EGIDIO Romano
Nacque con ogni probabilità a Roma nel quinto decennio del sec. XIII.
Non si conosce con precisione la data della nascita, che viene generalmente posta tra il 1243-44 e il 1247. Gli appellativi "Romanus", "de Roma" e "de Urbe", usati nei documenti contemporanei, inducono a considerare Roma come il suo luogo di nascita. Probabilmente infondata è invece la notizia, tramandata dall'agostiniano Giordano di Sassonia (Vitasfratrum, II, 22), secondo la quale E. sarebbe appartenuto alla nobile famiglia romana dei Colonna.
Sembra che E. sia entrato nell'Ordine agostiniano a Roma e sia stato in seguito inviato a Parigi per ragioni di studio.. Di difficile valutazione appare la notizia, anch'essa tramandata da Giordano di Sassonia (ibid.), secondo la quale E. sarebbe entrato nell'Ordine contro la volontà della famiglia. Come egli stesso afferma nel testamento del 1315 (Parigi, Arch. nat., s. 3634, doss. 2, nn. 2-3), E. fu inviato a Parigi, dove gli agostiniani possedevano un convento dal 1259, in assai giovane età. Dei suoi studi filosofici e dei suoi maestri in filosofia non si ha alcuna notizia. Per quanto riguarda gli studi teologici, poiché all'epoca gli agostiniani non possedevano ancora una cattedra di teologia, E. dovette seguire le lezioni di un maestro secolare o di un maestro appartenente ad un altro Ordine. Sembra probabile che egli sia stato allievo di Tommaso d'Aquino durante il secondo soggiorno parigino dell'aquinate, cioè negli anni 1269-1272 (Mandonnet, La carrière, pp. 483 ss.).
L'inizio dell'attività accademica, che E. svolse presso il convento degli agostiniani di Parigi, deve essere collocato verso il 1270. Il commento al primo libro delle Sentenze di Pietro Lombardo risale, infatti, agli anni 1271-73 (Wielockx, Apologia, pp. 236-240) e agli anni Settanta risale la maggior parte dei commenti aristotelici. Alcuni di essi sono quasi certamente frutto dell'attività di insegnamento, che, rientrava nei compiti del baccelliere formato, come risulta dagli statuti che regolavano il convento parigino degli agostiniani in epoca successiva (Ypma, Recherches, pp. 227-230). Frutto dell'attività didattica sono probabilmente i commenti al De generatione, alla Fisica, alla Metafisica e al De anima. Glialtri commenti aristotelici dovettero essere composti dietro richiesta di nobili amici o di studenti. A questo secondo gruppo sembrano appartenere tutti i commenti alle opere logiche, cioè i commenti alla Retorica e agli Elenchi sofistici e il più tardo commento agli Analitici posteriori.
A questo primo periodo di attività risale la presa di posizione di E. contro l'averroismo radicale. Nel De plurificatione intellectus possibilis egli si associa a Tommaso d'Aquino nella critica del monopsichismo averroista. Frutto dello stesso atteggiamento critico verso l'averroismo eterodosso e l'aristotelismo radicale sono anche gli Errores philosophorum, opera la cui autenticità non è tuttavia esente da dubbi, e che comunque sembra essere stata composta intorno al 1270 (Koch, in Errores phil., pp. XXIX-XL, LV-LIX).
Il 1277 rappresentò un anno cruciale per la carriera universitaria di Egidio. Coinvolto nella condanna dell'aristotelismo eterodosso della facoltà delle arti promossa dal vescovo di Parigi Etienne Tempier, incorse egli stesso in una censura, come risulta dalla lettera che Onorio IV inviò nel 1285 a Ranulphe de la Houblonnière, successore del Tempier, affinché la posizione di E. fosse riesaminata (Chart. Univ. Paris., n. 522; Reg. d'Honorius IV, n. 35).
La testimonianza di autori contemporanei, come Enrico di Gand e Goffredo di Fontaines, dimostra che la censura di E. fu un procedimento distinto e posteriore rispetto al decreto del 7 marzo 1277, rivolto contro i maestri averroisti della facoltà delle arti. Nei margini della sua copia del commento di E. a Sent., I (Parigi, Bibl. nat., Lat. 15848) Goffredo di Fontaines ha conservato il testo dei cinquantuno articoli censurati, tutti tratti da Sent., I, e la difesa pronunciata da E. di fronte alla commissione dell'università. Le cause della condanna sono complesse. L'analisi degli articoli censurati ha consentito a R. Wielockx di individuare tre fattori, e cioè la somiglianza di certe posizioni di E. con quelle dei maestri della facoltà delle arti, il risentimento di alcuni maestri della facoltà di teologia, fra cui soprattutto Enrico di Gand, verso i quali E., ancora giovane baccelliere, aveva formulato delle critiche piuttosto dure, e infine la somiglianza di alcune posizioni egidiane (unicità della forma sostanziale nell'uomo e possibilità teorica di un mondo eterno) con le posizioni di Tommaso d'Aquino, anche lui coinvolto nella condanna del 1277.
Alla luce della condanna del 1277 (a proposito della quale E. dirà che molti articoli furono condannati "non consilio magistrorum, sed capitositate quorundam paucorum", Sent., II, dist. 32, q.2, a.3), si spiega probabilmente l'atteggiamento aspramente polemico assunto da E. nel Contra gradus et pluralitatem formarum. Quest'opera, composta tra la fine del 1277 e l'inizio del 1278, appare infatti come una reazione alla condanna. Contro i suoi avversari, secondo i quali la tesi dell'unicità della forma sostanziale era erronea in quanto implicava conseguenze contrarie alla fede, E. vuole dimostrare che essa è non soltanto corretta, ma è anche l'unica tesi conforme alla fede (Wielockx, Apologia, pp. 169-170).
Dell'attività di E. nel periodo immediatamente posteriore alla condanna non si hanno notizie. Egli dovette lasciare la Francia e tornare in Italia, dove la sua presenza è però attestata solo a partire dal 1281 (capitolo generale di Padova). Intorno al 1280 si colloca probabilmente la redazione del De regimine principum, composto su richiesta dell'ancora giovanissimo Filippo, figlio di Filippo l'Ardito e futuro Filippo il Bello. La tradizione vuole che E. sia stato precettore del giovane erede al trono di Francia, e non priva di attrattiva è l'ipotesi che egli abbia svolto questo incarico nel periodo fra il 1277-78 e il 1281, dopo la sospensione delle sue attività accademiche.
Tuttavia non disponiamo di prove sicure in tal senso, e probabilmente all'origine della tradizione sono soltanto la dedica del De regimine principum e l'amicizia che in seguito legò Filippo il Bello ad E. (Strayer, The reign, pp. 7 s.).
D'altra parte, Filippo di Francia non fu l'unico giovane di nobile origine con il quale E., già durante il primo soggiorno parigino, fosse stato in contatto. Probabilmente verso il 1274egli compose, su richiesta di Filippo di Fiandra, quinto figlio del conte di Fiandra Gui Dampierre, il commento Super libros elenchorum. Piùtardi, in un periodo difficilmente determinabile con esattezza, E. dovette avere come allievo Iacopo Stefaneschi, nipote per parte di madre del papa Niccolò III e futuro sostenitore di Bonifacio VIII. A lui E. dedicò il commento Super De anima. Probabilmente al tempo del suo ritorno a Parigi nel 1285 risale, invece, la conoscenza con Tavena Tolomei, forse membro della celebre famiglia senese dei Tolomei, su richiesta del quale E. compose due trattati, il De praedestinatione e il De formatione corporis humani. Al secondo soggiorno parigino (cioè a partire dal 1285) risale anche l'amicizia con Stefano de Maulay (de Malo Lacu), di nobile famiglia inglese, che dovette soggiornare a Parigi dopo il 1286 per motivi di studio (Pat. Rolls, p. 261) e nel 1291 era alla corte papale come cappellano di Niccolò IV (Reg. de Nicolas IV, nn. 5172, 5229 s., 6016). Su sua richiesta E. completò la redazione del commento Super Posteriora analytica.
Dal 1281 al 1285 E. dovette risiedere in Italia, occupandosi soprattutto di questioni inerenti all'Ordine agostiniano. Probabilmente a causa del suo grado accademico di baccelliere, grado al quale non era pervenuto nessun altro membro dell'Ordine, che era ancora in fase di organizzazione, egli acquistò in questo periodo una sempre maggiore autorità nell'ambito della provincia romana e, in generale, dell'Ordine. Ne sono prova gli atti dei capitoli generali e dei capitoli della provincia romana ai quali egli prese parte in questi anni: capitolo generale di Padova del 15 ag. 1281, nel quale è definitore della provincia romana (Esteban, Capitula antiqua, in Anal. Aug., II, p. 245) e disputa venti questioni, che ci sono pervenute; capitolo provinciale di San Martino di Campiano nel settembre 1281 (ibid.); capitolo provinciale di Cori nel maggio 1283, nel quale gli viene affidato l'incarico di nominare il priore provinciale e gli altri rappresentanti della provincia (ibid., p. 246); capitolo generale di Orvieto nel maggio 1284, nel quale, insieme con due confratelli, ha l'incarico di sorvegliare le operazioni per l'elezione del priore generale e conferisce il titolo al neoeletto Clemente da Osimo (Reg. de Martin IV, nn. 512 s.; Confirmatio, in Anal. Aug., IV, pp. 393-394); capitolo provinciale di Genazzano nell'ottobre del 1284, nel quale ancora una volta gli viene affidato il compito di nominare i rappresentanti della provincia (Esteban, Capitula antiqua, ibid., II, pp. 247-248); capitolo provinciale di Tuscania nel maggio 1285, al quale partecipa in qualità di vicario del priore generale Clemente da Osimo e gli viene affidato il medesimo incarico (ibid., p. 248).
Il 1285 segnò la ripresa della carriera accademica. Il 28 marzo di quell'anno moriva Martino IV (Simon de Brion), il quale, presente a Parigi nel 1277 come legato pontificio, era stato uno degli alleati del Tempier nella condanna; il 2 aprile gli successe Onorio IV (Giacomo Savelli), al quale E. dovette rivolgersi, dichiarandosi disposto a ritrattare le tesi condannate nel 1277. In seguito alla sua richiesta, il 1º giugno 1285 Onorio IV scrisse al vescovo di Parigi, Ranulphe de la Houblonnière, affinché convocasse una commissione di maestri di teologia con il compito di riesaminare le posizioni egidiane e di stilare la lista degli articoli da ritrattare (Chart. Univ. Paris., n. 522; Reg. d'Honorius IV, n. 35). Questo secondo esame, condotto su richiesta del papa, dovette essere più favorevole ad E., dal momento che, a partire dal 1285, egli poté insegnare liberamente alcune dottrine che erano state condannate nel 1277.
Non si conoscono documenti che provino con certezza la promozione di E. al grado di maestro di teologia prima del 1287. Tuttavia, è verosimile che, grazie all'intervento del papa, la promozione sia avvenuta nell'autunno del 1285 e che E. abbia iniziato la sua attività di insegnamento nell'anno accademico 1285-86.
Secondo la tradizione, nel gennaio 1286 E. avrebbe avuto il compito di pronunciare, a nome dell'università, il discorso di benvenuto a Filippo il Bello, in occasione del suo ritorno da Reims, dove era stato incoronato il 6 gennaio. La notizia è tramandata dallo storico Paolo Emilio da Verona (XVI sec.), che riporta anche il testo latino del discorso (Mattioli, Studio critico, pp. 65-71), ma l'attendibilità di questa tradizione è di difficile valutazione, poiché mancano testimonianze e copie antiche del discorso egidiano (Bruni, Le opere, pp. 144 ss.).
Il documento principale dell'attività magistrale di E. sono i sei Quodlibet, disputati probabilmente tra il 1286 e il 1291 (Glorieux, La litt. quodl., pp. 140-148; Wielockx, Apologia, pp. 254 s., n. 65), insieme con varie raccolte di questioni disputate. Durante questo periodo, uno dei suoi principali avversari fu Enrico di Gand, la cui ostilità risaliva al tempo del baccellierato di Egidio. Al nome dei due maestri è infatti legata la ben nota polemica sulla distinzione fra essenza ed esistenza. Sebbene iniziita in precedenza con i Theoremata de Corpore Christi di E. e con il Quodl., I di Enrico (1276), essa ebbe il suo momento di massima asprezza negli anni 1286-87, ai quali risalgono le Quaestiones de esse et essentia di E. e i Quodl., X e XI di Enrico.
Poco chiaro e alquanto ambiguo appare, invece, il ruolo di E. nella polemica sui privilegi degli Ordini mendicanti, la quale assunse toni particolarmente violenti tra il 1281 (bolla Ad fructus uberes di Martino IV) e il 1290, quando essa conobbe una temporanea soluzione grazie all'intervento del card. Benedetto Caetani. Secondo una cronaca degli eventi occorsi a Parigi tra la fine del 1286 e il 1287 attribuita a Goffredo di Fontaines (ma l'attribuzione è dubbia), E. si sarebbe schierato decisamente dalla parte del clero secolare (Chart. Univ. Paris., n. 539). In effetti, nel Quodl., II, q. 28 (disputato a Pasqua del 1287), E. tratta uno dei temi della controversia, cioè se sia possibile ripetere la confessione (secondo il clero secolare, infatti, i fedeli confessati da religiosi mendicanti erano tenuti a ripetere la confessione al parroco). In realtà, in questa questione, E. si limita a sostenere che la ripetizione della confessione e della penitenza non rappresenta un'ingiuria nei confronti del sacramento. Probabilmente E., pur essendo membro di un Ordine mendicante, desiderava non alienarsi le simpatie del clero secolare e preferi, per questo motivo, assumere una posizione conciliante. Tuttavia, nel 1290 egli sembra sostenere la posizione del clero mendicante, come testimonia una cronaca degli eventi del novembre 1290, quando i cardinali Gerardo Bianchi e Benedetto Caetani, legati pontifici a Parigi, intervennero nella questione, risolvendola a favore degli Ordini mendicanti. Secondo tale cronaca, la cui veridicità ed esattezza non sono tuttavia esenti da dubbi, il cardinale Caetani avrebbe incaricato E. e il francescano Giovanni di Murro di comunicare ad Enrico di Gand la sospensione àall'attività di maestro, provvedimento dettato dalla sua intransigenza nella difesa delle posizioni del clero secolare (Finke, Das Pariser Nationalkonzil; Schleyer, Anfänge, pp. 75 s., n. 68).
La promozione al magistero accrebbe l'influenza di E. in seno all'Ordine agostiniano. Seguendo l'esempio dei domenicani, che nel 1279 avevano proclamato Tommaso d'Aquino dottore ufficiale dell'Ordine, nel capitolo generale di Firenze (1287) gli agostiniani proclamarono E. dottore ufficiale, facendo obbligo agli studenti e agli insegnanti agostiniani di sostenere non soltanto le dottrine contenute nelle opere già scritte, ma anche quelle che E. avrebbe esposto nelle opere future (Esteban, Antiquiores, p. 275). Ulteriore prova dell'autorità di cui E. ormai godeva nell'Ordine fu la decisione del capitolo generale di Ratisbona (maggio 1290), che conferi ad E. l'autorità di scegliere gli studenti che dovevano andare a Parigi a leggere le Sentenze (ibid., p. 296).
Nel periodo in cui fu magister regens allo Studio agostiniano di Parigi, E. si adopero per ottenere agli agostiniani un certo numero di privilegi all'interno dell'università. In particolare, grazie al suo intervento, i baccellieri formati dell'Ordine agostiniano furono esentati dall'obbligo di risiedere per almeno quattro anni all'università di Parigi prima di essere promossi maestri (Ypma, La formation, pp. 84-91) .
Probabilmente a causa degli impegni accademici, in questo periodo E. dovette risiedere stabilmente a Parigi. Una sua assenza dallo Studio parigino è attestata solo nel maggio 1290, in occasione del capitolo generale di Ratisbona (Esteban, Capitula antiqua, in Anal. Aug., II, p. 297; Arbesmann, A legendary…, pp. 22 s.) e per diversi soggiorni a Bayeux. In questa città, infatti, furono condotti a termine il De cognitione angelorum e i commenti Super Posteriora analytica e Super De causis. La cronologia di tali opere induce a collocare i soggiorni a Bayeux circa negli anni 1287-90.
Il termine dell'attività accademica di E. viene solitamente fatto coincidere con la fine dell'anno 1290-91, poiché il 6 genn. 1292 egli fu eletto priore generale e già nel settembre 1291 si trovava nuovamente in Italia, per partecipare ad una riunione convocata a Viterbo dal priore della provincia romana (Mandonnet, La carrière, p. 494; Esteban, Capitula antiqua, in Anal. Aug., II, pp. 322-325). Tuttavia, Ypma ha avanzato l'ipotesi che E. abbia ripreso l'attività accademica probabilmente nell'anno 1292-93. L'ipotesi si fonda sulla considerazione che tra il 1292 e il 1294 E. risiedette stabilmente a Parigi e il suo successore sulla cattedra parigina, Giacomo da Viterbo, non lo sostitui prima dell'inizio dell'anno accademico 1293-94 (Ypma, Laformation, pp. 82 ss.).
La riunione convocata a Viterbo nel settembre 1291 aveva lo scopo di nominare i rappresentanti della provincia romana al futuro capitolo generale, che era stato anticipato a causa della morte del priore generale Clemente da Osimo (8 apr. 1291). Come già in passato, E. ebbe il compito di scegliere i rappresentanti. Il capitolo generale si tenne a Roma il 6 genn. 1292, ed in questa occasione E. fu nominato priore generale. Dopo l'elezione egli partecipò al capitolo della provincia romana, tenutosi subito dopo il capitolo generale nel medesimo convento di S. Maria del Popolo, ed ebbe ancora una volta il compito di nominare i rappresentanti della provincia (Esteban, Capitula antiqua, in Anal. Aug., II, pp. 322-325, 339 ss.).
E. trascorse la maggior parte del suo generalato (1292-95) a Parigi. La sua presenza in Francia è attestata già il 22 sett. 1292, poiché in questa data egli si trovava a Cahors, dove, insieme con il priore del convento agostiniano, sottoscrisse un patto con il locale capitolo relativamente ad alcuni diritti rivendicati dalle due parti (De Brequigny, Table chronologique, VII, p. 350). Ancora a Parigi si trovava, d'altra parte, nel marzo 1294, poiché il capitolo provinciale di Veroli dovette inviare un messaggero a Parigi per comunicargli il risultato dell'elezione del priore provinciale (Esteban, Capitula antiqua, in Anal. Aug., II, p. 366).
La questione principale di cui E. ebbe ad occuparsi negli anni 1292-95 fu la complessa trattativa per l'acquisto del convento parigino dei frati "saccati", il futuro convento dei GrandsAugustins. Nell'aprile 1293, Filippo il Bello aveva infatti promesso agli agostiniani il convento parigino dei frati "saccati", Ordine soppresso al concilio di Lione del 1274 (Chart. Univ. Paris., n. 583). La rinuncia alla proprietà del convento da parte dei frati "saccati" fu pronunciata il 2 sett. 1293 e ripetuta il 14 ottobre alla presenza dello stesso E. e di altri testimoni. Ma al momento dell'ingresso degli agostiniani nel convento nacque un complesso problema giurisdizionale fra il re, il vescovo di Parigi e il papa. Il punto controverso era a quale autorità spettasse disporre del convento, donato da Luigi IX ai frati "saccati". Negando che tale facoltà spettasse a un'autorità laica, il vescovo di Parigi si oppose all'occupazione del convento da parte degli agostiniani. La disputa tra il vescovo e gli agostiniani, i quali si rifiutarono di lasciare il convento, portò alla scomunica di E. e ad altri provvedimenti contro il convento agostiniano di Parigi. Nell'accettare la donazione reale, d'altra parte, E. aveva agito con molta prudenza, precisando che egli accettava la donazione di Filippo il Bello "salvo iure cuiuslibet superioris" e facendo appello ad una decisione della S. Sede. Per questo motivo, la scomunica del vescovo di Parigi fu revocata subito dopo, e il 29 dic. 1293 questi concesse la propria approvazione alla donazione (Chart. Univ. Paris., n. 586), mentre l'approvazione pontificale sarà concessa da Bonifacio VIII nel 1296.
L'amicizia con Benedetto Caetani (papa Bonifacio VIII) fu di capitale importanza per la carriera ecclesiastica di Egidio. Subito dopo l'elezione al soglio pontificio (24 dic. 1294), il 25 apr. 1295Bonifacio VIII, dopo aver rimosso dalla carica di arcivescovo di Bourges Jean de Savigny, chiamato da Celestino V a sostituire Simon de Beaulieu (creato cardinale nel 1294), assegnò quel titolo arcivescovile a E., consacrandolo personalmente (Reg. de Boniface VIII, n. 70; Mattioli, Studio critico, pp. 83-86). Questa decisione di Bonifacio VIII fu probabilmente dettata dal desiderio di avere un italiano e un fedele alleato in una delle massime cariche dell'episcopato francese.
È impossibile stabilire con esattezza a quando risalisse la conoscenza tra E. e il Caetani. A probabile tuttavia che il tramite fosse l'agostiniano Clemente da Osimo (morto nel 1291), che era stato confessore del cardinal Caetani (Alonso, Clemente da Osimo, p. 267). In ogni caso, i rapporti di conoscenza tra E. e il Caetani sono attestati a partire dal 1290, in occasione dell'intervento del cardinale nella questione dei privilegi degli Ordini mendicanti. In questo stesso periodo, d'altra parte, E. dedicò al Caetani, allora cardinale di S. Nicola in Carcere (titolo che ebbe fino al 22 sett. 1291), il proprio commento Super De causis. Lo stretto legame fra E. e il pontefice è attestato anche dal fatto che nelle diverse crisi che travagliarono il pontificato di Bonifacio VIII (1294-1303) E. si schierò sempre al suo fianco, soggiornando spesso alla Curia. Inoltre, a Bonifacio, di cui si definisce "humilis creatura" (De eccl. pot, a cura di R. Scholz, p. 4), E. dedicò il De ecclesiastica potestate e l'Hexaemeron, e fu dietro sua richiesta che compose i Capitula fidei ad Tartarum maiorem (Bruni, Rari e inediti, pp. 313-318).
Prima di raggiungere Bourges, sua sede arcivescovile, E. partecipò, nel maggio 1295, al capitolo generale di Siena, dove sostenne una disputa quodlibetale, di cui non è rimasta traccia (Esteban, Capitula antiqua, in Anal. Aug., II, p. 368). Per quanto riguarda le sue attività durante la breve permanenza a Bourges negli anni 1295-96, si ha notizia solo di un sinodo provinciale che E. convocò a Clermont il 5 marzo 1296 (Martène-Durand, Thesaurus, IV, coll. 217-220). Tema principale dei sinodo di Clermont, cosi come degli altri sinodi provinciali tenutisi in Francia all'inizio del 1296 su richiesta di Filippo il Bello, era il problema dei nuovi sussidi richiesti dal re al clero per sovvenire alle spese della guerra contro l'Inghilterra (Digard, Philippe le Bel, I, pp. 246 ss.). E. non sembra invece aver preso parte (probabilmente perché già in Italia o in viaggio per l'Italia) al sinodo del clero francese tenutosi a Parigi nel giugno 1296, in seguito alla pubblicazione della bolla Clericis laicos (24 febbr. 1296), con la quale Bonifacio VIII proibiva al clero di versare allo Stato dei sussidi che non fossero stati autorizzati dalla S. Sede. È probabile che E. sia stato sostituito al sinodo da Uguccione da Firenze. uno dei vicari ai quali egli aveva affidato gli affari dell'arcidiocesi (Martène-Durand, Thesaurus, IV, col. 223). Poiché la convocazione al sinodo parigino venne trasmessa al clero della provincia bituricense dai vicari di E. (Gallia christ., II, col. 281), è probabile che E. avesse lasciato Bourges già alla fine di maggio o ai primi di giugno del 1296.
Nel periodo che va dal luglio 1296 all'agosto 1299 E. sembra dunque aver soggiornato prevalentemente presso la Curia. La sua presenza ad Anagni nel luglio 1296 è infatti attestata da una bolla papale, con la quale si concede ad E., finché rimarrà alla Curia, di far visitare la propria diocesi e la provincia bituricense dai propri vicari e di ricevere in denaro le procurazioni dovutegli (Reg. de Boniface VIII, n. 1138; Mattioli, Studio critico, p. 90), concessione che gli sarà rinnovata anche l'anno successivo (Reg. de Boniface VIII, nn. 1863, 1893). Da Anagni, sempre nel luglio 1296, E. comunicava ai propri vicari la concessione ricevuta (Parigi, Bibl. nat., Doat 108, ff. 51r-53r) e scriveva al vescovo di Albi, Bernard de Castanet, affinché facesse prestare ogni assistenza ai vicari nella raccolta delle procurazioni (De Lacger, La primatie, pp. 302 ss.). Nell'agosto 1299 E. si trovava presso la Curia, quando il papa gli concesse di ricevere in denaro le procurazioni anche dopo essere rientrato a Bourges, dove, come si sottolinea nella bolla, E. desiderava allora fare ritorno (Reg. de Boniface VIII, n. 3162).
Dei rapporti di E. con personaggi della Curia e della sua attività nel triennio 1296-99 sihanno scarse notizie. Come testimonia la lettera inviata da E. ai propri vicari nel luglio 1296 (Parigi, Bibl. nat., Doat 108, f. 52v), alla Curia egli dovette incontrare l'agostiniano Angelo da Camerino, che tra il 1295 e il 1296 fumaestro allo Studium Curiae. Tuttavia, l'evento più importante durante il soggiorno alla Curia papale fu il coinvolgimento di E. nella questione sulla legittimità dell'elezione di Bonifacio VIII, sollevata nel maggio-giugno 1297dai cardinali Giacomo e Pietro Colonna. A questo conflitto si ricollega il De renuntiatione papae, in cui E. confuta gli argomenti dei cardinali Colonna, sostenendo che Celestino V aveva il diritto di abdicare e che, di conseguenza, l'elezione di Bonifacio VIII era legittima (Scholz, Die Publizistik, pp. 44s.). E. sembra avere avuto parte attiva nelle trattative fra il pontefice e i Colonna, poiché nell'estate o nell'autunno 1297sarebbe stato inviato, insieme con il cardinale G. Boccamazza e con il senatore Pandolfo Savelli, presso i cardinali ribelli per convincerli alla resa (Reg. de Boniface VIII, n. 2386; Digard, Philippe le Bel, I, p. 355).
E. rientrò a Bourges verso l'agosto 1299. Da una lettera inviata a Bernard de Castanet, vescovo di Albi, nell'estate del 1300, si ha notizia di un contrasto fra i due prelati per un problema giurisdizionale (De Lacger, La primatie, pp. 311 ss.). A questo periodo risale anche un conflitto tra E. e il capitolo metropolitano di Bourges. Il conflitto, risolto nel giugno 1301 grazie all'intervento del vescovo di Nevers, Jean de Savigny, concerneva, tra l'altro, il problema delle visite pastorali di E. durante il suo futuro soggiorno alla Curia papale. La sentenza del vescovo di Nevers stabili che E. avrebbe compiuto la sua visita al ritorno dalla Curia (Bourges, Arch. dép. du Cher, G 26, nn. 15.; Gandilhon, Inventaire sommaire, coll. 132 s.).
Non si sa esattamente quando E. tornò in Italia. Probabilmente si trovava ancora a Bourges nel dicembre 1301, quando Bonifacio VIII convocò il clero francese per un sinodo che si sarebbe tenuto a Roma nel novembre 1302 e che aveva lo scopo di discutere i soprusi della Corona francese nei riguardi del clero (Reg. de Boniface VIII, n. 4438). Nella fase finale del conflitto fra Bonifacio VIII e Filippo il Bello (1302-03) E. dovette comunque risiedere alla Curia e fu tra i prelati che presero parte al sinodo del novembre 1302 nonostante il divieto di Filippo il Bello (Dupuy, Histoire du différend, p. 86). In questo periodo, l'influenza di E. su Bonifacio VIII fu notevole. La bolla Unam sanctam (18nov. 1302), nella quale il papa affermava la superiorità del potere spirituale sul potere temporale, presenta infatti un'evidente dipendenza dal De ecclesiastica potestate, opera che E. scrisse probabilmente nel periodo compreso fra l'accendersi del conflitto (fine del 1301) e il sinodo di Roma (novembre 1302; De eccl. pot., pp. VIII-XIV).
L'atteggiamento filopapale di E. non fu ben visto in Francia. I gravamina imputati a Bonifacio nella riunione degli Stati generali tenutasi a Parigi nell'aprile 1302 sembrano alludere anche alla nomina di E. come arcivescovo di Bourges: il papa avrebbe arbitrariamente assegnato le più alte cariche del clero francese a degli stranieri, personalità sospette e non residenti nella loro sede. Una decisa difesa di E. si legge sia nel discorso pronunziato davanti ai delegati dell'assemblea parigina da Matteo d'Acquasparta, cardinale di Porto, nel concistoro del 24 giugno 1302, sia nelle risposte del Collegio dei cardinali alle lettere della nobiltà francese e del terzo stato (26 giugno 1302): gli unici italiani posti a capo di diocesi francesi erano E. e il vescovo di Arras, Gerardo Pigalotti, ma nessuno dei due poteva dirsi personalità sospetta o ignota; si trattava anzi di persone di grande sapienza, l'uno maestro di teologia e l'altro dottore di diritto canonico e civile, entrambi educati in Francia (Dupuy, Histoire du différend, pp. 61, 64, 68, 71, 76).
E. dovette risiedere alla Curia papale fin dopo la morte di Bonifacio VIII (11 ott. 1303) e l'elezione di Benedetto XI (22 ott. 1303). è probabile che egli vi sia rimasto fin dopo la soluzione ufficiale del conflitto fra la S. Sede e la Francia (marzo-maggio 1304). In ogni caso, E. sembra assente da Bourges nella primavera del 1304, quando si tenne a Clermont un sinodo del clero della provincia bituricense, presieduto dal vescovo di Clermont, Pierre de Cros, che autorizzava la concessione delle decime allo. Stato per sovvenire alle spese della guerra contro la Fiandra (Gallia christ., II, col. 283; Langlois, Inventaire, pp. 108 s.).
La morte di Bonifacio VIII, suo amico e protettore, segnò la fine dei grande prestigio di Egidio. Con il francese Bertrand de Got, eletto papa (5 giugno 1305) con il nome di Clemente V dopo il breve pontificato di Benedetto XI, E. non dovette essere in termini di amicizia. Il contrasto era sorto subito dopo la nomina di Bertrand de Got come arcivescovo di Bordeaux (23 dic. 1299). La provincia burdigalense era infatti subordinata all'arcivescovo di Bourges, che aveva il titolo di primate di Aquitania. Dopo un lungo conflitto fra la sede arcivescovile di Bourges e quella di Bordeaux, Bertrand de Got si era proclamato primate dell'Aquitania seconda. E. reagi a tale iniziativa scomunicando l'usurpatore. Ma questa sanzione non dovette avere conseguenze e subito dopo l'ascesa al soglio pontificio, Bertrand de Got si affrettò ad annullare ogni dipendenza dell'arcivescovo di Bordeaux da quello di Bourges (De Lacger, La primatie, pp. 53-65). I rapporti fra E. e Bertrand de Got non migliorarono, quando quest'ultimo divenne papa. Secondo la testimonianza degli storici del tempo, fra cui il continuatore della cronaca di Guglielmo di Nangis (Recueil des historiens, XX, p. 593), all'inizio del 1306, durante il viaggio da Lione, dove era stato incoronato, a Bordeaux, il nuovo papa avrebbe sottoposto le chiese e i conventi sul suo cammino a vere e proprie spoliazioni. Nemmeno la chiesa di Bourges sarebbe stata risparmiata, ed E. sarebbe caduto in uno stato di tale miseria da essere costretto a ricorrere alle distribuzioni della mensa capitolare per sopravvivere.
Non si conoscono invece le reazioni di Filippo il Bello all'appoggio dato da E. a Bonifacio VIII A probabile che dopo la morte di Bonifacio E. abbia cercato altri protettori, come suggeriscono le dediche di alcune delle opere composte in questo periodo. L'Hexaemeron, terminato non prima del 1301 e dedicato in alcuni manoscritti allo stesso Bonifacio, viene dedicato a Roberto di Clermont, zio di Filippo il Bello. Questa dedica può essere stata dettata da ragioni di buon vicinato, poiché, grazie al suo matrimonio con Beatrice di Borbone, Roberto di Clermont aveva acquisito il dominio del Borbonese, regione in parte situata nella diocesi di Bourges. Il commento al secondo libro delle Sentenze viene dedicato a Roberto d'Angiò, dopo la sua ascesa al trono di Sicilia (1309). Nell'epistola dedicatoria E. si dice legato a Roberto da un sentimento di gratitudine, ma non si conoscono le ragioni di tale affermazione. A possibile che E. sia entrato in contatto con Roberto d'Angiò tramite Giacomo da Viterbo, confratello di E. e suo ex allievo, che dal 1302 al 1307-1308 fu arcivescovo di Napoli e legato alla casa d'Angiò da rapporti di amicizia.
L'evento più importante negli ultimi anni della vita di E. fu certamente la sua partecipazione al concilio di Vienne (16 ott. 1311-6 maggio 1312), convocato da Clemente V per discutere della soppressione dell'Ordine dei templari (Reg. de Clément V, n.3626-33; Finke, Papsttum, II, n. 148, pp. 303-306). E. si era già espresso contro i templari, in occasione del concistoro tenuto a Poitiers il 29 maggio 1308, dove, insieme con l'arcivescovo di Narbona, Gilles Aycelin, con il consigliere reale, Guillaume de Plaisians, e con i membri dei vari stati, aveva preso la parola per invitare il papa ad affrontare la questione (ibid., n. 88, pp. 140-150).
In occasione del concilio di Vienne E. scrisse il Contra exemptos, opera in cui il problema specifico dei templari si inserisce in una discussione generale del problema dell'esenzione dalla legislazione dei vescovi. Secondo E., non solo i misfatti di cui erano accusati i templari, ma anche gli eccessi attribuiti ai canonici secolari e ai capitoli erano causati dall'esenzione. Tuttavia, nella sua critica dell'esenzione, E. non dimentica di appartenere ad un Ordine mendicante (esente quindi dalla legislazione del vescovo) e ammette come legittima e utile l'esenzione dalla giurisdizione vescovile e la dipendenza diretta dal papa nel caso degli Ordini mendicanti e dediti allo studio. Il trattato di E. non mancò di suscitare reazioni fra i rappresentanti degli Ordini esenti. Un esempio è costituito dagli scritti che il cistercense Giacomo di Thérines pubblicò durante il concilio, confutando in modo puntuale le argomentazioni di E. (Müller, Das Konzil, pp. 139 s., 491-536).
A questo stesso periodo risale anche la partecipazione di E. al processo contro le dottrine del francescano Pietro Olivi. La correttezza delle dottrine di Olivi costituiva uno degli argomenti di discussione nel processo relativo al conflitto fra francescani spirituali e conventuali condotto, tra il 1309 e il 1312, da una commissione nominata dal papa. Ai lavori di tale processo, conclusosi con alcuni provvedimenti emanati durante il concilio di Vienne, partecipò anche E., il quale fu incaricato di redigere una lista degli articoli erronei (Impugn. doctr. Petri Iohannis, ediz. Amorós, p. 451). La lista stilata da E. contiene ventiquattro articoli, fra cui compaiono anche i tre articoli condannati dal concilio di Vienne. Un compito di tal genere, d'altra parte, non era nuovo per E., che tra il 1305 e il 1306 aveva fatto parte di una commissione di teologi incaricata di giudicare la dottrina eucaristica di Giovanni di Parigi (Chart. Univ. Paris., n. 656).
L'ultimo impegno ufficiale di E. fu la partecipazione ad un sinodo della provincia bituricense, celebrato a Bourges nel 1315, sui cui scopi non abbiamo notizie (Gallia christ., II, col. 77; Parigi, Bibl. nat., Coll. Baluze, vol. 6, f. 276r). E. mori ad Avignone, presso la Curia papale, il 22 dic. 1316.
La data di morte era attestata dalla lapide che ricopriva la sua tomba nel convento dei Grand s.Augustins di Parigi, dove, secondo la testimonianza di Giordano di Sassonia (Vitas fratrum, II, 22, p. 237), egli era stato sepolto per suo espresso desiderio. La data della morte trova ulteriore conferma nell'ultimo testamento, stilato ad Avignone il 19 dic. 1316, e nella bolla con la quale Giovanni XXII nominava il nuovo arcivescovo di Bourges (31 dic. 1316, Mollat, Lettres communes, n. 2382).
Di E. sono conservati tre testamenti: il primo del 30 ag. 1310 a Saint-Palais, vicino Bourges (Parigi, Arch. nat., s. 3634, doss. 2, n. 1), il secondo del 27 marzo 1315 a Bourges (ibid., nn. 2-3), l'ultimo del 19 dic. 1316 ad Avignone (ibid., n. 4). I primi due riguardano un terreno che E. possedeva nella provincia romana, a San Martino di Campiano, nella diocesi di Sovana, e che, secondo la sua stessa testimonianza, egli aveva acquistato con il proprio denaro dopo essere stato nominato arcivescovo di Bourges. Il testamento del 1310 stabilisce che alla morte di E. il possedimento sarebbe stato destinato a sussidio dello Studio agostiniano di Parigi. Con il testamento del 1315 E. si disfaceva del possedimento, consegnandolo al confratello Giovanni di Verdun, presente all'atto come rappresentante del convento parigino. Con il testamento del 1316, infine, E. donava tutti i propri libri al convento di Parigi. Secondo la testimonianza di Giordano di Sassonia (Vitasfratrum, II, 22, p. 237) E. avrebbe lasciato i propri arredi sacri in parte al convento agostiniano di Bourges, in parte al convento romano di S. Trifone. Una parziale conferma di questa notizia si trova in una cronaca dei fatti occorsi al convento romano durante la discesa in Italia di Ludovico il Bavaro (1328), secondo la quale in questa occasione sarebbero stati trafugati dal convento gli arredi donati da E. (De adventu Ludovici Bavari, p. 70). Non si conosce invece il destino di un possedimento situato nelle vicinanze di Roma, che, secondo quanto risulta da due documenti della Cancelleria papale del 1302, apparteneva all'epoca ad E. o alla sua famiglia (Reg. de Boniface VIII, nn. 5402 s.).
Nonostante la molteplicità dei temi trattati, dall'analisi delle opere di E. emerge con chiarezza che il suo pensiero si sviluppa in relazione a quello di Tommaso d'Aquino. Il rapporto fra E. e Tommaso, che la tradizione aveva presentato come il rapporto fra discepolo fedele e maestro, è in realtà molto più complesso. In quasi tutte le opere, sia quelle filosofiche sia quelle teologiche, E. conduce una critica molto minuziosa delle posizioni dell'aquinate, che è sicuramente l'autore a lui più familiare. Nonostante tale critica conosca talvolta dei toni piuttosto aspri, essa sembra dettata piuttosto dal desiderio di correggere e integrare le tesi di Tommaso che dal proposito di confutarle radicalmente. In generale, rispetto a Tommaso, E. si mostra più attento alle questioni logiche e alle distinzioni terminologiche, e sembra mirare a delle soluzioni più generali. Il suo stile di argomentazione è caratterizzato da una struttura molto rigorosa e ben organizzata, che predilige le dimostrazioni in tre tempi e ricerca la chiarezza e la sistematicità, il che può produrre talvolta l'impressione di una certa ripetitività e superfluità. La solidità e il rigore dell'argomentazione sono sostenuti da una lingua estremamente corretta e sicura, con alcune locuzioni invariabili che ritmano il discorso, suddividendolo in sezioni ben individuate.
La metafisica di E. è caratterizzata dall'adesione a due dottrine metafisiche solitamente associate al nome di Tommaso d'Aquino: la distinzione reale tra essenza ed esistenza e l'unicità della forma sostanziale. Per quanto riguarda la distinzione reale tra essenza ed esistenza, alcuni interpreti hanno sottolineato la distanza che separa la posizione piuttosto sfumata di Tommaso dalla formulazione molto netta di Egidio. In effetti, in polemica con Enrico di Gand, che descriveva l'esistenza come una mera relazione dell'essenza creata rispetto al creatore, E. concepisce l'esistenza come una "res addita" all'essenza. Ai critici della distinzione reale egli obietta che negare la distinzione reale tra essenza ed esistenza significa negare la contingenza e mettere in pericolo la possibilità della creazione e dell'annichilazione. La distinzione tra essenza ed esistenza costituisce la radice ultima della composizione tra potenza ed atto, e ad essa si riconducono tutte le forme di composizione che caratterizzano la creatura (composizione di genere e differenza e di sostanza ed accidente). Alcuni studiosi (fra i quali Nash) hanno sottolineato l'orientamento essenzialistico della metafisica egidiana, nella quale l'essenza presenta una sostanziale priorità rispetto all'esistenza. L'esistenza appare infatti come un'attualità secondaria e posteriore rispetto all'attualità primaria costituita dall'essenza. Anche se E. nega che l'esistenza possa essere concepita alla stregua di un accidente predicamentale, tuttavia, nella sua prospettiva, sembra innegabile l'analogia tra l'esistenza e una qualsiasi forma accidentale. Una concezione di questo tipo sembra più vicina a quella tradizionalmente attribuita ad Avicenna che alla posizione tomista.
Per quanto riguarda la dottrina dell'unicità della forma sostanziale, la posizione di E. appare soggetta a delle oscillazioni. I due estremi sono rappresentati dagli Errores philosophorum e dal Contra gradus. Negli Errores philosophorum - operala cui autenticità, proprio per questo motivo, non è esente da dubbi - E. critica Aristotele per aver sostenuto l'unicità della forma sostanziale in tutti i composti. Al contrario, nel Contra gradus E. nega la pluralità delle forme in qualsiasi composto. Nelle opere successive egli adotterà un atteggiamento più prudente. Nella discussione di questo problema il caso dell'uomo rappresenta il nucleo più problematico. In effettil essendo connesso con questioni teologiche, quali il dogma cucaristico e le dottrine cristologiche, il problema della forma sostanziale nell'uomo era concepito esso stesso come un problema non solo filosofico, ma anche teologico. Questa interpretazione si ritrova anche in E., il quale più volte, nei suoi commenti aristotelici, sostiene la tesi dell'unicità della forma sostanziale in tutte le altre sostanze corporee, ma si astiene dal prendere posizione a proposito dell'uomo.
Ugualmente di ispirazione tomista è la posizione che E. sostiene a proposito del problema dell'individuazione, nel senso che per lui, come per Tommaso, il principio della plurificazione numerica è la "materia signata quantitate". Nell'ambito di questa tesi, E. concepisce la materia come una pura potenzialità, concezione che egli ritrova in Aristotele, Averroè ed Agostino. Da questa concezione discendono le critiche che E. rivolge ad autori come Riccardo di Mediavilla, il quale attribuiva alla materia un grado sia pur minimo di attualità. Dall'assoluta potenzialità della materia discende, secondo E., la conseguenza che non esistono generi diversi di materia prima. Di questo principio egli si serve per respingere posizioni come quella tomista, che assegnava ai corpi incorruttibili una materia essenzialmente differente dalla materia dei corpi corruttibili.
Degna di nota nella dottrina egidiana dell'individuazione è la utilizzazione della nozione averroista di dimensione indeterminata. Mentre su questo punto la posizione di Tommaso sembra aver subito una certa evoluzione, in E. è costante l'idea che, per spiegare la plurificazione della forma sostanziale, le dimensioni devono precedere la forma nella materia. Per questo motivo, esse si identificano con le dimensioni indeterminate, le quali, secondo Averroè, precedono la forma sostanziale.
L'identificazione del principio di individuazione con la "materia signata quantitate" presentava, tuttavia, degli inconvenienti che furono rimproverati ad E.: essa fa di un accidente, cioè dell'estensione, un principio ontologicamente precedente rispetto all'individue, e alla sostanza prima. Sebbene all'inizio E. sembri accettare questa conseguenza, in seguito cercò una soluzione, affermando che il principio dell'individuazione non è propriamente la quantità, cioè una forma accidentale, bensi il "modus quantitativus", che l'estensione conferisce alla materia e che non è una "res addita" rispetto alla materia.
Per quanto riguarda la fisica, sebbene le dottrine di E. si collochino all'interno della tradizione aristotelica, alcuni studi recenti, ancora parziali, hanno riscontrato delle differenze e integrazioni nei concetti fisici fondamentali: estensione, luogo, movimento, durata del mondo. Accanto al tradizionale concetto di estensione corporea E. introduce una seconda nozione quantitativa, molto affine al concetto moderno di massa, col fine in primo luogo di spiegare il permanere della quantità di materia al variare dell'estensione in fenomeni quali la rarefazione e la condensazione.
Per quanto riguarda il concetto di luogo, accanto alla nozione tradizionale di luogo inteso come superficie del corpo contenente, definito da E. "luogo materiale", viene utilizzato un altro concetto di luogo, definito "luogo formale", cioè la distanza del corpo locato dai punti fissi dell'universo. La funzione della nozione di luogo formale è quella di salvare il presupposto aristotelico dell'immobilità del luogo nel caso in cui il corpo contenente sia in movimento o di spiegare la localizzazione dell'ultima sfera, che, essendo il corpo più esterno, non è contenuta in nessun altro corpo.
Una notevole originalità si riscontra anche nell'esame egidiano del problema del movimento nel vuoto. Tale ipotetico movimento, per E., non è propriamente, come vuole la tradizione aristotelica, un movimento atemporale. Come ai movimenti delle sostanze separate, ad esso si applica piuttosto un tempo discontinuo e costituito di istanti.
La trattazione egidiana del problema dell'eternità del mondo è caratterizzata da un'esplicita presa di posizione contro Aristotele. Inizialmente E. adotta la posizione tomista, secondo la quale gli argomenti utilizzati da Aristotele ed Averroè per dimostrare l'eternità del mondo non sono conclusivi: l'errore di questi autori consisterebbe nell'attribuire un'estensione eccessiva alle leggi della natura, assumendo erroneamente che ogni "factio" sia il risultato di un moto, cosi come avviene in natura. D'altra parte, la tesi dell'eternità del mondo, pur essendo di fatto falsa, è, secondo E., teoricamente possibile. In seguito alla condanna del 1277 E. dovette rinunciare alla tesi della possibilità teorica della creazione "ab aeterno". Nella discussione più tarda di questo problema (Sent., II, dist. 1) egli adotta infatti una tesi più moderata. Ammettendo che in linea di principio è possibile dimostrare la temporalità della creazione, egli si limita a sostenere che gli argomenti finora utilizzati a questo scopo non sono conclusivi.
Fedeli ai principi aristotelico-tomistici, senza particolari inclinazioni né verso l'agostinismo né verso posizioni di tipo averroista, risultano la psicologia e la gnoseologia egidiane, almeno nelle loro linee fondamentali. In ambito psicologico, per esempio, E. adotta la tesi della distinzione reale tra l'anima e le sue facoltà, le quali, essendo intermediarie fra l'anima e le sue operazioni, non possono identificarsi con l'essenza stessa dell'aninia. In ambito gnoseologico, basilare è per E. il principio aristotelico secondo il quale l'intelletto è in origine una "tabula rasa" e la fonte primaria della conoscenza è l'esperienza sensibile. Conseguenza di tale posizione è il rifiuto dell'innatismo platonico. Ugualmente estranea al pensiero egidiano sembra essere la dottrina agostiniana dell'illuminazione. Poiché la conoscenza umana trae origine dai sensi, l'oggetto proprio dell'intelletto sono le sostanze sensibili, le quali richiedono un processo di astrazione. Dall'analisi di tale processo E. deduce la necessità dell'intelletto agente: se fosse vera la dottrina platonica delle idee, non ci sarebbe bisogno di postulare l'esistenza dell'intelletto agente, poiché tali forme separate sarebbero intelligibili in atto; ma poiché non esistono forme separate delle sostanze materiali, occorre postulare la cooperazione dell'intelletto agente, il quale, illuminando sia l'immagine sensibile sia l'intelletto possibile, permette l'astrazione.
Ugualmente necessario è, secondo E., presupporre l'esistenza della specie intelligibile quale elemento di mediazione tra l'immagine sensibile e l'atto di intellezione. Prendendo le distanze da posizioni innovatrici, quali quella adottata da Enrico di Gand, che era giunto a negare la necessità della "species", E. difende in questo modo la dottrina tradizionale. Poiché il processo di astrazione è un processo di dematerializzazione e l'individuazione delle sostanze sensibili dipende principalmente dalla materia, secondo E. l'intelletto umano ha una conoscenza diretta non dell'individuo, bensi della quiddità delle sostanze materiali. Un principio analogo si ritrova anche nell'analisi della conoscenza che l'anima ha di sé stessa, dove E. esclude la possibilità di una conoscenza intuitiva e immediata.
Come già Tommaso d'Aquino, E. prese parte alle discussioni sul Problema dell'unicità dell'intelletto, respingendo come impossibili sia la tesi dell'unicità dell'intelletto agente, che ascrive ad Avicenna, sia la tesi averroista dell'unicità dell'intelletto possibile. La possibilità della conoscenza da parte dell'individuo e lo statuto metafisico dell'intelletto, che occupa una posizione intermedia tra le forme materiali e le forme immateriali, possono infatti essere salvate solo ammettendo che l'anima intellettiva è la forma del corpo ed è moltiplicata secondo la moltiplicazione del corpo.
Per l'etica, nel conflitto tra volontarismo e intellettualismo degli anni 1270-80, la posizione egidiana, pur essendó orientata in senso fondamentalmente intellettualistico, rappresenta un tentativo di compromesso fra la posizione di autori come Enrico di Gand, sostenitore del primato della volontà sull'intelletto, e quella di autori come Goffredo di Fontaines, incline ad un intellettualismo radicale. Tale tentativo è evidente, per esempio, nella posizione di E. su uno dei principali temi di discussione in campo etico, il libero arbitrio. Secondo E., la volontà è una facoltà passiva e non può attivare sé stessa, ma è sempre attivata da un "bonum apprehensum". Ciò non comporta tuttavia la negazione del libero arbitrio, perché, a differenza delle altre facoltà, la volontà è in un certo senso "domina sui actus" e, una volta attivata dall'apprensione del fine, ha la facoltà di autodeterminarsi e di determinare le altre facoltà per quanto riguarda l'operazione.
In questo senso viene risolto anche il problema del rapporto tra volontà e intelletto nel peccato. Nella condanna del 1277 era stata censurata la tesi secondo la quale la malizia della volontà comporta necessariamente un errore della ragione. Negli scritti posteriori al ritorno a Parigi E. si richiama alla "propositio magistralis" e afferma che la "malitia" è sempre accompagnata da un errore della ragione, poiché niente è voluto se non "sub ratione boni"; di conseguenza, qualsiasi fine è voluto in quanto, sotto un certo aspetto è un bene. Nel caso del peccato consapevole, quindi, pur non peccando "per ignorantiam", il peccatore pecca "ignorans". D'altra parte, trattando del rapporto tra la volontà e la ragione, E. sottolinea che in questo caso è la malizia della volontà ad essere la fonte dell'errore della ragione, e non viceversa. è infatti la volontà corrotta dal desiderio del piacere che altera la capacità di giudizio della ragione.
Nell'ambito della politica e dell'ecclesiologia, il pensiero di E. è nettamente caratterizzato dalla tesi della supremazia del potere spirituale sul potere temporale. Lo Stato, che nel De regimine principum viene analizzato nella sua origine naturale e ricondotto all'intrinseca tendenza dell'uomo all'associazione civile, viene visto, nel De ecclesiastica potestate, nella sua subordinazione al potere spirituale. La distinzione tra potere temporale e spirituale si fonda sulla distinzione tra anima e corpo. Come l'uomo, in ragione dei suoi due elementi costitutivi, richiede sia il cibo corporeo sia il cibo spirituale, cosi egli è soggetto a due poteri distinti: il potere temporale, che ha il compito di tutelare il corpo e i beni materiali, e il potere spirituale, che fornisce all'uomo il nutrimento spirituale. L'ordine dell'universo richiede, d'altra parte, che il potere temporale sia subordinato al potere spirituale, in quanto il potere temporale non proviene direttamente da Dio, ma è posto in essere dal potere spirituale. Tuttavia, lo Stato temporale non è superfluo, perché, delegando il potere temporale allo Stato, la Chiesa può svolgere nel modo migliore la sua missione spirituale.
Il pensiero teologico di E. è caratterizzato, come quello filosofico, da un costante riferimento, più o meno critico, alle opere di Tommaso d'Aquino, nel senso che egli non manca mai di confrontarsi con le dottrine dell'aquinate, le quali costituiscono la base sulla quale egli costruisce la propria speculazione teologica.
Nonostante la parzialità delle ricerche condotte finora, sembra che si possa affermare che il pensiero teologico di E. si fonda su una nozione molto forte dell'unità divina. La centralità di questa nozione si manifesta in modo particolarmente evidente nella trattazione di alcuni problemi trinitari, quali la natura della potenza generativa e spirativa, il principio della spirazione dello Spirito Santo, il problema dell'amore fra le persone della Trinità e le missioni divine. Nella discussione di questi temi, infatti, E. tende a sottolineare nettamente il primato dell'unità dell'essenza divina rispetto alla pluralità delle relazioni. In effetti, per E., il centro e la fonte della vita divina sono costituiti dall'essenza una e indivisibile. Questo presupposto non implica tuttavia un indebolimento delle relazioni divine. Su questo punto la dottrina egidiana è anzi molto più complessa e articolata di quella di Tommaso e si fonda sulla tripartizione delle relazioni in opposte, disparate e simili. Tale tripartizione si rivela particolarmente efficace nella discussione dei problemi classici della teologia trinitaria: la "spirazione" dello Spirito dal Padre e dal Figlio (questione del "Filioque"), l'anteriorità e la posteriorità delle relazioni divine, la loro distinzione reale e la loro plurificazione, la distinzione fra relazione e ipostasi.
Se l'unità costituisce, secondo E., la prima caratteristica di Dio, la seconda sembra essere l'infinità. La centralità della nozione di infinità nella concezione teologica di E. risulta dalla trattazione di un problema in qualche modo preliminare, che ha occupato E. a più riprese, cioè l'oggetto della teologia. L'idea che E. ribadisce fermamente in tutte le opere nelle quali egli ha affrontato l'argomento, dal giovanile commento a Sent., I, al tardo Tractatus de subiecto theologiae e al commento a Sent., II, è che l'oggetto della teologia non può essere Dio in quanto tale, come aveva affermato Tommaso d'Aquino, in quanto la finitezza dell'intelletto umano non e in grado di abbracciare l'infinità di Dio. È quindi necessario definire e limitare la nozione di Dio, affinché l'uomo possa averne conoscenza, sia in vita sia dopo la morte. Da questa convinzione dell'incomparabilità fra l'infinità divina e la finitezza dell'intelletto umano nasce la formula che caratterizza la posizione di E. nell'ambito di un dibattito che coinvolse, per circa vent'anni, anche Enrico di Gand e Goffredo di Fontaines: Dio è oggetto della teologia in quanto è "principium nostrae restaurationis et consummatio nostrae glorificationis".
Tale limitazione dell'oggetto della teologia non implica tuttavia una svalutazione o un indebolimento della conoscenza teologica. La speculazione teologica di E. sembra infatti caratterizzata, almeno in alcune sue espressioni, da un certo razionalismo, inteso come fiducia nella possibilità della conoscenza razionale del mistero divino. P cosi, per esempio, che a proposito della dimostrabilità della trinità delle persone E. non sembra condividere l'idea di Tommaso, secondo il quale la ragione naturale non può condurre alla conoscenza della Trinità. Secondo E., infatti, la ragione naturale può dimostrare che gli argomenti contro la trinità delle persone divine non sono concludenti.
E., infine, fu anche predicatore: la sua predicazione, del tutto ignota fino al recente ritrovamento dei sermoni, costituisce anzi uno degli esempi più originali e atipici della predicazione del XIII secolo. Essa è infatti caratterizzata da un forte impegno dottrinale e da uno stretto legame con le opere teologiche. Per questo motivo, la maggior parte dei serinoni di E. potrebbero essere considerati dei brevi trattati teologici e costituiscono una fonte di primo piano per la ricostruzione del suo pensiero teologico.
La collezione dei settantasei sermoni è stata costituita e ordinata in modo arbitrario e convenzionale, nel senso che i manoscritti non riflettono un ordine e un criterio di classificazione, né liturgico, né cronologico, né di contenuto. Si deve anche rinunziare a ricercare un'unità di destinatario, perché, se la maggior parte di questi sermoni presuppone un pubblico universitario, ci sono dei sermoni ad clerum che non rientrano nella medesima categoria. Bisogna dunque pensare che i sermoni di E. abbiano circolato isolatamente e che l'autore non li abbia raccolti ed editi nell'ambito di una collezione unitaria e ordinata. Tuttavia, l'analisi dello stile, basata sulla presenza di alcune locuzioni caratteristiche dello stile egidiano, consente di affermare che non si tratta di reportationes, ma di sermoni scritti dallo stesso Egidio.
Nonostante essi siano relativamente numerosi, non contengono elementi certi di datazione e di localizzazione. Il solo elemento sicuro è costituito dai riferimenti ad altri sermoni o ad altre opere dello stesso E.; si leggono anche numerosi passi paralleli con altre opere, in particolare Theoremata de esse et essentia, commento a Sent., I-II, Super Physicam e De regimine principum. Da un punto di vista strutturale, i sermoni di E. presentano delle caratteristiche molto particolari e riconoscibili: nei sermoni con protema, il protema e il tema commentano il medesimo versetto; nella maggior parte dei sermoni dotati di protema il tema è introdotto da una formula fissa: "Licet hec auctoritas exposita uno modo deservierit nobis ad prothema, potest exponi alio modo et deserviet nobis ad thema". Questa formula può essere considerata uno dei criteri di attribuzione più sicuri.
Dal punto di vista stilistico, la lingua dei sermoni è precisa e spesso molto tecnica, coerente con la loro natura filosofica e dottrinale. In effetti, dal punto di vista dottrinale, la predicazione egidiana è caratterizzata da frequenti analisi filosofiche e teologiche, che, pur essendo omogenee all'insieme del sermone, rivelano un genere di predicazione molto vicina alle opere legate all'insegnamento universitario. Nonostante i numerosi paralleli con altri testi egidiani i sermoni non possono essere considerati una pura ripetizione delle opere maggiori. In particolare, il confronto con il commento a Sent., I sui principali temi della teologia trinitaria rivela che, rispetto al commento sulle Sentenze, i sermonisono caratterizzati da un certo tradizionalismo dottrinale, dalla rinunzia alle critiche contro i teologi precedenti, in particolare contro Tommaso d'Aquino, da una semplificazione dell'argomentazione, da un'esegesi biblica più ricca e complessa e da una struttura più unitaria e coerente, che consente di ovviare a certe incongruenze della successione del testo del Lombardo. Di particolare interesse è naturalmente il fatto che nei sermoni E. rinunzi ad esercitare la critica contro Tominaso d'Aquino, che invece costituisce una delle costanti di tutte le sue opere. Questo elemento sembra suggerire che il contrasto con Tommaso d'Aquino è meno radicale e profondo di quanto si potrebbe pensare e dettato in parte dalla natura dialettica del discorso filosofico e teologico che E. conduce nelle opere maggiori.
Opere: Frutto di una cosi intensa attività accademica ed ecclesiastica è un gran numero di opere, di cui diamo la lista, seguendo, per quanto è possibile, la successione cronologica basata sugli studi ancora in corso. Poiché la carriera di E. può dividersi in quattro grandi periodi, sembra opportuno raggruppare le sue opere nel modo seguente: periodo del baccellierato, prima della condanna (1277-78); fra la condanna e il conferimento della licentia docendi (1278-85); fra la licentia e la nomina all'arcivescovado di Bourges (1286-95), fra la nomina all'arcivescovado e la morte (1296-1316).
Opere autentiche: Al primo periodo (prima del 1277-78) appartengono le opere seguenti: Super librum I Sententiarum (reportatio: il Clm. 8005 [Monaco, Universitätsbibliothek] conserva solo nove questioni tratte dalle dist. 37 e 39); Super librum I Sententiarum (ordinatio: prima di Phys., I; probabilmente circa 1271-73, ma non prima del 1271, poiché cita Sum. Theol., IIa IIa e , e Quodl., V, di s. Tommaso); Super librum II Sententiarum (reportatio: è conservata quasi integralmente nel Clm. 8005 cuna versione leggermente differente di alcune questioni è contenuta nel manoscritto di Parigi, Bibl. nat., Lat. 15819, di mano di Goffredo di Fontaines); Super librum III Sententiarum (reportatio: è contenuta nel Clm. 8005 cit., e abbraccia quasi l'intero libro); Super librum IV Sententiarum (reportatio: contenuta nel Clm. 8005 cit., comprende ventisette questioni tratte dalle dist. 5, 8, 10-12, 44, 49, 50); Apologia (fra il 7 e il 28 marzo 1277); Super libros Rhetoricorum (prima di Elench. e De diff. eth.); De differentia ethicae, politicae et rhetoricae (dopo Rhet. e prima di De reg. princ.); Super libros Elenchorum (dopo Sent., I, Rhet., Phys., I, e prima di Phys., IIe De an., II); De partibus philosophiae essentialibus (dopo Elench.); Super De generatione et corruptione (prima di Phys., I; posteriore alle ultime lezioni del commento di s. Tommaso, di cui E. non poteva disporre prima del 1273-74); Quaestiones superlibrum I De generatione (dopo De gen., I, e prima di De gen., II); Theoremata de Corpore Christi (prima di Phys., IVe De resur.; posteriore alla reportatio di Sent., IV, poiché costituiti in parte da una rielaborazione di questo testo); Quaestiones metaphysicales (reportatio, forse dopo Elench. e Theor. de Corp. Chr., e prima di Phys., III); Quaestio de medio demonstrationis (forse dopo Elench., e prima di Phys., IV); Super De bona fortuna (probabilmente prima del 1278, poiché gli estratti di Parigi, Bibl. nat., Lat. 16096, furono copiati verso questa data); De plurificatione intellectus possibilis (prima di De an. III; ècomposto non prima del 1274, perché sembra citare la Quaestio de anima intellectiva di Sigeri di Brabante; è la rielaborazione di una questione contenuta nella reportatio di Sent., II); Super Physicam (dopo Elench., per i lib. II-VIII, e Sent., I, e prima di De an.); Super De anima (dopo Phys., e prima di Contra gradus, per i lib. I-II); Quaestiones de resurrectione mortuorum (dopo Theor. de Corp. Chr., e prima di De pecc. orig.); De peccato originali (dopo De resurr., e prima di Contra gradus); Contra gradus et pluralitatem formarum (dopo De an., II, e prima di Theor. de esse et essentia; fra la prima e la seconda redazione del Quodl., IIdi Enrico di Gand, cioèfra la fine del 1277 e l'inizio del 1278); De gradibus formarum in ordine ad Christi opera e De gradibus formarum accidentalium (entrambi probabilmente prima del 1278-79, poiché gli estratti contenuti in Parigi, Bibl. nat., Lat. 16297 sembrano copiati intorno a questi anni). A questo periodo sembrano risalire anche il De intentionibus in medio e il Super Cantica canticorum, sebbene manchino indizi sicuri di datazione. Anche gli Errores philosophorum (censiti da Bruni, Le opere, p. 164, n. 108, fra le opere dubbie, ma attribuiti a E. dall'editore J. Koch, che li data fra il 1268 e il 1273-74) risalgono al primo periodo.
Al secondo periodo (1278-85) appartengono le opere seguenti: Theoremata de esse et essentia (prima del 1286, poiché sono probabilmente citati da Goffredo di Fontaines in Quodl., III); De regimine principum (dopo il De diff. eth., e prima del 1282, poiché la traduzione francese del manoscritto Dôle, Bibl. mun., 157 èdatata 1282; non prima del 1277-78, perché prima di questa data Filippo di Francia, cui l'opera è dedicata, era troppo giovane; probabilmente prima del 1281, quando ormai E. aveva lasciato la Francia); Quaestiones disputatae in capitulo generali Paduae (1281).
Al terzo periodo (1286-95) appartengono le opere seguenti: Super Posteriora Analytica (dopo De an., II, probabilmente dopo il De cogn. ang.; probabilmente terminato non prima del 1287, poiché Stefano di Maulay, su richiesta del quale l'opera èfinita, si trovava a Parigi dopo il dicembre 1286; prima del 1295, poiché il manoscritto di Parigi, Bibl. de l'Arsenal, 734 è datato 1295 e dalla dedica risulta che E. non èancora arcivescovo di Bourges; probabilmente prima del 1291, poiché nella dedica Stefano di Maulay non ha il titolo di arcidiacono di Cleaveland [York], che comincia ad essergli attribuito a partire da questa data; terminato a - Oratio in die coronationis Philippi regis (gennaio 1286); De formatione corporis humani in utero (dopo il 1285, poiché fu richiesto a E. mentre faceva ritorno a Parigi; prima del 1295, poiché dalla dedica risulta che E. non è ancora arcivescovo di Bourges); De praedestinatione et praescientia (medesima datazione del De form. corp. hum.); Quaestio de subiecto theologiae (prima di Quodl., III, q. 2, di cui sembra costituire una prima redazione); Quodlibeta, I-VI (dopo il 1285, poiché sono atti magistrali; il Quodl., IIè dopo Quaest. de esse et essentia, q. 3, e prima del De mens. ang.; il Quodl., IIIè dopo il De cogn. ang. e prima del De mens. ang.; il Quodl., IVèdopo il De mens. ang.; il Quodl., Vèdopo De comp. ang. e Sent., II, dist. 1; il Quodl., VIèprobabilmente anteriore al ritorno di E. in Italia nell'estate 1291 e alla sua elezione a priore generale nel gennaio 1292), Quaestiones de esse et essentia (prima del De mens. ang. e del Super De causis; dopo il 1285, poiché sono questioni disputate e presuppongono quindi la licentia docendi; le qq. 9-13 sono dopo Quodl., I; le qq. 1-3 sono prima di Quodl., II; le qq. 9-13 sono dopo la Pasqua 1285, perché non sono conosciute da Riccardo di Mediavilla in Quodl., I; le qq. 1-11 sono prima del Natale 1286, perché Enrico di Gand in Quodl., X critica le qq. 9- 11; le qq. 12-13 sono dopo il Natale 1286, perché nella q. 12 E. risponde al Quodl., Xdi Enrico di Gand, e prima del Natale 1287, perché in Quodl., XI Enrico di Gand risponde alla q. 12), Quaestiones de cognitione angelorum (probabilmente dopo Quaest. de esse et essentia, q. 13, e Quodl., IIIprima di Quodl., IIIe De mens. ang., certamente dopo il 1285, poiché si tratta di questioni disputate; terminate a Bayeux); Quaestiones de mensura angelorum (dopo Quodl., III, e prima di Quodl., IV); Quaestiones de motu angelorum (dopo De mens. ang.); Quaestiones de compositione angelorum (dopo Quaest. de esse et essentia, q. II prima di Quodl., V; prima del 1290, poiché precedono il Quodl., VIIdi Goffredo di Fontaines); De materia caeli contra Averroistas (dopo Quaest. de esse et essentia, q. 9; dopo il 1279-80, perché citano fi Quodl., IVdi Enrico di Gand, prima del 1288, perché sono citate da Goffredo di Fontaines in Quodl., V; probabilmente dopo il 1285, perché sembrano essere delle questioni disputate); Super De causis (dopo De mens. ang.; prima di Sent., II, dist. 1; probabilmente prima del 22 sett. 1291, poiché è dedicato a Benedetto Caetani, cardinale di S. Nicola in Carcere, titolo inattuale a partire da questa data, quando il Caetani fu nominato cardinale di S. Martino ai Monti; secondo l'edizione di Venezia 1550, terminato il mercoledi 31 genn. 1291, ma questo dato non è confermato dai manoscritti; terminato a Bayeux); Super epistolam Pauli Ad Romanos (probabilmente prima di Sent., II, dist. 17; menzionato nel catalogo di Giovanni di S. Vittore; trattandosi di un commento biblico, risale al periodo dell'insegnamento magistrale); Super epistolam Pauli Ad Corinthios (perduto; dopo Super ep. Ad Romanos; prima di Sent., II, dist. 9; menzionato nel catalogo di Giovanni di S. Vittore ; sembrerebbe risalire anch'esso al periodo dell'insegnamento magistrale); Tractatus de subiecto theologiae (dopo il Natale 1288, perché presuppone il Quodl., XIIdi Enrico di Gand; prima del 1295-96, perché è presupposto dal Quodl., XIdi Goffredo di Fontaines; probabilmente intorno al 1290).
Al quarto periodo (1296-1316) appartengono le seguenti opere: Super librum II Sententiarum (ordinatio della reportatio del Clm. 8005 della Universitätsbibl. di Monaco, iniziato intorno al 1290, terminato non prima del 1309, poiché Roberto di Sicilia, cui l'opera è dedicata, fu incoronato quell'anno; dopo Quodl., IV, e prima di Contra exemptos; la dist. 1 è dopo Super De causis e prima di Quodl., V; la dist. 3 è prima di Hexaem.; la dist. 6 è dopo De decep.; la dist. 12 è dopo Hexaem.; la dist. 10 è prima di Sent., III; la dist. 32 fu composta nel 1303); De renuntiatione papae (dopo il maggio-giugno 1297, data dei primi manifesti dei cardinali Colonna contro Bonifacio VIII); Hexaemeron (dopo Sent., II, dist. 3, e prima di Sent., II, dist. 12; non è ancora terminato nel 1301; è terminato prima del 1303, anno della morte di Bonifacio VIII, cui l'opera è dedicata in alcuni manoscritti); De ecclesiastica potestate (dicembre 1301-18 nov. 1302); Capitula fidei christianae ad Tartarum maiorem (composti su richiesta di Bonifacio VIII durante un soggiorno alla Curia papale, forse fra il 1301-02 e il 1303); Contra exemptos (dopo Sent., II; prima di De div. infl. in beat.; dopo l'ottobre 1307, data dell'arresto dei templari da parte di Filippo il Bello; composto in occasione del concilio di Vienne, 1311-12); De divina influentia in beatos (dopo Contra exemptos); Impugnatio doctrinae Petri Iohannis Olivi (prima di Sent., III ord., dist. 2; composta al tempo del processo contro i francescani spirituali, fra il 1309 e il 1312); Super librum III Sententiarum (ordinatio delle dist. 1-11; opera quasi certamente non autentica; dopo l'Imp. doctr. Petri Ioh. Olivi); Serniones de tribus vitiis mundi (dopo il 1295, come risulta dall'epistola dedicatoria, in cui E. si attribuisce il titolo di arcivescovo di Bourges).
Alle opere elencate, per le quali esistono dei dati di cronologia relativa o assoluta, devono essere aggiunte le seguenti, per le quali non si dispone, allo stato attuale delle ricerche, di dati cronologici sufficienti: Quaestio de deceptione (prima di Sent., II, dist. 6; probabilmente dopo il 1277); Tractatus de Corpore Christi (dopo i Theor. de Corp. Chr.; menzionato nel catalogo di Giovanni di S. vittore); De laudibus divinae sapientiae (menzionato nel catalogo di Giovanni di S. Vittore); Super decretalem "Firmiter" (menzionato nel catalogo di Giovanni di S. Vittore e nella lista di tassazione del 1304) Super decretalem "Cum Marthae" (dopo il Super decr. "Firmiter"; menzionato nella lista di tassazione del 1304); Sermones (il serm. 2 è posteriore al serm. 3, il serm. 12 è posteriore a De cogn. ang., q. 14; i serm. 13 e 16 sono posteriori a Sent., I; ilserm. 44 è posteriore al serm. 70; il serm. 70 è posteriore al serm. 69); De arca Noe (l'autenticità di quest'opera è stata contestata da B. Ministeri, De vita et operibus Augustini de Ancona O.E.S.A., Romae 1953, pp. 81-84, secondo il quale il De arca Noe è un estratto, ad opera di autore anonimo, dell'Expositio cuiusdam decretalis di Agostino di Ancona); De defectu et deviatione malorum culpae et peccatorum a Verbo; De distinctione articulorum fidei; Hymnus ad faciem Salvatoris; Horae canonicae Salvatoris; Quaestio quomodo reges et principes possint possessiones et bona regni peculiaria ecclesiis elargiri; Quaestiones de charactere.
Rispetto alle liste precedenti, questa lista introduce quattro opere recentemente scoperte: Apologia; Sent., I-IV (reportatio); Sermones; Quaestio de subiecto theologiae, sulle quali è utile fornire alcune informazioni.
L'Apologia è la reportatio che Goffredo di Fontaines fece della difesa pronunziata da E. davanti alla commissione dei maestri della facoltà di teologia incaricati di esaminare il suo commento a Sent., I. Essa è costituita da cinquantuno articoli tratti dall'ordinatio di Sent., I, accompagnati dalla difesa di Egidio.
La reportatio di Sent., I-IVè stata scoperta recentemente da C. Luna nel Clm. 8005 della Universitätsbibl. di Monaco, che ha restituito nove questioni del libro I, quasi l'intero libro II, quarantotto questioni del libro III e ventisette questioni del libro IV. A questi testi si devono aggiungere gli estratti di Sent., I-II, anch'essi probabilmente una reportatio, copiati da Goffredo di Fontaines nel manoscritto Parigi, Bibl. nat., Lat. 15819. Degli estratti del Lat. 15819, quelli relativi al libro I non coincidono con gli estratti del Clm. 8005, mentre gli estratti del libro II rappresentano la medesima versione (con varianti) della reportatio del Clm. 8005. Per quanto riguarda il libro III, la reportatio del Clm. 8005 solleva il problema del rapporto con l'ordinatio dellamedesima opera. In effetti, l'ordinatio siarresta alla dist. 11, perché, secondo la testimonianza del manoscritto Roma, Bibl. Angelica, 178, ripresa dall'edizione di Roma 1623, p. 469a C-D, E. sarebbe stato sorpreso dalla morte. Al contrario, la reportatio del Clm. 8005 arriva fino alla fine del libro III (cioè dist. 37). Inoltre, mentre la reportatio dei libri I-II rappresenta chiaramente la prima versione dell'ordinatio, nel senso che l'ordinatio rispettamolto fedelmente la struttura e l'argomentazione della reportatio, per il libro III l'ordinatio sembra non avere quasi nessun rapporto con la reportatio. In particolare, le critiche a Tommaso d'Aquino contenute nella reportatio sono del tutto assenti nell'ordinatio. Allo stato attuale delle ricerche, in considerazione del fatto che l'attribuzione dell'ordinatio di Sent., IIIa E. non si legge in nessuno dei sei manoscritti di quest'opera (quasi tutti, d'altra parte, tardi e di origine italiana), ma compare per la prima volta proprio nell'edizione romana del 1623, si può avanzare l'ipotesi che la reportatio restituisca il corso di E. su Sent., III, mentre l'autenticità dell'ordinatio deveessere messa in dubbio, nonostante l'opera contenga alcuni riferimenti ad opere egidiane (Sent., I-II; De form. corp. hum.; De mens. ang.; Imp. doctr. Petri Ioh. Olivi). Per quanto riguarda la reportatio del libro IV, essa è di particolare interesse, poiché finora non si sapeva che E. avesse commentato anche il libro IV delle Sentenze. L'analisidelle ventisette questioni tramandate dal Clm. 8005 consente di affermare che E. utilizzò il proprio corso su Sent., IV per la redazione di gran parte dei Theoremata de Corpore Christi. Gli estratti di Goffredo di Fontaines nel parigino Lat. 15819 interessano solo i libri I-II. Per questo motivo, l'unico testimone della reportatio dei libri III-IV è il Clm. 8005 di Monaco.
I sermoni di E. sono stati anch'essi scoperti recentemente da C. Luna a partire dalle attribuzioni marginali del manoscritto di Padova, Bibl. univ., 844. Tutti i sermoni precedentemente attribuiti ad E. sono spuri, eccetto i Serm. de tribus vitiis mundi e i sermoni ritrovati (Op. omnia, 1, 6). La collezione di sermoni costituita a partire dal manoscritto di Padova comprende settantasei sermoni, di cui trentasei de tempore, ventiquattro de sanctis, otto de occasionibus, sei principia e due protemi isolati. I sermoni de tempore furonopronunziati per le seguenti occasioni: terza domenica di avvento (1); Natale (3); Epifania (3), Settuagesima (1); Quinquagesima, (1); domenica delle Palme (1); giovedi santo (2); venerdi santo (1); vigilia di Pasqua (1); Pasqua (1), ottava di Pasqua (1); terza domenica dopo Pasqua (1); vigilia dell'Ascensione (1); Ascensione (3); Pentecoste (3); festa della Trinità (1); seconda (1), sesta (1), quindicesima (1), diciassettesima (3), diciottesima (1), diciannovesima (1), ventesima (1) e ventunesima domenica dopo la Pentecoste (2). I sermoni de sanctis celebrano le solennità di s. Nicola (3), s. Tommaso apostolo (1), s. Agnese (1), conversione di s. Paolo (1), s. Giovanni Battista (1), s. Giacomo (1), s. Germano (1), s. Pietro in Vincoli (1), assunzione della Vergine (5), s. Bernardo (2), s. Agostino (1), s. Lupo (1), natività della Vergine (2), festa degli angeli (1), ss. Simone e Giuda (1), s. Martino (1). I sermoni de occasionibus sonocosi ripartiti: al papa (1), al clero (3), agli studenti parigini (1), per l'elezione di un prelato (1), rendimento di grazie (2). Dei sei principia quattro sono sulla Bibbia e due sulle Sentenze. Dei due protemi, l'uno è per un sermone non identificabile, l'altro per un sermone al clero.
La Quaestio de subiecto theologiae, chenon deve essere confusa con il Tractatusde subiecto theologiae, è stata ritrovata anch'essa nel manoscritto di Padova, Bibl. univ., 844. Molto più semplice e breve del Tractatus, essa presenta delle forti analogie strutturali e argomentative con Quodl., III, 2, al punto da poter essere ritenuta una prima versione di questa questione quodlibetale.
Opere dubbie, la cui autenticità deve essere ancora analizzata, sono le seguenti: Super libros Politicorum (Czartoryski, Quelques éléments, sostieneche gli estratti del manoscritto di Wroclaw, Bibl. uniwersytecka, IV Q 52, derivano da un commento di E.), Super libros Oeconomicorum (Lohr, Med. Comm., p. 336), Super Physiognomiam (ibid.), Super prologis Bibliae (Bruni, Le opere, p. 150, n. 72; manoscritto inedito, Cremona, Bibl. statale, 122), Sententiae super Lucam (ibid., p. 153, n. 85; manoscritto inedito, ibid.), Super Ecclesiasten (ibid., p. 172, n. 125), Super Apocalypsim (ibid., p. 174, n. 126), Super orationem dominicam (ibid., p. 148, n. 65), Super salutationem angelicam (ibid., p. 148, n. 66), Super bullam Unam sanctam (ediz. de Lapparent, in Archives d'hist. doctrinale et littér. du Moyen-Age, XIII [1940-1942], pp. 120-151), De sacramentis (Bruni, Augustiniana, XVII [1939], pp. 151-157), Quaestiones de demonstrabilitate substantiae (ibid., pp. 209 ss.), Prolocutiones ad dicendum aliquid de magnitudine atque de tempore (ibid., pp. 213 s.), Quaestio "Numquid per animam intellectivam homo ponitur in esse specifico" (ibid., pp. 215-228), Quaestiones de intentionibus primis et secundis (lista dei titoli in Senko, Les traités, pp. 449 s., e Domanski, Duae quaestiones, pp. 99 s.), Septem aeternitatis itinera (Bruni, Le opere, p. 168, n. 113), De gradibus caritatis (ibid., p. 167, n. 109; M. W. Bloomfield, Incipits of Latin works on the virtues and vices, 1100-1500 A.D., Cambridge, Mass., 1979, p. 358, n. 4226), De cometis (Bruni, Le opere, p. 160, n. 105; il trattato, citato in Zumkeller, Manuskripte, p. 17, n. 12, è anonimo in L. Thorndike-P. Kibre, A Catalogue of incipits of Mediaeval scientific writings in Latin, London 1963, col. 236), Super isagoge Porphyrii, libro praedicamentorum et duobus libris Perihermeneias (Zumkeller, Manuskripte, p. 32, n. 43), Quaestio super postulatione episcopi Bononiensis in archiepiscopum Ravennensem (ibid., p. 34, n. 50), Versus de presbyteris (ibid., p. 35, n. 52), De principiis naturae (Bruni, Le opere, p. 161, n. 106, attribuito a E. in Thorndike-Kibre, A Catalogue, col. 1491), De zelotipia (Bruni, Le opere, p. 158, n. 102), De tribulationibus patienter sustinendis (ibid., p. 152, n. 80), Super Boethii libros I-IV de consolatione philosophiae (ibid., p. 159, n. 104; vedi Bulletin de philos. médiévale, VII [1965], p. 21), Sopra la canzone di Guido Cavalcanti "Donna mi priega" (Bruni, Le opere, p. 169, n. 115).
Un primo gruppo di opere spurie è costituito da opere ritenute autentiche in precedenza: Super ArtemVeterem (Bruni, Le opere, p. 43, n. 1: Guglielmo Arnaldi), De universalibus (ibid., p. 45, n. 2), Quaestiones circa unionem numeralem substantiarum (Augustiniana, XVII [1939], pp. 197-207: Sigeri di Brabante), Quaestio de natura universalis (Bruni, Una inedita "Quaestio", pp. 17-22: Sigeri di Brabante, De aet. mundi, cap. 2), Sermones de tempore (Bruni, Le opere, p. 142, n. 61), Sermones deCorpore Christi (ibid., p. 146, n. 63).
Un secondo gruppo di opere spurie è costituito da alcune opere considerate già in precedenza dubbie o spurie: Super Priora Analytica (Bruni, Le opere, p. 152, n. 82: Robert Kildwardby), Super Meteora (ibid., p. 162, n. 107: Pietro d'Alvernia; il commento contenuto nel manoscritto di Brugge, Stadtbibliothek, 496, è costituito da tre testi differenti, fra cui il commento di Tommaso d'Aquino; si veda H.-F. Dondaine-H. V. Shooner, Codices manuscripti operum Thomae de Aquino, I, Romae 1967, p. 144), Quaestiones super libros Ethicorum (Bruni, Le opere, p. 158, n. 103; si veda Gauthier, Trois commentaires, pp. 189-222), Capitulum de diluviis sumptum de Timaeo Platonis (Zumkeller, Manuskripte, p. 19, n. 18: Avicenna, Meteora, ultimo capitolo), Compendium inlibros I-IV Sententiarum (Bruni, Le opere, p. 149, n. 67: Ps. Giacomo da Viterbo), De causalongitudinis et brevitatis vitae (Zurnkeller, Manuskripte, p. 47, n.71: Pietro d'Alvernia, SuperDe long. et brev. vitae), De mixtione elementorum (Bruni, Le opere, p. 167, n. 110, p. 170, n. 118: Tommaso d'Aquino), Quaestiones depotentia dei e Quaestiones de spiritualibus creaturis (ibid., p. 157 n. 98, p. 158, n. 101: Tommaso d'Aquino), Quaestiones philosophicae (Zumkeller, Manuskripte, p. 41, n. 57: Sigeri di Brabante, De aeter. mundi), Super epistolamPauli Ad Hebraeos (Bruni, Le opere, p. 172, n. 121: Tommaso d'Aquino), Tractatus desponsalibus (ibid., p. 152, n. 81: Anonimo, Super Decretales), Quaestio in utramque partem (ibid., p. 175, n. 129).
Invece, le Quaestiones disputatae del manoscritto di Brugge, Stadtbibl., 491, che Zurnkeller (Manuskripte, p. 41, n. 56) cita come opera dubbia, sono in realtà autentiche, poiché si tratta di De materia caeli, Quodl., IV (qq. 1-3), Quaest. metaph. (lib. VIII, qq. 3-5; lib. XI, qq. 2-3), Quaest. de esse et essentia (qq. 1-10), Quaest. de cogn. ang. (qq. 1-6).
Per le edizioni delle opere autentiche si segnalano le edizioni moderne e quelle antiche di cui esiste una ristampa anastatica; in mancanza, si segnala l'edizione antica consultata. Opere filosofiche: Super Posteriora Analytica, Venetiis 1488, Super libros Elenchorum, ibid. 1496; Super Physicam, ibid. 1502, Super De generatione et corruptione, ibid. 1505 (ff.2r-51r); Quaestiones super librumI De generatione, ibid. 1505 (ff. 51v-64v); Super De anima, ibid. 1500 (ff. 2r-84v); Quaestiones metaphysicales, ibid. 1501; Super libros Rhetoricorum, ibid. 1515; Super De bona fortuna, ibid. 1496, Super De causis, ibid. 1550; Quaestiode medio demonstrationis, in Pinborg, Diskussionen, pp. 254-268; De formatione corporis humani in utero, Arimini 1626; De differentia ethicae, politicae et rhetoricae, Neapoli 1525 (ff. 21r-22r), e in Bruni, The New Scholasticism, VI (1932), pp. 5-12; Quaestiones de esse et essentia, Venetiis 1503 (ff. 2r-35v); Theoremata de esse et essentia, a cura di E. Hocedez, Louvain 1930. Contra gradus et pluralitatem formarum, Venetiis 1500 (ff. 95r-109v); De gradibus formarum in ordine ad Christi opera, Neapoli 1525 (ff. 19v-20v), e in V. Cilento, La forma aristotelica di una "quaestio" medievale, Napoli 1962, pp. 105-114; De gradibus formarum accidentalium, ibid. 1525 (ff. 18v-19v), e ibid., pp. 99-105; De materiacaeli contra Averroistas, Venetiis 1500 (ff. 85r-90v); De plurificatione intellectus possibilis, ibid. 1500 (ff. 91r-94v), e a cura di H. Bullotta Barracco, Roma 1957; De intentionibus in medio, Neapoli 1525 (ff. 22r-23r); De regimine principum, Romae 1607; De partibus philosophiae essentialibus, Lipsiae 1490 (circa); Quaestiode deceptione, in Anal. Aug., XVII (1939), pp. 229-245; Errores philosophorum, a cura di J. Koch, Milwaukee, Wisconsin, 1944.
Opere teologiche: Super epistolam Ad Romanos, Romae 1555; Super Cantica canticorum, ibid. 1555; Super librum I Sententiarum (reportatio), a cura di C. Luna, Fragments, pp. 234-254, 446-456; Super librum I Sententiarum (ordinatio), Venetiis 1521; Super librum II Sententiarum (reportatio), inedito; Super librum II Sententiarum (ordinatio), Venetiis 1581; Super librum III Sententiarum (reportatio), a cura di C. Luna, La reportatio, pp. 179-225; Super librum III Sententiarum (ordinatio), Romae 1623; Super librum IV Sententiarum (reportatio), a cura di C. Luna, La lecture, pp. 216-254; Apologia, a cura di R. Wielockx, Firenze 1985; Quaestio de subiecto theologiae, a cura di C. Luna, Una nuova questione, pp. 429-4391 Tractatus de subiecto theologiae, Venetiis 1504 (ff. 98r-100v), a cura di C. Luna, Una nuova questione, pp. 129-158; De distinctione articulorum fidei, Romae 1555, Hexaemeron, ibid. 1555; De arca Noe, ibid. 1555; Tractatus de Corpore Christi, ibid. 1555, Quaestiones de charactere, ibid. 1554; De divina influentia in beatos, ibid. 1555, De peccato originali, ibid. 1555; De laudibus divinae sapientiae, ibid. 1555; De defectu et deviatione malorum culpae et peccatorum a Verbo, ibid. 1555; Quaestiones de resurrectione Mortuorum, Neapoli 1525 (ff. 1r-18v); Quaestiones de mensura angelorum, Venetiis 1503 (ff. 35v-76r); Quaestiones de cognitione angelorum, ibid. 1503 (ff.76r-119r); Quaestiones decompositione angelorum, inedite; Quaestiones de motu angelorum, a cura di G. Bruni, in Anal. Aug., XVII (1939), pp. 22-66; Theoremata de Corpore Christi, Romae 1554; Quodlibeta, Lovani 11646; Quaestiones disputatae in capitulo generali Paduae, a cura di G. Bruni, in Anal. Aug., XVII (1939), pp. 125-150.
Opere varie: Super decretalem Firmiter, Romae 1554; Super decretalem Cum Marthae, ibid. 1554; De renuntiatione papae, ibid. 1554; De ecclesiastica potestate, a cura di R. Scholz, Weimar 1929; Contra exemptos, Romae 1555; Quaestio quomodo reges et principes possint possessiones et bona regni peculiaria ecclesiis elargiri, ibid. 1554, Capitula fidei christianae ad Tartarum maiorem, Venetiis 1593 (Bruni, Rari e inediti, pp. 315 s.); Sermones de tribus vitiis mundi, a cura di C. Luna, Repertorio dei sermoni, pp. 341-387; Sermones, ibid., pp. 391-516 (edizione parziale); Impugnatio doctrinae Petri IohannisOlivi, a cura di L. Amorós, in Arch. Franc. Hist., XXVII (1934), pp. 420-451; Oratio indie coronationis Philippi regis, a cura di N. Mattioli, Studio critico, pp. 65-71 (riproduce il testo di Paolo Emilio da Verona, De rebus gestis Francorum, Parisiis 1544, pp. 162 s..); Hymnusad faciem Salvatoris, a cura di F. J. Mone, Lateinische Hymnen des Mittelalters, I, Freiburg im B. 1853, pp. 155 s., im. 119 s.; Horae canonicae Salvatoris, ibid., pp. 106-110, n. 82.
Fonti e Bibl.: Sulla vita di E. si veda: Paris, Arch. nat., S.3634, doss.2, nn.1-4; Ibid., Bibl. nat., Doat 108, ff. 49v-55v; P. Dupuy, Histoire du différend d'entre le pape Boniface VIII et Philippes le Bel roy de France, Paris 1655; L. D'Achery, Veterum aliquot scriptorum qui in Galliae bibliothecis maxime benedictinorum latuerant spicilegium, Parisiis 1655-1687, X, pp. 356-362; E. Martène-U. Durand, Thesaurus novus anecdotorum, IV, Lutetiae Parisiorum 1717, coll. 217-224; Gallia christiana in provincias ecclesiasticas distributa…, a cura di D. de Sainte-Ruthe, II, Parisiis 1720, coll. 76 ss., 280-283; L. De Bréquigny, Table chronologique des diplômes, chartes, titres et actes imprimés concernant l'histoire de France, Paris 1769-1876, VII, p. 350; Guillelmus de Nangiaco, Chronicon, in Recueil des historiens des Gaules et de la France, XX, a cura di P. C. F. Daunou-J. Naudet, Paris 1840, pp. 577, 593; Johannes Parisiensis Sancti Victoris, Excerpta e Memoriali historiarum, ibid., XXI, a cura di J. D. Guigniaut-J. N. de Wailly, ibid. 1855, pp. 633 s.; A. Theiner, Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis. Recueil de documents pour servir à l'histoire du gouvernement temporel des Etats du Saint-Siège extraits des Archives du Vatican, I, Rome 1861, pp. 360-366; F. X. Kraus, Aggidius von Rom, in Oesterreichische Vierteljahresschrift für katholische Theologie, I (1862), pp. 1-33; Regestum Clementis papae V ex Vaticanis archetypis…, Romae 1884-1892, I, n. 1222, p. 228; IV, n. 5957, p. 590; V, n. 7150, pp. 251 ss.; VI, nn. 8720 s., pp. 279 s.; Les registres de Boniface VIII, a cura di G. Digard-M. Faucon-A. Thomas-R. 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Il censo e la descrizione dei manoscritti delle opere di E. è stato iniziato nell'ambito degli Aegidii Romani Opera omnia, Firenze 1987, I, 1, 1 (Città del Vaticano), a cura di B. Faes de Mottoni-C. Luna; 2* (Italia: Firenze, Padova, Venezia), a cura di F. Del Punta-C. Luna; 3* (Francia: Dipartimenti), a cura degli stessi; 3** (Francia: Parigi), a cura di C. Luna; 5* (Repubblica Federale di Germania: Monaco di Baviera), a cura di B. Faes de Mottoni.
Studi sulle opere autentiche e dubbie: G. Bruni, Di alcune opere inedite e dubbie di E. R., in Recherches de théol. ancienne et médièvale, VII (1935), pp. 174-196; G. Vinay, E. R. e la cosiddetta "Quaestio in utramque partem", in Bull. dell'Ist. stor. ital. per il Medio Evo e Archivio Muratoriano, LIII (1939), pp. 43-136; P. de Lapparent, L'æuvre politique de François de Meyronnes. Appendice: La question du commentaire sur la bulle "Unam sanctam", in Archives d'hist. doctrinale et littér. du Moyen-Age, XIII (1940-1942), pp. 120-151; R. A. Gauthier, Trois commentaires "averroïktes" sur l'éthique à Nicomaque, ibid., XVI (1947-48), pp. 187-336; O. Lottin, A propos de la date de certains commentaires sur l'Éthique, in Recherches de théol. ancienne et médiévale, XVII (1950), pp. 127-133; R. A. Gauthier, in Bulletin thomiste, VIII (1947-53), pp. 60-86 (ree. a O. Lottin, Psychologie et morale aux XIIe et XIIIe siècles, II-III, Louvain-Gembloux 1948-49); R. Kuiters, Aegidius Romanus and the authorship of "In utramque partem" and "De ecclesiastica potestate", in Augustiniana, VIII (1958), pp. 267-280; Z. K. Siemia̢tkowska, Au sujet d'un texte sur les "Theoremata de esseet essentia" de Gilles de Rome, in Mediaevalia philosophica Polonorum, II (1958), pp. 19 ss.; Id., Avant l'exil de Gilles de Rome. Au sujet dune dispute sur les "Theoremata de esse et essentia" de Gilles de Rome, ibid., VII (1960), pp. 3-67; G. Bruni, Rari e inediti egidiani, in Giorn. critico della filos. ital., s. 3, XV (1961), pp. 310-323; Id., Saggio bibliogr. sulle opere stampate di E. R., in Analecta Augustiniana, XXIV (1961), pp. 331-355; W. Seńko, Les traités "De universalibus" attribués à Gilles de Rome. Contribution aux recherches sur les manuscrits de Gilles de Rome en Pologne, in Augustiniana, XII (1962), pp. 443-450; P. Czartoryski, Quelques éléments nouveaux quant au commentaire de Gilles de Rome sur la Politique, in Mediaevalia philosophica Polonorum, XI (1963), pp. 43-48; Z. K. Siemia̢tkowska, Gilles de Rome ou Jean de Dacie? La "Philosophia communis" du ms. Kraków B.J. 1252, ibid., pp. 5, 22; I. Domański, Duae quaestiones de intentionibus anonymae e codice Erfordiensi Bibliothecae Amplonianae Q 293, ibid., XIV (1970), pp. 99-112; L. Seńko, Pseudo-Aggidii Romani Tractatus de universalibus, ibid., pp. 55-86; J. F. Wippel, Godfrey of Fontaines' disputed questions 9 and 10 (Bruges 491): by Godfrey or by Giles of Rome?, in Franciscan studies, XLII (1982), pp. 216-247; G. Fioravanti, Ilms. 1386 Universitätsbibliothek Leipzig, E. R., Sigieri di Brabante e Boezio di Dacia, in Medioevo, X (1984), pp. 1-40; C. Luna, La lecture de Gilles de Rome sur le quatrième livre des Sentences. Les extraits du Clm. 8005, in Recherches de théol. ancienne et médièvale, LVII (1990), pp. 183-255; Id., Una nuova questione di E. R. "De subiecto theologiae", in Freiburger Zeitschrift für Philosophie und Theologie, XXXVII (1990), pp. 397-439; XXXVIII (1991), pp. 129-173; Id., Aegidii Romani Opera omnia, I, 6, Repertorio dei sermoni, Firenze 1990; Id., La Reportatio della lettura di E. R. sul libro III delle Sentenze e il problema dell'autenticità dell'Ordinatio. in Documenti e studi sulla tradizione filosofica medievale, I (1990), pp. 113-225; II (1991), pp. 75-146; Id., Fragments d'une reportation du commentaire de Gilles de Rome sur le premier livre des Sentences. Les extraits des mss. Clm. 8005 et Paris, B. N., Lat. 15819, in Revue des sciences philosophiques et théologique, LXXIV (1990), pp. 205-254, 437-456.
Sulla cronologia delle opere: S. Donati, Studi per una cronologia delle opere di E. R., I, Le opere prima del 1285. I commenti aristotelici, in Documenti e studi sulla tradizione filosofica medievale, I (1990), pp. 1-111; II (1991), pp. 1-74.
Sul rapporto con Tommaso d'Aquino: F. Ehrle, Der Kampf um die Lehre des hl. Thomas v. Aquin in den ersten 50 Jahren nach seinem Tod, in Zeitschrift für katholische Theologie, XXXVII (1913), pp. 266-318; P. Mandonnet, Premiers travaux de polémique thomiste, in Revue des sciences philos. et théolog, VII (1913), pp. 46-70, 245.262; V. Beltram de Heredia, El Correctorium corruptorii de Guillelmo de Torto Collo en defensa de s. Thomas, in La ciencia tomista, XVIII (1926), pp. 102-111; P. Glorieux, Les premières polémiques thomistes: I. Le Correctorium corruptorii "Quare", Paris 1927; Id., La littérature des correctoires, in Revue thomiste, XXXIII (1928), pp. 69-96; E. Hocedez, Gilles de Rome et s. Thomas, in Mélanges Mandonnet, Paris 1930, I, pp. 385-409; F. Pelster, Les "Declarationes" et les Questions de Guillaume de la Mare, in Recherches de théol. ancienne et médiévale, II (1931), pp. 397-411; G. Bruni, E. R. e la sua polemica antitomista, in Rivista di filos. neo-scolastica, XXVI (1934), pp. 239-251; P. Bayerschmidt, Robert von Colletorto Verfasser des Correctoriums "Sciendum"?, in Divus Thomas, XVII (1939), pp. 311-326; Le Correctorium corruptoriio Circa" de Jean Quidort de Paris, a cura di J. P. Muller, Roma 1941; R. Creytens, Autour de la littérature des correctoires, in Archivum fratrum praedicatorum, XII (1942), pp. 313-330; F. Pelster, Thomistische Streitschriften gegen Aegidius Romanus und ihre Verfasser. Thomas von Sutton undRobert von Orford O. P., in Gregorianum, XXIV (1943), pp. 135-170; P. Glorieux, Les correctoires. Essai de mise au point, in Recherches de théol. ancienne et médiévale, XIV (1947), pp. 287-304; F. Pelster, Das Ur-Correctorium Wilhelms de la Mare. Eine theologische Zensur zu Lehren des hl. Thomas, in Gregorianum, XXVIII (1947), pp. 220-235; P. W. Nash, Giles of Rome auditor andcritic of s. Thomas, in The Modern Schoolman, XXVIII (1950-51), pp. 1-20; Le Correctorium corruptorii "Quaestione", a cura di J. P. Muller, Roma 1954; P. Glorieux, Les premiéres polémiquesthomistes, II, Le Correctorium corruptorii "Sciendum", Paris 1956; L-J. Bataillon, Les premiérespolémiques thomistes, in Bulletin thomiste, X (1957-59), pp. 383-394; P. W. Nash, Giles of Rome: a pupil but not a disciple of Thomas Aquinas, in Readings in Ancient and Medieval philosophy, a cura di J. Collins, Westminster 1960, pp. 251-257; A. Vella, Giles of Rome as representative of augustino-thomistic teaching, in Scientia, XXVII (1961), pp. 152-164; A. Pelzer, Prétendus auteursde répliques au correctoire de Guillaume de la Mare, in Atudes d'histoire littéraire sur la scolastique médiévale, a cura di A. Pattin.E. Van de Vyver, Louvain 1964, pp. 377-382; L. Hödl, Geistesgeschichtliche und literarkritische Erhebungen zumKorrektorienstreit (1277-1287), in Recherches detéol. ancienne et médiévale, XXXIII (1966), pp. 81-114; A. Vella, Les premières polémiques thomistes: Robert d'Orford. Reprobationes dictorum afratre Egidio in primum Sententiarum, Paris 1968; D. Trapè, Iproblemi filosofici di E. R. e lo sviluppodel pensiero tomistico, in Tommaso d'Aquino nellastoria del pensiero, II, Dal Medioevo a oggi, Napoli 1976, pp. 109-115; F. E. Kelley, Robert Orford'sattack on Giles of Rome, in The Thomist, LI (1987), pp. 70-96.
Sulla logica e teoria della conoscenza: R. Egenter, Die Erkenntnispsychologie des Aegidius Romanus' Regensburg 1925; S. Robert, Rhetoric and dialectic according to the first Latin commentary on the Rhetoric of Aristotle, in The New Scholasticism, XXXI (1957), pp. 484-498; P. W. Nash, Intention in knowledge according to Giles of Rome, in L'homme et son destin d'apres les penseurs du Moyen Age. …, Louvain-Paris 1960, pp. 653-661; J. J. Murphy, The scholastic condemnation of rhetoric in the commentary of Giles of Rome in the Rhetoric of Aristotle, in Arts libiraux et philosophie au Moyen Age, Paris 1969, pp. 833-841; J. R. O'Donnell, The Commentary of Giles of Rome on the Rhetoric of Aristotle, in Essays in Medieval history presented to B. Wilkinson, Toronto 1969, pp. 139-156; J. Pinborg, Diskussionen um die Wissenschaftstheorie an der Artistenfakultät, in Miscell. Mediaevalia, X, Berlin.New York 1976, pp. 240-268; V. Sorge, L'astrazione nella gnoseologia di E. R., in Riv. di filos. neo-scolastica, LXXII (1980), pp. 670-680; T. Losoncy, Language as evidencing man's distinctively human being in Giles of Rome, in L'homme et son univers au Moyen Age, a cura di C. Wenin, Louvain-la-Neuve 1986, pp. 505-509; A. Tabarroni, LoPseudo Egidio (Guglielmo Arnaldi) e un'ineditacontinuazione del commento di Tommaso al "Peryermenias", in Medioevo, XIV (1988), pp. 371-427; C. Marmo, Hoc autem etsi potest tollerari… E. R. e Tommaso d'Aquino sulle passioni dell'anima, in Documenti e studi sulla tradizione filosofica medievale, II (1991), pp. 281-315; A. Tabarroni, Figura dictionis e predicazione nel commento ai "Sophistici Elenchi" di E. R., ibid., pp. 183-215.
Sull'oggetto della metafisica: A. Zimmermann, Ontologie oder Metaphysik?, Leiden-Köln 1965.
Sulla distinzione tra essenza ed esistenza: P. Mandonnet, Les premières disputes sur la distinction réelle entre l'essence et l'existence, in Revuethomiste, XVIII (1910), pp. 741-765; M. Grabmann, Doctrina s. Thomae de distinctione reali inter essentiam et esse ex documentis ineditis saec. XIII illustratur, in Acta hebdomadae thomisticae, Roma 1924, pp. 131-190; E. Hocedez, Gilles deRome et Henri de Gand sur la distinction réelle (1276-1287), in Gregorianum, VIII (1927), pp. 358-384; Id., Le premier Quodlibet d'Henri deGand (1276), ibid., IX (1928), pp. 92-117; Id., Deux questions touchant la distinction réelle entrel'essence et l'existence, ibid., X (1929), pp. 365-386; Id., Aggidii Romani Theoremata de esse et essentia. Texte précédé d'une introduction historique et critique, Louvain 1930, pp. (1)-(117); p. Chossat, L'averroisme de st. Thomas. Notes sur la distinctiond'essence et d'existence à la fin du XIIIe siècle, in Archives de philosophie, IX (1932), pp. 130-177; J. Paulus, Henri de Gand. Essai sur les tendances desa métaphysique, Paris 1938; Id., Les disputesd'Henri de Gand et de Gilles de Rome sur la distinction de l'essence et de l'existence, in Archives d'hist. doctrin. et littér. du Moyen Age, XV-XVII (1940-42), pp. 323-358; G. Suárez, El pensamiento deE. R. en torno a la distinción de esencia y existencia, in La Ciencia tomista, LXXV (1948), pp. 66-99, 230-272; Id., La metafisica de E. R. a la luz de las24tesis tomistas, in La Ciudad de Dios, CLXI (1949), pp. 93-130, 269-309; P. W. Nash, Giles ofRome on Boethius' "Diversum est esse et id quodest", in Mediaeval studies, XII (1950), pp. 57-91; A. Pattin, Gilles de Rome, o.e.s.a. (ca. 1243-1316) et la distinction réelle de l'essence et de l'existence, in Revue de l'Univ. d'Ottawa, XXIII (1953), pp. 80*-116*; P. W. Nash, The accidentality of Esseaccording to Giles of Rome, in Gregorianum, XXXVIII (1957), pp. 103-115; J. Gómez Caffarena, Ser participado y ser subsistente en la metafisicade Enrique de Gante, Roma 1958; G. Trapé, Ilplatonismo di E. R., in Aquinas, VII (1964), pp. 309-344; Id., Ilneoplatonismo di E. R. nel commento al "De causis", ibid., IX (1966), pp. 49-86; Id., La dottrina della partecipazione in E. R., ibid., X (1967), pp. 170-193; Id., Caratteristiche dell'"esse" partecipato in E. R., in Studi e ric. di scienze religiose in on. dei ss. apostoli Pietro e Paolo, Roma 1968, pp. 351-368; J. Riesco, El ser metafisico en elpensamiento de E. R., in Salmanticensis, XVI (1969), pp. 563-574; G. Trapé, Causalità e partecipazione in E. R., in Augustinianum, IX (1969), pp. 91-117; Id., L'"esse" partecipato e distinzionereale in E.R. (Ipsum esse simplex, esse partecipatum compositum), in Aquinas, XII (1969), pp. 443-468; J. F. Wippel, The metaphysical thought ofGodfrey of Fontaines. A study in late thirteenthcentury philosophy, Washington, D.C., 1981 (anche su altri temi metafisici); C. D'Ancona Costa, L'uso della "sententia Dionysii" nel commento di s. Tommaso e E. R. alle proposizioni 3, 4, 6 del "Liberde causis", in Medioevo, VIII (1982), pp. 1-42.
Sull'unicità della forma sostanziale: J. S. Makaay, Der Traktat des Aegidius Romanus über die Einzigkeit der substantiellen Form, Freiburg 1924; E. Hocedez, Richard de Middleton. Sa vie, ses æuvres, sa doctrine, Louvain-Paris 1925; R. Zavalloni, Richard de Mediavilla et la controverse sur la pluralité des formes, Louvain 1951; L. Hödl, Anima forma corporis. Philosophisch-theologische Erhebungen zur Grundformel der scholastischen Anthropologie im Korrektorienstreit (1277-1287), in Theologie und Philosophie, XLI (1966), pp. 536-556; D. A. Callus, The problem of the plurality of forms in the thirteenth century. The thomistic innovation, in L'homme et son destin…, Louvain-Paris 1960, pp. 577-585; T. Schneider, Die Einheit des Menschen. Die anthropologische Formel "anima forma corporis" im sogenannten Korrektorienstreit und bei Petrus Johannis Olivi. Ein Beitrag zur Vorgeschichte des Konzils von Vienne, Münster i. W. 1973; G. A. Wilson, Lymorphism and metaphysical unity of man in "QuodlibetaMagistri Henrici Goethals a Gandavo doctoris solemnis: socii Sorbonici: et archidiaconi Tornacensis cum duplici tabella", New Orleans 1975; R. Macken, Unité et dymorphisme de l'homme selon Henri de Gand, in Incontri culturali (Roma), X (1977), pp. 177-182; P. Mazzarella, Controversie medievali: unità e pluralità delle forme, Napoli 1978; G. A. Wilson, Henry of Ghent's Quodlibet III: a response to Giles of Rome's Contra Gradus, in Proceedings of the Patristic, Medieval and Renaissance conference, III (1978), pp. 77-84; Id., Human generation according to Henry of Ghent, ibid., IX (1984), pp. 59-68; Henrici de Gandavo Quodlibet II, a cura di R. Wielockx, Leuven 1983, pp. XII-XV; R. Wielockx, Une réplique au Contra gradus de Gilles de Rome, in Recherches de théol. ancienne et médièvale, LIV (1987), pp. 261-267.
Sulla nozione di materia: R. Macken, Le statut de la matière première dans la philosophie d'Henri de Gand, in Recherches de théol. ancienne et médiévale, XI-VI (1979), pp. 130-182; E. Grant, Celestial matter: a Medieval and galilean cosmological problem, in The Journal of Medieval and Renaissance studies, XIII (1983), pp. 157-186; S. Donati, La dottrina di E. R. sulla materia dei corpi celesti. Discussioni sulla natura dei corpi celesti alla fine del tredicesimo secolo, in Medioevo, XII (1986), pp. 229-280; Id., Agidius von Roms Kritik an Thomas von Aquins Lehre der hylemorphen Zusammensetzung der Himmelskörper, in Miscell. Mediaevalia, XIX, Berlin-New York 1988, pp. 377-396; Id., La dottrina delle dimensioni indeterminate in E. R., in Medioevo, XIV (1988), pp. 149-233.
Sul problema dell'individuazione: D. Trapp, Aggidii Romani de doctrina modorum, in Angelicum, XII (1935), pp. 449-501.
Sul tempo e l'eternità del mondo: A. Maier, Das Zeitproblem, in Id., Metaphysische Hintergründe der spätscholastischen Naturphilosophie, Roma 1955, pp. 45-137; R. Macken, L'argumentationcontre une éternité possible du monde chez Henri deGand, in De doctrina Iohannis Duns Scoti, I, Romae 1968, pp. 309-323; Id., La temporalité radicale de la créature selon Henri de Gand, in Recherchesde théol. ancienne et médiévale, XXXVIII (1971), pp. 211-272; J. M. Quinn, The concept of time inGiles of Rome, in Augustiniana, XXVIII (1978), pp. 310-352; XXIX (1979), pp. 5.42; C. Trifogli, La dottrina del tempo in E. R., in Documenti e studi sulla tradizione filosofica medievale, I (1990), pp. 247-276.
Sui differenti tipi di mutamento: A. Maier, Das Problem der quantitas materiae, in Die Vorläufer Galileis im 14. Jahrhundert, Roma 1966, pp. 2652; Id., Zwei Grundprobleme der scholastischen Naturphilosophie, Roma 1968, pp. 1-109, 315-359; J. F. Wippel, Godfrey of Fontaines on intention and remission of accidental forms, in Franciscan studies, XXXIX (1979), pp. 316-355; E. Sylla, Godfrey of Fontaines on motion with respect to quantity of the Eucharist, in Studi sul XIV sec. in memoria di A. Maier, a cura di A. Maierù-A. Paravicini Bagliani, Roma 1981, pp. 105-141; C. Trifogli, Giles of Rome on natural motion in the void, in Mediaeval studies, LIV (1992).
Su problemi fisici vari: E. A. Moody, Ockham and Aegidius of Rome, in Franciscan studies, IX (1949), pp. 161-188; A. Maier, Die Anfänge des physikalischen Denkens im 14. Jahrhundert, in Philosophia naturalis, I (1950), pp. 7-35; Id., Das Problem der "species sensibiles in medio" und die neue Naturphilosophie des 14. jahrhunderts, in Ausgehendes Mittelalter. Gesammelte Aufsätze zur Geistesgeschichte des 14. Jahrhunderts, Roma 1967, pp. 419-451; M. A. Hewson, Giles of Rome and the Medieval theory of conception. A study of the "De formatione corporis humani in utero", London 1975 (rec. di M. Mc Vaugh, in Speculum, LII [1977], pp. 987-989); R. Martorelli Vico, Il "De formatione corporis humani in utero" di E. R. Indagine intorno alla metodologia scientifica, in Medioevo, XIV (1988), pp. 291-313; C. Trifogli, La dottrina del luogo in E. R., ibid., pp. 235-290; S. Donati, Ancora una volta sul problema di quantitas materiae in E. R., in Knowledge and the sciences in medieval philosophy, a cura di S. Knuuttila, Helsinki 1990, II, pp. 483-490; C. Trifogli, The place of the Last Sphere in Late-Ancient and Medieval commentaries, ibid., pp. 342-350; Id., Continuità e discontinuità delle grandezze fisiche in E. R., in Nuncius, V (1990), pp. 53-73; S. Donati, Una questione controversa per i commentatori di Aristotele: il problema del soggetto della fisica, in Miscellanea Mediaevalia, XX, Berlin-New York 1989, pp. 111-127; Id., Das Problem einer wissenschafilichen Erkenntnis der vergänglichen Dinge bei Aegidius Romanus, ibid., XXI, 1, Berlin.New York 1991, pp. 383-405; C. Trifogli, E. R. e la dottrina aristotelica dell'infinito, in Documenti e studi sulla tradizione filosofica medievale, II (1991), pp. 217-238; P. Porro, "Ex adiacentia temporis": E. R. e la categoria "quando", ibid., pp. 147- 181.
Sulla psicologia: P. Chossat, Saint Thomas et Siger de Brabant, in Revue de philosophie, XXIV (1914), pp. 553-575; XXV (1914), pp. 25-52; G. Bruni, Appunti di polemica antiaverroista sull'intelletto, in Rivista di filos. neo-scolastica, XXV (1933), pp. 50-74; Id., E. R. antiaverroista, in Sophia, I (1933), pp. 208-219; Id., Note sopra un capitolo dell'averroismo latino nel sec. XIII, in Boll. filos. del Pont. Ateneo Lateranense, III (1937), pp. 221-250; B. Nardi, Note per una storia dell'averroismo latino, III, E. R. e l'averroismo, in Riv. di storia della filos., III (1948), pp. 8-29; R. Friedeman, Mens en zelfkennis volgens Aegidius Romanus (Historische studie voorafgegaan door een beschrijving van leven en werken), diss. theol., Roma 1955; Id., Het "intellectus noster est potentia pura in genere intelligibilium" van Averroés en de "ratio intelligendi" in de zelfkennis volgens Aegidius Romanus, in Augustiniana, VIII (1958), pp. 48-112; M. Giele, La date d'un commentaire médiéval anonyme et inédit sur le Traité de l'áme d'Aristote (Oxford, Merton College 275, fol. 108r-121v), in Revue philos. de Louvain, LVIII (1960), pp. 529-556; C. J. Leonard, A 13th century notion of the agent intellect: Giles of Rome, in The New Scholasticism, XXXVII (1963), pp. 327-358; Ch. J. Ermatinger, Giles of Rome and Anthony of Parma in an anonymous question on the intellect, in Manuscripta, XVII (1973), pp. 91-115.
Sull'etica: O. Hieronimi, Die allgemeine Passionenlehre bei Aggidius von Rom, diss. phil., Würzburg 1934; O. Lottin, Le libre arbitre chez Godefroid de Fontaines, in Revue néo-scolastique de philo s., XI, (1937), pp. 213-241; Id., Le thomisme de Godefroid de Fontaines en matière de libre arbitre, ibid., pp. 554-573; J. De Blic, L'intellectualisme moral chez deux aristotéliciens de la fin du XIIIe siècle (Gilles de Rome et Godefroid de Fontaines), in Miscell. moralia in hon. A. Janssens, I, Louvain 1949, pp. 45-76; G. Bruni, Quomodo sciens potest mala facere secondo E. R., in L'homme et son destin d'après les penseurs du Moyen Age…, Louvain-Paris 1960, pp. 663-671; R. Macken, La volonté humaine, faculté plus élevée que l'intelligence selon Henri de Gand, in Recherches de théol. ancienne et médiévale, XLII (1975), pp. 5-51; Id., La doctrine de st. Thomas concernant la volonté et les critiques d'Henri de Gand, in Tommaso d'Aquino nella storia del pensiero. Dal Medioevo ad oggi, II, Napoli 1976, pp. 84-91; Id., Heinrich von Gent im Gespriich mit seinen Zeitgenossen über die menschliche Freiheit, in Franziskanische Studien, LIX (1977), pp. 125-182; Id., La liberté humaine dans la philosophie d'Henri de Gand, in Regnum hominis et regnum Dei…, I, Roma 1978, pp. 577-584; Id., L'interpénétration de l'intelligence et de la volonté dans la philosophie d'Henri de Gand, in L'homme et son univers au Moyen Age, a cura di C. Wenin, Louvain-la-Neuve 1986, pp. 808-814.
Sul pensiero politico ed ecclesiologico: V. Courdaveaux, Aggidii Romani de regimine principum doctrina, Paris 1858; R. Scholz, Die Publizistik zur Zeit Philipps des Schoenen und Bonifaz' VIII., Stuttgart 1903 (in part. pp. 32-129); G. U. Oxilia-G. Boffito, Un trattato inedito di E. Colonna, Firenze 1908; A. D'Alès, Jacques de Viterbe, théologien de l'Eglise, in Gregorianum, VII (1926), pp. 339-353; J. Rivière, Le problème de l'Eglise et de l'Etat au temps de Philippe le Bel, Louvain-Paris 1926, pp. 191-227, 394-404; G. Lepore, De re politica Aegidii Romani (Colonna), Ord. Erem. s. Augustini (1243-1316), in Analecta Augustiniana, XII (1927-28), pp. 205-217, 253-258; J. Eichinger, Individuum und Gemeinschaft bei Agidius Romanus, in Divus Thomas (Freib.), s. 3, XIII (1935), pp. 160-166; W. Berges, Die Fürstenspiegel des hohen und späten Mittelalters, Leipzig 1938, pp. 211-228, 320-328; G. Bruni, The De differentia rhetoricae, ethicae et politicae of Aggidius Romanus, in The New Scholasticism, VI (1932), pp. 1-18; J. Leclercq, Jean de Paris et l'ecclésiologie du XIIIe siècle, Paris 1942; R. Kuiters, De ecclesiastica sive de summi pontificis potestate secundum Aegidium Romanum, in Analecta Augustiniana, XX (1946), pp. 146-214; M. Grabmann, Die Lehre des Erzbischofs und Augustinertheologen Jakob von Viterbo († 1307/1308) vom Episcopat und Primat, und ihre Beziehung zum hl. Thomas von Aquin, in "Episcopus". Miscell. Card. Faulhaber, Regensburg 1949, pp. 185-206; G. Tabacco, La relazione fra i concetti di potere temporale e di potere spirituale nella tradizione cristiana fino al sec. 14, Torino 1950; P. de Vooght, La décrétale "Cum Marthae" et son interprétation par les théologiens du 14e siècle, in Recherches de science religieuse, XLII (1954), pp. 540-548; F. Merzbacher, Die Recht s. Staats- undKirchenauffassung des Akidius Romanus, in Archivfür Recht s. und Sozialphilosophie, XLI (1954-55), pp. 88-97; E. Massa, La differenza tra retorica, etica e politica in E. R., in Rassegna di politica e distoria, I (1955), 9, pp. 9-15; R. Tisato, Il pensieropolitico medievale: s. Tommaso, Dante, E. R., Guglielmo di Ockham, Marsilio. Testi scelti, tradotti eillustrati, Treviso 1955; E. B. Brunello, Le dottrine politiche da s. Tommaso d'Aquino a Bartolo daSassoferrato, Bologna 1956; E. H. Kantorowicz, The king's two bodies. A study in Mediaeval political theology, Princeton 1957; R. Kuiters, Was bedeuten die Ausdrúcke "directa" und" indirecta potestas papae in temporalibus" bei Aegidius von Rom, Jakobus von Viterbo und Johannes von Paris?, in Archiv für katholisches Kirchenrecht, CXXVIII (1957), pp. 99-105; U. Mariani, Chiesa e Stato neiteologi agostiniani del sec. XIV, Roma 1957; I. Rodriguez, E. R. y el problema de la exención religiosa (1300-1312), diss., Madrid 1958; J. Miethke, Einneuer Text zur Geschichte der politischen Theorieim 14. Jahrhundert: Der Tractatus de potestatesummi pontificis des Guillelmus de Sarzano aus Genua, in Quellen und Forschungen aus italien. Archiven und Bibl., LIV (1974), pp. 509-538; D. Luscombe, The lex divinitatis in the bull Unam Sanctam of pope Boniface VIII, in Church and government in the Middle Ages. Essays presented to C. R. Cheney, a cura di C. N. Brooke, Cambridge 1976, pp. 205-221; P. T. Marongiu, Il concetto di tirannide in s. Tommaso e in E. Colonna R., in Tommaso d'Aquino nel suo settimo centenario…, VIII, Napoli 1978, pp. 150-159; D. Quaglioni, "Regimenad populum" e "Regimen regis" in E. R. e Bartoloda Sassoferrato, in Bull. dell'Ist. stor. ital. per ilMedio Evo, LXXVIII (1978), pp. 201-228; P. Saenger, John of Paris, principal author of theQuaestio de potestate papae (Rex pacificus), in Speculum, LVI (1981), pp. 41-55; J. Coleman, Poverty, property and political thought in fourteenthcentury scholastic philosophy, in L'homme et sonunivers au Moyen Age, a cura di C. Wenin, Louvain-la-Neuve 1986, pp. 845-855; J. Miethke, ZurBedeutung der Ekklesiologie für die politische Theorie im späteren Mittelalter, in Miscell. Mediaevalia, XII, 2, Berlin-New York 1980, pp. 369-388; Id., Die Traktate "De potestate papae". Ein Typuspolitiktheoretischer Literatur im späten Mittelalter, in Les genres littéraires dans les sources théologiqueset philosophiques médiévales…, Louvain-la-Neuve 1982, pp. 193-211; C. Schrübbers, Rqgimen undHomo primitivus. Die Pädagogik des Akidius Romanus, in Augustiniana, XXXII (1982), pp. 137-188, 348-391; XXXIII (1983), pp. 112-141; A. Zumkeller, Chiesa e Stato secondo la dottrina ierocratica di E. R., in M. Novelli e l'agostinismo politico del Trecento…, Palermo 1983, pp. 63-77; J. R. Eastman, Giles of Rome and his use of st. Augustinein defense of papal abdication, in Augustiniana, XXXVIII (1988), pp. 129-139; R. Lambertini, Aproposito della "costruzione" dell'Oeconomica inE. R., in Medioevo, XIV (1988), pp. 315-370; Id., Philosophus videtur tangere tres rationes. E. R. lettore ed interprete della Politica nel terzo libro delDe regimine principum, in Documenti e studi sullatradizione filosofica Medievale, I (1990), pp. 277-326; Id., Il filosofo, il principe e la virtù. Note sulla ricezione e l'uso dell'Etica Nicomachea nel De regimineprincipum di E. R., ibid., II (1991), pp. 239-279.
Sullo statuto e l'oggetto della teologia: R. Egenter, Vernunft und Glaubenswahrheit im Aufbau der theologischen Wissenschaft nach Aegidius Romanus, in Philosophia perennis. Abhandlungen zu ihrer Vergangenheit und Gegenwart. Festgabe J. Geyser…, a cura di F. J. Rintelen, Regensburg 1930, pp. 195.208; P. W. Nash, Giles of Rome and the subject of theology, in Mediaeval studies, XVIII (1956), pp. 61-92; J. Beurner, Augustinismus und Thomismus in der theologischen Prinzipienlehre des Aegidius Romanus, in Scholastik, XXXII (1957), pp. 542-560; Id., Romanus de Roma O. P. und seine theologische Einleitungslehre, in Recherches de théol. ancienne et médièvale, XXV (1958), pp. 329-351; G. L. Groppo, La teologia e il suo "subiectum" secondo il prologo del o Commento alle Sentenze" di Pietro da Palude OP († 1342) (in I Sent., Prol., q. III, q. V, a. I), in Salesianum, XXIII (1961), pp. 219-316; P. Tihon, Foi et théologie selon Godefroid de Fontaines, Louvain 1966; A. Trapé, La nozione della teologia presso Scoto e la scuola agostiniana, in De doctrina loannis Duns Scoti…, IV, Romae 1968, pp. 73-81; P. Prassel, Das Subjekt der Theologie nach Aegidius Romanus, in Trierer theologische Zeitschrift, XCII (1983), pp. 323-330; Id., Das. Theologieverständnis des Agidius Romanus OESA (1243/7-1316), Frankfurt ain M.-Bern 1983.
Sulla teologia trinitaria: M. Schmaus, Zur Geistlehre des Aegidius Romanus, in Scientia Augustiniana. Festschrift … A. Zumkeller O.S.A., a cura di C. P. Mayer-W. Eckermann, Würzburg 1975, pp. 200-213; C. Luna, Essenza divina e relazioni trinitarie nella critica di E. R. a Tommaso d'Aquino, in Medioevo, XIV (1988), pp. 3-69; Id., Théologie trinitaire et prédication dans les sermons de Gilles de Rome, in Archives d'hist. doctrinale et littér. du Moyen Age, LVIII (1991), pp. 99-135.
Sulla creazione e la causalità divina: P. Vollmer, Die göttliche Mitwirkung bei Aegidius Romanus, in Divus Thomas (Freib.), VI (1928), pp. 452-470; Id., Die Schöpfungslehre des Ägidius Romanus, diss. theol., Würzburg 1931; A. Trapé, Il concorso divino nel pensiero di E. R., Tolentino 1942; D. L. Greenstock, La moción de Dios en las causas secundas según E. R., in La Ciencia tomista, LXXIII (1947), pp. 63-104; W. Carlo, Giles of Romes doctrine of creation, diss. dott., Toronto 1954.
Sulla cristologia: F. Richeldi, La cristologia di E. R., Modena 1938; Id., Ilcommento di E. R. al libro 3 delle Sentenze di Pietro Lombardo, Modena 1938; P. Bayerschmidt, Die Seins- und Formmetaphysik des Heinrich von Gent in ihrer Anwendung auf die Christologie, Münster 1941 (in part. pp. 97-116, 255-265); Id., Die Stellungnahme des Heinrich von Gent zur Frage nach der Wesensgleichheit der Seele Christi mit den übrigen Menschenseelen und der Kampfgegen den averroistischen Monopsychismus, in Theologie in Geschichte und Gegenwart. Festschrift für M. Schmaus, a cura di J. Auer-H. Volk, München 1957, pp. 571-606; J. M. Ozaeta, La uniòn hipostática en la escuela egidiana, in La Ciudad de Dios, CLXX (1957), pp. 433-448; CLXXI (1958), pp. 60-82; Id., La cuestión de las existencias en Christo según E. R., in Augustinianum, II (1962), pp. 73-87; Id., El problema de la uniòn hipostática en las obras de E. R. anteriores al "3 Sententiarum", in La Ciudad de Dios, CLXXVII (1964), pp. 44-76; Id., La unión hipostática según E. R., El Escorial 1965.
Sull'eucaristia: R. Maglione, Il concetto di conversione eucaristica in E. R., Benevento 1941; G. Trapé, Il mistero eucaristico in E. R. alla luce dell'enciclica "Mysterium fidei", in Divinitas, X (1966), pp. 440-466; W. Plotnik, Transubstantiation in the eucharistic theology of Giles of Rome, Henry of Ghent and Godfrey of Fontaines, in Wahrheit und Verkündigung … M. Schmaus zum 70. Geburtstag, a cura di L. Scheffezyk-W. Dettloff-R. Heinzmann, München 1967, pp. 1073-1086; J. M. Ozaeta, La causalidad de los sacramentos según E. R., in Miscelanea M. C. Lopez, Salamanca 1970, pp. 115-132.
Su altri problemi teologici: A. V. La Valle, Lagiustizia di Adamo e il peccato originale secondoE. R., Palermo 1939; K. Nolan, The immortalityof the soul and the resurrection of the body accordingto Giles of Rome. A historical study of a 13th century theological problem, Roma 1967; G. Trapé, Esistenza di Dio dall'esistenza partecipata secondoE. R., in Augustinianum, IX (1969), pp. 515-530; B. Faes de Mottoni, Mensura im Werk "De mensura angelorum" des Aegidius Romanus, in Miscell. Mediaevalia, XVI, 1, Berlin-New York 1983, pp. 86-102; Id., Un aspetto dell'universo angelologico diE. R.: "Utrum sit unum aevum omnium aeviternorum", in L'homme et son univers au Moyen-Age, a cura di C. Wenin, Louvain-la-Neuve 1986, pp. 911-920; E. Giannarelli, Agostino nell'Hexaemerondi E. R., in Atti del Congresso internazionale su s. Agostino nel XVI centenario della conversione…, Roma 1987, pp. 179-187; B. Faes de Mottoni, Voci, "alfabeto" e altri segni degli angeli nella quaestio12del De cognitione angelorum di E. R., in Medioevo, XIV (1988), pp. 71-105; P. Porro, Ancora sullepolemiche tra E. R. e Enrico di Gand: due questioni sul tempo angelico, ibid., pp. 107-148; R. Martorelli Vico, La dottrina della giustizia originale e delpeccato originale nel trattato De peccato originali diE. R., in Documenti e studi sulla tradizione filosofica medievale, I (1990), pp. 227-246.