EGIDIO
Secondo il Chronicon Venusinum, redatto nella seconda metà del sec. XII, E. era "natione Hispanus" ed era venuto in Italia al seguito di Margherita, figlia di Garcia V Ramirez, re di Navarra, e sin dal 1151 moglie di Guglielmo duca di Napoli poi re di Sicilia (1154-66). è probabilmente inattendibile la notizia secondo cui E. sarebbe entrato nell'abbazia cisterciense di Fossanova diventandone poi cellerario. Intorno al 1166 nell'abbazia benedettina della Ss. Trinità di Venosa mori l'abate Costantino: la sua cattiva amministrazione aveva portato quel monastero ad un grave declino. Perciò il re e il papa intervennero, designando come abate E., e lo inviarono a Venosa. Prima di ricevere la consacrazione, nel 1167, a Palermo E. ottenne dal re Guglielmo II, ancora minorenne, e dalla reggente, la regina madre Margherita, un terreno situato presso Lavello sul fiume Ofanto. Nel settembre del 1167 E. ottenne dal papa Alessandro III la benedizione abbaziale nonché un privilegio; lo stesso papa gli confermò più tardi, cioè tra il 14 dic. 1167 e il 12 genn. 1168, il diritto di portare l'anello vescovile durante la celebrazione della messa nei giorni festivi.
Nel periodo in cui la corte regia risiedette a Messina (dicembre 1167-12 marzo 1168) troviamo E. presente a corte come un personaggio molto influente. Ugo Falcando racconta nella sua Storia del Regno di Sicilia che l'abate dopo una fallita rivolta dei baroni, capeggiata da Enrico, conte di Montescaglioso e fratello della regina madre Margherita, agi come mediatore tra uno dei ribelli pentiti e il cancelliere Stefano di Perche, cugino e uomo di fiducia della regina. Il ribelle pentito, Bartolomeo Lusciensis, era disposto a consegnare le sue terre, durante il periodo del suo volontario esilio fuori del Regno, ad E., ovviamente come prezzo per la di lui mediazione.
Durante l'anno 1168 avvenne poi un episodio tuttora non chiarito dalla critica storica: gli Annales Casinenses riferiscono che E. diventò abate di Montecassino, ma che, sempre nello stesso anno 1168, egli fu deposto dal papa Alessandro III, il quale incaricò il decano Pietro di Montecassino dell'amministrazione dell'abbazia cassinese. R difficile spiegare come E., il quale aveva ricevuto appena da qualche mese la benedizione pontificia in qualità di abate di Venosa, sia potuto divenire abate di Montecassino e poi, nello stesso anno, sia stato destituito da questa ultima carica dal papa.
Una possibile serie di motivazioni si può individuare forse nella situazione particolare, in cui si trovava il Regno di Sicilia negli anni tra il 1166 e il 1168, cioè durante la reggenza della regina Margherita mentre il vero detentore del potere era il cancelliere Stefano di Perche. A questo, venuto nel 1166 dalla Fraticia, e alla spagnola Margherita i baroni meridionali rimproveravano allora di favorire eccessivamente gli stranieri venuti al loro seguito nell'Italia meridionale e particolarmente in Sicilia. Non si può quindi escludere un intervento della regina Margherita, oppure di Stefano di Perche, nella repentina elevazione di E., ad abate di Venosa prima e di Montecassino poi. La sua deposizione, di poco successiva, da abate di Montecassino, voluta dal papa Alessandro III potrebbe essere stata la conseguenza di una mancata approvazione pontificia del trasferimento di E. da Venosa a Montecassino. Va però sottolineato che queste sono semplici ipotesi, non suffragate, per il momento, da elementi di fatto, dato il silenzio mantenuto dalle altre fonti note in relazione a tale episodio.
E. dovette dunque ritornare a Venosa. Per gli anni immediatamente successivi al 1163 mancano notizie su di lui; egli è invece attestato in documenti relativi agli anni 1175, 1177, 1178 ed al marzo del 1181. Secondo il Chronicon Venusinum era gentile con tutti e amministrò molto ordinatamente i beni del monastero.
E. mori il 28 marzo 1181, quando era in visita nel casale di Cometo (Corleto, fraz. di Ascoli Satriano) appartenente all'abbazia venosina. La sua morte fu registrata sotto quella data nei necrologi di Montecassino con la seguente efemeride: "Egidius abbas huius loci" (ma queste due ultime parole sono state cancellate in un secondo tempo) e di Venosa.
Durante il suo governo abbaziale a Venosa è da notare una ripresa della "memoria" di Roberto il Guiscardo. Si ricorda infatti che il grande benefattore del cenobio apparve allora in sogni e in visioni a diversi monaci di quel monastero rimproverando innanzitutto la trascuratezza in cui veniva tenuto il suo ricordo. La tesi avanzata dal Bozzoni, secondo cui i lavori di costruzione della grande chiesa incompiuta della Ss. Trinità di Venosa sarebbero stati iniziati appunto per volontà di E., è stata recentemente messa in dubbio.
Fonti e Bibl.: Chronicon Venusinum, in H. Houben, Medioevo monastico meridionale, Napoli 1987, pp. 189 ss.; U. Falcando, La historia…, a cura di G. B. Siragusa, Roma 1897, in Fonti per la storia d'Italia, XXII, p. 133; M. Inguanez, Inecrologi Cassinesi, I, Il necrologio del Cod. Cassinese 47, ibid. 1941, ibid., LXXXIII, f. 285r; Annales Casinenses, a cura di G. H. Pertz, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XIX, Hannoverae 1866, p. 312; C. Bozzoni, Saggi di architettura medievale. La Trinità di Venosa. Il duomo di Atri, Roma 1979, pp. 18 s., 54, 65, 70; H. Houben, Il "Libro del capitolo" del monastero della Ss. Trinità di Venosa (Cod. Casin. 334): una testimonianza del Mezzogiorno normanno, Galatina 1984, pp. 44-47, 61 ss., 119 ss., 160, 163; Id., Roberto il Guiscardo e il monachesimo, in Benedictina, XXXII (1985), pp. 393 ss.; Id., Una grande abbazia nel Mezzogiorno medievale: la Ss. Trinità di Venosa, in Bollettino storico della Basilicata, II (1986), pp. 34-37.