EGIDIO (Egidius, Egydius, Zilius)
Non si hanno notizie sicure sulle origini familiari di E., vescovo di Modena (1194/ 1195-1207) e poi arcivescovo di Ravenna (1207-1208). Gli autori antichi affermano che E. apparteneva alla famiglia Garroni di Bologna, confondendola con un altro casato, al quale apparteneva Alberto di Garzone che appare spesso nell'entourage di Egidio. Il suo predecessore a Modena, Ardicione, era ancora in carica il 30 nov. 1194 e la sua morte veniva ricordata nel XIII secolo come avvenuta il 3 dic. 1194. Il primo atto conosciuto di E. è del 7 marzo 1195.
E. apparteneva alla categoria di quei vescovi dell'Italia settentrionale che mantenevano buone relazioni - sebbene relativamente distaccate - con l'imperatore, anche se erano molto impegnati al fianco del papa, Celestino III e ancora di più Innocenzo III, partecipando all'ideale del prelato rigoroso in campo spirituale, ma anche attento agli affari temporali, mantenendo nello stesso tempo ottime relazioni con il capitolo della propria cattedrale.
L'8 e il 9 sett. 1196 E. assistette a Piacenza, con numerosi confratelli della provincia di Ravenna, a una Dieta imperiale. Il 26 maggio 1195 avrebbe ottenuto da Enrico VI un diploma che lo liberava dal "iuramenturn calumnie" nei processi riguardanti la sua Chiesa. La titolatura che gli viene attribuita nell'atto tuttavia getta qualche dubbio sulla sua autenticità: il vescovo in effetti è chiamato "princeps noster" dall'imperatore, come in un altro diploma il vescovo di Bologna: d'altra parte è qualificato come "electus", mentre già dal 15 apr. 1195 non era più designato in questo modo.
La sua gestione degli affari temporali è testimoniata da vari atti, riguardanti tutti il recupero di possessi perduti. Il 15 apr. 1195 E. riacquistò i diritti del nobile Adigerio da Bagno sui castra et curtes di Porcile, (antico possedimento della Chiesa di Modena) e Montombraro. Il 21 maggio 1196 ottenne una ripartizione più equa tra il vescovo, il capitolo del duomo, S. Pietro e i chierici di Modena, delle procurie dovute ai legati pontifici e al metropolitano di Ravenna. Nel 1198 ordinò all'abate di Nonantola di fare un'inchiesta sui diritti e i possessi episcopali a San Severo, vicino a Crevalcuore. Molti dei suoi atti sono emanati nelle rocche vescovili di Vignola e Savignano, dove risiedeva spesso. La buona intesa del vescovo con il suo capitolo è testimoniata da un atto del 7 marzo 1195 - il suo primo atto conosciuto - con il quale rinunciava ai sette pasti annualmente dovuti al vescovo dal preposito e dai canonici. Tra i testimoni dell'atto figura il vescovo di Reggio Emilia, Pietro, che aveva più di una linea comportamentale in comune con Egidio.
La restaurazione dell'autorità spirituale del vescovo fu ugualmente evidente. Il 12 febbr. 1196 Celestino III confermò a E., dopo un conflitto con il capitolo e con gli arcipreti di S. Vito e di Baggiovara, il controllo della nomina dei preti nelle chiese che erano sottomesse al vescovo. L'8 nov. 1196 lo stesso papa riaffermò l'autorità episcopale sulla pieve di Baggiovara, che pretendeva di essere direttamente dipendente da Ravenna. L'intesa fu ancora più profonda con Innocenzo III, che il 9 marzo 1199 lo autorizzò a giudicare, senza possibilità di appello a Roma, i chierici colpevoli di usura e di adulterio. Varie volte E. fu delegato del papa: nel 1200 con l'incarico di decidere su una nomina pronunciata irregolarmente dal vescovo di Bologna, nel 1203 per scomunicare Cremona e nel 1205 per scomunicare e poi assolvere, d'accordo con il vescovo Pietro di Reggio, il marchese Guglielmo Pelavicini.
Alla morte del metropolitano Alberto Uccelletti, già vescovo di Imola, deceduto nel gennaio 1207. E. venne promosso all'arcivescovato di Ravenna. Sostituito a Modena da Martino, E. emanò il primo atto come arcivescovo il 9 febbr. 1207. La rapidità di questa elezione corrispondeva alle gravi difficoltà in cui versava in quel periodo la sede di Ravenna. Infatti, il 16 apr. 1207, Innocenzo III liberò E. dall'obbligo di venire a prendere il suo pallium a Roma e glielo fece inviare, invitandolo a riparare i danni subiti dalla sua chiesa e ad effettuare durante l'anno la sua visita ad limina.
A Ravenna E. continuò la politica già svolta a Modena: il suo primo atto fu infatti una conferma dei beni del capitolo. Il documento in questione costituisce una fonte preziosa per stabilire i beni della Chiesa e gli edifici di sua proprietà. E. cercò anche di imporre la sua autorità sul monastero di S. Maria in Portu e su altri possessi contestati. Riacquistò cosi per 830 libbre ferraresi e 9 libbre 5 soldi imperiali gli oppida ipotecati dal suo predecessore a Salinguerra Torelli. Intentò un processo davanti ai giudici delegati dal papa contro il Comune di Ferrara riguardante il castello e il territorio di Argenta (6 dic. 1207), ma il Comune si sottometterà soltanto al suo successore, il 27 luglio 1209. Un'altra causa fu intentata da E. contro il Comune di Faenza a proposito dei centri signorili di Lugo, San Potito e Oriolo, confermati all'arcivescovo con un privilegio pontificio, del settembre 1207, e al successore di E. dall'imperatore Ottone IV nel 1209. Per questo processo lungo e costoso, E. dovette contrarre vari prestiti: il 4 luglio 1207 prese 300 libbre ravennati per le quali impegnò le entrate provenienti dall'esercizio della giurisdizione, le imposte, le rendite e il censo sotto forma di pesce della sua Chiesa ad Argenta e relativo territorio come anche nel contado di Ferrara. Il 10 febbr. 1208 riconobbe un altro debito, contratto in parte da lui stesso, in parte dal suo predecessore presso il cantore di Ravenna, dell'ammontare di 42½ libbre ravennati. Lottò anche contro il Comune di Castelnuovo, che aveva occupato il castello di Bagnolo, e contro il Comune di Osimo.
La brevità del suo arcivescovato gli impedi di vedere i risultati dei suoi sforzi. Il suo ultimo atto risale al 29 luglio 1208 e dal 5 agosto appare come arcivescovo Ubaldo, fino a quel momento vescovo di Faenza.
Fonti e Bibl.: Annales veteres Mutinenses, in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., IX, Mediolani, 1727, coll. 55 s.; Chronicon Mutinense Iohannis de Bazano, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XV, 4, a cura di T. Casini, p. 4; M. Fantuzzi, Monumenti ravennati de' secoli di mezzo, II, Venezia 1802, n. 92; Innocentii III… regestorum libri XVI, in Migne, Patr. lat., CCXIV, col. 546; CCXV, coll. 21, 696, 1140, 1212; A. Tarlazzi, Appendice ai "Monumenti ravennati" del conte M. Fantuzzi, I, Ravenna 1872, nn. 41, 42, 44; II, ibid. 1879, nn. 13-15; Regesto della Chiesa di Ravenna: le carte dell'Archivio Estense, a cura di V. Federici-G. Buzzi, I, Roma 1911, n. 148; Regesto della chiesa cattedrale di Modena, a cura di P. E. Vicini, II, Roma 1936, nn. 852 s., 855, 859, 863, 873, 876, 883, 906; Die Regesten des Kaiserreiches unter Heinrich VI. (1165-1197), a cura di K. Baaken-G. Baaken, Köln-Wien 1979, nn. 444-545 s.; G. Rossi, Historiarum Ravennatum libri decem, Venezia 1589, pp. 370s.; G. Fabri, Le sagre memorie di Ravenna antica, Venezia 1664, p. 499; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, II, Venezia 1717, coll. 119 s.; J. A. Amadesi, In antistitum Ravennatum chronotaxim, III, Faenza 1783, pp. 34 ss.; G. Tiraboschi, Storia della augusta badia di S. Silvestro di Nonantola, I, Modena 1784, pp. 41, 254, 477; Id., Mem. stor. modenesi, IV, Modena 1794, pp. 57 s.; P. F. Kehr, Italia pontificia, V, Aemilia sive provincia Raven, pp. 308 s., nn. 39-41.