DI NEGRO, Egidio
Nacque a Genova nella prima metà del sec. XIII da Enrico. Viene ricordato nei documenti genovesi per la prima volta nel 1254, quando è elencato tra i consiliarii del Comune presenti alla nomina di Simone Embrono a procuratore, per ascoltare la sentenza che era stata affidata al Comune di Firenze sulle controversie tra Genova e Pisa. Dieci anni dopo ottenne dal suo governo un delicato incarico.
Consolidata la supremazia genovese nell'Impero bizantino grazie al trattato di Ninfeo (1261), un grave episodio aveva rimesso in movimento la situazione. Guglielino Guercio, podestà genovese a Costantinopoli, di sua iniziativa si era accordato con Manfredi, re di Sicilia, contro Michele VIII Paleologo, per ristabilire l'Impero dei Latini. Venuto a conoscenza dell'intesa, il Paleologo reagì e, non accontentandosi della condanna che il Comune pronunciò contro il Guercio, espulse i Genovesi e gli altri Latini da Costantinopoli, violando in tal modo il trattato che concedeva ai Genovesi libertà di residenza nella capitale. Nel 1264 essi vennero trasferiti ad Eraclea, sul mar di Marmara.
Allora il D. venne inviato come ambasciatore al Paleologo, per chiedere il rispetto del trattato, affinché ai Genovesi fossero riconosciuti nuovamente l'uso degli edifici loro concessi e la facoltà di scegliersi un podestà. Inoltre, egli doveva ottenere il ritorno dei suoi concittadini da Eraclea a Costantinopoli, sia pure fuori delle sue mura, a Galata. Tuttavia, nor riuscì a far cambiare idea al Paleologo cosicché la sua missione non ottenne alcun risultato concreto.
Quattro anni dopo, nel 1268, insieme con Lanfranco "de Guisulfo" ebbe l'incarico di procedere alla vendita delle merci che erano state portate a Genova dalla flotta dell'ammiraglio Luchetto Grimaldi, protagonista di una felice campagna marittima al largo delle coste armene. Nel 1270, secondo il Federici, fece parte della commissione incaricata di esaminare l'operato del podestà uscito di carica. Nello stesso anno, divenne podestà di Albenga.
Nel 1273 mentre a Genova infuriava la lotta tra guelfi e ghibellini (questi ultimi al potere in città), il D. venne nominato vicario dell'Oltregiogo, per arginare le scorrerie del marchese Corràdo Del Bosco contro il territorio genovese. Nel settembre fu inviato di nascosto a Gavi Ligure il contingente di cavalieri che aveva operato nella Riviera di Levante, con l'ordine di mettersi a disposizione del D., al quale si unirono nello stesso mese anche le milizie comandate da lacopo Doria, podestà di Voltri. Le truppe si incontrarono nel castello di Lerma, presso Ovada, per dare l'assalto al castello di Tagliolo, in mano al Del Bosco. Altri mille balestrieri della podesteria del Bisagno vennero spediti al D. in un secondo tempo. L'esercito si mise in marcia il 23 settembre, ma quando esso giunse in prossimità del castello, arrivò un messo del marchese Tommaso Malaspina con l'invito di conquistare Ovada, di proprietà dello stesso Malaspina e del marchese Del Bosco. Il D., tenuto consiglio, accettò la proposta ed entrò in Ovada, mettendo in fuga Riccardo e Leone Del Bosco, che in seguito furono catturati dai cavalieri genovesi. Il successo ottenuto dal D. indusse varie località dell'Oltregiogo a giurare fedeltà al Comune genovese.
Tre giorni più tardi il D. attaccò Ussecio e Tagliolo, dove si era fortificato Corrado Del Bosco. Il primo assalto falli, mentre il secondo indusse il marchese a fuggire verso Alessandria. Di conseguenza il castellano di Tagliolo, impaurito dallo schieramento nemico, si arrese al Doria. In questa situazione anche Ussecio preferì arrendersi al D., che poté ritornare trionfalmente a Genova. Nel 1275 il D., insieme col notaio Enrico Dardella, fu inviato, per trattare segretamente un accordo col re di Castiglia in funzione antiangioina, ma non si conosce il contenuto preciso della missione.
Due anni dopo il D. incaricò Carlotto Di Negro di fiscuotere un credito vantato nei confronti del mercante lucchese Bandino Palea. Nel 1280 fu nominato procuratore da Antonio Della Volta, castellano di Gavi Ligure, che, per ordine dei delegati genovesi "super munitione castrorum", gli consegnò il castello col compito di affidarlo ad Enrico Granara, suo successore.
Il D. morì in questo stesso anno: un atto stipulato il 28 maggio, che ricorda una casa da lui posseduta, lo cita, infatti, come defunto.
Suoi figli furono Andalò ed Avundio.
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