DUNI, Egidio Romualdo
Nato a Matera, dove fu battezzato l'11 febbr. 1708, da Francesco, maestro di cappella della cattedrale cittadina, e Agata Vacca di Bitonto, ricevette la prima istruzione musicale dal padre. Secondo la tradizione, sarebbe entrato, all'età di nove anni, nel conservatorio di S. Maria di Loreto a Napoli e sarebbe passato in seguito a quello della Pietà dei Turchini, dove sarebbe stato allievo di F. Durante e avrebbe conseguito il titolo di maestro di cappella. K. M. Smith (New Grove, p. 716) ha dimostrato tuttavia che per l'incongruenza di fatti e date è impossibile che il D. sia stato allievo del Durante, perlomeno all'interno del conservatorio.
La prima notizia certa sulla sua attività di compositore riguarda la rappresentazione dell'opera seria Nerone, avvenuta a Roma nel maggio 1735. Stando ai Mémoires del Grétry, l'opera, seconda della stagione dopo l'Olimpiade dei già celebre Pergolesi, ebbe un discreto successo. Giova tuttavia ricordare che il successo del Nerone non è confermato da altre fonti: secondo il Diario di Valesio, infatti, l'opera ebbe "poco plauso".
Nella successiva stagione di carnevale il D. fece comunque rappresentare un'opera a Roma, Adriano in Siria (teatro Tordinona, dicembre 1735), e una a Milano, La tirannide debellata (eseguita al teatro Ducale nel 1736). Intorno a quest'epoca il D. si sarebbe recato a Vienna in missione segreta, su incarico di un certo "cardinal C.". Dell'episodio, citato da un'unica fonte non particolarmente attendibile, non si sono per ora trovate conferme.
Il suo Demofoonte furappresentato a Londra nel maggio 1737, ed è molto probabile che il compositore fosse presente. Fu in seguito in Olanda, dove si immatricolò all'università di Leida il 22 ott. 1738. Nella stessa città (ma ovviamente in epoca precedente) era stato costretto a ricorrere alle cure del più celebre medico dell'epoca, H. B. Boerhaave, in quanto andava soggetto, come narra Goldoni nelle sue Memorie (p. 381), ai "vapori ipocondriaci".
Il "savio olandese" gli prescrisse semplicemente "di montare a cavallo, di divertirsi, di far la sua vita consueta e di guardarsi bene da qualsiasi specie di medicamento"; cura, questa, che piacque molto a Goldoni, a cui il D. la descrisse quando si conobbero alla corte di Parma nel 1756. Il veneziano fu anzi cosi colpito dalla figura dell'illustre dottore da indurre il musicista a fargli "una descrizione particolareggiata dei suoi costumi e delle sue abitudini" e a parlargli "di sua figlia, madamigella Boerhaave, ch'era giovane, ricca, bella e ancora da marito"; e da questi racconti trasse l'ispirazione per la commedia Il medicoolandese.
Nel gennaio 1739 il D. era a Milano, dove una sua opera furappresentata al teatro Ducale, mentre altre furono messe in scena a Firenze, al teatro della Pergola, dal 1740 al 1744. L'episodio, riferito dalla maggior parte delle biografie, secondo il quale il D. sarebbe stato assalito nei pressi di Milano da una banda di ladri - con il conseguente aggravarsi della sua instabilità psichica - non trova conferma nelle fonti. Anche un suo presunto ritorno a Matera e un viaggio a Venezia, che sarebbero entrambi di questo periodo, non sono seriamente documentati. La sua nomina, viceversa, a maestro di cappella nella basilica di S. Nicola a Bari è attestata dalla "conclusione capitolare" del 16 dic. 1743, in cui il D. viene definito "professore di molta perizia e di ottima indole". Forse proprio per dimostrare quella "molta perizia" scrisse un oratorio, il Giuseppe riconosciuto, su libretto di Metastasio. Degli altri due oratori che sarebbero stati da lui composti, Ilsacrificio d'Isacco e Atalia - quest'ultimo tratto dalla tragedia di Racine -, non rimane traccia.
Nel 1746 venne rappresentato a Napoli Catone in Utica, già eseguito a Firenze nel 1740. Ma fuprobabilmente il brillante successo delle due opere Ipermestra e Ciro riconosciuto, entrambe rappresentate a Genova nel 1748, ad attirare l'attenzione di qualche autorevole personaggio della corte di Parma. Nel 1749 infatti il D. entrò al servizio di Filippo di Borbone, duca di Parma fratello del re di Napoli Carlo. Ebbe il titolo ufficiale di maestro di cappella di corte e fumaestro di musica della figlia del duca, Isabella, che andò poi sposa a Giuseppe d'Asburgo Lorena. A Parma egli compose ancora un'opera seria, Olimpiade (carnevale 1755). Ma l'atmosfera francesizzante e innovatrice di quella corte (il duca era il genero di Luigi XV), alla quale molto contribuiva la personalità di G.-L. du Tillot (all'epoca "intendente generale della casa di Sua Altezza Reale" e non, come si è spesso erroneamente ripetuto, sovrintendente agli spettacoli; quest'ultima carica, come ci informa Goldoni, era invece affidata al "signor Jacobi") e soprattutto l'incontro con Goldoni, che arrivò a sua volta a Parma nel 1756, determinarono a questo punto un mutamento di rotta e uno spiccato interesse per il teatro francese. è dubbio che il D. abbia musicato i due testi di Ch. S. Favart, La chercheuse d'esprit e Ninette à la cour: l'unica prova a favore è l'esistenza di un libretto dal titolo La semplice curiosa, versione italiana de La chercheuse d'esprit, rappresentato a Firenze nel 1751.
Di altre esecuzioni pubbliche o private non rimane traccia. è certo invece che il D. musicò, nel 1756, il primo dei tre libretti per opera buffa commissionati a Goldoni dalla corte di Parma. Si trattava de La buona figliola, che, come nota lo stesso Goldoni, "fu più fortunata nelle mani del Piccinni"; tuttavia "l'opera piacque molto, e avrebbe potuto piacere anche di più se l'esecuzione fosse stata migliore". Questo successo evidentemente incoraggiò il D. e lo indusse a mirare più in alto, scrivendo un'opera addirittura per Parigi. Jean Monnet, direttore dell'Opéra-Comique di Parigi, ci informa infatti nelle sue memorie di aver ricevuto nell'autunno del 1756 la richiesta, da parte della corte di Parma, di un libretto francese. Cosi nacque Le peintre amoureux de son modèle (1757), su testo di Louis Anseaume, rappresentato a Parigi con un brillante e duraturo successo.
Il D. fece precedere la partitura da un avertissement in cui prendeva posizione nell'annosa querelle sulla musica italiana confutando l'opinione espressa da Rousseau nella celebre Lettre sur la musique française del 1753 (che, cioè, la lingua francese fosse inadatta ad essere rivestita di note, mentre quella italiana era di gran lunga più armoniosa e più adatta al canto) e rendendo anzi omaggio alla lingua francese che gli aveva fornito "le melodie, i sentimenti, le immagini". Questo culto del francese, vero o pretestuoso che fosse, rimase da allora un elemento centrale della sua arte, e fin dal 1761 il Grimm osservava che, sebbene il D. fosse straniero, "non gli capitava mai di violare nella sua musica la prosodia francese". La sua posizione filofrancese gli procurò l'inimicizia di Rousseau, mentre fu invece molto apprezzato da Diderot, di cui divenne amico e presso il quale introdusse Goldoni, dissipando l'incomprensione che si era creata fra i due. Di questa amicizia e dell'entusiasmo di Diderot nei suoi confronti rimane viva testimonianza in Le neveu de Rameau. Fu comunque subito evidente che Le peintre non era, come Monnet aveva annunciato, la rielaborazione di un intermezzo italiano, ma era stato certamente concepito in francese. Sebbene il linguaggio musicale sia nettamente italiano, la partitura contiene parecchi vaudevilles, com'era d'obbligo scrivendo per la Foire, e anzi termina con un vaudeville obbligato. Aveva insomma tutti gli ingredienti di un'opéra-comique modello, e infatti rimase in auge per molti anni.
Forte del successo ottenuto, il D. abbandonò la corte di Parma (che gli concesse tuttavia un vitalizio) e si stabili a Parigi, dove sposò l'attrice francese Catherine Elisabeth Superville e ne ebbe nel 1759 il figlio Jean-Pierre, mediocre compositore.
Negli anni successivi la sua fama crebbe considerevolmente grazie a una serie di opere di successo, la più importante fra le quali fu L'isle des foux (1760), tratta dall'Arcifanfano diGoldoni. In esse veniva perfezionata la fusione tra elementi italianeggianti (come le ariette) ed elementi francesi (come gli ensembles) e si evidenziavano le caratteristiche di uno stile descrittivo, pittoresco, più tardi addirittura larmoyant (L'école de la jeunesse, 1765).
Nel 1761 il D. lasciò la Foire e divenne direttore musicale della Comédie-Italienne (carica creata espressamente per lui da Favart), con uno stipendio di 1.000 franchi l'anno. Nonostante questa prestigiosa carica i suoi ultimi anni di attività (si ritirò nel 1770) non furono felici. Mentre alcune sue opere continuarono a riscuotere notevole successo (La fée Urgèle, 1765, su libretto di Favart; La clochette, 1766, su libretto di Anseaume), altre furono un totale fallimento (La plaideuse ou Le procès di Favart e La nouvelle Italie di Jean Galli di Bibbiena, entrambe del 1762); a ciò si aggiunsero tensioni e malumori con critici e librettisti. Già nell'agosto del 1761 sul Mercure de France comparve una sua risposta indignata alle critiche negative alla sua opera La bonne fille, del giugno 1762. Una lettera del gennaio 1762 - pubblicata da Tiersot - indirizzata dal D. all'abate Voisenon rivela che i rapporti del musicista con Favart (che non gli aveva ancora dato il terzo atto de La plaideuse e che egli accusava in sostanza di averlo ingannato, non mantenendo fede agli impegni presi) erano assai tesi all'epoca. Nel 1766, allorché fu rappresentata l'opera La clochette, ilGrimm, che pure la trovò "graziosa", scrisse che era "di un gusto un po' sorpassato e di uno stile un po' debole" e aggiunse: "il nostro buon papà Duni non è più giovane; le idee cominciano a mancargli ed egli lavora ormai soltanto col mestiere". Sembra che fra il 1766 e il 1768 egli tornasse in Italia per un viaggio del quale però mancano notizie. Nel 1767 assistette a Marsiglia, probabilmente sulla via del ritorno, a un'esecuzione di La fée Urgèle.
Dopo il suo ritorno a Parigi, seguito dalla rappresentazione delle due opere Les moissoneurs e Les sabots (rispettivamente gennaio e ottobre 1768), che ebbero peraltro un buon successo, Grimm tornò alla carica con parole ancor più velenose, scrivendo che il D. "avrebbe fatto bene a rinunciare a comporre, dal momento che il suo viaggio in Italia non era servito a rinfrescargli le idee". Gli consigliava in sostanza di ritirarsi e di lasciare il campo a Philidor e a Grétry, ciò che egli fece nel 1770, dopo la rappresentazione della sua ultima opera Thémire (26nov. 1770). Nel 1770 gli era stata concessa dalla Comédie-Italienne una pensione che egli comunque integrò continuando a dare lezioni fino alla morte, che lo colse cinque anni dopo.
Mori a Parigi l'11 giugno 1775.
Nessuna delle opere italiane del D. ci è giunta per intero, anche se di alcune (ad esempio Nerone, Catone in Utica) restano ampi stralci. Ciò che resta rivela comunque un compositore ligio agli schemi formali dei suo tempo, seppure dotato di un'inventiva melodica ricca e varia. La sua fama è però naturalmente legata alle opere francesi, quasi tutte pubblicate a Parigi, e segnatamente al ruolo da lui svolto nella creazione del nuovo genere dell'opéra-comique, ruolo che è stato spesso paragonato a quello avuto un secolo prima dal fiorentino J. B. Lully nell'ambito della tragédie-lyrique. Giova tuttavia ricordare che nell'opéra-comique, formata sempre da un'alternanza di parti cantate e parti parlate, la musica non ebbe mai una funzione preminente e l'evoluzione del genere in quanto tale è dovuta quindi principalmente ai librettisti. In questo senso Ch.-S. Favart, L. Anseaume e M. Sedaine, autori dei libretti delle più importanti opere francesi del D., seppero venire incontro all'esigenza, assai sentita a Parigi dopo il successo degli intermezzi italiani (in particolare de La servapadrona di Pergolesi nella ripresa del 1752) e le relative polemiche che ne scaturirono, di creare un genere che avesse le caratteristiche di naturalezza e di "aderenza al vero" ormai rese popolari dai lavori italiani, ma fosse al tempo stesso autenticamente francese. Furono infatti in primo luogo Favart e poi Sedaine a guidare il passaggio dall'opéra-comique primamaniera - la cosiddetta comédie mêlée d'ariettes - al nuovo genere più vicino al dramma borghese (ideato e messo in pratica da Diderot) e alla commedia larmoyante, in cui diminuisce la presenza dell'elemento parodistico e aumenta il carattere realistico, sentimentale, intimista.
Il D. d'altra parte seppe assecondare brillantemente questo nuovo tipo di spettacolo, nel quale le parti cantate acquistavano un peso assai maggiore, mediante l'apporto del caratteristico stile dell'opera buffa italiana, mirabilmente adattato alle esigenze della declamazione francese. Il suo successo è dovuto anche alla rapidità con cui seppe assimilare le varie correnti musicali esistenti in Francia all'epoca e istintivamente semplificare i complessi schemi dell'opera italiana. In questo processo di adattamento le esigenze del nuovo spettacolo e le aspettative del pubblico francese si sposarono felicemente con le qualità personali del D., che era dotato di un'inventiva melodica autentica ma di breve respiro, mentre d'altra parte la sua duttilità ritmica gli permetteva di adattare i dialogues tipicidel genere all'andamento libero della prosa. Già nella sua prima opera francese, Le peintre amoureux de son modéle (1757), l'ouverture siallontana dal modello italiano, essendo costituita da un conciso brano in un solo movimento; le ariettes aderiscono molto più alla struttura strofica peculiare dell'opéra-comique che alla forma bipartita di derivazione italiana; e il breve e stringato finale è in pratica un vaudeville, mentre l'orchestrazione è ridotta all'essenziale. Lo stile descrittivo e gli effetti pittoreschi richiesti dalle circostanze si confacevano molto al D., e sono evidenti ad esempio nell'Isledes foux (1760), una delle sue migliori partiture. L'école de la jeunesse (1765) rappresenta invece un'evoluzione stilistica del compositore in un senso più drammatico, più vigoroso; ma questo tentativo era destinato a rimanere isolato, mentre le opere successive, La fée Urgèle (1765) e La clochette (1766), che pure godettero all'epoca di grande popolarità, rappresentano piuttosto un ritorno agli stilemi precedenti, tale da giustificare, almeno in parte, il già citato, severo giudizio di Grimm. Il D. è stato frequentemente criticato per la debolezza dell'orchestrazione e per la poca originalità armonica. Il suo attaccamento all'armonia convenzionale e lo scarso interesse per le innovazioni sarebbero anzi il motivo, secondo K. M. Smith (New Grove), per cui egli rifiutò, nel 1763, di rivedere e adattare il testo dell'Orfeo e Euridice di Gluck per un'edizione parigina. In effetti il suo declino è in buona parte legato al declino stesso di quel genere che egli aveva contribuito a formare, di quel gusto pastorale, sentimentale e un po' stucchevole che già verso la seconda metà del secolo cominciava ad essere intaccato dai nuovi fermenti preromantici, raccolti poi dai suoi successori, Monsigny, Philidor e Grétry.
Tra le sue composizioni il New Grove Dictionary ricorda:
Opere italiane: Nerone (libr. F. Silvani, Roma, teatro Tordinona, 21 maggio 1735; partitura alla Bibl. del conservatorio di Napoli); Adriano in Siria (libr. di P. Metastasio, ibid., 27 dic. 1735); La tirannide debellata (libr. di A. Zeno e P. Pariati, Milano, teatro Ducale, carnevale 1736); Demofoonte (libr. di P. Metastasio, Londra, King's Theatre, 24 maggio 1737; sei arie pubblicate a Londra, 1737); Didone abbandonata (libr. di P. Metastasio, Milano, teatro Ducale, genn. 1739); Catone in Utica (libr. di P. Metastasio, Firenze, teatro La Pergola, carnevale 1740; partitura alla Bibl. nazionale di Madrid); Baiazette (libr. di A. Piovene, ibid., autunno 1743); Artaserse (libr. di Id., ibid., carnevale 1744); Ipermestra (libr. di P. Metastasio, Genova, teatro Falcone, carnevale 1748); Ciro riconosciuto (libr. di Id., ibid., primavera 1748); La semplice curiosa (adattamento de La chercheuse d'esprit di Ch.-S. Favart. Firenze, teatro di via del Cocomero, autunno 1751), Olimpiade (libr. di P. Metastasio, Parma, teatro Ducale, carnevale 1755; partitura al Conservatorio di Parigi); La buona figliola (libr. di C. Goldonil Parma, teatro Ducale, 26 dic. 1756). Opere dubbie: Alessandro nelle Indie (libr. di P. Metastasio, 1736?); Demetrio (libr. di Id., Firenze, carnevale 1747?); Armida (ante 1757, di cui sopravvivono alcune arie).
Opéras-comiques (tutte eseguite a Parigi per la Comédie-Italienne, salvo diversa indicazione; tutte pubblicate ivi a stampa, salvo quelle precedute da asterisco, le quali possono essere considerate perdute): Le retour au village (adattamento da Le caprice amoureux ou Ninette à la cour, di Ch.-S. Favart, 1756-59, non eseguita); Le peintre amoureux de son modèle (libr. di L. Anseaume, Foire St.-Laurent, 26 luglio 1757); Le docteur Sangrado (libr. di L. Anseaume e J.-B. Lourdet de Santerre, Foire St-Germain, 13 febbr. 1758, in collaborazione con J.-L. Laruette); La fille mal gardée ou Le pédant amoureux (parodia de La provençale di Ch.-S. Favart, m.me Favart, J.-B. Lourdet de Santerre, IV entrée de Les fêtes de Thalie di J. Mouret, 4 marzo 1758); *La chute des anges rebelles (libr. di J. N. Servandoni, Tuileries, Salle des machines, 16 marzo 1758); Nina et Lindor ou Les caprices du coeur (libr. di C.-P. Richelet; Foire St.-Laurent, 9 sett. 1758); La veuve indécise (parodia di L. Anseaume de La veuve coquette di J.-J. Vadé, II entrée de Les fétes de Thalie di J. Mouret); *La boutique du poète (libr. di Ch.-S. Favart, 8 ott. 1760); L'isle des foux (parodia de L'Arcifanfano re di matti di Goldoni, rielaborata da L. Anseaume e P.-A. Lefebvre de Marcouville, 29 dic. 1760); *La bonne fille (parodia de La buona figliola di Goldoni, 8 giugno 1761); Mazet (libr. di L. Anseaume, 24 sett. 1761); *Le procés ou La plaideuse (libr. di Ch.-S. Favart, 19 maggio 1762); *La nouvelle Italie (libr. di J. Galli di Bibbiena, 23 giugno 1762, in collaborazione con A. J. Rigade); Le milicien (libr. di L. Anseaume, Versailles, 29 dic. 1762); Le deux chausseurs et la laitière (libr. di L. Anscaume, 23 luglio 1763); Le rendez-vous (libr. di P. Legier, 16 nov. 1763); L'école de la jeunesse ou Le Barnevelt français (libr. di L. Anseaume, 24 genn. 1765); La fée Urgèle ou Ce qui plaït aux dames (libr. di Ch.-S. Favart da Voltaire e Chaucer, Fontainebleau, 26 ott. 1765); La fête du château (libr. di Favart e Lourdet de Santerre, privatamente presso m.me de Mauconseil e Comédie-Italienne, maggio 1766, Zanetti); La clochette (libr. di L. Anseaume, 24 luglio 1766); La fête de Rose (libr. di Ch.-S. Favart, Fontainebleau, 25 ott. 1766, in collaborazione con B. Blaise e Philidor; quest'opera non compare nel New Grove); Les moissoneurs (libr. di Ch.-S. Favart da Ruth, 27 genn. 1768); Les sabots (libr. di M. Sedaine da J. Cazotte o Chaspoul, 26 ott. 1768); Thémire (libr. di Sedaine, Passy, in privato, agosto 1770, e Parigi, Comédie-Italienne, 26 nov. 1770). Non rappresentata L'heureuse espièglerie, 1771 c. Dubbia: *L'embarras du choix (parodia di Enée et Lavinie di Dauvergne), 1758. Incerta la collaborazione a La rosière de Salency di Favart (1769).
Suoi inserti musicali in: Le diable à quatre (1756); La fausse aventurière (1757); Cendrillon (1759); Soliman second (1761), La manie des arts (1763); Le tableau parlant (1770); The maid of the mill (1765); The captive (1769).
Oratori: Giuseppe riconosciuto (Metastasio). Musica sacra: Messa a 5 voci e orchestra; Kyrie, Gloria, Te Deum, Litanie a 4 voci e orchestra. Musica strumentale: Sei sonate a tre, Op. 1 (Rotterdam 1738); Minuetti e contraddanze (Londra 1738).
Musicista fu anche il fratello Antonio, nato a Matera agli inizi del sec. XVIII. Allievo del padre, fu dapprima maestro di cappella nella città natale, quindi si trasferi all'estero e, dopo varie peregrinazioni, si stabili a Treviri, entrando al servizio della corte dell'elettore, per la cui cappella scrisse numerose composizioni. Trasferitosi poi in Spagna, richiamatovi probabilmente dal famoso castrato Carlo Farinelli che lo introdusse alla corte di Madrid, divenne maestro di cappella della corte reale e contemporaneamente insegnante di musica del figlio del duca di Ossuna; tuttavia il temperamento irrequieto lo indusse ad abbandonare la corte spagnola. Trasferitosi in Russia, fu a Pietroburgo al servizio della cappella imperiale, dedicandosi prevalentemente alla composizione di musica sacra. Assai stimato dall'imperatrice Caterina, concluse la sua attività al servizio della cappella imperiale e mori probabilmente a Pietroburgo in epoca imprecisata.
La sua produzione, conservata in varie biblioteche europee, comprende musica religiosa, tra cui una messa a cinque voci e un Salve Regina per soprano solo e strumenti (Schwerin, cfr. Eitner); Sei Mottetti per Soprano, due violini, viola e Basso (Berlino, Deutsche Staatsbibliothek, Mss. 5310), inoltre l'intermezzo in due parti, L'Amor mascherato (Schwerin, cfr. Eitner); Duetti VI per divertir la società. Col Basso al Cembalo ed altri stromenti (Vienna, Oesterreichische Nationalbibliothek, ms. 17549), cinque sinfonie per archi, tra cui una con oboe, corni e trombe (Vienna, Gesellschaft der Musikfreunde); cantate da camera e altre composizioni vocali e strumentali.
Fonti e Bibl.: A. Constant d'Orville, Histoire de l'opéra bouffon, Amsterdam 1768; J. A. Desboulmiers, Histoire anecdotique et raisonnée du Théâtre-Italien, Paris 1769; J. Monnet, Supplement au Roman comique ou Mémoires pour servir à la vie de Jean Monnet (1772), a cura di M. d'Alméras, Paris 1909; éloje de D., in Les nécrologes des hommes célèbres de France, XI (1776), p. 165; C. Goldoni, Memorie (1787), a cura di E. Levi, Torino 1967, pp. 378-382, 460 s.; A. E. M. Grétry, Mémoires, ou Essais sur la musique, Paris 1797; Ch.-S. Favart, Mémoires et correspondances littéraires, dramatiques et anecdotiques, Paris 1808; F. M. Grimm, Correspondance littéraire, philosophique et critique, Paris 1877-82; A. Pougin, D. etles commencements de l'opéra-comique, in Le Menestrel, XLVI (1879-80), pp. 139 ss.; G. Sospizio, E. R. D. e N. Piccinni, in L'Avvenire della Sardegna della domenica, 8 apr. 1881; A. D'Angeli, C. Goldoni e E. R. D., in La Cronaca musicale, XVI (1912), pp. 231-241; S. Tiersot, Lettres de musiciens écrites en français…, in Rivista musicale italiana, XVII (1910), p. 512; H. A. Abert, W. A. Mozart, Lipsia 1919, I, p. 648 e passim; M. Briquet, in Musik in Geschichte u. Gegenwart, III, Kassel-Basel, 1954, coll. 942-49; G. Cucuel, Les créateurs de l'opéra-comique française, Paris 1924, pp. 121-134; A. Cametti, Il teatro di Tordinona poi di Apollo, Tivoli 1938, pp. 373 s.; E. Zanetti, D. E. R., in Encicl. dello spett., IV, Roma 1955, col. 1134; M. Perrucci, G. M. Trabaci e E. R. D. nella storia della musica italiana, Matera-Napoli 1965; C. E. Koch, The dramatic ensemble finale in the opéra-comique of the 18th century, in Acta musicologica, XXXIX (1967), pp. 72-83; F. Valesio, Diario di Roma, a cura di G. Scano, Milano 1979, V, p. 787; C. Casini, Opéra-comique, in E. R. D. e la Parigi musicale del Settecento (Atti del convegno, Matera, 18-20 dic. 1979), Matera 1979, pp. 69-82; G. Carli Ballola, Un "napolitain" a Parigi. Per un ritratto di E. R. D., ibid., pp. 83-96, E. Contillo, Origini, personalità, cronache di vita e, di costume di E. R. D. musicista materano del Settecento, ibid., pp. 23-54; M. Padula, Ridola per il recupero delle opere del D., ibid., pp. 97-102; K. M. Smith, D. E. R., in The New Grove Dictionary, London 1980, V, pp. 716 ss.; Id., The life and music of E. R. D.: his role in the establishment of the opéra-comique, Ph. D. diss., Comell. University, Ithaca 1980. Per Antonio: R. Eitner, Quellenlexikon der Musiker, III, p. 274; C. Smidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 470.
S. Gaddini