplicemente l'inevitabilità della spinta verso la divisione. Già prima della sua elezione, quando nel 1490-1500, era vicario dell'Ordine, egli aveva suscitato qualche risentimento, allorché con l'autorità di Alessandro VI aveva soppresso parecchi conventi femminili francescani in Arezzo e nei suoi dintorni, forzando le suore a entrare in altri conventi, riformati sotto il suo controllo. Come generale, il D. continuò questa politica, che ricevette un riconoscimento esplicito nell'enciclica da lui inviata a tutti i membri dell'Ordine il giorno della sua elezione, l'11 ott. 1500, come pure in un nuovo corpo di statuti, gli Statuta alexandrina, che Alessandro VI ratificò dopo averli sottoposti all'esame del viceprotettore dell'Ordine francescano, il card. Jorge Costa, e del card. Antoniotto Pallavicini, ed aver ricevuto la loro approvazione il 13 marzo 1501. Nel medesimo tempo il D., come ministro generale dell'Ordine, dimostrò un considerevole favore per il suo convento originario e la chiesa e il convento francescani di Amelia godettero allora di un breve periodo di prestigio e di prosperità.
Già quand'era ministro della provincia dell'Umbria aveva cominciato a favorire il suo antico convento; divenuto generale, ne iniziò il restauro "come documentano le lapidi del chiostro e l'iscrizione sulla porta dell'ingresso al convento stesso" (L. Canonici).
Il 7 apr. 1501 il D. dette inizio a una serie di viaggi, durante i quali, nei successivi cinque anni, avrebbe cercato di rafforzare le costituzioni. di spezzare l'indipendenza dell'Osservanza e delle famiglie minori e tentato di ricostituire un unico, unificato Ordine francescano. Da Terni si recò a Roma, poi visitò l'Osservanza francescana di S. Salvatore a Firenze: cercò di chiudere questa istituzione e di rinviare i frati alla famiglia dei conventuali, ma senza successo. Riprese poi il suo viaggio verso la Spagna, traversando i Pirenei. In Spagna entrò in conflitto con l'arcivescovo di Toledo Francisco Ximénez; de Cisneros, il quale, sostenendo l'Osservanza, stava tentando di raggiungere un obiettivo contrario a quello che perseguiva il ministro generale. Il D. non riuscì a ottenere l'appoggio di Ferdinando ed Isabella contro lo Ximénez: non fu perciò in grado di portare a termine che ben poco del suo piano originario.
Si riportò quindi in Francia, ove restò qualche tempo ma senza ottenere grandi risultati eccetto che in Parigi. Qui riuscì infatti ad introdurre alcune riforme nella grande e prestigiosa casa dei "cordeliers". Con la collaborazione di Bonifacio de Ceva, personalità di spicco del riformismo coletino, il D. portò avanti il suo programma di riforma tramite riunificazione nel Sud della Francia e in Borgogna. Bonifacio difese il ministro generale dalle accuse dei suoi critici e ne lodò la "esteriore umiltà: nudis semper pedibus cum socculis [zoccoli]..." (in Studi francescani, XVII [1945], p. 140). Nel 1502 egli aveva compilato un nuovo corpo di statuti per lo Studio dell'Ordine a Parigi, che aveva sede appunto in quel convento. Tuttavia non riuscì ad evitare il definitivo passaggio dei convento e dello Studio agli osservanti, che godevano dell'appoggio del card. Georges d'Amboise. Durante questo periodo e nel tentativo di guadagnare appoggi contro il d'Amboise e Olivier Maillard, esponente degli osservanti, inviò il 26 genn. 1502 lettere di fratellanza "ad patres conscriptos parlamenti Parisiensis". Da Parigi il 7 genn. 1503 il D. spedì varie commissioni per riformare case di frati e di suore nella Francia settentrionale. Tuttavia la sua battaglia contro i separatisti osservanti del Nord della Francia e dei Paesi Bassi non ebbe successo, ed il 28 ed il 30 marzo 1503 egli dovette concedere un certo numero di privilegi, inclusi alcuni del 30 marzo diretti specificamente a Jean Standonck, professore alla Sorbona e influente sostenitore dell'Osservanza.
Tornato in Spagna, il D. convocò una assemblea generale di tutti i francescani a Saragozza, il 5 ag. 1503. Da una lettera da lui scritta il 24 settembre successivo al cardinale Bernardino de Carvajal risulta chiaramente che egli era riuscito a fare qualche progresso in Aragona, ma nessuno in Castiglia a causa dell'influenza dello Ximénez. Perduto, con la morte di Alessandro VI (18 ag. 1503), un sostenitore del suo piano di riforma, il D. sollecitò l'intervento del Carvajal. presso il nuovo papa per ottenere che quest'ultimo lo aiutasse a combattere "le arroganti maniere" del riformatore spagnolo (Moorman, p. 572). Intanto il D. tornò in Francia e convocò un capitolo generale dei francescani conventuali a Troyes il 26 maggio 1504, ove riconobbe pubblicamente il contributo di Bonifacio da Ceva all'opera di riforma e gli conferì il titolo di "doctor sacre theologie". Poi convocò gli osservanti ultramontani ad Amboise per la fine del giugno 1504, in un ulteriore tentativo di giungere alla riconciliazione con i conventuali. Nel medesimo tempo diveniva chiaro che gli osservanti della Germania meridionale si stavano anch'essi organizzando contro i suoi progetti (Franz. Stud., 3, pp. 354-364) e che Giulio II salito il 1° nov. 1503 al soglio di Pietro dopo il brevissimo pontificato di Pio III (22 sett.-18 ott. 1503), stava organizzando da un capo all'altro dell'Europa un'alleanza di principi secolari in favore degli osservanti, anche se poi il tentativo del papa di riunire nel 1504 un "capitulum generalissimum" fallì.
La tempesta si stava tuttavia addensando sul capitolo generale dell'Ordine francescano, il quale, per l'insistenza di Giulio II, si sarebbe tenuto a Roma nel convento dell'Ara Coeli il 24 maggio 1506. Alcuni resoconti riferiscono, ma non esattamente, che l'assemblea del 1506 fu dovuta interamente all'iniziativa papale e che il D. fu deposto da un'assemblea "straordinaria": in realtà, dopo sei anni, il mandato del D. era scaduto: si doveva riunire quindi un capitolo generale e si doveva procedere ad una nuova elezione. Il D., ormai anziano e sofferente, capì esattamente i segni del tempo e non intervenne all'assemblea giustificando la sua assenza "quia tota nocte habuit vomitum et dolorem stomachi" (Glassberger, Chronica, p. 539). Il provinciale d'Irlanda, Maurice O'Fehily (de Portu), fece un discorso ai padri capitolari riuniti, spiegando il fallimento del D. nell'affrontare i problemi posti dalle famiglie degli osservanti. Il ministro generale fu dichiarato sollevato dal suo ufficio e si procedette all'elezione di un nuovo ministro generale. Il capitolo continuò fino al 10 giugno 1506. Pochi giorni dopo il D. moriva nel convento degli osservanti di S. Maria Nova a Napoli (Glassberger, Chronica, p. 544).
Fonti e Bibl.: Namur, Musée archéol., cod. 166: De adventu magistri generalis in Galliam, 1502, ff. 99v ss.; Orbis seraphicus. Historia de tribus Ordinibus a seraphico patriarcha s. Francisco institutis, I, Romae 1682, pp. 194-197; N. Glassberger, Chronica, in Anal. Franciscana, II, Quaracchi 1887, pp. 522, 539 s., 544; M. Godet, Jean Standonck et les frères mineurs, in Arch. Franc. Hist., II (1909), pp. 403-406; Compendium Chron. fratrum minorum, ibid., IV (1911), pp. 334 s.; Documenta quaedam circa vitam Fr. Thomae Murneri, O. M. C., a cura di Th. von Liebenau, ibid., V (1912), pp. 727-731; G. Delorme, Les actes de l'Assemblée d'Amboise 1504, in La France franciscaine, III(1914), pp. 90-113; H. Goyens, Documenta circa Clarissas Coletanas in Belgio saeculis XV-XVIII, in Arch. Franc. Hist., VIII (1915), pp. 145; F. Pennacchi, Bullarium pontificium quod exstat in archivo sacri conventus S. Francisci Assisiensis, ibid., XII (1919), 2, p. 136; XIII (1920), p. 539; M. Bihl, De editionibus Statutorum Alexandrinorum anni 1500, ibid., XVII (1924), pp. 128-132; L. Wadding, Annales Minorum, XV, Quaracchi 1933, pp. 213 s., 261-264, 311 s., 616-619; A. Heysse, Neuf lettres de confraternité accordées à des bienfaiteurs ou amis de l'Ordre séraphique en France (1247-1571), in Arch. Franc. Hist., XXXVI (1944), pp. 109, 114; C. Piana, Gli Statuti per la riforma dello Studio di Parigi (a. 1502) e Statuti posteriori, ibid., LII (1968), pp. 46-55; Id., Chartularium Studii Bononiensis S. Franciscii (saec. XIII-XVII), in Analecta Franciscana, XI, Ad Claras Aquas 1970, pp. 105, 334 s.; C. Schmitt, Lettres des ministres généraux conservées aux Archives franciscaines de Saint-Trond, in Arch. Franc. Hist., LXIX (1976), pp. 118 ss.; L. Canonici, Documenti per la storia francescana di Amelia, ibid., LXVII (1974), p. 272; B. Bughetti, Arezzo francescana negli scritti di Girolamo Aliotti O. S. B. († 1480) e del suo annotatore, ibid., XI (1918), pp. 569-571; C. Schmitz, Der Anteil der süddeutschen Observantenvikare an der Durchführung der Reform, in Franziskanische Studien, III (1916), pp. 41-57, 354-364; J. Lespinasse, Le couvent des Cordeliers à Brionde (Haute-Loire), in Arch. Franc. Hist., XXVIII (1935), pp. 65 ss.; H. Lippens, De litteris confraternitatis apud fratres minores ab Ordinis initio ad annum usque 1517, ibid., XXXII (1939), p. 67; Id., Jean Glapion, défenseur de la réforme de l'Observance, conseiller de l'empereur Charles-Quint, ibid., XLIV (1951), pp. 45 s.; J. Moorman, A History of the Franciscan Order from its Origins to the Year 1517, Oxford 1968, pp. 569-574.